27/01/22

Perché così tanti medici diventarono nazisti?

 


Un articolo segnalatomi tempo fa (mi scuso, ma non ricordo più da chi) e che può essere molto utile da leggere oggi nel Giorno della Memoria, per tenere a mente quello che è stato l'importante ruolo dei medici e degli scienziati nelle atrocità naziste. Quando la scienza perde il suo legame con l'etica e la filosofia morale, non ha più una bussola che la guida e può facilmente invertire quello che sarebbe il suo scopo originario, a favore della persona umana. 


 

Nella risposta, e nelle sue conseguenze, un bioeticista può trovare delle lezioni di morale per i medici di oggi.

 

DI ASHLEY K. FERNANDES*, 10 dicembre 2020

 

Questo saggio è scritto dal punto di vista di un medico, un docente della materia e un bioeticista che trova nel deplorevole coinvolgimento dei medici nella Shoah un'opportunità per evidenziare delle lezioni morali sempre valide per la professione medica. Medicina e diritto sono intimamente legati tra loro e, a partire dalla professionalizzazione della medicina negli Stati Uniti e in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, lo sono ancora di più. Una disciplina che collega entrambi è la filosofia morale; poiché tanto la legge quanto la medicina implicano la ragione e la volontà orientate al bene della persona. Quindi, la storia dell'Olocausto è una tragedia che si è svolta a causa della corruzione della filosofia morale prima, della medicina e del diritto in secondo luogo.

Perché questo è importante? Il motivo è che c'è chi si oppone all'applicazione ai giorni nostri delle lezioni apprese dagli orrori della medicina nazista. Alcuni dicono che la “medicina nazista” non fosse vera medicina o scienza: non possiamo nemmeno chiamare “medicina” ciò che facevano i nazisti, poiché la medicina contiene in sé un presupposto di rigore e benevolenza. Questa è un'obiezione che sento da scienziati medici, che indicano le garanzie rappresentate dal Codice di Norimberga (1947), dalla Dichiarazione di Helsinki (1964) e dal Rapporto Belmont (1978) come prova della natura radicalmente diversa della scienza odierna. Ma questo argomento è circolare. Definisce la scienza come "buona scienza" (relegando qualsiasi cosa non etica a "cattiva scienza" o "pseudoscienza"), quando in realtà queste stesse tutele sono nate dagli abusi di quello che allora era il paese scientificamente più avanzato del mondo. La medicina di allora, come quella di oggi, non è immune da queste prevaricazioni, come dimostrano gli orribili abusi del dopoguerra a Tuskegee e altrove.

Altri studiosi hanno suggerito che la vera causa dell'Olocausto fosse economica, politica o razziale - non morale - e che, poiché gli Stati Uniti hanno un sistema politico, economico e culturale radicalmente diverso, l'uso dell’ "analogia nazista” dovrebbe essere limitato. Gli abusi medici oggi sono in qualche modo meno probabili, perché le considerazioni economiche, politiche e culturali sono altamente specifiche. Un eminente bioeticista, ad esempio, ha osservato:

"Una componente chiave del pensiero nazista era liberare la Germania... da quelli che erano ritenuti dei fardelli economici sullo stato... una paura radicata nell'amara esperienza successiva alla prima guerra mondiale. … [Questi temi] hanno poco a che fare con il dibattito contemporaneo su scienza, medicina o tecnologia."

Mentre sono d'accordo sul fatto che la cosiddetta “analogia nazista” sia stata usata in maniera impropria e persino abusata, e quindi dovrebbe essere usata con moderazione e precisione, per non correre il rischio di spingersi troppo in là, suggerire che l'Olocausto fosse "semplicemente" motivato da ragioni politiche può essere falsamente rassicurante. Anche ammettendo la (discutibile) affermazione che la motivazione principale dell'Olocausto fosse economica o politica, i nazisti in qualche modo fecero il salto dall'identificare delle persone come "pesi economici" al considerarle assolutamente e totalmente sacrificabili.

Infine, va notato che così come la filosofia ha un impatto decisivo sia sulla medicina che sul diritto, medicina e diritto esercitano importanti effetti l’una sull’altro. Le leggi naziste sulla sterilizzazione, le leggi sul matrimonio di Norimberga e le direttive sull'eutanasia cambiarono tutte irrevocabilmente la natura del rapporto medico-paziente autorizzando e dando concretezza a idee vili che fino ad allora erano state discusse, ma non tecnicamente consentite.

