30/11/20

Eurointelligence - Dobbiamo parlare del debito dell'Italia


Wolfgang Munchau, il prestigioso editorialista del Financial Times direttore del sito Eurointelligence, auspicando una discussione franca e aperta, dice esplicitamente ciò che il governo italiano tenta maldestramente di nascondere, e cioè che i lavori per la riforma del MES hanno il preciso obiettivo di apparecchiare la prossima risttrutturazione del debito italiano, quando le regole di bilancio verranno ripristinate mentre l'economia italiana ancora si troverà al palo. Suggerisco in proposito l'ottimo commento di Liturri su Startmag e aggiungo un caloroso augurio al Governo che avremo nel 2023, di condurre con successo la nave Italia in queste acque pericolose.   


Newsbriefing, 27 November 2020

Quando David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, ha lanciato l'idea che la BCE cancellasse il debito pubblico contratto a seguito delle misure di sostegno economico del Covid-19, in Germania c'è stata una prevedibile reazione di indignazione. Ora la proposta è stata raccolta da Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di Giuseppe Conte, in un'intervista a Bloomberg che rilancia la questione in maniera importante, pur se la proposta non arriva direttamente da Conte. Ma le reazioni negative sono state immediate. Christine Lagarde ha rifiutato di rispondere a una domanda in proposito, dicendo che la proposta è chiaramente illegale. Siamo d'accordo. Ma la proposta italiana nasce da un giustificato timore delle conseguenze che si avranno per l'Italia quando la Bce ritirerà il sostegno ai titoli di Stato della zona euro, e soprattutto quando verranno ripristinate le regole fiscali. Sembra probabile che ciò accadrà entro il 2023. Sembra inevitabile che il debito pubblico italiano finirà per dover essere ristrutturato. Una delle proposte di Fraccaro era quella di trasformare il debito pandemico in obbligazioni perpetue. Sarebbe di per sé una forma di ristrutturazione del debito.

Per dare alcune cifre, il parere della Commissione europea sul documento programmatico di bilancio dell'Italia, pubblicato la scorsa settimana, prevede che il rapporto debito pubblico / PIL si stabilizzi nel 2021 appena al di sotto del 160% del PIL, in aumento di 25 punti percentuali rispetto alla fine del 2019. Le previsioni del bilancio italiano sono un po' più ottimistiche e prevedono che il debito scenderà ai livelli del 2019 entro il 2031. Si tratta in realtà di un ritmo sostenuto di riduzione del debito, di circa 2,5 punti percentuali all'anno, che però non sarà sufficiente a rispettare il limite dell'indebitamento.

Il Fiscal Compact prevede che il debito superiore al 60% del PIL dovrebbe essere portato a quel livello nell'arco di 20 anni. Partendo da un rapporto debito / PIL del 160%, ciò significa una riduzione del debito del 5% all'anno per 20 anni. È il doppio del ritmo previsto dal governo italiano, per il doppio del tempo. È molto probabile che sia impraticabile. La crescita del PIL nominale dell'Italia non è superiore al 3% da oltre 10 anni, quindi una riduzione del debito annuo di 5 punti percentuali richiede che il governo abbia un avanzo di bilancio del 2% del PIL con un'economia che cresce alla stessa velocità registrata in un qualsiasi anno dalla crisi finanziaria globale ad oggi, quando si sono avuti deficit superiori al 2% del PIL. Qualsiasi percorso di riduzione del debito del governo italiano per il prossimo decennio, anche il più agevole, richiederebbe al governo di mantenere un avanzo di bilancio nominale.

Quindi, non appena le regole fiscali saranno ripristinate, l'Italia si ritroverà in violazione dei vincoli di debito e soggetta a una procedura per disavanzo eccessivo, con la necessità di effettuare un aggiustamento strutturale di forse 4 punti percentuali del PIL. Anche se fosse possibile, con ogni probabilità questo ridurrebbe la crescita e allontanerebbe ulteriormente l'obiettivo del debito. Senza gli acquisti di titoli della BCE, che la banca centrale non potrebbe giustificare con la pandemia ormai sotto controllo, i rendimenti dei titoli italiani potrebbero aumentare di nuovo, aggravando il servizio del debito e rendendo più difficile per il governo italiano raggiungere i suoi obiettivi di riduzione del debito.

Come abbiamo già osservato, anche il governo italiano sta valutando una ristrutturazione del debito con la proposta di Fraccaro di trasformare il debito pandemico in obbligazioni perpetue. Nella zona euro una ristrutturazione del debito pubblico è avvenuta solo in Grecia, con un procedimento ad hoc. Da allora il Consiglio ha lavorato alla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per creare un meccanismo per la ristrutturazione del debito. Ad esempio, nelle emissioni del debito pubblico europeo sono state introdotte delle clausole di azione collettiva. Queste prevedono le cosiddette clausole “single limb”, che consentono con un singolo voto di ristrutturare tutto il debito per tutti i creditori,  piuttosto che avere voti separati per emissioni di debito separate. Il significato  sotteso a tutti questi sforzi è stato quello di gettare le basi per una ristrutturazione del debito italiano, senza dirlo esplicitamente. Il governo italiano lo sa, e ha ritardato il più possibile i lavori, a volte bloccando l'accordo sulla riforma del MES sfruttando le divergenze politiche, ad esempio sull'unione bancaria.

La ristrutturazione del debito italiano è una delle questioni politiche più spinose che non solo l'Italia, ma la zona euro e l'UE nel suo insieme, si trovano davanti. Un programma del MES in Italia sarebbe un anatema. Per quanto queste questioni siano difficili, è ora che si svolga una discussione politica onesta, preferibilmente senza toni moralistici. Ma non stiamo col fiato sospeso....

 

 

23/11/20

Facebook nega la "scienza": bloccato lo studio danese che mette in dubbio l'efficacia delle mascherine


Incredibilmente le più note piattaforme dei social media continuano ad arrogarsi il diritto di censura, contrassegnando come "false informazioni" tutte le tesi o notizie considerate politicamente scorrette, su un numero crescente di argomenti.  Andando avanti così, il rischio è che si crei l'abitudine e si ritenga anche giusto lasciar spazio solo a quei ragionamenti che confermano il pregiudizio, negando come pericolosa e destabilizzante ogni possibilità di pensiero critico. Qui Zero Hedge denuncia Facebook, che addirittura segnala come "falsa informazione" un articolo che riporta uno studio basato sull'evidenza scientifica. 


Zero Hedge, 21 Novembre 2020

Mercoledì degli scienziati danesi hanno pubblicato uno studio "rivoluzionario" che dimostra che indossare la mascherina fa molto poco per ridurre la diffusione del COVID-19. Venerdì, un professore dell'Università di Oxford, citando lo studio in un articolo pubblicato su The Spectator, ha riferito di essere stato segnalato da Facebook per "false informazioni" mentre tentava di ripubblicare l'articolo sulla piattaforma del social media. 

