28/06/21

Immaginazione e memoria: il ruolo dell'epidemiologia storica in un mondo stregato dalla modellizzazione matematica delle epidemie



Riceviamo e volentieri pubblichiamo la traduzione di un articolo del 7 giugno scorso su History and philosophy of the life sciences, in cui gli autori esortano i ricercatori e i decisori politici a non affidarsi solo alle previsioni dei modelli matematici, ma a tener conto anche dell’apporto che la memoria del passato può offrire alla comprensione delle probabili conseguenze del covid-19.


di George S. Heriot 1,4 e Euzebiusz Jamrozik 2,3,4

1 School of Public Health and Preventive Medicine, Monash University, 553 St Kilda Road, Melbourne VIC 3004, Clayton, VIC, Australia

2 The Ethox Centre & Wellcome Centre for Ethics and the Humanities, Nufeld Department of Population Health, University of Oxford, Oxford, UK

3 Monash Bioethics Centre, Monash University, Clayton, VIC, Australia

4 Royal Melbourne Hospital Department of Medicine, University of Melbourne, Parkville, VIC, Australia


Segnalazione e traduzione di Rosa Anselmi


L'emergere del COVID-19 ha visto un'esplosione di modelli epidemiologici che cercano di caratterizzare e prevedere il corso della pandemia. I risultati di questi modelli hanno influenzato le decisioni politiche in tutto il mondo, nonostante l’estrema disomogeneità della performance previsionale di modelli simili di altre recenti malattie infettive emergenti. Piuttosto si potrebbe guardare ai dati delle passate pandemie per informare le attuali valutazioni del rischio. Alcuni considerano inaffidabili tali analogie con gli eventi del passato, sollevando il truismo riduzionista dell’unicità di ogni combinazione di malattia e contesto (Peckham 2020). Tuttavia, sia la modellizzazione epidemiologica di scenari futuri che le analisi di dati storici sono passibili di errori di input, ipotesi e interpretazioni; in questo articolo sosteniamo che entrambe le tecniche dovrebbero essere considerate "sbagliate, ma utili" (Christley et al. 2013) e che una maggiore consapevolezza dei dati storici può migliorare la preparazione e le risposte alle pandemie.

La costruzione di un modello epidemiologico incorpora ipotesi strutturali sul sistema in studio e richiede l'assemblaggio di dati di input che descrivono il contesto specifico e la malattia. I sistemi biologici complessi resistono a questa semplice parametrizzazione e i modelli di questi sistemi comportano necessariamente delle semplificazioni il cui impatto sull'abilità predittiva del modello è di difficile quantificazione. Nella fase iniziale di una nuova epidemia, le condizioni di input per questi modelli sono ricavate da osservazioni imperfette condizionate, ad esempio, da errori di accertamento, temporali e di segnalazione che ne compromettono sia l'accuratezza che la precisione. La sensibilità di questi modelli alle loro condizioni di input, così come l'adeguatezza e la solidità dei loro presupposti strutturali, conferisce una sostanziale incertezza a qualunque previsione fatta; ancora meno sicura è la loro estrapolazione oltre il tempo, il luogo o l'agente patogeno iniziali.

Diversamente dai modelli matematici, l'uso di dati storici per la previsione di epidemie contemporanee non richiede ipotesi semplificatrici sui meccanismi di propagazione delle epidemie o sulla struttura socio-geografica delle comunità colpite. All'opposto, questo approccio si basa sulla comparabilità della malattia e del contesto attuali con le malattie e i contesti precedenti, similmente all’analogo metodo utilizzato per le previsioni del tempo prima della disponibilità di dati e potenza di calcolo sufficientemente affidabili. Da un lato, molte caratteristiche della pandemia da COVID-19 sono inestricabilmente legate a circostanze contemporanee e contesti particolari. Varieranno quindi le esperienze locali di epidemie tra i cittadini, i pazienti e i medici. Dall’altro lato, anche se la scienza medica è progredita considerevolmente negli ultimi secoli, la diffusione dei virus respiratori tra gli ospiti umani è cambiata poco per millenni. Le persone si infettano nello stesso modo, soffrono nello stesso modo e muoiono nello stesso modo. Pertanto, per quanto riguarda la trasmissione e gli effetti dei virus pandemici, le comunità umane del XXI secolo possono avere una maggiore somiglianza con le comunità del XVIII e XIX secolo piuttosto che con una rappresentazione astratta nell’ambito di un modello epidemiologico. Inoltre, gli studi epidemiologici sulla variazione dell'espressione delle pandemie passate in differenti comunità possono essere più informativi per le attuali risposte pandemiche rispetto alle simulazioni di modelli basati su combinazioni di incerte variabili astratte di input.

Una volta che una nuova pandemia sembra rientrare nella gamma di quelle osservate in precedenza, il comportamento e l'impatto delle pandemie precedenti dovrebbero essere presi in considerazione piuttosto che scartati. La consultazione dei dati storici rivela le significative somiglianze tra le pandemie virali respiratorie degli ultimi secoli in generale (Patterson 1986; Valleron et al. 2010) e anche la disponibilità di analogie ragionevoli per le osservazioni epidemiologiche specifiche riguardanti il COVID-19. L'infettività e la severità di SARSCoV-2, sia che vengano valutate tramite parametrizzazione statistica (numero di riproduzione di base [1] e tassi aggiustati di letalità apparente [NdT case fatality ratios] o plausibile [NdT infection fatality ratios] [2], rispettivamente) o descrizione sinottica (tasso di attacchi domestici [3], tempo al picco epidemico [4] e tassi di mortalità in eccesso per tutte le cause [5]), sono ben all'interno della gamma descritta dalle pandemie respiratorie virali degli ultimi secoli (dove l'influenza del 1918-20 è l’evidente valore fuori scala). La variazione nelle stime di questi parametri applicati al COVID-19 non è più ristretta di quella calcolata in base a osservazioni storiche fatte in luoghi diversi durante precedenti pandemie.

Forse la migliore analogia storica disponibile per il COVID-19 è la pandemia di " Grippe" del 1889-91, attribuita a un virus dell'influenza H3N8 (Dowdle 1999) o all'emergenza del coronavirus umano OC43 - ora un virus del "raffreddore comune" endemico a livello globale (Vijgen et al. 2005). Questa pandemia della fine del diciannovesimo secolo ha delle somiglianze convincenti con la nostra attuale esperienza, sia dal punto di vista superfIciale (inclusi la malattia precoce di un primo ministro britannico, la frenetica copertura mediatica, la rilevanza delle sindromi da affaticamento post-infettivo e le teorie di origine xenofoba o cospiratoria) [NdT l’articolo è stato ricevuto il 12.10.2020 e accettato il 21.4.2021, prima che riprendesse sostanza l’ipotesi dell’uscita del virus da un laboratorio], sia per quanto riguarda i suoi apparenti parametri epidemiologici.

Le correlazioni epidemiologiche specifiche tra le pandemie del 1889-91 e del 2020-21 includono la bassa morbilità pediatrica, la mancanza dello spostamento della mortalità in eccesso verso gruppi più giovani di età che si osserva di solito con la pandemia influenzale, l'ampiezza e la distribuzione dei picchi di mortalità in eccesso negli ambienti metropolitani e la rapidità della propagazione epidemica all'interno delle comunità ((Valleron et al. 2010; Campbell A. e Morgan E. 2020; Nicoll et al. 2012; Nguyen-Van-Tam et al. 2003; Honigsbaum 2010; Smith 1995). Mentre è chiaramente insensato ridurre questa analogia sinottica per fare previsioni a breve termine dell’attività del COVID-19 in qualunque luogo 130 anni dopo (le previsioni a breve termine da dati locali ben osservati sono di gran lunga appannaggio della modellizzazione computazionale), il dato storico può fornire una comprensione più ricca e più utile della gamma di conseguenze a medio e lungo termine sulle società umane di una pandemia di questo tipo epidemiologico persino rispetto al modello matematico più complesso.