Val la pena sottolineare che sebbene molte professioni (compreso il diritto) siano state "coinvolte" dalla filosofia nazista, medici e infermieri subirono un'attrazione particolarmente forte. Robert N. Proctor (1988) osserva che i medici si unirono al partito nazista in massa (nel 1945 quasi il 50%), molto più di qualsiasi altra professione. I medici avevano sette volte più probabilità di unirsi alle SS rispetto ad altri occupati maschi tedeschi. Anche gli infermieri sono stati importanti collaboratori. L'Olocausto dovrebbe essere studiato da ogni professionista sanitario per ricordare quanto sia sacra la sostanza del nostro mestiere e quali possono essere le conseguenze se dimentichiamo nuovamente la dignità delle persone.

Tra il 1933 e il 1945, i nazisti stabilirono una "biocrazia", ​​che alla fine uccise milioni di persone innocenti. L'idea che i medici fossero in qualche modo "costretti" a partecipare è un mito infranto. Il testo senza precedenti di Proctor (1988) rende il concetto evidente in maniera assolutamente chiara; The Nazi Doctors (2000) di Robert J. Lifton traccia meticolosamente sia la medicalizzazione della morte, dall'eugenetica all'eutanasia fino ad Auschwitz, sia le storie dei medici che hanno perpetrato il genocidio, vi sono stati soggetti e hanno resistito. Quindi, con una grande ricchezza di ricerche storiche sull'argomento, un resoconto completo di questa progressione da fidati guaritori ad assassini autorizzati dallo stato, va oltre lo scopo di questo saggio.

Nel 1859, Charles Darwin pubblicò L'origine delle specie. Questa teoria scientifica ha chiarito la teoria dell'evoluzione in un'era pre-genetica, ma non ha fatto grandi affermazioni sull'antropologia filosofica. Il lavoro di Darwin era decisamente descrittivo, non prescrittivo. Più tardi, Francis Galton coniò il termine "eugenetica" nella sua opera Inquiries into Human Faculty and its Development (1883), e nacque l'applicazione dell'"evoluzione" a livello sociale. I darwinisti sociali come Charles B. Davenport negli Stati Uniti e Karl Pearson in Inghilterra, ad esempio, hanno sostenuto, in modi diversi e utilizzando il "linguaggio della scienza", che i geni dell'"adattamento" dovrebbero essere promossi, e i geni degli “inadatti” scoraggiati. Daniel J. Kevles (1995) traccia le origini del movimento eugenetico in Europa e negli Stati Uniti e la sua potente influenza sulla politica sociale nell'era prebellica, inclusa la resistenza che suscitò, in particolare da parte della Chiesa cattolica e dei suoi intellettuali (come GK Chesterton), così come da parte di una minoranza di brillanti scienziati laici.

Tuttavia, gli eugenetisti tedeschi portarono avanti lo "scoraggiamento degli inadatti", collaborando con entusiasmo con il partito nazista, poiché erano favorevoli alla sterilizzazione forzata degli "inadatti". Più di un decennio prima dei nazisti, Alfred Hoche e Karl Binding (1920) pubblicarono il loro libro molto apprezzato, Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens (L'autorizzazione alla distruzione della vita indegna della vita). Il libro parlava dei "deboli di mente incurabili" che avrebbero dovuto essere uccisi, ma per ora la sterilizzazione era un buon inizio.

La maggior parte delle persone sa come si è svolta in seguito la tragica storia: i nazisti salirono al potere in Germania nel 1933, attraverso un processo democratico, e quello stesso anno furono approvate le leggi per la sterilizzazione obbligatoria dei malati di mente. La “legge per la prevenzione della prole geneticamente malata” si basava sulle leggi americane approvate negli anni '20 e prevedeva 50.000 sterilizzazioni all'anno. Nel 1939, 350.000 persone erano state sterilizzate contro la loro volontà. Nel 1935 furono approvate le leggi di Norimberga, che vietavano i rapporti sessuali e i matrimoni misti tra tedeschi ed ebrei e istituivano i "tribunali della salute genetica". Le leggi sulla sterilizzazione portarono a rapidi progressi nella scienza e nella tecnologia della sterilizzazione, oltre a un notevole profitto per molti medici tedeschi: l'igiene razziale era diventata una vera e propria industria.

