28/06/21

Immaginazione e memoria: il ruolo dell'epidemiologia storica in un mondo stregato dalla modellizzazione matematica delle epidemie



Riceviamo e volentieri pubblichiamo la traduzione di un articolo del 7 giugno scorso su History and philosophy of the life sciences, in cui gli autori esortano i ricercatori e i decisori politici a non affidarsi solo alle previsioni dei modelli matematici, ma a tener conto anche dell’apporto che la memoria del passato può offrire alla comprensione delle probabili conseguenze del covid-19.


di George S. Heriot 1,4 e Euzebiusz Jamrozik 2,3,4

1 School of Public Health and Preventive Medicine, Monash University, 553 St Kilda Road, Melbourne VIC 3004, Clayton, VIC, Australia

2 The Ethox Centre & Wellcome Centre for Ethics and the Humanities, Nufeld Department of Population Health, University of Oxford, Oxford, UK

3 Monash Bioethics Centre, Monash University, Clayton, VIC, Australia

4 Royal Melbourne Hospital Department of Medicine, University of Melbourne, Parkville, VIC, Australia


Segnalazione e traduzione di Rosa Anselmi


L'emergere del COVID-19 ha visto un'esplosione di modelli epidemiologici che cercano di caratterizzare e prevedere il corso della pandemia. I risultati di questi modelli hanno influenzato le decisioni politiche in tutto il mondo, nonostante l’estrema disomogeneità della performance previsionale di modelli simili di altre recenti malattie infettive emergenti. Piuttosto si potrebbe guardare ai dati delle passate pandemie per informare le attuali valutazioni del rischio. Alcuni considerano inaffidabili tali analogie con gli eventi del passato, sollevando il truismo riduzionista dell’unicità di ogni combinazione di malattia e contesto (Peckham 2020). Tuttavia, sia la modellizzazione epidemiologica di scenari futuri che le analisi di dati storici sono passibili di errori di input, ipotesi e interpretazioni; in questo articolo sosteniamo che entrambe le tecniche dovrebbero essere considerate "sbagliate, ma utili" (Christley et al. 2013) e che una maggiore consapevolezza dei dati storici può migliorare la preparazione e le risposte alle pandemie.

La costruzione di un modello epidemiologico incorpora ipotesi strutturali sul sistema in studio e richiede l'assemblaggio di dati di input che descrivono il contesto specifico e la malattia. I sistemi biologici complessi resistono a questa semplice parametrizzazione e i modelli di questi sistemi comportano necessariamente delle semplificazioni il cui impatto sull'abilità predittiva del modello è di difficile quantificazione. Nella fase iniziale di una nuova epidemia, le condizioni di input per questi modelli sono ricavate da osservazioni imperfette condizionate, ad esempio, da errori di accertamento, temporali e di segnalazione che ne compromettono sia l'accuratezza che la precisione. La sensibilità di questi modelli alle loro condizioni di input, così come l'adeguatezza e la solidità dei loro presupposti strutturali, conferisce una sostanziale incertezza a qualunque previsione fatta; ancora meno sicura è la loro estrapolazione oltre il tempo, il luogo o l'agente patogeno iniziali.

Diversamente dai modelli matematici, l'uso di dati storici per la previsione di epidemie contemporanee non richiede ipotesi semplificatrici sui meccanismi di propagazione delle epidemie o sulla struttura socio-geografica delle comunità colpite. All'opposto, questo approccio si basa sulla comparabilità della malattia e del contesto attuali con le malattie e i contesti precedenti, similmente all’analogo metodo utilizzato per le previsioni del tempo prima della disponibilità di dati e potenza di calcolo sufficientemente affidabili. Da un lato, molte caratteristiche della pandemia da COVID-19 sono inestricabilmente legate a circostanze contemporanee e contesti particolari. Varieranno quindi le esperienze locali di epidemie tra i cittadini, i pazienti e i medici. Dall’altro lato, anche se la scienza medica è progredita considerevolmente negli ultimi secoli, la diffusione dei virus respiratori tra gli ospiti umani è cambiata poco per millenni. Le persone si infettano nello stesso modo, soffrono nello stesso modo e muoiono nello stesso modo. Pertanto, per quanto riguarda la trasmissione e gli effetti dei virus pandemici, le comunità umane del XXI secolo possono avere una maggiore somiglianza con le comunità del XVIII e XIX secolo piuttosto che con una rappresentazione astratta nell’ambito di un modello epidemiologico. Inoltre, gli studi epidemiologici sulla variazione dell'espressione delle pandemie passate in differenti comunità possono essere più informativi per le attuali risposte pandemiche rispetto alle simulazioni di modelli basati su combinazioni di incerte variabili astratte di input.