Le analogie con le pandemie del passato possono fornire anche un controllo importante delle ipotesi formulate durante la costruzione del modello. Ad esempio, ogni pandemia respiratoria accertata degli ultimi 130 anni ha causato ondate stagionali di infezione ed è culminata nell'endemicità virale. Nonostante questa solida osservazione, i modelli iniziali per il COVID19 escludevano strutturalmente questa possibilità attraverso la mancata incorporazione di effetti di trasmissione stagionali, o di immunità all’infezione o preesistente o parziale post-infezione. Sebbene il SARS-CoV-2 sia un nuovo agente patogeno non influenzale, il forte comportamento stagionale di coronavirus endemici strettamente correlati sembra un punto di partenza più affidabile rispetto all'ipotesi di un agente patogeno respiratorio mai visto prima indifferente al tempo meteorologico, che causa un'immunità naturale sterilizzante permanente. I recenti modelli del COVID-19 che incorporano queste minime complicazioni aggiuntive dimostrano il caos deterministico risultante, evidenziando sia i limiti degli attuali approcci matematici sia la necessità di considerare altre fonti di orientamento per qualsiasi cosa più che le previsioni a breve termine (Dalziel et al. 2016; Saad-Roy et al. 2020). Le estrapolazioni dei modelli che suggeriscono che il COVID-19 avrà conseguenze sproporzionate rispetto ad altre pandemie respiratorie comparabili dovrebbero essere viste con sospetto piuttosto che come un valido controfattuale usato per giustificare aspetti della risposta pandemica.

Mentre è prudente un certo grado di umiltà epistemica (Jones 2020), dovrebbe essere respinta l'apparente polarizzazione a favore delle tecniche di modellizzazione rispetto alle analisi dei dati storici. Piuttosto che fare affidamento soltanto su modelli matematici relativi al futuro, i ricercatori e i responsabili politici dovrebbero considerare come la conoscenza del passato potrebbe aiutare a comprendere le probabili conseguenze del COVID-19 e delle future pandemie virali respiratorie.

 

Bibliografia

-        Campbell A. & Morgan E. 2020. Comparisons of all-cause mortality between European countries and regions: January to June 2020. ed. O. f. N. Statistics. United Kingdom.

-        Christley, R. M., M. Mort, B. Wynne, J. M. Wastling, A. L. Heathwaite, R. Pickup, Z. Austin & S. M. Latham (2013) "Wrong, but useful": negotiating uncertainty in infectious disease modelling. PLoS One, 8, e76277.

-        Dalziel, B. D., O. N. Bjørnstad, W. G. van Panhuis, D. S. Burke, C. J. Metcalf & B. T. Grenfell (2016) Persistent chaos of measles epidemics in the prevaccination United States caused by a small change in seasonal transmission patterns. PLoS Comput Biol, 12, e1004655.

-        Dowdle, W. (1999). Infuenza A virus recycling revisited. Bulletin of the World Health Organization, 77, 820  

-        Honigsbaum, M. (2010). The great dread: Cultural and psychological impacts and responses to the Russian’infuenza in the United Kingdom, 1889–1893. Social History of Medicine, 23(2), 299–319

-        Jones, D. S. (2020). History in a crisis - Lessons for Covid-19. New England Journal of Medicine, 382, 1681–1683

-        Nguyen-Van-Tam, J. S., & Hampson, A. W. (2003). The epidemiology and clinical impact of pandemic infuenza. Vaccine, 21, 1762–1768

-        Nicoll, A., Ciancio, B., Chavarrias, V. L., Mølbak, K., Pebody, R., Pedzinski, B., Penttinen, P., van der Sande, M., Snacken, R., & Van Kerkhove, M. (2012). Infuenza-related deaths-available methods for estimating numbers and detecting patterns for seasonal and pandemic infuenza in Europe. Eurosurveillance, 17, 20162

-        Patterson, K. D. 1986. Pandemic infuenza, 1700–1900: a study in historical epidemiology. Rowman & Littlefeld Pub Incorporated.

-        Peckham, R. (2020). COVID-19 and the anti-lessons of history. Lancet, 395, 850–852

-        Saad-Roy, C. M., Wagner, C. E., Baker, R. E., Morris, S. E., Farrar, J., Graham, A. L., Levin, S. A., Mina, M. J., Metcalf, C. J. E., & Grenfell, B. T. (2020). Immune life history, vaccination and the dynamics of SARS-CoV-2 over the next 5 years. Science, 370, 811–818.

-        Smith, F. B. (1995). The Russian infuenza in the United Kingdom, 1889–1894. Social History of Medicine, 8, 55–73

-        Valleron, A. J., Cori, A., Valtat, S., Meurisse, S., Carrat, F., & Boëlle, P. Y. (2010). Transmissibility and geographic spread of the 1889 infuenza pandemic. Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA, 107, 8778–8781

-        Vijgen, L., Keyaerts, E., Moës, E., Thoelen, I., Wollants, E., Lemey, P., Vandamme, A.-M., & Van Ranst, M. (2005). Complete genomic sequence of human coronavirus OC43: Molecular clock analysis suggests a relatively recent zoonotic coronavirus transmission event. Journal of Virology, 79, 1595–1604



[1] Il numero di nuove infezioni prodotte da ciascun individuo infetto in un determinato contesto presupponendo una popolazione completamente suscettibile.

[2] La proporzione di soggetti (identificati) deceduti per l’infezione, spesso aggiustati per età ed altri fattori.

[3] La proporzione di contatti domiciliari che contraggono l’infezione da un caso indice.

[4] Il tempo intercorrente tra il primo caso diagnosticato e l’incidenza giornaliera maggiore dell’infezione in una popolazione.

[5] La differenza nel numero totale di morti durante una pandemia rispetto a un precedente periodo confrontabile.



22/06/21

Lo scopo principale della vaccinazione non è di ordine sanitario




Philippe Guillemant, ingegnere fisico specialista in Intelligenza Artificiale del CNRS,  in questo articolo del 2020 sottolinea un importante aspetto della gestione della crisi pandemica che riguarda l'implementazione di tecniche di intelligenza artificiale, al fine di realizzare una governance mondiale di sorveglianza di massa (aspetto già trattato qui su Vocidallestero). Secondo Guillemant questo progetto non si realizzerà,  ma molto dipenderà dal livello di accettazione del vaccino e da quanto esso potrà essere reso, direttamente o indirettamente, di fatto obbligatorio.


Philippe Guillemant,  24 novembre 2020

Il principale scopo della vaccinazione è giungere ad una normalizzazione dell'uso dell'identità digitale per ogni cittadino. Ciò renderà possibile che il controllo del diritto di accesso dei cittadini ai diversi luoghi (ristoranti, negozi, stazioni ecc.) avvenga in maniera automatica, portando con ciò all’apertura di un immenso mercato, quello dei dispositivi connessi, così allettante da riuscire a trasformare gli informatici in virologi. 

Ciò permetterà anche l'introduzione di una moneta elettronica, già predisposta, con la soppressione progressiva del denaro contante. 