Per Hitler e per i medici nazisti, lo stato era analogo a un organismo vivente - un supremo vitalismo politico. In effetti, era molto più di un'analogia. Medici e scienziati nazisti, nel concepire la metafora biologica, hanno creato un concetto potente e facilmente comprensibile per la popolazione: il Reich tedesco è un corpo; tutto ciò che contribuiva alla salute e al benessere dello stato razziale doveva essere preservato, tutto ciò che non contribuiva poteva essere etichettato come "malattia". Gli ebrei sono una malattia; la malattia deve essere completamente eliminata (non semplicemente contenuta), poiché altrimenti avvelenerà e ucciderà il corpo.

Quindi, la sterilizzazione non era abbastanza. Il contenimento di una malattia è meno che liberarne il corpo. Nell'ottobre 1939 Hitler autorizzò l'eutanasia dei "malati incurabili". Il diritto alla vita ora doveva essere "giustificato" nell'ambito del programma nazista per l'eutanasia delle "vite non degne di essere vissute". Il programma iniziò segretamente con bambini disabili e, tra il 1937 e il 1945, i medici nazisti organizzarono e realizzarono più di 30 centri di eutanasia per bambini. La storia del passaggio dalla sterilizzazione all'eutanasia, la sua crudeltà ed efficienza e il suo impatto sulla progressione verso l'Olocausto sono ben documentati nel libro intenso e inquietante di Michael Burleigh, Death and Deliverance (1994).

La campagna di eutanasia nazista è stata pubblicamente giustificata con quattro argomenti principali. Primo, liberare la Germania dagli inadatti era semplicemente "buona scienza". Chi meglio dei medici tedeschi, che erano già i migliori al mondo, poteva stabilire cosa costituisse una buona scienza? Gli esperti sapevano cosa era meglio per l'organsmo tedesco.

In secondo luogo, l'eutanasia era considerata umana. Poiché era sostenuta e attuata da una professione con una lunga tradizione di assistenza e cura, l'argomento era ancora più persuasivo. Per questo motivo l'eutanasia pediatrica è stata spesso sostenuta da molti genitori di bambini disabili; pur con motivazioni contrastanti, molti volevano evitare il forte stigma di avere un figlio disabile. Questo conflitto di interessi mostra come la cultura medica possa influenzare l'etica sia degli individui che della società in generale.

Karl Brandt, il famigerato medico nazista, pronunciò a Norimberga questa preoccupante e persuasiva dichiarazione di difesa - una difesa con cui ancora sfido i miei studenti e docenti:

"Gli esseri umani che non possono aiutare sé stessi e che mostrano una vita di sofferenza devono essere aiutati. Questa considerazione non è disumana. Non l’ho mai sentita come non etica o immorale. Ma una cosa mi sembra necessaria: se qualcuno vuole giudicare la questione dell'eutanasia, deve entrare in un manicomio e deve stare lì con i malati per qualche giorno. Allora potremo fargli due domande: la prima sarebbe se lui stesso vorrebbe vivere così, e la seconda, di chiedere a uno dei suoi parenti se volesse vivere in quel modo, forse suo figlio o i suoi genitori."

Questa non era la "difesa di un mostro". Ma se le parole di Brandt sono persuasive, dobbiamo avere un rimedio, sia intellettuale che esperienziale, per confutarle.

Ancora, la sfida del Dr. Brandt combina la giustificazione dell'"umanità" con un’altra. Soprattutto nel caso dei bambini e dei disabili mentali, l'eutanasia era considerata "razionale", nel senso che se solo avessero potuto sceglierla essi stessi sotto "un velo di ignoranza", per fare riferimento alla terminologia di un filosofo morale del dopoguerra, lo avrebbero fatto. Va notato che i medici all'epoca erano più preoccupati per la "legalità" che per la moralità dell'eutanasia, e molti insistevano sul fatto che l'eutanasia fosse una "questione privata" tra pazienti e medici.