Una volta che una nuova pandemia sembra rientrare nella gamma di quelle osservate in precedenza, il comportamento e l'impatto delle pandemie precedenti dovrebbero essere presi in considerazione piuttosto che scartati. La consultazione dei dati storici rivela le significative somiglianze tra le pandemie virali respiratorie degli ultimi secoli in generale (Patterson 1986; Valleron et al. 2010) e anche la disponibilità di analogie ragionevoli per le osservazioni epidemiologiche specifiche riguardanti il COVID-19. L'infettività e la severità di SARSCoV-2, sia che vengano valutate tramite parametrizzazione statistica (numero di riproduzione di base [1] e tassi aggiustati di letalità apparente [NdT case fatality ratios] o plausibile [NdT infection fatality ratios] [2], rispettivamente) o descrizione sinottica (tasso di attacchi domestici [3], tempo al picco epidemico [4] e tassi di mortalità in eccesso per tutte le cause [5]), sono ben all'interno della gamma descritta dalle pandemie respiratorie virali degli ultimi secoli (dove l'influenza del 1918-20 è l’evidente valore fuori scala). La variazione nelle stime di questi parametri applicati al COVID-19 non è più ristretta di quella calcolata in base a osservazioni storiche fatte in luoghi diversi durante precedenti pandemie.

Forse la migliore analogia storica disponibile per il COVID-19 è la pandemia di " Grippe" del 1889-91, attribuita a un virus dell'influenza H3N8 (Dowdle 1999) o all'emergenza del coronavirus umano OC43 - ora un virus del "raffreddore comune" endemico a livello globale (Vijgen et al. 2005). Questa pandemia della fine del diciannovesimo secolo ha delle somiglianze convincenti con la nostra attuale esperienza, sia dal punto di vista superfIciale (inclusi la malattia precoce di un primo ministro britannico, la frenetica copertura mediatica, la rilevanza delle sindromi da affaticamento post-infettivo e le teorie di origine xenofoba o cospiratoria) [NdT l’articolo è stato ricevuto il 12.10.2020 e accettato il 21.4.2021, prima che riprendesse sostanza l’ipotesi dell’uscita del virus da un laboratorio], sia per quanto riguarda i suoi apparenti parametri epidemiologici.

Le correlazioni epidemiologiche specifiche tra le pandemie del 1889-91 e del 2020-21 includono la bassa morbilità pediatrica, la mancanza dello spostamento della mortalità in eccesso verso gruppi più giovani di età che si osserva di solito con la pandemia influenzale, l'ampiezza e la distribuzione dei picchi di mortalità in eccesso negli ambienti metropolitani e la rapidità della propagazione epidemica all'interno delle comunità ((Valleron et al. 2010; Campbell A. e Morgan E. 2020; Nicoll et al. 2012; Nguyen-Van-Tam et al. 2003; Honigsbaum 2010; Smith 1995). Mentre è chiaramente insensato ridurre questa analogia sinottica per fare previsioni a breve termine dell’attività del COVID-19 in qualunque luogo 130 anni dopo (le previsioni a breve termine da dati locali ben osservati sono di gran lunga appannaggio della modellizzazione computazionale), il dato storico può fornire una comprensione più ricca e più utile della gamma di conseguenze a medio e lungo termine sulle società umane di una pandemia di questo tipo epidemiologico persino rispetto al modello matematico più complesso.

Le analogie con le pandemie del passato possono fornire anche un controllo importante delle ipotesi formulate durante la costruzione del modello. Ad esempio, ogni pandemia respiratoria accertata degli ultimi 130 anni ha causato ondate stagionali di infezione ed è culminata nell'endemicità virale. Nonostante questa solida osservazione, i modelli iniziali per il COVID19 escludevano strutturalmente questa possibilità attraverso la mancata incorporazione di effetti di trasmissione stagionali, o di immunità all’infezione o preesistente o parziale post-infezione. Sebbene il SARS-CoV-2 sia un nuovo agente patogeno non influenzale, il forte comportamento stagionale di coronavirus endemici strettamente correlati sembra un punto di partenza più affidabile rispetto all'ipotesi di un agente patogeno respiratorio mai visto prima indifferente al tempo meteorologico, che causa un'immunità naturale sterilizzante permanente. I recenti modelli del COVID-19 che incorporano queste minime complicazioni aggiuntive dimostrano il caos deterministico risultante, evidenziando sia i limiti degli attuali approcci matematici sia la necessità di considerare altre fonti di orientamento per qualsiasi cosa più che le previsioni a breve termine (Dalziel et al. 2016; Saad-Roy et al. 2020). Le estrapolazioni dei modelli che suggeriscono che il COVID-19 avrà conseguenze sproporzionate rispetto ad altre pandemie respiratorie comparabili dovrebbero essere viste con sospetto piuttosto che come un valido controfattuale usato per giustificare aspetti della risposta pandemica.