Prima di iniziare, vogliamo ricordare ai lettori che, poche ore dopo la pubblicazione dello studio su Annals of Internal Medicine, intitolato "Efficacia della raccomandazione sull’uso della mascherina in aggiunta alle altre misure di sanità pubblica per prevenire l'infezione da SARS-CoV-2", ci samo posti subito una domanda diretta su come le società dei social media avrebbero risposto a questi nuovi sviluppi.

Bene, la risposta è arrivata molto presto, quando il direttore del Center for Evidence-Based Medicine dell'Università di Oxford, Carl Heneghan, venerdì ha twittato che il suo articolo intitolato "Importante studio danese non evidenzia effetti significativi dall’uso delle mascherine" è stato contrassegnato da Facebook come false informazioni.

Ecco il tweet di Heneghan che spiega cosa è successo:

 


“Ecco cos’è successo quando ho postato su Facebook l’ultimo articolo di @spectator – so che succede anche ad altri – che cosa accade alla libertà accademica e alla libertà di parola? In questo articolo non c’è niente che sia “falso”.”

Nell'articolo pubblicato su The Spectator, Heneghan parla del nuovo studio:

"Ieri è stato pubblicato un trial danese, a lungo procrastinato, che vuole rispondere proprio a questa domanda. Il 'trial Damask-19' è stato condotto in primavera, con oltre 6.000 partecipanti, in un periodo in cui al pubblico non veniva richiesto di indossare mascherine, ma erano in atto altre misure di salute pubblica. A differenza di altri studi che prendono in esame le mascherine, lo studio Danmask era uno studio controllato randomizzato, di conseguenza con una evidenza scientifica della massima qualità".

E continua:

"Circa la metà di coloro che hanno partecipato allo studio ha ricevuto 50 mascherine chirurgiche usa e getta, con la consegna di cambiarle dopo otto ore di utilizzo. Dopo un mese, i partecipanti allo studio sono stati testati utilizzando sia PCR che anticorpi e test a flusso laterale, e i risultati sono stati confrontati con i partecipanti all’esperimento che non indossavano mascherine."

"Alla fine, non è risultata alcuna differenza statisticamente significativa tra coloro che indossavano mascherine e quelli che non le utilizzavano. L'1,8% di coloro che indossavano mascherine ha contratto il Covid, rispetto al 2,1% del gruppo di controllo. Di conseguenza, sembra che l’effetto delle mascherine nel prevenire la diffusione della malattia nella comunità sia stato minimo".

RT News sottolinea che Heneghan è stato anche messo "sotto attacco" da studiosi accademici, come Thomas Conti del Brasile, il quale ha affermato che lo studio è stato progettato male e sostiene che le mascherine funzionano.

Dopo la pubblicazione dello studio e dell’articolo di Heneghan, che mette in discussione l'efficacia delle mascherine, il governatore dell'Iowa Kim Reynolds (un repubblicano) ha detto che "entrambi i campi" del dibattito sulle mascherine hanno validità scientifica. Tuttavia, mentre i casi di COVID-19 aumentavano in tutto il paese, e il Midwest risultava essere la regione più colpita, Reynolds ha proceduto con l’imposizione obbligatoria della mascherina nel suo stato, oltre ad altre misure.

"C'è scienza da entrambe le parti, e questo si sa", ha detto Reynolds, senza entrare nei dettagli. "Se si cerca bene, si può sempre trovare una prova a supporto della propria posizione."

La maggior parte dei media che hanno riportato queste osservazioni hanno notato che la dichiarazione del governatore contraddiceva le linee guida ufficiali del CDC. Ma vale la pena ricordare che prima o dopo  la FDA, il CDC, il Surgeon General, ecc., hanno tutti suggerito che le mascherine fanno poco per fermare la diffusione del COVID-19. Il CDC ha ammesso che l'80% dei nuovi infetti indossava la mascherina seguendo tutte le restrizioni.

Il CDC ha recentemente pubblicato un nuovo studio che pretende di dimostrare che le mascherine proteggono sia chi le indossa che il pubblico in generale. Tuttavia, come hanno notato i ricercatori danesi nel loro studio, le connessioni scientifiche in realtà non sono affatto ben solide. I ricercatori hanno anche avvertito che i loro risultati non sono certo conclusivi e i responsabili politici non dovrebbero basarsi su di essi.

Ciò che è chiaro è che i moderatori di Facebook non consentono di ascoltare entrambe le parti del dibattito sulle mascherine.

17/11/20

Esperti del MIT: no, per votare non usate la blockchain



Mentre continuano ad infuriare le polemiche intorno alle presidenziali americane, al voto postale e ai sofisticati sistemi informatici con i quali è possibile condizionare i risultati e in teoria ribaltare il voto dei cittadini-elettori, è interessante leggere questo articolo sul sito CSAIL del MIT (Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory) a proposito di uno studio di recente pubblicazione nel quale un team di esperti di cybersecurity esprime un deciso parere contrario alle ipotesi di votazioni online, spiegando come le votazioni su internet e le nuove tecnologie basate sulla blockchain in realtà offrano il fianco a pericolose e difficilmente rintracciabili manipolazioni del voto. È importante esserne consapevoli per sventare il probabile tentativo di utilizzare l'emergenza sanitaria  come copertura per mettersi "al riparo dal processo elettorale" scippando il voto agli elettori con il dolo.


di Adam Conner-Simons, del MIT CSAIL, 16 Novembre 2020

Nel bel mezzo di una pandemia, non sorprende che ci siano state crescenti richieste di esplorare la possibilità di condurre elezioni online. Un numero crescente di start-up tecnologiche ha persino sostenuto l'uso della tecnologia blockchain, che secondo loro aumenterebbe l'affluenza degli elettori e migliorerebbe la fiducia del pubblico.

Ma in un nuovo studio che prende in esame una serie di casi, un team di esperti di cybersecurity del MIT si è fortemente espresso contro l'utilizzo di qualsiasi forma di voto basato sulla blockchain e ha affermato che il voto online in generale è molto più vulnerabile all'hacking rispetto al voto di persona o per corrispondenza. Gli autori affermano che la natura fisica delle schede elettorali via posta le rende molto meno suscettibili ad attacchi su larga scala rispetto al voto online, dove lo sfruttamento di una singola vulnerabilità potrebbe influire su tutte le schede simultaneamente.

Il team afferma che gli approcci basati sulla blockchain sono esposti a ciò che chiamano "gravi fallimenti" - situazioni in cui i risultati delle elezioni possono essere modificati in modi che non sono rilevabili o, anche se rilevati, sarebbero irreparabili, a meno di svolgere interamente da capo nuove elezioni.

"Sebbene gli attuali sistemi elettorali siano tutt'altro che perfetti, la blockchain aumenterebbe notevolmente il rischio di brogli elettorali non rilevabili su scala nazionale", afferma il professore del MIT Ron Rivest, co-creatore della crittografia a chiave pubblica RSA e tra i principali autori  del nuovo studio. "Un eventuale aumento dell'affluenza si otterrebbe a costo di perdere la ragionevole certezza che i voti siano stati conteggiati così come sono stati espressi".