Ci sono due casi da considerare: 

  L'uso dell'identità digitale non intimamente legata al corpo: cellulare, braccialetto, orologio, borsello.

  L'uso dell'identità digitale intimamente legata al corpo: anello, chip sottocutaneo, identificazione genica…

Nel secondo caso sarà impossibile, salvo operazioni chirurgiche , sbarazzarsi della propria identità. 

In una prima fase, possiamo prendere seriamente in considerazione solo il primo caso. Solo dopo che l’identità digitale verrà normalizzata dall'abitudine (di vivere in un altro modo), il secondo caso si imporrà in maniera naturale per renderne più sicuro l'utilizzo.

Oggi, l'identità digitale esiste già tramite i nostri cellulari, ma non se ne è fatto un grande utilizzo, salvo nel caso dell'app TousAntiCovid (l’App Immuni francese, ndt) . Tutti hanno il diritto di entrare in qualsiasi negozio e di viaggiare senza essere obbligati ad avere un cellulare. D’altro canto, il tracciamento degli spostamenti consentito da un cellulare è assai grezzo, con una precisione che va da 1 metro ai 10 metri. Possiamo ritenere che, per il momento, avere un cellulare sia un fatto innocuo.

Tutto ciò potrebbe cambiare col controllo vaccinale automatizzato e la generalizzazione dei dispositivi collegati via 5G e anche 4G. In particolare, il tracciamento non sarebbe più realizzato dal GPS, ma per analisi e triangolazione dei segnali tramite gli oggetti circostanti e man mano che la tecnologia si evolverà diventerà da 100 a 1000 volte più preciso.


L'uso dell'identità digitale non collegata al corpo in un contesto di oggetti connessi (casa, auto, strade, città...) permetterebbe la raccolta dei dati sotto riportati tramite l’IA (Intelligenza Artificiale):

– Verifica dell'autorizzazione all'accesso per i vaccinati

– Controllo della velocità e della sosta (autovettura connessa)

– Identificazione di tutti i tipi di infrazioni alla guida

– Identificazione delle persone con le quali si pranza

– Memorizzazione di tutti gli spostamenti

– Calcolo del tempo di lavoro o del tempo di permanenza in un luogo

  Rilevamento degli spostamenti non abituali...

Va notato che nessuna legge potrebbe impedire l'implementazione degli algoritmi corrispondenti, ma soltanto vietarne l'utilizzo.

Tuttavia, sarebbe estremamente difficile rilevare che effettivamente non ne venga fatto uso. Solo il loro sfruttamento potrebbe essere visibile, ma rimane molto spazio per uno sfruttamento non riconosciuto, ad esempio da parte di una compagnia di assicurazioni, dove il calcolo del premio è già realizzato per via telematica.

Consideriamo ora il secondo caso e allunghiamo la lista precedente:

-  Casa Intelligente (interazioni, comandi, dialoghi)

– Analisi delle attività  private (dormire, leggere, far l'amore)

  Sorveglianza delle attività dei bambini

– Analisi delle interazioni familiari

– Analisi di situazione (riposo, attività, cadute)

– Analisi dei comportamenti (gesti bruschi, attività sportive)

– Rilevamento e memorizzazione delle abitudini

– Ecc.

Sicuramente ne dimentico qualcuna, dato che è difficile immaginare in anticipo tutto ciò che la quarta rivoluzione industriale potrebbe inventare per noi. Parlo qui solo di un transumanesimo soft, quasi accettabile, senza fare riferimento a tutto ciò che può essere intrusivo come un chip nel cervello, dei nanorobot nelle vene o una visione artificiale connessa. Ma va da sé che l'accettazione di queste tecnologie intrusive è condizionata all'accettazione dell'uso dell'identità digitale.

Se entreremo effettivamente in questo "nuovo mondo" o meno,  dipende dal livello di accettazione del vaccino.

È in effetti poco probabile che si obblighino tutti i cittadini a portare con sé un'identità digitale nei loro spostamenti se il 50% della popolazione non sarà vaccinata, poiché non si può limitare la libertà di circolazione sino a  questo punto. D’altra parte, se soltanto il 5% della popolazione non si vaccinerà, è molto probabile che si entrerà in questo "nuovo mondo". 

La realtà sarà con ogni evidenza ben più complessa di questa semplificazione binaria, il cui unico scopo è aprire gli occhi su quella che è la vera posta in gioco. 

Dunque, lo ripeto, con questo virus non ci troviamo davanti a un problema sanitario. Questo problema è secondario rispetto alla scelta del tipo di società che ci si prospetta, alla politica di governance mondiale che sembra sia già stata progettata per noi..

Ma, lo ripeto ancora una volta, il mio parere è che non entreremo in questo "nuovo mondo".

 

 

08/06/21

Martin Kulldorff - Perché ho parlato apertamente contro il lockdown


È un onore tradurre e pubblicare questo articolo su Spiked di Martin Kulldorff, illustre epidemiologo e professore di Medicina alla Harvard Medical School, primo firmatario della Dichiarazione di Great Barrington, che ha avuto il coraggio di manifestare apertamente il suo dissenso rispetto a politiche sanitarie che sfidano i principi fondamentali della sanità pubblica, subendo attacchi personali e vergognose censure da parte dei social media, come purtroppo di questi tempi capita agli scienziati che osano mettere in dubbio la narrazione ufficiale, con un danno gravissimo non solo al progresso scientifico, ma anche al basilare rapporto di fiducia tra governanti e governati. In questo articolo Kulldorff  spiega le ragioni che l'hanno spinto a esprimersi senza paura  e la necessità di sfidare il "Covid consensus".  Grazie per la segnalazione a @EntropicBazaar e @longagnani 


di Martin Kulldorff*, 4 giugno 2021

Non avevo altra scelta che parlare apertamente contro il lockdown. Come scienziato nel campo della sanità pubblica con decenni di esperienza sulle epidemie di malattie infettive, non potevo rimanere in silenzio. Non quando i principi fondamentali sulla salute pubblica vengono gettati fuori dalla finestra. Non quando la classe operaia viene lanciata sotto l'autobus in corsa. Non quando gli avversari del lockdown sono stati gettati in pasto ai lupi. Non c'è mai stato un consenso scientifico a favore dei lockdown. Quel pallone doveva essere fatto scoppiare.

Due fatti chiave del Covid mi sono stati subito ovvi. In primo luogo, già dai primi focolai in Italia e in Iran, mi è stato chiaro che si trattava di una grave pandemia che alla fine si sarebbe diffusa nel resto del mondo, causando molti decessi. E questo mi preoccupava. In secondo luogo, sulla base dei dati di Wuhan, in Cina, si notava una evidente differenza nella mortalità per età, una differenza di oltre mille volte tra giovani e anziani. E questo è stato un enorme sollievo. Sono un padre single di un adolescente e di due gemelli di cinque anni. Come la maggior parte dei genitori, tengo più ai miei figli che a me stesso. A differenza della pandemia di influenza spagnola del 1918, i bambini avevano molto meno da temere dal Covid che dall'influenza stagionale o dagli incidenti stradali. Potevano andare avanti sani e salvi, o almeno così pensavo.

Per la società in generale, la conclusione era ovvia. Dovevamo proteggere le persone anziane e ad alto rischio, mentre gli adulti più giovani a basso rischio avrebbero mandato avanti la società.