Mentre è prudente un certo grado di umiltà epistemica (Jones 2020), dovrebbe essere respinta l'apparente polarizzazione a favore delle tecniche di modellizzazione rispetto alle analisi dei dati storici. Piuttosto che fare affidamento soltanto su modelli matematici relativi al futuro, i ricercatori e i responsabili politici dovrebbero considerare come la conoscenza del passato potrebbe aiutare a comprendere le probabili conseguenze del COVID-19 e delle future pandemie virali respiratorie.

 

Bibliografia

-        Campbell A. & Morgan E. 2020. Comparisons of all-cause mortality between European countries and regions: January to June 2020. ed. O. f. N. Statistics. United Kingdom.

-        Christley, R. M., M. Mort, B. Wynne, J. M. Wastling, A. L. Heathwaite, R. Pickup, Z. Austin & S. M. Latham (2013) "Wrong, but useful": negotiating uncertainty in infectious disease modelling. PLoS One, 8, e76277.

-        Dalziel, B. D., O. N. Bjørnstad, W. G. van Panhuis, D. S. Burke, C. J. Metcalf & B. T. Grenfell (2016) Persistent chaos of measles epidemics in the prevaccination United States caused by a small change in seasonal transmission patterns. PLoS Comput Biol, 12, e1004655.

-        Dowdle, W. (1999). Infuenza A virus recycling revisited. Bulletin of the World Health Organization, 77, 820  

-        Honigsbaum, M. (2010). The great dread: Cultural and psychological impacts and responses to the Russian’infuenza in the United Kingdom, 1889–1893. Social History of Medicine, 23(2), 299–319

-        Jones, D. S. (2020). History in a crisis - Lessons for Covid-19. New England Journal of Medicine, 382, 1681–1683

-        Nguyen-Van-Tam, J. S., & Hampson, A. W. (2003). The epidemiology and clinical impact of pandemic infuenza. Vaccine, 21, 1762–1768

-        Nicoll, A., Ciancio, B., Chavarrias, V. L., Mølbak, K., Pebody, R., Pedzinski, B., Penttinen, P., van der Sande, M., Snacken, R., & Van Kerkhove, M. (2012). Infuenza-related deaths-available methods for estimating numbers and detecting patterns for seasonal and pandemic infuenza in Europe. Eurosurveillance, 17, 20162

-        Patterson, K. D. 1986. Pandemic infuenza, 1700–1900: a study in historical epidemiology. Rowman & Littlefeld Pub Incorporated.

-        Peckham, R. (2020). COVID-19 and the anti-lessons of history. Lancet, 395, 850–852

-        Saad-Roy, C. M., Wagner, C. E., Baker, R. E., Morris, S. E., Farrar, J., Graham, A. L., Levin, S. A., Mina, M. J., Metcalf, C. J. E., & Grenfell, B. T. (2020). Immune life history, vaccination and the dynamics of SARS-CoV-2 over the next 5 years. Science, 370, 811–818.

-        Smith, F. B. (1995). The Russian infuenza in the United Kingdom, 1889–1894. Social History of Medicine, 8, 55–73

-        Valleron, A. J., Cori, A., Valtat, S., Meurisse, S., Carrat, F., & Boëlle, P. Y. (2010). Transmissibility and geographic spread of the 1889 infuenza pandemic. Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA, 107, 8778–8781

-        Vijgen, L., Keyaerts, E., Moës, E., Thoelen, I., Wollants, E., Lemey, P., Vandamme, A.-M., & Van Ranst, M. (2005). Complete genomic sequence of human coronavirus OC43: Molecular clock analysis suggests a relatively recent zoonotic coronavirus transmission event. Journal of Virology, 79, 1595–1604



[1] Il numero di nuove infezioni prodotte da ciascun individuo infetto in un determinato contesto presupponendo una popolazione completamente suscettibile.

[2] La proporzione di soggetti (identificati) deceduti per l’infezione, spesso aggiustati per età ed altri fattori.

[3] La proporzione di contatti domiciliari che contraggono l’infezione da un caso indice.

[4] Il tempo intercorrente tra il primo caso diagnosticato e l’incidenza giornaliera maggiore dell’infezione in una popolazione.

[5] La differenza nel numero totale di morti durante una pandemia rispetto a un precedente periodo confrontabile.



Nessun commento:

Posta un commento