Sebbene app basate sulla blockchain come Voatz siano state implementate nelle elezioni statali e di contea, ricercatori come il coautore del documento Mike Spectre hanno precedentemente dimostrato che tali sistemi soffrono di gravi vulnerabilità in tema di sicurezza, che consentono agli aggressori di monitorare i voti espressi e persino di modificare o bloccare le schede elettorali.

L'autore principale Sunoo Park afferma che una qualità essenziale che manca nei sistemi blockchain è l' "indipendenza dal software", ovvero la garanzia che un cambiamento o un errore non rilevato nel software di un sistema non possa causare un cambiamento non rilevabile nel risultato elettorale. Gli approcci basati sulla blockchain richiedono agli elettori di utilizzare un software per il quale un singolo bug potrebbe cambiare in modo impercettibile ciò che essi stessi vedono (ad esempio, mostrando loro che il loro voto è stato espresso per un certo candidato quando in realtà non lo era).

I ricercatori sostengono che, in questo momento, solo le schede cartacee consentono agli elettori di verificare direttamente che la loro scheda rappresenta in maniera precisa la loro intenzione di voto.

"Se il voto è interamente basato su software, un sistema doloso potrebbe ingannare l'elettore su come il voto è stato effettivamente registrato", afferma Rivest, il cui studio sarà pubblicato alla fine di questo mese sul Journal of Cybersecurity. "La democrazia - e il consenso dei governati - non possono essere soggetti al fatto che alcuni software registrino correttamente le scelte degli elettori".

Molti sostenitori del voto online citano il fatto che settori come la vendita al dettaglio e le banche ormai da decenni riportano un relativo successo per quanto riguarda la sicurezza online. Ma il team esprime due grandi obiezioni a questi parallelismi.

Per prima cosa, dicono che quei sistemi hanno una tolleranza più elevata verso guasti che possono essere più prontamente sistemati, come nel caso delle frodi con la carta di credito.

"Nel caso delle elezioni, non c'è assicurazione o ricorso contro un fallimento della democrazia", ​​dice Rivest. "Non c'è modo di 'reintegrare gli elettori nei loro diritti’ dopo un'elezione compromessa".

In secondo luogo, con il voto ci sono importanti differenze nell'anonimato. Con i servizi bancari puoi esaminare le ricevute per rilevare e correggere gli acquisti fraudolenti. Con il voto, è fondamentale che noi *non* siamo in grado di dimostrare come abbiamo votato, in modo che i voti non possano essere venduti o forzati in alcun modo.

 

 

15/11/20

ZH - Il presidente della Fed ammette la verità: "Non torneremo alla economia di prima"



Su Zero Hedge un articolo tratto da The Economic Collapse riporta le parole di Jerome Powell capo della Federal Reserve americana, il quale dalla sua autorevole posizione riconferma e ammette quella verità che già da tempo media e influencer stanno cercando di veicolare all'opinione pubblica: non si tornerà più alla situazione economica precedente, e già i segnali mostrano come la nuova economia sarà molto più difficile per il popolo, con un forte aumento dei poveri disoccupati e senza tetto. Il tutto, ovviamente, viene presentato come una terribile calamità naturale, legata al Covid, che i costernati governanti non hanno strumenti per combattere...e non, come ormai appare in maniera sempre più evidente, una opportunità da sfruttare per tentare di imporre uno scenario distopico di massimo controllo e impoverimento dei popoli. In realtà un diverso approccio sarebbe possibile (come prefigurato tempo fa da autorevole fonte!), e anche i mezzi per attuarlo ormai è chiaro a tutti che non mancano.  


Zero Hedge, 14 Novembre 2020

Normalmente, i funzionari della Federal Reserve si sforzano di essere implacabilmente ottimisti. Ma giovedì,  durante una tavola rotonda della Banca centrale europea, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha ammesso apertamente che "non torneremo alla stessa economia di prima" ...

 "Non torneremo alla stessa economia", ha detto Powell. "Ci stiamo riprendendo, ma andiamo verso un'economia diversa e sarà un'economia maggiormente influenzata dalla tecnologia, e temo che renderà le cose ancora più difficili di quanto già non fossero per molti lavoratori".

Il leader della banca centrale ha detto che si riferiva specificamente a "quei lavori rivolti al pubblico, relativamente poco pagati, che stanno sopportando questo peso", molti dei quali sono svolti da donne e minoranze.

Il suo uso della frase "un'economia diversa" ha attirato la mia attenzione.

Quando cerco un modo gentile per dare una brutta notizia a qualcuno, per descrivere come saranno le cose, spesso uso la parola "diverso", e penso che Powell stia facendo la stessa cosa. Sa che non c'è modo che le cose “tornino alla normalità”, ed ha proprio ragione a  preoccuparsi particolarmente delle conseguenze per i lavoratori a bassa retribuzione.

I lavoratori poco pagati hanno perso il lavoro a un ritmo molto più alto di chiunque altro e le perdite di posti di lavoro continuano ad aumentare.

Giovedì abbiamo appreso che la scorsa settimana altri 709.000 americani hanno presentato nuove richieste di sussidio di disoccupazione, più del triplo di una qualsiasi settimana del 2019 ...

Il rapporto del Dipartimento del Lavoro ha registrato per l'undicesima settimana consecutiva poco meno di 1 milione di nuove richieste di sussidi di disoccupazione. Dall'inizio della pandemia le richieste non sono mai scese al di sotto di 700.000 e si sono mantenute nettamente al di sopra dei livelli precedenti all’emergenza. Nel corso del 2019, le nuove richieste di disoccupazione arrivavano  in media a poco più di 200.000 a settimana.

Al 24 ottobre, un totale di 21,16 milioni di americani stavano portando a casa un qualche tipo di sussidio di disoccupazione.

Un anno fa, quel numero era solo di 1,45 milioni.

In altre parole, siamo nel bel mezzo di un incubo di disoccupazione nazionale.

E molti analisti sono profondamente preoccupati che la nuova ondata di lockdown che sta iniziando a verificarsi in tutta la nazione provocherà una rinnovata ondata di licenziamenti ...

Con l'arrivo del clima più freddo e l'escalation della paura del virus, i consumatori possono diventare più cauti riguardo al viaggiare, fare shopping, mangiare fuori e frequentare palestre, barbieri e negozi. Le imprese di molti settori potrebbero ridurre posti di lavoro o ore di lavoro. Negli ultimi giorni, la recrudescenza del virus ha fatto scattare restrizioni più severe per le attività commerciali, principalmente ristoranti e bar, in una serie di stati, tra cui Texas, New York, Maryland e Oregon.

"Potrebbe esserci il rischio di ulteriori licenziamenti, poiché i casi di coronavirus aumentano e alcuni stati impongono restrizioni all'attività", ha affermato Nancy Vanden Houten, economista della società di previsioni Oxford Economics.

Ieri ho discusso del fatto che uno degli esperti del nuovo comitato consultivo COVID-19 di Joe Biden vuole un lockdown nazionale completo di almeno un mese una volta che Biden sarà alla Casa Bianca.

Inutile dire che tutto ciò peggiorerà notevolmente la depressione economica che stiamo attraversando.

