07/10/14

Summers sul FT: Perché gli investimenti pubblici sono un “pasto gratis”

Sul Financial Times Larry Summers ripropone la politica fiscale del deficit spending come via per uscire dal debito: gli investimenti pubblici in infrastrutture riducono il carico del debito sulle generazioni future, mentre i mancati investimenti lo aumentano...



di Lawrence Summers, ex Segretario di Stato americano e Professore all’Università di Harvard

Si è scherzato sul fatto che l’acronimo dell’IMF [FMI] sia “It’s Mostly Fiscal” [“è per lo più fiscale”]. Il Fondo Monetario Internazionale è stato per molto tempo un fiero sostenitore dell’austerità quale via d’uscita dalla crisi, e ogni anno fustiga decine di paesi per la loro mancanza di disciplina fiscale. Il consolidamento fiscale – un eufemismo per i tagli alla spesa pubblica – è un marchio di fabbrica dei programmi di salvataggio del Fondo. Un anno fa il FMI ventilava l'idea che gli USA avessero un deficit pubblico del 10% del PIL.

 
Tutto ciò rende il “World Economic Outlook” del FMI pubblicato di recente un documento notevole ed importante. Nella sua pubblicazione principale, l’FMI domanda sostanzialmente un aumento degli investimenti in opere pubbliche, non solo negli USA, ma anche nel resto del mondo. Afferma inoltre che quando la disoccupazione è alta, come lo è in gran parte dei paesi industrializzati, l’impatto sarebbe più forte se la gran parte degli investimenti venisse finanziata a debito, piuttosto che attraverso tagli alla spesa o aumento della pressione fiscale. Più specificamente, l’FMI afferma che investimenti in opere pubbliche adeguatamente pianificati ridurranno piuttosto che aumentare il peso del debito pubblico. Gli investimenti pubblici possono ripagarsi da soli.

Perché il FMI è arrivato a queste conclusioni? Si consideri un ipotetico investimento in una nuova autostrada finanziato interamente a debito. Si assuma – a livello controfattuale ed in maniera  prudente – che il processo di costruzione dell’autostrada non produca alcun effetto di stimolo. Inoltre, si assuma che l’investimento frutti solamente il 6%, anche questa una premessa decisamente prudente, viste le stime comunemente accettate sui benefici degli investimenti pubblici. In più, il gettito fiscale al netto dell’inflazione aumenterebbe dell’1,5% dell’importo investito, considerato che il governo riceve circa il 25% di ogni dollaro aggiuntivo di reddito prodotto. I tassi di interesse reali, vale a dire i tassi di interesse meno l’inflazione, negli USA ed in molti dei paesi industrializzati sono sotto all’1% su un orizzonte temporale di 30 anni. Perciò gli investimenti in opere pubbliche possono permettere di ridurre il carico del debito sulle generazioni future.

In realtà, questo calcolo minimizza l’impatto positivo sui conti pubblici di un investimento in opere pubbliche ben pianificato, come riconosce l’FMI. Trascura le entrate fiscali prodotte dall'effetto di stimolo derivante dall’occupare le persone  nella  costruzione di opere pubbliche, così come i benefici a lungo termine dovuti al combattere la recessione. Trascura la realtà per la quale procrastinare il rinnovo delle infrastrutture pubbliche pone un peso sulle future generazioni uguale al debito pubblico.

Ignora il fatto che aumentando le risorse dell’economia, gli investimenti in opere pubbliche aumentano la capacità di gestire ogni livello di debito.  Gravemente, non si tiene conto del fatto che in molti casi il governo può investire un dollaro in infrastrutture ad un costo di gran lunga inferiore ad un dollaro per mezzo di un conferimento di capitali, di un’agevolazione fiscale o di una garanzia sul prestito.

Quando prende in considerazione questi fattori, il FMI rileva che un dollaro di investimento pubblico produce un aumento di produzione vicino ai 3 dollari.  L’aritmetica di bilancio associata agli investimenti in opere pubbliche è particolarmente allettante quando ci sono abbastanza risorse inutilizzate tali che i maggiori investimenti in infrastrutture non vanno a discapito di altre spese. Se stiamo entrando in un periodo di stagnazione secolare, risorse disoccupate potrebbero essere disponibili in gran parte del mondo industrializzato per un buon periodo di tempo.

Mentre l’opportunità degli investimenti vale quasi ovunque – ad eccezione forse della Cina, dove gli investimenti in opere pubbliche sono stati usati come stimolo per un certo lasso di tempo – la strategia appropriata varia nelle diverse parti del il mondo.

Gli USA hanno bisogno di una programmazione a lungo termine per le opere pubbliche che tenga conto sia dei benefici sia dei costi. I progetti dovrebbero essere approvati con una certa velocità. Il governo può contribuirvi sostenendo gli investimenti privati in settori quali le telecomunicazioni e l’energia.

L’Europa ha bisogno di meccanismi che esentino i progetti autofinanziati di opere pubbliche dal rispetto dei vincoli esistenti sul deficit pubblico. Ciò potrebbe essere possibile mediante un’espansione della Banca degli Investimenti Europea o mediante un maggior uso dei concetti di bilancio in conto capitale nelle revisioni dei conti pubblici.
 
I mercati emergenti devono assicurarsi che tali progetti siano scelti in maniera ragionevole e basata sul beneficio economico.

L’elemento cruciale dovunque nel mondo è il riconoscimento che, in tempi di recessione economica e investimenti pubblici inadeguati, per una volta può esserci un “pasto gratis” – una strada a disposizione dei governi per rafforzare l’economia e la propria posizione finanziaria. L’FMI, il baluardo del “pugno di ferro” dell’austerità, è giunto a questa importante conclusione. I paesi che avranno la saggezza di seguire il suo consiglio, ne beneficeranno.

Traduzione di Giovanni Donato

5 commenti:

  1. "Il consolidamento fiscale – un eufemismo per i tagli alla spesa pubblica"

    Guardate che "consolidamento fiscale" in italia vuol dire portare la tassazione media sui contribuenti effettivi dal 75 attuale al 90 per cento, non tagli della spesa pubblica.

    Due, gli investimenti pubblici sono solo l'ennesima acquiescenza all'imperativo della crescita, che hanno in comune tanto il capitalismo privato, e questo lo sanno tutti ed e' un luogo comune ormai, quanto il capitalismo di stato marxista della "spesa pubblica", cosa che invece non si puo' dire perche' e' contro la religione.

    Entrambi finiscono per produrre opere inutili e lavoro schiavistico, che e' quello che e' celebrato nel primo articolo della nostra costituzione, salvo il nascondere la parola "schiavistico" che rovinerebbe l'effetto retorico.

    Il paradigma, il "frame" abusato e' quello che pone la produzione, e i produttori (cioe', ma non sempre, i lavoratori) come fine ultimo della societa'. E' una bufala condivisa sia dalla cultura borghese che dall'operaismo marxista, che con la crisi e il prevalere "culturale" nel dibattito pubblico dei professoroni e professorini con lo spirito del ragioniere contabile e' tornata prepotentemente in voga.

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    1. se magari scrivessi in modo piu' lineare e meno contorto (soggetto,predicato e complemento) si potrebbe dire di essere contrario oppure no al tuo pensiero,cosi invece...

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  2. Il capo asino (per non dire di peggio) se n'è accorto adesso?

    Di questo passo tra duemila anni capiranno anche il resto.

    Riccardo.

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  3. Chissà che cosa c'è sotto (perché il concetto espresso è già ben chiarito da Econ 101)

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