Ma non è andata così. Le scuole hanno chiuso, mentre le case di cura non sono state protette. Perché? Non aveva senso. Quindi, ho preso in mano la penna. Con mia grande sorpresa, le mie riflessioni non hanno suscitato l’interesse di nessuno dei media statunitensi, nonostante le mie conoscenze e la mia esperienza nel campo delle epidemie di malattie infettive. Ho avuto più successo nella mia nativa Svezia, con editoriali sui principali quotidiani e, alla fine, un articolo su Spiked. Altri scienziati che la pensavano allo stesso modo hanno affrontato simili ostacoli.

Invece di comprendere la pandemia, siamo stati incoraggiati a temerla. Invece della vita, abbiamo avuto il lockdown e la morte. Le diagnosi di cancro sono state ritardate, le malattie cardiovascolari hanno avuto esiti peggiori, la salute mentale si è andata deteriorando, con molti altri danni collaterali alla salute pubblica dovuti al lockdown. I bambini, gli anziani e la classe operaia sono stati i più colpiti da quello che può essere descritto solo come il più grande fiasco della storia nel campo della sanità.

Per tutta l'ondata della primavera 2020, la Svezia ha tenuto aperti asili nido e scuole per ognuno dei suoi 1,8 milioni di bambini di età compresa tra uno e 15 anni. E lo ha fatto senza sottoporli a test, mascherine, barriere fisiche o distanziamento sociale. Questa politica ha portato precisamente a zero morti Covid in quella fascia di età, mentre gli insegnanti avevano un rischio Covid simile alla media delle altre professioni. L'Agenzia svedese di sanità pubblica ha riportato questi fatti a metà giugno, ma negli Stati Uniti i sostenitori del lockdown hanno continuato a far pressioni per la chiusura delle scuole.

A luglio, il New England Journal of Medicine ha pubblicato un articolo sulla "riapertura delle scuole primarie durante la pandemia". Sorprendentemente, non ha nemmeno menzionato i dati dell'unico grande paese occidentale che ha tenuto aperte le scuole durante la pandemia. È come valutare un nuovo farmaco ignorando i dati del gruppo di controllo placebo.

Avendo difficoltà a pubblicare, ho deciso di utilizzare il mio account Twitter, sino ad allora per lo più dormiente, per spargere la voce. Ho cercato i tweet sulle scuole e ho risposto con un link allo studio svedese. Alcune di queste risposte sono state ritwittate, il che ha procurato una certa attenzione ai dati svedesi. Mi è anche arrivato un invito a scrivere per The Spectator. Ad agosto, ho finalmente fatto irruzione nei media statunitensi con un servizio della CNN contro la chiusura delle scuole. Conosco lo spagnolo, quindi ho scritto un pezzo per la CNN-Español. La CNN-Inglese non era interessata.

C'era chiaramente qualcosa che non andava con i media. Tra i colleghi di epidemiologia delle malattie infettive che conosco, la maggior parte preferisce la protezione mirata dei gruppi ad alto rischio invece dei lockdown, ma i media hanno lasciato intendere che ci fosse un consenso scientifico per i lockdown generali.

A settembre ho incontrato Jeffrey Tucker all'American Institute for Economic Research (AIER), un'organizzazione di cui non avevo mai sentito parlare prima della pandemia. Per aiutare i media a comprendere meglio la pandemia, abbiamo deciso di invitare i giornalisti a un incontro con epidemiologi di malattie infettive a Great Barrington, nel New England, perché conducessero interviste più approfondite. Ho invitato due scienziati a unirsi a me, Sunetra Gupta dell'Università di Oxford, uno dei più eminenti epidemiologi di malattie infettive al mondo, e Jay Bhattacharya della Stanford University, un esperto di malattie infettive e popolazioni vulnerabili. Con sorpresa dell'AIER, noi tre abbiamo anche deciso di scrivere una dichiarazione in cui sostenenevamo una protezione mirata anziché il lockdown. L'abbiamo chiamata la Dichiarazione di Great Barrington (GBD).

L'opposizione ai lockdown era stata ritenuta non scientifica. Quando gli scienziati si sono espressi contro i lockdown, sono stati ignorati, considerati una voce marginale o accusati di non avere credenziali adeguate. Abbiamo pensato che sarebbe stato difficile ignorare qualcosa scritto da tre epidemiologi senior di malattie infettive appartenenti a tre rispettabili università. Avevamo ragione. Si è scatenato l'inferno. Bene così.

Alcuni colleghi ci hanno lanciato epiteti come "pazzi", "esorcisti", "assassini seriali" o "Trumpiani". Alcuni ci hanno accusato di prendere posizione per interessi economici, anche se nessuno ci ha pagato un centesimo. Perché una risposta così feroce? La dichiarazione era in linea con i numerosi piani di preparazione alla pandemia prodotti anni prima, ma proprio questo era il punto cruciale. Senza buoni argomenti di sanità pubblica contro la protezione mirata, hanno dovuto ricorrere a equivoci e diffamazione, l’alternativa era ammettere di aver commesso un errore terribile, micidiale,  nel sostenere i lockdown.

Alcuni sostenitori del lockdown ci hanno accusato di aver fabbricato un argomento fantoccio, poiché i lockdown avevano funzionato e semplicemente non erano più necessari. Solo poche settimane dopo, gli stessi critici hanno lodato la reintroduzione dei lockdown durante la seconda molto prevedibile ondata. Ci è stato detto che non avevamo specificato come proteggere gli anziani, anche se avevamo descritto le idee in dettaglio sul nostro sito Web e in un editoriale. Siamo stati accusati di sostenere una strategia “let-it-rip” (lasciare andare le cose alla deriva, ndt) , anche se la protezione mirata è l'esatto contrario. Ironia della sorte, i lockdown sono una forma di strategia "let-it-rip" che trascina nel tempo la pandemia, in cui ogni fascia di età viene infettata nella stessa proporzione, proprio come una strategia "let-it-rip".

Quando abbiamo scritto la dichiarazione, sapevamo che ci stavamo esponendo agli attacchi. Può far paura, ma come ha detto Rosa Parks: "Ho imparato nel corso degli anni che quando si è decisi, la paura diminuisce; sapere cosa deve essere fatto elimina la paura.'  Inoltre, non ho preso gli attacchi giornalistici e accademici sul personale, per quanto fossero vili - e la maggior parte proveniva da persone di cui non avevo mai sentito parlare prima. In ogni caso, gli attacchi non erano rivolti principalmente a noi. Noi avevamo già parlato e avremmo continuato a farlo. Il loro scopo principale era di scoraggiare altri scienziati dal parlare apertamente.

Quando avevo vent'anni, ho rischiato la vita in Guatemala lavorando per un'organizzazione per i diritti umani chiamata Peace Brigades International. Abbiamo protetto agricoltori, lavoratori sindacalizzati, studenti, organizzazioni religiose, gruppi di donne e difensori dei diritti umani che venivano minacciati, assassinati e fatti scomparire dagli squadroni della morte militari. Mentre i coraggiosi guatemaltechi con cui ho lavorato affrontavano molti più pericoli di noi, una volta gli squadroni della morte hanno lanciato una bomba a mano nella nostra casa. Se avevo potuto fare quel lavoro allora, perché non avrei dovuto correre rischi molto minori ora, per la gente di casa mia? Quando sono stato falsamente accusato di essere un uomo di destra finanziato da Koch, ho semplicemente alzato le spalle – un comportamento tipico dei servi dell'establishment e dei rivoluzionari da poltrona.