Ma ovviamente ci sono molti americani che semplicemente non sopporteranno più i lockdown. In effetti, un nuovo sondaggio ha rilevato che solo il 49% di tutti gli americani "molto probabilmente rimarrebbe a casa per un mese se così fosse raccomandato dai funzionari della sanità" ...

Milioni e milioni di vite sono state sconvolte dai precedent lockdown e il danno economico causato da un altro ciclo di chiusure sarebbe incalcolabile.

Tuttavia, sembra che siano comunque in arrivo altri blocchi, e questo significa molte più sofferenze economiche in arrivo.

Prima della pandemia, Victoria Perez, 38 anni, faceva due lavori, ma quando è arrivato COVID li ha persi rapidamente entrambi. Ora lei e i suoi figli vivono in una casa popolare a Oakland, in California, e sono solo a un passo dall'essere senzatetto ...

Gli alloggi in città, forniti alle persone a maggior rischio di coronavirus, durano solo fino a dicembre.

Dopo le festività natalizie, cosa dovrebbe fare se non riesce a trovare un nuovo lavoro?

Essere senza casa è già abbastanza grave, se per di più ci sono di mezzo dei bambini, stiamo parlando di quel tipo di scenario da incubo che nessuno dovrebbe mai attraversare.

Sfortunatamente, le fila dei senzatetto stanno assolutamente esplodendo in tutto il paese, mentre l'economia degli Stati Uniti si sgretola proprio davanti ai nostri occhi.

12/11/20

Chiudere le scuole è stato un errore

 

L’Istituto Americano per la Ricerca Economica riprende i risultati di uno dei primi studi sugli effetti del lockdown, ed in particolare della chiusura delle scuole. I risultati sono importanti: in pratica la frequentazione delle scuole da parte dei bambini non ha comportato alcun rischio da Covid-19 non solo per loro stessi, ma nemmeno per gli adulti con cui convivono. In pratica, la chiusura delle scuole si è rilevato un provvedimento draconiano con nefasti contro… senza alcun pro a poterlo giustificare.

 

Di Jeffrey A. Tucker, 9 novembre 2020

Traduzione di @MPaperoga


Il 12 marzo 2020, un memo uscì dalla penna di Carter Mercher, esperto di bioterrorismo e consulente dell’Amministrazione dei Veterani. Venne mandato agli ufficiali sanitari e ad altri in tutta la Nazione. Chiudete le scuole. Fatelo subito. Ed è successo così, e con questo atto, le libertà civili che abbiamo a lungo dato per scontate – la libertà di viaggiare, di gestire imprese, di andare al cinema, persino di usciew dalle nostre case – ci sono state portate via.

Hanno chiuso le scuole. Poi è stato come le tessere del domino che cadono, una ad una. Le imprese hanno dovuto chiudere così che la gente potesse curare i figli a casa. I centri commerciali dovevano chiudere, perché altrimenti i ragazzi si sarebbero ritrovati lì. Così pure le Chiese. I luoghi di intrattenimento sono stati chiusi. Persino i parchi sono stati chiusi. Gli ordini “statevene-a-casa” sono derivati dalla chiusura delle scuole. Per molti versi, l’intera legittimità del lockdown si è basata sull’opportunità di chiudere le scuole.

Un piccolo gruppo di scienziati favorevoli al lockdown ha esultato, perché il loro sogno risalente già a quindici anni prima di condurre un tale esperimento sociale stava finalmente diventando realtà.

La chiusura delle scuole ha avuto un effetto sproporzionatamente grande sulle donne lavoratrici. Queste hanno dovuto lasciare il loro lavoro per prendersi cura dei figli e aiutarli a sopravvivere nello strano nuovo mondo delle Classroom di Zoom e a consegnare i compiti via e-mail. Gli uomini sono rimasti al lavoro in quanto principali percettori di reddito.

Come afferma il Washington Post:

"La recessione dovuta alla pandemia (lockdown) è stata rinominata la “recessione femminile”, perché ha colpito le donne molto più degli uomini La percentuale di donne che lavora o in cerca di un lavoro è scesa ai livelli più bassi dal 1988, cancellando decenni di sudate conquiste sul posto di lavoro."

Venerdì, il rapporto sull’occupazione del Dipartimento del Lavoro ha mostrato che l’economia ha riconquistato appena la metà dei posti di lavoro persi a marzo e aprile, ma la situazione rimane nera per le donne. Secondo i dati del Dipartimento ci sono 2,2 milioni di donne in meno al lavoro o che cercano lavoro rispetto a gennaio, contro 1,5 milioni di uomini in meno, .

In questi nove mesi di inferno, si potrebbe supporre che sia stato realizzato un chiaro test dai risultati significativi su se e in quale misura il contenimento del virus sia davvero associato con la frequenza scolastica. Alla fine, questo test è arrivato, e i risultati non sono buoni per i fan del lockdown.

È ormai ovvio (e lo è stato già fin da febbraio) che quasi nessun bambino è in pericolo a causa del virus. La curva età/pericolo del virus dice che a rischio sono quasi esclusivamente gli anziani con patologie pregresse. I bambini avrebbero potuto essere di aiuto nel raggiungere buoni obiettivi di salute pubblica e nel contrastare il virus, anziché perdere, ad oggi, quasi un intero anno di istruzione di qualità, per non parlare del trauma delle mascherine obbligatorie e del sentirsi dire che i propri amici sono potenziali nemici portatori di agenti patogeni.

Ok, i bambini non erano a rischio, ma cosa dire del personale scolastico e degli adulti? Chiudere i bambini in casa ha davvero permesso alle persone di rimanere al sicuro e di ridurre l’infettività e la mortalità associati al SARS-CoV-2? Come potremo mai misurare questo aspetto? Una maniera semplice sarebbe di misurare le differenze nelle conseguenze della malattia tra le famiglie con figli rispetto a quelle senza figli.

Sembra un test abbastanza ovvio. Finalmente è apparso uno studio proprio su questo argomento, pubblicato dalla prestigiosa rivista medica Meduri: “Correlazione tra il vivere con i bambini ed esiti del COVID-19: uno studio collettivo di OpenSAFELY su 12 milioni di adulti in Inghilterra”.

Si tratta del più grande studio finora condotto (con 35 autori) sui rischi da Covid per gli adulti derivanti dal contatto con i bambini, e ha una conclusione neanche tanto sorprendente, per lo meno per coloro che finora hanno seguito la scienza. Lo studio ha scoperto che non c’è alcun aumento dei casi di infezioni gravi da Covid negli adulti che vivono coi bambini. Ha evidenziato un piccolo aumento nelle infezioni ma senza conseguenze negative. Al contrario, lo studio ha rilevato meno morti associate agli adulti che vivono con bambini in casa rispetto a quelli che vivono senza bambini.

