Sul Financial Times Larry Summers ripropone la politica fiscale del deficit spending come via per uscire dal debito: gli investimenti pubblici in infrastrutture riducono il carico del debito sulle generazioni future, mentre i mancati investimenti lo aumentano...
di Lawrence Summers, ex Segretario di Stato americano e Professore all’Università di Harvard
Si è scherzato sul fatto che l’acronimo dell’IMF [FMI] sia “It’s Mostly Fiscal” [“è per lo più fiscale”].
Il Fondo Monetario Internazionale è stato per molto tempo un fiero
sostenitore dell’austerità quale via d’uscita dalla crisi, e ogni anno
fustiga decine di paesi per la loro mancanza di disciplina fiscale. Il
consolidamento fiscale – un eufemismo per i tagli alla spesa pubblica – è
un marchio di fabbrica dei programmi di salvataggio del Fondo. Un anno
fa il FMI ventilava l'idea che gli USA avessero un deficit pubblico del 10% del PIL.
Tutto ciò rende il “World Economic Outlook”
del FMI pubblicato di recente un documento notevole ed importante. Nella sua pubblicazione
principale, l’FMI domanda sostanzialmente un aumento degli investimenti in opere pubbliche, non solo negli USA, ma anche nel resto del mondo.
Afferma inoltre che quando la disoccupazione è alta, come lo è in gran
parte dei paesi industrializzati, l’impatto sarebbe più forte se la gran
parte degli investimenti venisse finanziata a debito, piuttosto che
attraverso tagli alla spesa o aumento della pressione fiscale. Più
specificamente, l’FMI afferma che investimenti in opere pubbliche
adeguatamente pianificati ridurranno piuttosto che aumentare il peso del
debito pubblico. Gli investimenti pubblici possono ripagarsi da soli.
Perché il FMI è arrivato a queste
conclusioni? Si consideri un ipotetico investimento in una nuova
autostrada finanziato interamente a debito. Si assuma – a livello
controfattuale ed in maniera prudente – che il processo di costruzione
dell’autostrada non produca alcun effetto di stimolo. Inoltre, si assuma che
l’investimento frutti solamente il 6%, anche questa una premessa
decisamente prudente, viste le stime comunemente accettate sui benefici
degli investimenti pubblici. In più, il gettito fiscale al netto
dell’inflazione aumenterebbe dell’1,5% dell’importo investito,
considerato che il governo riceve circa il 25% di ogni dollaro
aggiuntivo di reddito prodotto. I tassi di interesse reali, vale a dire i
tassi di interesse meno l’inflazione, negli USA ed in
molti dei paesi industrializzati sono sotto all’1% su un orizzonte temporale di 30
anni. Perciò gli investimenti in opere pubbliche possono permettere di ridurre il carico del debito sulle generazioni future.
In realtà, questo calcolo minimizza
l’impatto positivo sui conti pubblici di un investimento in opere
pubbliche ben pianificato, come riconosce l’FMI. Trascura le entrate
fiscali prodotte dall'effetto di stimolo derivante dall’occupare le persone nella costruzione di opere pubbliche, così come i benefici a lungo termine dovuti al combattere la recessione.
Trascura la realtà per la quale procrastinare il rinnovo delle infrastrutture pubbliche pone un peso sulle future generazioni uguale al debito pubblico.
Ignora il fatto che aumentando le risorse
dell’economia, gli investimenti in opere pubbliche aumentano la capacità
di gestire ogni livello di debito. Gravemente, non si tiene conto del
fatto che in molti casi il governo può investire un dollaro in infrastrutture ad un costo di gran lunga inferiore ad un dollaro
per mezzo di un conferimento di capitali, di un’agevolazione fiscale o di una
garanzia sul prestito.
Quando prende in considerazione questi fattori, il FMI rileva che un dollaro di investimento pubblico produce un
aumento di produzione vicino ai 3 dollari. L’aritmetica di
bilancio associata agli investimenti in opere pubbliche è particolarmente
allettante quando ci sono abbastanza risorse inutilizzate tali che i
maggiori investimenti in infrastrutture non vanno a discapito di altre
spese. Se stiamo entrando in un periodo di stagnazione secolare,
risorse disoccupate potrebbero essere disponibili in gran parte del
mondo industrializzato per un buon periodo di tempo.
Mentre l’opportunità degli investimenti vale quasi ovunque – ad eccezione forse della Cina, dove gli
investimenti in opere pubbliche sono stati usati come stimolo per un
certo lasso di tempo – la strategia appropriata varia nelle diverse parti del
il mondo.
Gli USA hanno bisogno di una programmazione a lungo termine per le opere pubbliche che tenga conto sia dei benefici sia dei
costi. I progetti dovrebbero essere approvati con una certa velocità. Il
governo può contribuirvi sostenendo gli investimenti privati in
settori quali le telecomunicazioni e l’energia.
L’Europa ha bisogno di meccanismi che
esentino i progetti autofinanziati di opere pubbliche dal rispetto dei
vincoli esistenti sul deficit pubblico. Ciò potrebbe essere possibile
mediante un’espansione della Banca degli Investimenti Europea o mediante
un maggior uso dei concetti di bilancio in conto capitale nelle revisioni dei conti pubblici.
I mercati emergenti devono assicurarsi che tali progetti siano scelti in maniera ragionevole e basata sul beneficio economico.
L’elemento cruciale dovunque nel mondo è il riconoscimento
che, in tempi di recessione economica e investimenti pubblici
inadeguati, per una volta può esserci un “pasto gratis” – una strada a
disposizione dei governi per rafforzare l’economia e la propria
posizione finanziaria. L’FMI, il baluardo del “pugno di ferro” dell’austerità, è giunto a questa importante conclusione. I paesi che avranno la
saggezza di seguire il suo consiglio, ne beneficeranno.
Traduzione di Giovanni Donato
troppo tardi, stronzi
RispondiElimina"Il consolidamento fiscale – un eufemismo per i tagli alla spesa pubblica"
RispondiEliminaGuardate che "consolidamento fiscale" in italia vuol dire portare la tassazione media sui contribuenti effettivi dal 75 attuale al 90 per cento, non tagli della spesa pubblica.
Due, gli investimenti pubblici sono solo l'ennesima acquiescenza all'imperativo della crescita, che hanno in comune tanto il capitalismo privato, e questo lo sanno tutti ed e' un luogo comune ormai, quanto il capitalismo di stato marxista della "spesa pubblica", cosa che invece non si puo' dire perche' e' contro la religione.
Entrambi finiscono per produrre opere inutili e lavoro schiavistico, che e' quello che e' celebrato nel primo articolo della nostra costituzione, salvo il nascondere la parola "schiavistico" che rovinerebbe l'effetto retorico.
Il paradigma, il "frame" abusato e' quello che pone la produzione, e i produttori (cioe', ma non sempre, i lavoratori) come fine ultimo della societa'. E' una bufala condivisa sia dalla cultura borghese che dall'operaismo marxista, che con la crisi e il prevalere "culturale" nel dibattito pubblico dei professoroni e professorini con lo spirito del ragioniere contabile e' tornata prepotentemente in voga.
se magari scrivessi in modo piu' lineare e meno contorto (soggetto,predicato e complemento) si potrebbe dire di essere contrario oppure no al tuo pensiero,cosi invece...
EliminaIl capo asino (per non dire di peggio) se n'è accorto adesso?
RispondiEliminaDi questo passo tra duemila anni capiranno anche il resto.
Riccardo.
Chissà che cosa c'è sotto (perché il concetto espresso è già ben chiarito da Econ 101)
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