Dopo la Dichiarazione di Great Barrington, non è più mancata l'attenzione dei media sulla protezione mirata come alternativa al lockdown. Al contrario, le richieste sono arrivate da tutto il mondo. Ho notato un contrasto interessante. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i grandi media o avevano un atteggiamento amichevole e facevano domande di poco peso,  o un atteggiamento ostile con delle domande a trabocchetto e attacchi sul personale. I giornalisti nella maggior parte degli altri paesi ponevano domande difficili, ma pertinenti ed eque, analizzando ed esaminando criticamente la Dichiarazione di Great Barrington. Penso che sia così che il giornalismo dovrebbe essere fatto.

Benché la maggior parte dei governi ha continuato con le fallimentari politiche di lockdown, le cose hanno cominciato a muoversi nella giusta direzione. Sempre più scuole hanno riaperto e la Florida ha respinto i lockdown a favore di una protezione mirata, in parte basata sui nostri consigli, senza che si verificassero le conseguenze negative previste dai sostenitori dei lockdown.

Con i fallimenti del lockdown sempre più evidenti (qui tradotto su Vocidallestero, ndt), gli attacchi e la censura sono aumentati anziché diminuire: YouTube, di proprietà di Google, ha censurato il video di una tavola rotonda con il governatore della Florida Ron DeSantis, in cui io e i miei colleghi affermavamo che i bambini non hanno bisogno di indossare mascherine; Facebook ha chiuso l'account della GBD quando abbiamo pubblicato un messaggio sostenendo che le persone anziane dovrebbero avere la priorità nella vaccinazione; Twitter ha censurato un post in cui dicevo che i bambini e le persone già infettate non hanno bisogno di essere vaccinati; e i Centers for Disease Control (CDC) mi hanno estromesso da un gruppo di lavoro sulla sicurezza dei vaccini quando ho sostenuto che il vaccino Johnson & Johnson contro la Covid non avrebbe dovuto essere negato agli americani più anziani.

Twitter ha persino bloccato il mio account per aver scritto:

“Ingannevolmente indotti a pensare che le mascherine li avrebbero protetti, alcuni anziani ad alto rischio non hanno mantenuto le distanze sociali in modo corretto e alcuni sono morti di Covid per questo. Tragico. I funzionari/scienziati della sanità pubblica devono essere sempre onesti con il pubblico."

Questo aumento delle pressioni può sembrare controintuitivo, ma non lo è. Se ci fossimo sbagliati, i nostri colleghi scienziati avrebbero potuto avere compassione di noi e i media sarebbero tornati a ignorarci. Ma avere ragione significa mettere in imbarazzo delle persone immensamente potenti, in politica, giornalismo, grande tecnologia e scienza. Non ci perdoneranno mai.

Tuttavia, non è questo che importa. La pandemia è stata una grande tragedia. Un mio amico di 79 anni è morto di Covid, e pochi mesi dopo sua moglie è morta di un cancro che non era stato diagnosticato in tempo per iniziare il trattamento. Mentre le morti sono inevitabili durante una pandemia, l'ingenua ma errata convinzione che i lockdown avrebbero protetto gli anziani ha comportato che i governi non hanno implementato molte delle misure di protezione mirate standard. La pandemia trascinata nel tempo ha reso più difficile per le persone anziane proteggersi. Con una strategia di protezione mirata, il mio amico e sua moglie potrebbero essere vivi oggi, insieme a innumerevoli altre persone in tutto il mondo.

In definitiva, i lockdown hanno protetto i giovani professionisti a basso rischio che lavorano da casa - giornalisti, avvocati, scienziati e banchieri - a spese dei bambini, della classe operaia e dei poveri. Negli Stati Uniti, i lockdown sono il più grande assalto ai lavoratori dal tempo della segregazione razziale e della guerra del Vietnam. Fatta eccezione per la guerra, nella mia vita ho visto poche azioni del governo che abbiano imposto così tante sofferenze e ingiustizie e su così vasta scala.

Come epidemiologo di malattie infettive, non avevo scelta. Ho dovuto parlare. Se no, perché essere uno scienziato? Molti altri che hanno parlato con coraggio avrebbero potuto tranquillamente rimanere in silenzio. Se lo avessero fatto, molte scuole sarebbero state ancora chiuse e il danno collaterale per la salute pubblica sarebbe stato maggiore. Sono a conoscenza di molte persone fantastiche che combattono contro questi inefficaci e dannosi lockdown, scrivono articoli, pubblicano sui social media, realizzano video, parlano con gli amici, parlano alle riunioni del consiglio scolastico e protestano per le strade. Se sei uno di loro, è stato davvero un onore lavorare con te in questo sforzo comune. Spero che un giorno ci incontreremo di persona e poi balleremo insieme. Danser encore!

 

*Martin Kulldorff è professore di medicina alla Harvard Medical School.

 


06/06/21

L'insabbiamento di Wuhan da parte dell’Occidente non sarà facilmente dimenticato


Douglas Murray sul Telegraph  sottolinea le enormi conseguenze del voltafaccia dei grandi media sull'origine artificiale del virus, passata da grande bufala a ipotesi accreditata:  per il grande pubblico una spinta senza precedenti per sdoganare dal marchio del complottismo ogni ragionevole e fondato sospetto. 


di Douglas Murray,  4 giugno 2021


Le élite rimpiangerannol'impegno profuso per negare la teoria della fuga dal laboratorio se, come sembra sempre più probabile, questa teoria si rivelerà corretta


La scorsa settimana a Londra c'è stata un'altra grande protesta anti-lockdown. Come al solito, è stata ignorata dalla maggior parte dei media e i partecipanti sono stati derisi dai commentatori, i quali preferiscono che i trasgressori siano teppisti e violenti e piuttosto che pacifici e generalmente di buon carattere.

È molto facile ignorare queste persone. Ma il fondato sospetto nei confronti dell’autorità che queste persone nutrono ha appena ricevuto una spinta senza precedenti.

Non sono sicuro che molti abbiano ancora colto il significato del cambiamento nella narrazione ufficiale che si è verificato nelle ultime settimane. Un cambiamento così profondo e dalle conseguenze di così vasta portata, che le sue ripercussioni si potranno sentire ancora negli anni a venire.

Mi riferisco ovviamente al cambio di rotta nella storia della provenienza del virus della Covid. Sin dall'inizio della pandemia molti di noi hanno considerato ben strano che il virus avesse avuto origine proprio nella provincia in cui il Partito Comunista Cinese (PCC) ha un laboratorio che analizza proprio questi tipi di virus.

Le mie sensazioni in questo senso sono state rafforzate da una conversazione che ho avuto, poco prima del primo lockdown, con un funzionario statunitense che aveva occupato recentemente una posizione di rilievo, il quale commentava come il laboratorio di Wuhan fosse il luogo più ovvio per l'emergere di un tale virus.

Nell'anno che è seguito molte personalità di spicco del mondo dell'intelligence, della scienza e della politica hanno avuto la stessa sensazione. L'anno scorso, i membri della rete di condivisione delle informazioni dell’'intelligence Five Eyes hanno dichiarato di sospettare che il virus provenisse da un laboratorio e non, come il PCC desiderava far credere a tutti, da un mercato di animali cinese.

Eppure gran parte dei media e, cosa più importante, le società dei social media, che ora decidono cosa noi tutti possiamo sapere, dire e fare,  hanno deciso che loro sapevano la verità. Facebook, Twitter e altre società hanno deciso di "segnalare" o bannare i contenuti che suggerivano che il virus della Covid avesse avuto origine in un laboratorio.