Citando direttamente lo studio:

"Si tratta del primo studio basato sulla popolazione per studiare se nel Regno Unito durante la pandemia il rischio di infezioni da SARS-CoV-2 o di conseguenze da COVID-19 sia differente tra gli adulti che vivono in famiglie con figli in età scolare e quelli senza. I nostri risultati mostrano che per gli adulti che vivono con bambini non esiste alcuna prova di un rischio maggiore di conseguenze gravi da COVID-19, anche se esiste un leggero aumento di rischio di registrare l’infezione da SARS-CoV-2 per gli adulti in età da lavoro che vivono con ragazzi tra i 12 e i 18 anni. Gli adulti in età lavorativa che vivono con bambini tra gli 0 e i 11 anni hanno un rischio inferiore di morte da COVID-19 rispetto agli adulti che vivono senza bambini, e la dimensione di questo effetto è paragonabile al loro minor rischio di morte per tutte le altre cause. Abbiamo osservato che non esistono differenze nel rischio di infezione da SAERS-CoV-2 e di conseguenze gravi da COVID-19 nei periodi prima e dopo la chiusura delle scuole."

Cosa implica tutto questo?

"I nostri risultati dimostrano che non esiste alcuna prova di gravi danni da COVID-19 per gli adulti in contatto stretto con bambini, rispetto a coloro che vivono in famiglie senza bambini. Ciò ha implicazioni nella determinazione della analisi costi-benefici al fine di valutare la frequenza scolastica durante la pandemia COVID-19."

La formulazione può sembrare un po’ astratta, coerentemente con lo stile di scrittura del testo. Per dirla in italiano: la paura di gravi conseguenze da Covid non è mai stata una buona ragione per chiudere le scuole. Il che significa: è stato un errore colossale. È scioccante considerare tutto quello che abbiamo perso, i trattamenti che i bambini hanno subito, quanta violenza sia stata fatta  ai genitori che hanno pagato le tasse o le rette delle scuole private. Non si tratta solo di un furto di denaro, ma anche di istruzione e di una vita serena.

L’AIER in generale ha concordato con le affermazioni di John Ioannidis sin da metà marzo. Queste politiche sono state implementate senza alcuna prova concreta che potessero mitigare il virus o migliorare i risultati terapeutici.

Fin dall’inizio, i lockdown sono stati una politica in cerca di una buona motivazione. In tutti questi mesi, non ne è emersa alcuna. E solo ora stiamo vedendo serie ricerche che provano che gli scettici avevano ragione fin dall’inizio. L’unica domanda ora è se e quando gli “esperti” che hanno prodotto questo incredibile fallimento ammetteranno il loro errore. Forse la risposta è: quando i media inizieranno a parlarne.

 

04/11/20

Benvenuti in Covidworld


In questo articolo su The Critic, si ragiona su questo nuovo "Mondo Covid" che si sta manifestando a noi, ponendo una particolare attenzione alla mancanza di spazio per un dibattito pubblico aperto e onesto sul tema della pandemia e di come affrontarla al meglio. Sembra quasi prendere vita un mondo nuovo, dove la rilevanza e proporzionalità delle misure adottate all'interno del contesto più ampio sembrano rispondere a regole nuove e diverse, proprie di un mondo a sé.

 

di Ian James Kidd e Matthew Ratcliffe

 

Cercar di comprendere Covidworld, la nostra nuova realtà alterata in cui le norme comunemente accettate non si applicano più

L’8 settembre, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha lanciato l’allarme su una malattia mortale che rischia di uccidere circa 11 milioni di persone nel mondo ogni anno, tra cui 2,9 milioni di bambini, la maggior parte dei quali potrebbero essere salvati. Date queste orribili proiezioni, è sicuramente chiaro che è necessaria un'azione urgente: distanziamento sociale; mascherine; lockdown; investimenti senza precedenti nello sviluppo di vaccini.

Ma non è così che si affronta il problema, perché stiamo parlando di sepsi, malattia che colpisce 49 milioni di persone ogni anno e lascia anche a molti sopravvissuti dei problemi di salute a lungo termine.

Mentre il suo comunicato stampa sulla sepsi ha ricevuto poca attenzione da parte dei media, l’allarme successivo dell'OMS che il bilancio globale delle vittime del Covid-19, anche se venisse trovato un vaccino,  potrebbe raggiungere i 2 milioni di persone, ha ottenuto una posizione di rilievo sul sito web della BBC News e anche altrove. Quindi di cosa dovremmo preoccuparci di più e dove dovrebbero essere investiti i nostri sforzi per ridurre al minimo la sofferenza, le malattie a lungo termine e le morti?

L'accento è stato posto fermamente sulla prevenzione dei decessi da Covid-19, la maggior parte dei quali coinvolge persone anziane con comorbilità significative. Dimenticatevi la sepsi. Dimenticate le numerose altre malattie gravi e che si potrebbero prevenire.

E già che ci siamo, mettiamo da parte anche gli enormi danni collaterali e di vasta portata causati dai lockdown e simili misure: morti dovute ad altre malattie che sono rimaste non diagnosticate o non trattate; diffusi problemi di salute mentale; i costi per la salute e il benessere della disoccupazione e della povertà; massiva interruzione dell'istruzione; innumerevoli preziosi momenti di vita persi che non potranno mai essere recuperati; esperienze di nascita traumatiche; aumento degli abusi domestici; e molte persone che vivono gli ultimi mesi della loro vita in isolamento e miseria, con amici e parenti che alla fine non possono assistere adeguatamente i loro cari a causa delle misure di allontanamento sociale. E questo senza nemmeno guardare oltre il Regno Unito.

Forse, se i costi di rispondere al Covid-19 non facendo nulla, o facendo meno, fossero considerati con attenzione, potrebbe anche risultare che l'enfasi è appropriata e i costi sono giustificati. Tuttavia, c'è sicuramente spazio per il dissenso e il dibattito pubblico. Qual è il rischio della malattia rispetto ad altri rischi che vengono abitualmente accettati? Bloccare intere popolazioni è una risposta proporzionata o moralmente giustificabile? Queste sono alcune delle domande importanti per un vigoroso dibattito pubblico.

I filosofi accademici, come noi, amano mettere in discussione i presupposti, considerare prospettive alternative e trovare lacune nelle argomentazioni. Tuttavia, nel mettere in discussione la narrazione ortodossa del Covid-19 (secondo la quale esiste una minaccia senza precedenti, affrontata al meglio attraverso restrizioni sociali estreme), raramente ci troviamo di fronte a un'attenta considerazione e a controargomentazioni. Più spesso, riceviamo sguardi imbarazzati, espressioni di disagio o disapprovazione e un fermo rifiuto persino di contemplare la possibilità che alcune affermazioni siano errate o determinate azioni fuorvianti.

A volte, guardando - con distaccata curiosità – lo scrupoloso distanziamento sociale e la fiduciosa segnalazione di virtù di coloro che evidentemente sono immuni dal dubbio, si ha una sensazione di estraneità. Loro sanno cosa sta succedendo; sanno cosa è giusto; sanno cosa bisogna fare. Quanto sarebbe facile mettere da parte i dubbi, immergersi completamente in queste performance e - col tempo - recuperare un senso di solidarietà e di certezza.