Infine, l'uccisione con l'eutanasia era giustificata indipendentemente, sulla base della premessa che fosse un bene per lo stato razziale. Quel "bene" eclissava il bene dell'essere individuale. Dovrebbe essere abbastanza ovvio che ci sono forti paralleli tra queste ragioni e gli argomenti contemporanei a favore dell'eutanasia oggi. Mentre un resoconto completo di questi paralleli va oltre lo scopo di questo saggio, i lettori dovrebbero notare le giustificazioni del professor Peter Singer per l'eutanasia e la risposta acutamente critica di Michael Burleigh in Death and Deliverance.

Alla fine del programma “T4” per l'eutanasia di adulti e bambini disabili, tra le 70.000 e le 100.000 persone avevano perso la vita; lo stigma contro i vulnerabili nell'atteggiamento e nel linguaggio era stato codificato in legge.  Secondo Proctor, questi tre programmi - la sterilizzazione forzata degli "inadatti", le leggi di Norimberga e le leggi sull'eutanasia sono stati i principali mezzi che i medici e gli scienziati nazisti hanno usato per realizzare l'"igiene razziale" e hanno portato direttamente alle enormi responsabilità dei medici e degli scienziati per il genocidio nei campi di sterminio.

Ma il degrado e la morte non si limitavano all'aspetto clinico della medicina. Gli abusi della ricerca da parte di medici e scienziati, condotti negli ospedali così come nei campi, andavano dagli interventi inutili dal punto di vista scientifico (come le iniezione di tifo ai prigionieri), a quelli più sinistri (come amputazione di arti e "trapianto" su altri corpi), e sono ben documentati altrove. I medici erano tenuti in così alta stima e ritenuti di così alto carattere morale, che la sperimentazione era giustificata in quanto avvantaggiava la società, si aggiungeva alle già numerose conoscenze (un bene in sé) e spesso (ma non sempre) beneficiava il paziente. Non dovrebbe sorprendere che durante questo periodo, e successivamente, anche altre popolazioni (come gli afroamericani negli Stati Uniti e i prigionieri di guerra in Giappone) siano state sottoposte a sperimentazioni umane grottesche e immorali.

Nel 1942, e come diretta conseguenza di una radicata tradizione di antisemitismo all'interno della comunità medica tedesca, delle chiese cristiane e dell'Europa in generale, fu proposta la "Soluzione Finale": l'omicidio dell'intera popolazione ebraica europea. Attraverso ciò che può essere chiamato, in termini moderni, il "patrocinio" della medicina nazista, si è prodotto un effetto profondamente negativo sulla cultura. I medici, vestiti di camice bianco, davano l'imprimatur al fatto che in effetti quelli che dovevano essere gasati non erano affatto persone umane:

Passo dopo passo, le procedure di annientamento erano supervisionate - e, in un senso perverso, nobilitate - dalla presenza di personale medico. … Potremmo dire che il dottore in piedi sulla rampa rappresentava una sorta di punto omega, un mitico custode tra il mondo dei morti e quello dei vivi, un percorso finale comune della visione nazista della terapia attraverso l'omicidio di massa.

L'uccisione di 6 milioni di ebrei e di 9 milioni di "altri" - avrebbe potuto essere compiuta solo attraverso un'accettazione di una antropologia filosofica invertita. La scienza da sola non avrebbe potuto compiere questa distruzione, perché la scienza non è mai sola. Quindi, anche se non possiamo uccidere persone, possiamo uccidere animali, vegetali e subumani. Ciò di cui i nazisti avevano bisogno era una filosofia per escludere le vite scomode agli obiettivi della Razza, e poi la scienza, per uccidere. Ecco perché l'Olocausto può essere considerato un "assalto bioetico" alla persona umana.

Quasi due decenni fa, il compianto Edmund Pellegrino, M.D., uno dei padri della bioetica moderna e mio mentore, ci diede un punto da cui partire  per trarre delle lezioni preziose e durature dopo Norimberga:

 "Vediamo qui le premesse del fatto che il diritto ha la precedenza sull'etica, che il bene di molti è più importante del bene di pochi ... La lezione [dall'Olocausto] è che le premesse morali devono essere valide se se ne possono trarre conclusioni moralmente valide. Una conclusione moralmente ripugnante deriva da una premessa moralmente inammissibile. Forse, soprattutto, dobbiamo imparare che alcune cose non dovrebbero mai essere fatte."