I signori e padroni della tecnologia amano mostrare i muscoli in queste occasioni. Proprio come hanno deciso prima delle ultime elezioni che il giornale più antico d'America - The New York Post - non dovesse essere autorizzato a pubblicare una storia importante sulla famiglia di Joe Biden, così i “kidults” (adulti in bilico tra la maturità e l'adolescenza, ndt) della Silicon Valley hanno deciso che conoscevano la verità sui mercati di animali di Wuhan e le origini del virus .

La stessa cosa è successa con le opinioni anti-lockdown. Come riportato dal Telegraph l'anno scorso, le interviste con importanti scienziati come l'ex consigliere dell'OMS, il professor Karol Sikora, sono state rimosse da YouTube non appena pubblicate. Chiunque mettesse in dubbio la narrazione ufficiale era praticamente reso invisibile. Al pubblico è stato permesso di ascoltare solo un’unica versione di una storia. E l'intera narrazione iniziava con l'affermazione che il virus era il risultato di un incidente in un mercato di animali di Wuhan.

Bene, ora la storia è completamente cambiata. È emersa una serie di prove sempre più incontrovertibili che suggeriscono che la teoria della fuga dal laboratorio è effettivamente quella corretta.

La svolta deriva in parte dai tentativi del PCC di coprire le sue tracce. Nel febbraio di quest'anno, i funzionari dell'OMS hanno fatto un tour di controllo attentamente curato dalle autorità cinesi, che avrebbe dovuto concludere ciò che il PCC voleva che concludesse: che non c'erano prove che il virus provenisse dal laboratorio di Wuhan. Ma la conferenza stampa è stata pilotata dai portavoce del PCC, e persino l'OMS in seguito ha avuto il sufficiente coraggio per dissentire dalle conclusioni da loro imposte. Il comportamento del PCC non avrebbe potuto essere più sospetto nemmeno se avessero voluto farlo a posta.

Nelle settimane successive, un numero crescente di esperti ha iniziato a evidenziare elementi del virus che portavano alla teoria della fuga dal laboratorio. E in quei media che avevano passato l'anno precedente a disprezzare le medesime affermazioni, c'è stata un'inversione di tendenza. Tra quelli in prima linea c'è il dottor Anthony Fauci, americano, di cui sono stati recentemente pubblicati moltissimi messaggi di posta elettronica. In queste mail lo si trova, all'inizio della pandemia, ad attribuirsi il merito di aver contribuito a cancellare la teoria della fuga dal laboratorio.

In parte, questo è stato un ulteriore danno politico provocato dalla faziosità di tutto ciò che è accaduto durante la presidenza di Donald Trump. Poiché Trump stesso non era contrario alla teoria della fuga dal laboratorio, c'era un premio speciale per i suoi avversari che promuovessero la spiegazione del mercato di animali e potessero quindi dire che il presidente stava diffondendo un'altra pericolosa teoria del complotto.

L'indagine sulle origini del virus era già ostacolata dal fatto che il PCC stava facendo tutto il possibile per interferire con gli sforzi del resto del mondo volti ad esplorare ciò che era realmente accaduto. E poi c'era questo ulteriore livello di ostacoli alla verità da parte del paese più potente del mondo, che combatteva la storia dell'origine del virus, come tutto il resto, attraverso la lente dell’essere pro o anti Donald Trump.

Non c'è da stupirsi che siano passati tutti questi mesi e che siamo ancora così lontani dal conoscere tutto ciò che ormai dovrebbe essere noto. Il PCC ci ha ostacolato. E anche le società liberali del mondo si sono azzoppate da sole.

I giornali e le società dei media che in precedenza avevano respinto la teoria della fuga dal laboratorio hanno trascorso gli ultimi giorni a modificare furtivamente alcuni dei propri contenuti precedenti. Ma non stanno prendendo in giro nessuno tranne se stessi, se pensano di poterla fare franca riscrivendo il passato. Il PCC potrebbe avere il potere e l'autoritarismo necessario a giocare la partita dell'insabbiamento. Ma le compagnie e le istituzioni in Occidente, che hanno ordinato al pubblico di credere a una versione e ora ne stanno ammettendo un'altra, avranno tempi molto più difficili.

Abbiamo vissuto un periodo senza precedenti. Un periodo in cui le nostre libertà sono state limitate come mai prima d'ora. Un periodo come questo rende le persone più mature e ricettive alle teorie del complotto. Ma per cogliere a pieno la grande frattura creata da ciò che è appena accaduto, dobbiamo renderci conto che uno dei fatti che l'anno scorso ci è stato impedito di venire a sapere è un fatto che molto probabilmente risulta essere vero.

05/06/21

The Guardian - Se si conferma l'ipotesi del virus artificiale, sarà un terremoto morale

 


Dal Guardian , Thomas Frank invita a riflettere sulle conseguenze potenzialmente devastanti di una conferma sull'origine artificiale del virus. Dopo aver elevato gli scienziati ai più alti posti di responsabilità per la gestione della pandemia, e dopo aver bollato come falsa e complottista l'ipotesi di una fuga dal laboratorio di Wuhan,  con tanto di fact-checking e di censura sui social, improvvisamente la narrazione si capovolge. Quale sarà l'effetto sull'atteggiamento di fiducia sinora mantenuto da milioni di persone che hanno pagato un altissimo prezzo? 


di Thomas Frank, 1 Giugno 2021

C’è stato un momento in cui la pandemia di Covid sembrava confermare tante delle nostre ipotesi. Ha gettato il discredito su quelli che consideravamo i cattivi. Ha elevato quelli che pensavamo fossero eroi. Ha fatto prosperare le persone che potevano facilmente lavorare da casa e riempito di problemi le vite di quegli elettori di Trump che vivono nella vecchia economia.

Come tutte le piaghe, il Covid è stato percepito spesso come la mano di Dio sulla terra, che flagellava le persone per i loro peccati contro l'istruzione superiore e separava visibilmente i giusti dai malvagi privi di mascherina. Venivamo ammoniti a "rispettare la scienza". Ed ecco! è arrivato il Covid e ci ha costretto a farlo, elevando i nostri scienziati alle più alte sedi istituzionali, dalle quali hanno vietato assembramenti, attività commerciali e tutto il resto.

Abbiamo attribuito le colpe in modo così ingenuo in quei giorni. Abbiamo rimproverato gli altri senza alcuna remora. Sapevamo chi aveva ragione e scuotevamo la testa nel vedere quelli che a torto continuavano a nuotare nelle loro piscine e a godersi la spiaggia. Per noi aveva perfettamente senso che Donald Trump, un politico che disprezzavamo, non potesse comprendere la situazione, che suggerisse alle persone di iniettarsi candeggina e che fosse personalmente responsabile di diversi focolai di contagio. La realtà stessa puniva i leader come lui, che si rifiutavano di piegarsi agli esperti. I prestigiosi media hanno persino trovato il modo di gettare la colpa per i peggior picchi di mortalità su quel sistema di ignoranza organizzata che essi chiamavano "populismo".

Ma in questi giorni il consenso non è più come prima. Ora i media sono pieni di storie inquietanti che suggeriscono che il Covid potrebbe essere arrivato, non affatto dal "populismo", ma da un disastro avvenuto nel laboratorio di Wuhan, in Cina. Si possono percepire le convulsioni morali che partono quando si pone la domanda: e se la stessa scienza fosse in qualche modo colpevole di tutto questo?