Detto questo, deve esserci invece spazio per un dibattito critico onesto, di alta qualità, soprattutto in un momento come questo, che comporta una notevole incertezza e una posta in gioco estremamente alta. Quindi, piuttosto che allinearci, vogliamo invece proporre una diagnosi dell'atteggiamento fiducioso degli altri. Perché così tante persone sembrano riluttanti persino a soltanto considerare la possibilità che i blocchi possano essere risposte inefficaci o inadeguate alla situazione, che l'imposizione diffusa di mascherine non mediche sia basata su prove insufficienti e che i costi di determinate misure, in termini di vite perse o rovinate, possano rivelarsi superiori ai guadagni?

Potremmo segnalare che qui sono all’opera un insieme di pregiudizi, alcuni dei quali svolgono un ruolo particolarmente importante in situazioni di incertezza e minaccia. Si pensi per esempio al pregiudizio di disponibilità: la prospettiva di essere attaccati da uno squalo mentre si nuota può essere considerevolmente più spaventosa di quella di essere investiti mentre si attraversa la strada per andare alla spiaggia, sebbene quest'ultimo evento sia più probabile.

Tuttavia, c'è anche un difetto generale che unisce i vari pregiudizi, che vediamo ripetersi più e più volte: l'incapacità di considerare le cose nel loro contesto più ampio. Certo, il virus è un problema serio, ma come si confronta con altre minacce che dobbiamo affrontare? Forse abbiamo bisogno di mettere in lockdown le nostre società per rallentare la velocità di trasmissione, ma passi così radicali sono coerenti con il modo in cui vengono valutati vari altri tipi di rischi? È chiaro che le mascherine non mediche riducono la diffusione di goccioline di grandi dimensioni, ma semplici interventi possono avere effetti complessi nel contesto degli ambienti sociali reali. È davvero così ovvio che i vari cambiamenti comportamentali che provocano serviranno collettivamente a ridurre la trasmissione?

È difficile rispondere a queste domande quando i decessi di Covid vengono segnalati senza alcun riferimento alla mortalità per tutte le altre cause, quando indossare la mascherina è presentato come ovviamente giusto e quando le richieste di analisi costi-benefici sono accolte con silenziosa disapprovazione o miopi accuse di insensibilità, come se si trattasse di decidere se salvare vite umane o proteggere l'economia.

A volte, può sembrare che i propri interlocutori vivano in un altro mondo, un luogo in cui si applicano regole e standard diversi, dove cose diverse sembrano ovvie e dove alcuni fatti non sono affatto in discussione. Essi operano con diverse serie di certezze, in modi che escludono la possibilità di una discussione critica. Pensiamo che questo possa effettivamente essere ciò che sta accadendo: c'è davvero una via per la quale molte persone sono arrivate ad abitare un mondo diverso. Esploriamo ulteriormente l'idea.

Già nel 1889, il filosofo e psicologo William James suggerì che, nel corso delle nostre vite, noi scivoliamo tra diversi "mondi" o "sub-universi", inclusi i mondi di "senso", "scienza", "soprannaturale" , "opinione individuale" e "pura follia". Questi mondi sono collegati a vari livelli, benché l'immersione in uno di essi possa portare a perdere di vista gli altri. Secondo James, tutti noi collochiamo la bandiera della verità in uno o nell'altro di questi mondi, considerandolo il nostro "mondo delle realtà ultime". Non è un qualcosa per cui cerchiamo prove o che sia soggetto a esame critico. Piuttosto, è un contesto che prendiamo come dato quando riflettiamo sulle cose e valutiamo le prove.

Consideriamo come, nel corso della vita quotidiana, alcune cose appaiono più salienti di altre: si illuminano per noi, si distinguono, attirano la nostra attenzione. Queste cose sono anche importanti per noi in modi diversi: forse ci eccitano, ci minacciano, ci confortano, ci attirano o ci respingono. Se e come noi troviamo varie cose salienti o significative dipende dai nostri progetti, impegni e valori, che si radicano nel corso di molti anni e operano come una lente attraverso la quale vediamo e pensiamo tutto. Ma avere un mondo davanti è molto più che avere delle lenti del genere, e riconoscerlo ci avvicina alla comprensione di certe reazioni alla pandemia.

Per James, a livello basilare vi è una sensazione di fondo e inarticolata di come stanno le cose. Ciò comprende un senso profondo del carattere essenziale del mondo, se è fondamentalmente buono o cattivo, cosa può essere messo in discussione e cosa deve essere senza dubbio accettato. È incluso anche un senso del tipo di persone che dovremmo prendere sul serio nei nostri sforzi personali per capire le cose. Ad esempio, scrivendo alcuni anni prima, James descrive il suo oppositore filosofico, il razionalista, come abitante di un mondo troppo nitido, pulito, semplificato e astratto - "troppo abbottonato ... e ben rasato" per cogliere "il vasto Cosmo inconscio che lentamente respira”.

Sospettiamo che molte persone siano scivolate in una sorta di "Covidworld" e spostato la bandiera della verità in quel mondo, attraverso un processo che assomiglia più alla conversione religiosa che all'adozione di nuove convinzioni che rimangano aperte al controllo critico. Come disse una volta il filosofo Ludwig Wittgenstein, alcune persone si convertono a una “immagine del mondo” molto diversa, completa con le proprie certezze, pratiche e modi di parlare.

Per capire come ciò sia potuto accadere, consideriamo gli effetti rapidi e profondi che il lockdown di marzo ha avuto sui nostri mondi praticamente significativi. Intricate reti di progetti e passatempi consolidati sono stati improvvisamente sospesi o perduti. Il lavoro si è fermato o è cambiato radicalmente. Nel corso dei mesi successivi, le nostre abitudini di vita quotidiane sono state sostituite da qualcosa di nuovo e sconosciuto.

Più comunemente, i nostri sforzi per far fronte a profondi sconvolgimenti della vita e gestire l’instabilità consistono nel rivolgerci ad altre persone per chiedere consiglio, guida e sostegno. Quando funziona, il nostro disorientamento su ciò che è convincente o ragionevole trova una nuova direzione e il nostro senso di stabilità ritorna. Il lockdown ha ridotto questo tipo di supporto, poiché ne siamo stati tutti influenzati e tagliati fuori da molte delle nostre solite interazioni sociali. Costantemente sottoposti al mantra, “resta a casa; proteggi il SSN; salva le vite ", la varietà e la spontaneità della nostra vita sociale collettiva sono state sostituite dagli applausi, dagli arcobaleni, dai briefing governativi quotidiani, dai grafici dei nuovi casi e morti, dalla diffusa segnaletica che ci diceva di mantenere le distanze, dalle frecce sui marciapiedi e il bombardamento dei social media. Poi sono arrivate le mascherine, la minaccia del Long Covid, le aule scolastiche socialmente distanziate, le minacciose previsioni di una "seconda ondata", una serie sempre più elaborata di nuove restrizioni, un sistema a livelli e richieste di interruttori automatici.