Pellegrino aveva ragione. L'Olocausto non è semplicemente una lezione di storia, è una lezione duratura di etica filosofica. Queste lezioni sono forse più importanti da ricordare oggi, poiché i ricordi personali della Shoah svaniscono, i sopravvissuti e i liberatori stessi diventano parte della storia e i giovani medici si diplomano in medicina con meno empatia e resilienza morale rispetto a quando hanno iniziato.

I medici che hanno attivamente aiutato l'Olocausto credevano di praticare la "buona scienza". Ma la verità scientifica da sola non "afferra" la realtà della vita e, se lo crediamo, siamo già avanti sulla strada verso quel che il compianto Jean Bethke-Elshtain chiamava "fondamentalismo scientifico". Medici e operatori sanitari devono, quindi, ricordare l'Olocausto, ma ricordare, come ha detto Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita allo Yad Vashem, di "ricordare con uno scopo". Articolerò brevemente cinque lezioni della tragedia della medicina nazista che dobbiamo ricordare e integrare nella nostra pratica medica, se la medicina vuole sopravvivere come professione di guarigione.

In primo luogo, ed è forse la cosa più fondamentale, dobbiamo affermare un forte personalismo. Questa antropologia è stata descritta brevemente sopra, e pù ampiamente altrove, da Maritain, ma ha anche da altri importanti esponenti come Mohandas Gandhi, Martin Luther King Jr. e il filosofo Karol Wojtyla (Papa Giovanni Paolo II). Il personalismo postula che l'ultima unità di valore della vita umana sia la persona stessa. La società è e deve essere costruita attorno a questo valore. In breve, la società è creata per la persona, non la persona per la società, e quindi la dignità e l'integrità della persona e la sua libertà non possono essere sacrificate per il bene della società. Nessun fattore contingente - razza, religione, stato economico, disabilità o azioni del passato, presente o futuro - può privare una persona della dignità che le è dovuta. L'integrazione di questo tipo di antropologia filosofica rigorosa e universale è un antidoto alla corruzione della medicina ed è vitale per la prevenzione di futuri genocidi.

Tuttavia, parallelismi inquietanti nella nostra cultura medica, accademica e sociale contemporanea ora sostengono, ad esempio, l'aborto come forma di eugenetica e di riduzione del crimine; la sterilizzazione coatta dei detenuti; la diagnosi genetica preimpianto come mezzo per diffondere i “geni buoni”; e tour di Auschwitz come "esperienza di apprendimento" per i sostenitori dell'eutanasia. L'aborto mirato per bambini non ancora nati con condizioni genetiche come la trisomia 21 e la fibrosi cistica hanno ridotto le popolazioni di oltre il 90% e sono giustificati da motivi utilitaristici. Ma se una persona è l'unità di valore fondamentale della nostra società, allora nessun “altro bene” può eclissarla. Dal punto di vista politico, legale e medico, ciò significherebbe una definizione ampia e ferma di persona, poiché è un rischio molto minore fornire protezione a un'entità in cui la personalità è possibile, piuttosto che distruggere la vita di una persona che alla fine meritava la nostra protezione . In pratica, questo deve significare la fine del coinvolgimento dei medici nella tortura sponsorizzata dallo stato, nella pena capitale, nell'eutanasia, nella sterilizzazione eugenicamente motivata e nelle tecnologie riproduttive artificiali.

In secondo luogo, dobbiamo riconoscere una rigorosa tutela alla coscienza dei medici e degli operatori sanitari. La letteratura contemporanea in bioetica favorisce la rimozione delle leggi sulla tutela della coscienza in particolare su "questioni scottanti" come l'aborto, la contraccezione, la sterilizzazione e ora l'eutanasia. Tuttavia, il giuramento di un medico nei confronti del suo paziente è forte quanto la sua coscienza; permettetegli (o addirittura costringetelo) a romperlo, e avremo dimenticato: un giorno, potrebbe essere il nostro turno di opporci alla corrente. Su questo tema della tutela della coscienza in medicina sono stati scritti volumi ed eloquenti difese (sebbene ancora minoritarie) da parte di Dan Sulmasy e altri, in cui si chiarisce che la coscienza è una forza attiva e propulsiva che fa parte di ciò che siamo come persone, e si avverte del pericolo di una bioetica positivistica.