Non sono un esperto di epidemie. Come tutti gli altri che conosco, ho trascorso la pandemia facendo come mi era stato detto. Qualche mese fa ho persino provato a convincere un telespettatore di Fox News a non credere nella teoria della fuga da laboratorio sulle origini del Covid. Il motivo per cui l'ho fatto è perché i giornali che leggevo e le trasmissioni televisive che guardavo in molte occasioni mi avevano assicurato che la teoria della fuga non era vera, che era una teoria complottista, che solo i Trumpisti illusi ci credevano, che erano stati fatti infiniti controlli e valutazioni da parte dei fact-checker, e perché (nonostante tutto il mio cinismo) io sono un tipo che si è sempre fidato dei media mainstream.

La mia sicurezza sull'argomento è stata fatta saltare in aria dall'articolo sulla fuga da laboratorio apparso nel Bulletin of the Atomic Scientists all'inizio di questo mese; a distanza di qualche settimana tutti, dal dottor Fauci al presidente Biden, riconoscono che l'ipotesi dell'incidente di laboratorio potrebbe essere fondata. Non conosciamo ancora la vera risposta, e probabilmente non la sapremo mai, ma questo è il momento di pensare cosa potrebbe significare, alla fine, una tale scoperta. E se questa pazza storia si rivelasse vera?

La risposta è che questo è il tipo di avvenimento che potrebbe cancellare la fiducia di milioni di persone. L'ultimo disastro globale, la crisi finanziaria del 2008, ha distrutto la fiducia della gente nelle istituzioni del capitalismo, nel mito del libero scambio e della New Economy, e infine anche nelle élite alla guida di entrambi i partiti politici americani.

Negli anni successivi (e per ragioni complicate), i leader liberali hanno lavorato per trasformarsi in difensori della rettitudine professionale e della legittimità consolidata in quasi ogni campo. In reazione al folle Trump, il liberalismo ha trasformato la scienza, la competenza, il sistema universitario, le "regole" dell’esecutivo, la "comunità dell'intelligence", il Dipartimento di Stato, le ONG, i mezzi di informazione e la meritocrazia in generale, in una sorta di culto da venerare.

Ed eccoci ora negli ultimi giorni della Disastrous Global Crisis #2. La Covid è ovviamente peggiore per molti ordini di grandezza del crollo dei mutui: ha ucciso milioni di persone, rovinato vite e sconvolto l'economia mondiale in modo molto più esteso. Se dovesse risultare che gli scienziati, gli esperti e le ONG, ecc., sono i cattivi piuttosto che gli eroi di questa storia, potremmo benissimo vedere il culto degli esperti, valore del  liberalismo moderno, incenerirsi al fuoco della rabbia dell’opinione pubblica.

Consideriamo i dettagli della storia, così come li abbiamo appresi nelle ultime settimane:

Si verificano fughe di laboratorio. Non sono la conseguenza di cospirazioni: "un incidente di laboratorio è un incidente", come sottolinea Nathan Robinson; accadono continuamente, in questo paese e in altri, e le persone muoiono per questo.

Ci sono prove che il laboratorio in questione, che studia i coronavirus dei pipistrelli, potrebbe aver condotto quelle che vengono chiamate ricerche "gain of function", delle pericolose innovazioni in cui le malattie sono deliberatamente rese più virulente. A proposito, non è la destra che si è sognata il "gain of function": sono stati i valenti virologi (in questo paese e in altri), benché venissero messi in guardia da anni.

Ci sono forti indizi che alcune delle ricerche sui virus dei pipistrelli presso il laboratorio di Wuhan siano state in parte finanziate dall'establishment medico nazionale americano, vale a dire che l'ipotesi  della fuga dal laboratorio non coinvolge solo la Cina.

Sembra che ci siano stati sorprendenti conflitti di interesse tra le persone incaricate di andare a fondo di tutto, e (come sappiamo da Enron e dalla bolla immobiliare) i conflitti di interesse sono da sempre ciò che fa cadere in fallo i professionisti ben accreditati che i liberal insistono dobbiamo tutti ascoltare, onorare e obbedire.

I media, nel loro zelante controllo sui confini del lecito, hanno insistito sul fatto che il Russiagate fosse assolutamente vero, ma che l'ipotesi della fuga dal laboratorio fosse falsa, assolutamente falsa, e guai a chiunque osasse non essere d'accordo. I giornalisti hanno trangugiato qualunque spiegazione che potesse essere più lusinghiera per gli esperti da loro continuamente citati,  insistendo sul fatto che fosse giusta al 100% e assolutamente incontrovertibile - che qualsiasi altra idea era solo una sconclusionata follia trumpista, che quando i miscredenti prendono la parola è la fine della democrazia, e così via.

I monopoli dei social media hanno effettivamente censurato gli articoli sull'ipotesi della fuga da laboratorio. Certo che lo hanno fatto! Perché siamo in guerra con la disinformazione, e le persone devono essere riportate alla fede vera e corretta, quella concordata dagli esperti.

“Preghiamo, ora, per la scienza”, intonava un editorialista del New York Times all'inizio della pandemia di Covid. Il titolo del suo articolo stabilisce la fede fondamentale del liberalismo dell'era Trump: "Il coronavirus è ciò che ti capita quando ignori la scienza".

Dieci mesi dopo, alla fine di uno spaventoso articolo sulla storia della ricerca “gain of function” e sul suo possibile ruolo nella pandemia Covid ancora in corso, Nicholson Baker ha scritto quanto segue: “Questo potrebbe essere il grande meta-esperimento scientifico del 21° secolo. Gli scienziati nel mondo potrebbero fare per tanti anni ogni tipo di spericolati esperimenti ricombinanti con malattie virali e riuscire ad evitare con successo un grave focolaio? L'ipotesi era che, sì, la cosa fosse fattibile. Valeva la pena correre il rischio. Non ci sarebbe stata una pandemia".

Invece c’è stata. Se si scopre che l'ipotesi del virus uscito dal laboratorio è davvero la corretta spiegazione sulle origini di questa pandemia - che la gente comune di tutto il mondo è stata costretta nella vita reale ad essere oggetto di un esperimento di laboratorio, pagando un prezzo tremendo - abbiamo un terremoto morale in arrivo.

Perché se l'ipotesi è giusta, presto la gente comincerà a rendersi conto che il nostro errore non è stato la poca riverenza verso gli scienziati, o un inadeguato rispetto per le competenze, o una censura insufficiente su Facebook. L’errore è stato di non aver pensato in modo critico a tutto questo, non aver capito che la competenza assoluta non esiste. Pensiamo a tutti i disastri degli ultimi anni: il neoliberismo economico, le politiche commerciali distruttive, la guerra in Iraq, la bolla immobiliare, le banche "troppo grandi per fallire", le cartolarizzazioni dei mutui ipotecari, la campagna di Hillary Clinton del 2016 - tutti questi disastri ci sono stati procurati, con assoluta sicurezza e all’unanimità, da persone altamente istruite che si suppone sappiano cosa stanno facendo, oltre che dalla totale compiacenza delle persone altamente istruite che dovrebbero supervisionarli.

Ripensandoci, forse mi sbaglio a lanciare tutte queste speculazioni. Forse l'ipotesi della fuga da laboratorio sarà smentita in modo convincente. Lo spero proprio.

Ma anche se soltanto si avvicina ad essere confermata, possiamo indovinare quale sarà la prossima svolta della narrazione. È stata una “tempesta perfetta”, diranno gli esperti. Chi poteva saperlo? E poi (diranno), le origini della pandemia ormai non contano. Tornate a dormire.