Insieme a tutto questo, c'è stata un'alterazione più sottile e più pervasiva del senso che molte persone hanno di come stanno le cose nel mondo. Non è più familiare come una volta. Tutto è avvolto dal pericolo e dalla sfiducia. Un mondo che una volta era un teatro di possibilità è ora pervaso da un'aria di paura. Le persone che una volta avremmo potuto incrociare per strada con un sorriso o un cenno del capo sono ora vissute come potenziali portatrici di malattie, da affrontare con sospetto o da evitare.

Nel contesto di questo modo alterato di trovarci nel mondo, ha preso piede un nuovo sistema di regole, progetti, pratiche e passatempi. La paura del virus è l'unico fulcro attorno al quale ora tutto ruota, informando la nostra attenzione, le nostre preoccupazioni, conversazioni e attività. Per molti, il mondo è percepito in modo completamente diverso, come l'inevitabile inizio di un inverno che deve essere sopportato con cupa rassegnazione.

Nel tempo, Covidworld stringe la presa, eclissando tutte le altre preoccupazioni. Ci ricorda l'esempio di Wittgenstein di una cultura dominata dalla fede in un Giudizio Universale, una convinzione espressa "non ragionando o facendo appello a motivi ordinari per credere", ma attraverso il suo ruolo nel "regolare" tutti gli aspetti della vita. Allo stesso modo, Covidworld offre un sostituto semplice e internamente coerente per la realtà più disordinata e complicata che una volta abitavamo.

La riluttanza da parte di molte persone a impegnarsi in un serio dibattito può essere compresa nei termini di una transizione in questo mondo diverso, un luogo in sé completo con le proprie convinzioni e comportamenti fondamentali. I lockdown funzionano; le mascherine riducono la trasmissione; la seconda ondata è una minaccia inaccettabile e deve essere soppressa.

Poiché tutto questo è fuor di dubbio, le domande sull'adeguatezza delle prove sono spesso reinterpretate in termini morali e liquidate come atti irresponsabili di "covidiozia". Molti di coloro che di solito avrebbero insistito nell'esaminare possibilità alternative o sfidato la linea del partito, ora stranamente tacciono. La mancanza di riflessione critica è ulteriormente alimentata dalla sfiducia nei confronti di coloro che non appartengono a Covidworld.

Certo, ci sono cospiratori che non riescono a capire che gli alberi 5G non possono diffondere virus, ma ci sono anche quelli che fanno domande che dovrebbero davvero essere viste come sensate, ad esempio se una serie di restrizioni sociali siano proporzionate, in considerazione dei loro costi umani, sociali ed economici. Per coloro che sono saldamente radicati in Covidworld, tuttavia, tali domande possono sembrare non meno inverosimili di quando qualcuno si chiede seriamente se il mondo sia solo un sogno. La bandiera della verità ora sventola in Covidworld; non è un luogo da mettere in discussione, ma il luogo in cui si viene messi in discussione.

Potrebbe davvero star succedendo qualcosa del genere? Noi pensiamo di sì. Si spiegherebbe certamente lo strano distacco degli standard applicati al Covid-19 da quelli normalmente applicati altrove, soprattutto riguardo all'atteggiamento nei confronti del rischio. Il mondo è sempre stato un posto difficile in cui vivere. Il nostro senso di sicurezza e protezione potrebbe essere infranto in qualsiasi momento da incidenti, malattie gravi, perdita di capacità, lutti, maltrattamenti per mano di altri, disoccupazione, fallimento o umiliazione. E, qualunque altra cosa possa accadere, alla fine la morte ci raggiungerà.

Di solito, la maggior parte di noi non presta molta attenzione ai rischi che corriamo, invece andiamo avanti come sonnambuli finché non veniamo colpiti. Eppure sappiamo, in una sorta di modo distaccato, che nel Regno Unito muoiono tutte le settimane più di 10.000 persone, che molte di queste morti si sarebbero potute prevenire, che l'influenza uccide migliaia di persone ogni inverno e che molte vite umane sono costantemente segnate da malattia, povertà, abbandono e crudeltà. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce la morte e le sofferenze causate dal virus, ma allo stesso tempo ha eclissato altre preoccupazioni. Sì, è una cosa davvero orribile, ma le cose sono sempre state orribili. Più fai luce e più ne troverai.

Anche ammettendo che il Covid-19 rappresenti un rischio significativamente maggiore per molte persone rispetto, ad esempio, all'influenza, rimane una curiosa discrepanza tra l’atteggiamento nei confronti del rischio nell’uno e nell’altro caso. Per molti anni i decessi per influenza invernale sono stati una parte accettata della vita, mentre il Covid-19 sta al centro della scena. Ciò che sembra diverso ora è che le regole, gli standard, le pratiche, i valori e gli atteggiamenti interni a Covidworld sono stati tagliati fuori, in diverso grado, dal contesto più ampio della vita umana.

Si potrebbe rispondere che sempre avremmo dovuto preoccuparci di più per l'influenza e che già molto tempo fa avremmo dovuto prestare maggiore attenzione a misure igieniche facilmente attuabili. È vero e ci sono lezioni da imparare. Allo stesso modo, ci sono buoni motivi per suggerire che si dovrebbe fare di più per affrontare la sepsi.

Ma cosa accadrebbe se eliminassimo tutte le incongruenze prendendo gli standard applicati al Covid-19 e applicandoli a ogni altra forma di rischio? Il mondo sociale si presenterebbe come una minaccia che avvolge tutto, un mondo ostile in cui la vita sarebbe intollerabile.

La vita umana è piena di rischi, ma li gestiamo formulando giudizi informati a un senso di rilevanza e proporzionalità, radicato nel contesto più ampio del nostro mondo sociale. Ecco perché è importante comprendere e sfidare la diffusa decontestualizzazione che accompagna il Covid-19. Tuttavia, la portata di questa sfida non deve essere sottovalutata. Quando l'abisso sembra in qualche modo troppo vasto per far decollare il dibattito critico, quando si è colpiti dalla strana sensazione di trovarsi di fronte a una prospettiva del tutto aliena, forse è perché provengono davvero da un altro mondo.

 

 

02/11/20

Il Covid-19 uccide – ma altrettanto fa il lockdown

 


E’ molto amaro il commento che il prof. Karol Sikora ha pubblicato su TheSpectator del 19 ottobre scorso. Il Professor Sikora è un oncologo di grande reputazione, professore di Medicina all’Università di Buckingham e già Direttore del programma per il cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Egli non nega la minaccia che il virus comporta, ma sollecita a una risposta più bilanciata che tenga conto anche delle altre esigenze di salute. Accenna altresì con tristezza agli attacchi personali di cui sono fatti oggetto coloro che non sposano acriticamente il lockdown come unica strategia possibile.

 

 

di  Karol Sikora, 19 ottobre 2020

Traduzione di Rosa Anselmi

 

Poco più di sei mesi fa Boris Johnson diede al popolo britannico una direttiva molto chiara: "Dovete restare a casa". Era impossibile per chiunque prevedere le conseguenze involontarie di quelle quatro parole e quanto dolore e angoscia avrebbero scatenato. 

Attraverso una combinazione di coercizione emotiva e allarmismo incessante, milioni di persone bisognose di assistenza medica hanno seguito alla lettera l'ordine del Primo Ministro. Anche tormentati da dolori intensi, sono rimasti a casa e non hanno cercato le cure di cui avevano bisogno.

Ogni martedì mattina l'Ufficio per le statistiche nazionali rilascia le proprie informazioni settimanali sui decessi. Per mesi ha raccontato la stessa storia. Ogni settimana in casa si verificano livelli significativi e sostenuti di morti in eccesso.

Ovunque si guardi ci sono dibattiti ripetitivi ed estenuanti sulle grandi strategie. Ma migliaia di persone in più stanno morendo nelle proprie case e nessuno alza un sopracciglio. Per evitare altre morti inutili, dobbiamo iniziare a fare domande difficili. Non possiamo aver paura della risposta. Il Covid-19 uccide, ma anche il lockdown.

I politici hanno giocato con forze che nessuno di noi comprende appieno. Dichiarano di aver sempre seguito “la scienza” ma, ve lo posso assicurare, non c'è scienza dietro la chiusura di fatto dei percorsi diagnostici del cancro per 3 milioni di persone o il ritardo nelle cure per così tante persone.

Gli attacchi di cuore e gli ictus si sono ridotti drasticamente di numero negli ultimi sei mesi. L'unico modo in cui ciò è potuto accadere è che le persone hanno scelto di rimanere a casa piuttosto che cercare assistenza medica. La salute mentale è stata inesorabilmente ignorata insieme ad altre gravi malattie. La povertà, la depressione, la solitudine e l'ideazione suicidaria continuano a propagarsi come un incendio. Il dottor David Nabarro, inviato speciale dell'OMS, lo afferma in modo eloquente: "I lockdown hanno solo una conseguenza che non bisogna mai, mai sminuire, ed è che sta rendendo i poveri molto più poveri".

Nessun modello di computer né alcun brillante epidemiologo sono in grado di stimare appieno l’enorme distruzione a lungo termine che il lockdown ha causato. Non credo nemmeno che molti se ne siano preoccupati. La paura è una metrica molto difficile, ma se potessimo misurarla con precisione, sono sicuro che quest'anno tutti i record sarebbero stati infranti.

Altri paesi hanno trovato un equilibrio di gran lunga migliore di noi. La morte è sempre stata un argomento tabù qui ed evidentemente la nostra capacità collettiva di bilanciare il rischio è stata fortemente ostacolata.

Gli oncologi di tutto il paese, me compreso, stanno vedendo sempre più pazienti presentarsi con sintomi che, se trattati prima, avrebbero potuto essere curati in modo più efficace. Dopo aver visto grafici terrificanti che prevedevano 50.000 casi al giorno nel giro di qualche settimana, una giovane madre che ha trovato un insolito nodulo al seno vorrebbe gravare il suo medico di famiglia o andare in un ospedale considerato infestato dal Covid? Una signora anziana vorrebbe correre un rischio per farsi un’ecografia in ospedale? Se chiedete alle persone di rimanere a casa, non sorprendetevi quando fanno esattamente questo. I nostri politici hanno fatto modesti tentativi per risolvere questo problema, ma la paura è contagiosa quanto il virus.

Ci sono delle persone molto intelligenti a Downing Street, ma sono ciechi di fronte a quanto sta realmente accadendo. Professionisti benestanti con lucrosi salari pubblici e lucrose pensioni non dovranno mai affrontare le conseguenze delle politiche che stanno imponendo. Possono sopravvivere a un altro lockdown, ma milioni di persone ora stanno lottando solo per mantenere la testa fuori dall'acqua.

Nemmeno io dovrò affrontarne il peso, ma mi rifiuto di condannare un’infinità di persone che non hanno voce ad anni di miseria economica. Le morti in eccesso nelle case continueranno e l'ignoranza non sarà una scusa per i politici che si sono rifiutati di agire.

Sappiamo che molte persone erano davvero troppo spaventate per cercare aiuto, ma per quanto riguarda coloro che l'hanno cercato? Hanno incontrato ostacoli in ogni fase del percorso. Non do la colpa ai team medici e al personale sanitario. Quello che hanno fatto quest'anno è stato straordinario e so che molti di loro sono frustrati quanto me.

Miliardi e miliardi di soldi dei contribuenti sono stati sprecati in dispositivi inaffidabili di protezione individuale, un sistema fallimentare di Test e Tracciamento e altri insensati progetti Covid inventati nel bunker n. 10. Quanti soldi sono stati dirottati nelle casse dei grandi gruppi di consulenza?

Non fingiamo che ci sia una parvenza di sano controllo finanziario quando si tratta del virus. Allora perché non viene dato all’usuale assistenza sanitaria tutto ciò di cui ha bisogno per mantenere in funzione tutti i servizi di assistenza?

Troppo spesso il dibattito è inquadrato come "o Covid o cancro". Se lo desidera, il governo ha le risorse e i fondi per occuparsi non solo della protezione delle persone a rischio a causa del virus, ma anche per combattere ogni altra malattia che ha ucciso molto più di quanto il virus possa mai fare.

Abbiamo dimostrato che questo paese è capace di imprese straordinarie. Costruiamo le strutture, assumiamo il personale, testiamo i lavoratori. Le soluzioni ci sono se le cerchiamo, trovo il disfattismo del governo così deprimente. Abbiamo messo sottosopra il paese per il virus, combattiamo altri problemi di salute con la stessa ferocia.

Questi con cui abbiamo a che fare non sono modelli ipotetici: le persone muoiono ogni giorno. Nei media stanno affiorando sempre più storie di pazienti che hanno subito ritardi in trattamenti vitali contro il cancro e la cui prognosi è ora terminale.

Da parte di coloro che desiderano ulteriori restrizioni vengono costantemente compiuti sforzi per minimizzare il problema. Non una volta ho messo in dubbio le credenziali o le motivazioni di coloro che credono che i lockdown siano la risposta. Ma questa è la tattica che molti accademici - che una volta rispettavo - sono fin troppo felici di impiegare contro coloro che ritengono necessario un migliore bilanciamento.

Come oncologo mi viene costantemente detto che dovrei tornare nella mia scatola e lasciare parlar di numeri gli epidemiologi catastrofisti. Ma non è necessario avere grandi conoscenze statistiche per vedere i danni che il lockdown sta causando. Questa non è solo una crisi epidemiologica: nessun angolo della nostra vita è rimasto intatto.

Le intere conseguenze dei lockdown non sono state adeguatamente considerate da coloro che affermano di avere le risposte. Se fin dall'inizio fosse stata tenuta in considerazione una gamma più ampia di voci, forse non saremmo nel bruttissimo pasticcio in cui ci troviamo.

Questa non è una sollecitazione a un cambiamento radicale nella strategia, quei dibattiti sono stati fatti. Questa è una richiesta di maggiore equilibrio.

Molte persone gravemente ammalate sono rimaste a casa, hanno protetto il Servizio Sanitario Nazionale, ma ciò non ha salvato le loro vite.