 

Thomas Frank è un editorialista del Guardian USA. È autore di "The People, No: A Brief History of Anti-Populism"

 

03/06/21

La strategia Zero Covid


Dal Telegraph, un articolo che, discostandosi dal coro dei sostenitori del controllo totale del virus e delle sue varianti, cerca di ritornare al principio di realtà in base al quale le mutazioni dei virus sono inevitabili e l'unico obiettivo sensato, oltre alle vaccinazioni per chi le vuole fare, deve essere quello di investire largamente nel sistema sanitario e nelle terapie.   


di Philip Johnston, 1 Giugno 2021

Nessun decesso per Covid non sarebbe abbastanza. Vogliono che il lockdown venga prolungato fino a quando la malattia non sarà del tutto debellata

Che importanza ha un nome? Molta, sembrerebbe, se il nome riguarda una variante del coronavirus ed è considerato un affronto all'autostima nazionale. Il governo indiano ha presentato con successo una petizione all'Organizzazione mondiale della sanità per ridenominare il ceppo B.1.617.2, più comunemente noto come variante indiana, come Covid Delta. Questo per evitare lo "stigma geografico", anche se non ricordo che simili scrupoli siano stati espressi sulla mutazione Kent, felicemente indicata in Francia come “variant anglais”.

A qualcuno interessa il nome? La gente non ha tolto niente alla Spagna perché la grande pandemia di influenza del 1918-19 è nota a tutti come influenza spagnola. Hong Kong ha continuato a prosperare nonostante sia stata associata alla pandemia influenzale del 1968. La Russia era collegata all'epidemia del 1889 e l'intera Asia è stata accusata del contagio del 1958-59, senza che si sia ritenuto necessario cambiare il nome alla malattia. Ora, oltre al Covid Delta, la variante sudafricana diventerà Beta e la brasiliana Gamma. Il ceppo Kent è Alpha, anche se senza dubbio oltre Manica sarà sempre conosciuto come la variante inglese.

Abbastanza stranamente, l'unico paese che è sfuggito al pubblico ludibrio per l'associazione con la Covid è la Cina, nonostante (o, più probabilmente, a causa) il massimo impegno di Donald Trump. Chi potrebbe osare chiamarlo virus cinese. Ma sicuramente dovrebbe ottenere la designazione Alpha, in quanto ceppo originale.

La realtà è che non importa a nessuno se siamo tenuti in semi-lockdown dalla variante indiana o dalla mutazione Delta. Quello che ci dice questa serie di lettere greche è che i nuovi ceppi della Covid sono inevitabili. Possono apparire in un paese abbastanza spontaneamente ed essere esportati all'estero, ma continueranno a verificarsi, a meno che non eliminiamo completamente la malattia dal pianeta. C'è chi pensa che dovremmo fare proprio questo, i cosiddetti attivisti Zero Covid. Essi sostengono che una sola morte o malattia grave causata dal virus sia comunque di troppo, e che solo i capitalisti senza cuore che pensano che l'economia conti più della vita umana possono consentirgli di prosperare.

Normalmente non fa parte della mia lista di letture, ma recentemente la mia attenzione è stata attirata da un articolo sul Morning Star scritto da Diane Abbott, la deputata laburista che sarebbe stata ministro degli Interni se il suo partito avesse vinto le ultime elezioni. Rispondendo alla testimonianza data da Dominic Cummings al Parlamento la scorsa settimana, la Abbott ha affermato che "il disastro nel governo è  ... il prodotto di una politica di ‘prima gli affari/poi l’immunità di gregge’ , completamente sbagliata. Dovremmo avere una politica di Zero Covid, e ancora è possibile

La Abbott ha citato l'Australia, la Nuova Zelanda, la Cina e il Vietnam come paesi che hanno perseguito con successo tale strategia, forse non sapendo che il Vietnam ha una nuova preoccupante variante (Epsilon?).  Potrebbe essere liquidata come la posizione di una frangia di sinistra, ma esprime un approccio simile a quello degli scienziati che sono saltati fuori a chiedere il rinvio della "giornata della libertà" del 21 giugno.

Forse non sposano apertamente una politica Zero Covid, ma sostengono che finché il virus potrà circolare rimane il rischio di ulteriori mutazioni che potrebbero essere più contagiose di Delta o Alpha. Inoltre, dicono che il vaccino che tutti immaginavano fosse la via d'uscita da questo incubo non è più da considerare come una bacchetta magica, il che farà notizia per le migliaia di giovani che lunedì si sono presentati allo stadio di Twickenham per la vaccinazione.

Nel programma Today di Radio Four di ieri, la dottoressa Lisa Spencer, esperta in malattie  respiratorie presso il Liverpool Hospital, ha affermato che i vaccini sono efficaci solo per l'85% circa e, inoltre, che milioni di persone non potranno averne uno o rifiuteranno di vaccinarsi. Ciò potrebbe lasciare il 25% della popolazione adulta senza protezione, circa 12 milioni di persone. Se una percentuale abbastanza grande di quel gruppo di persone si ammala in modo tale da richiedere il ricovero ospedaliero, il servizio sanitario nazionale crollerà. Il corollario di questa tesi è perseguire una politica di Zero Covid.

Boris Johnson ha rifiutato un tale approccio, ma è messo sotto pressione perché incontri i sostenitori di Zero Covid a metà strada, mantenendo molte delle restrizioni che dovrebbero essere revocate in sole tre settimane. Il problema fondamentale, tuttavia, è che anche le misure "lockdown-lite" come il distanziamento obbligatorio, causano danni intollerabili. Questo non viene mai riconosciuto dagli scienziati che favoriscono i controlli perpetui o dalla gente di sinistra che porta avanti lo sciocco argomento dell'"economia al di sopra delle vite", come se le due cose non fossero collegate.

Zero Covid semplicemente non è un obiettivo politico credibile ed è folle, ora che abbiamo un vaccino, indipendentemente dal fatto che milioni di persone rimangano non protette. Eppure, ogni volta che un modellista del comitato di esperti Sage predica cautela perché è in arrivo un'altra ondata, implicitamente propone l'eliminazione totale del virus, perché ci sono sempre picchi annuali di malattie respiratorie endemiche. Zero Covid non è più realizzabile di Zero Flu, eppure non rischiamo, per eliminare l'influenza, di distruggere l'intero settore del turismo, chiudere i teatri o impedire a persone sane e vaccinate di viaggiare all'estero. C'è un vaccino.

I controlli necessari per eliminare il Covid non possono e non devono essere sostenuti. Al 21 giugno li avremo messi e tolti per un periodo di 15 mesi, ed è durato già abbastanza. Invece di puntare sulle leve di controllo ogni volta che emerge una nuova variante, il governo deve espandere la capacità del SSN per far fronte ai sovraccarichi e investire pesantemente nelle terapie rispetto ai test.

I paesi che sono andati nella direzione dell'eradicazione si sono intrappolati nel loro isolamento. Melbourne è tornata in lockdown dopo che sono stati trovati solo pochi casi. Questo perpetuo andirivieni è in serbo per l'Inghilterra, se il 21 giugno il Primo Ministro soccomberà alle pressioni per fare di nuovo un passo indietro. Guardate cosa sta succedendo in Scozia, dove Nicola Sturgeon ha ritardato il ritorno alla normalità. A lungo termine, questa esitazione infliggerà danni maggiori dello stesso Covid, come scopriremo quando arriveremo alla variante Omega.