Una volta uno studente di medicina mi ha chiesto quale fosse la lezione più importante da apprendere secondo me. La mia risposta è stata questa: tra il bene e il male, non c'è uno "spazio sicuro" in cui stare. Non c'è un vuoto neutro dal quale un medico possa sottrarsi ai suoi doveri etici, attribuendoli ad altri. Al tempo dei nazisti, leader coraggiosi provenienti da schieramenti opposti - il cardinale von Galen, Dietrich Bonheoffer (torturato e assassinato) e l'Associazione dei medici socialisti (i cui leader furono arrestati o esiliati nel 1933 e molti assassinati in Austria e Cecoslovacchia nel 1938) - non hano taciuto. Le parole di Bonheoffer ci sfidano ancora oggi:

"Siamo stati testimoni silenziosi di cattive azioni: siamo stati infradiciati da molte tempeste; abbiamo imparato le arti dell'equivoco e della finzione; l'esperienza ci ha reso sospettosi e ci ha impedito di essere sinceri e aperti; conflitti intollerabili ci hanno logorato e persino reso cinici. Siamo ancora di qualche utilità? Ciò di cui avremmo bisogno non sono geni, o persone ciniche, o misantropi, o abili strateghi, ma uomini semplici, onesti, diretti. Il nostro potere interiore di resistenza sarà abbastanza forte e la nostra onestà con noi stessi abbastanza spietata da permetterci di ritrovare la via del ritorno alla semplicità e alla franchezza?"

Se la morale non afferma il suo dominio sulla legge, accadrà il contrario, e il positivismo radicale, con le sue premesse moralmente inammissibili, giungerà alle sue conclusioni altrettanto inammissibili.

La terza lezione da trarre dallo studio della medicina e dell'Olocausto è questa: la scienza non è un "dio". La scienza si basa su ipotesi, esperimenti e convalide o smentite delle ipotesi per progredire. Ma è la stessa metodologia della scienza che ne evidenzia anche i limiti. La scienza non può decidere da sola, usando la propria metodologia empirica, se una particolare pratica medica è moralmente buona. Deve fare affidamento sulla filosofia per farlo. La filosofia morale estrae le verità dalla realtà sulla base della ragione e dell'"esperienza vissuta". L'impresa etica è quindi sia oggettiva (razionale) che soggettiva (esperienziale). Albert Einstein una volta disse:

"E certamente dobbiamo stare attenti a non fare dell'intelletto il nostro dio; ha, ovviamente, muscoli potenti, ma nessuna personalità. Non può guidare, può solo servire; e non è meticoloso nelle sue scelte. Questa caratteristica si riflette nelle qualità dei suoi sacerdoti, gli intellettuali. L'intelletto ha un occhio acuto per i metodi e gli strumenti, ma è cieco ai fini e ai valori. Quindi non c'è da stupirsi che questa cecità fatale si tramandi dai vecchi ai giovani e oggi coinvolga un'intera generazione."

In quarto luogo, come medici e professionisti della salute dobbiamo resistere alla desensibilizzazione e alla disumanizzazione che è così prevalente nella cultura della medicina. Ogni medico può parlare dei termini usati per descrivere i pazienti a porte chiuse: “vegetale” (comatoso); "P.O.S." (pezzo di merda); “allevamento di scoiattoli” (unità di terapia intensiva neonatale); "fattrice" (una donna con più di 2-3 figli); "inutile"; "parassita": l'elenco potrebbe continuare. Perché è molto più facile uccidere un "vegetale" che una persona umana; non resuscitare uno “scoiattolo” che un bambino; non provare rimorsi di coscienza per aver mancato di rispetto a un "P.O.S." o un “parassita” che a un povero tossicodipendente.

La letteratura medica supporta questi diffusi riferimenti aneddotici. Omar Haque e Adam Waytz (2012) discutono delle cause della disumanizzazione a cui si è accennato in precedenza: erosione empatica e disimpegno morale nell'addestramento e nella pratica. C'è anche un altro aspetto che sembra particolarmente vero: la dissomiglianza tra medico e paziente. La dissomiglianza “si manifesta in tre modi principali. Il primo è attraverso la dissomiglianza nella malattia: i pazienti, per la loro stessa natura di essere malati, diventano meno simili al proprio concetto prototipico di umano. Il secondo è l'etichettatura del paziente come una malattia, piuttosto che come una persona che ha una malattia particolare.

Qualunque sia la ragione - dissomiglianza o qualcosa di più sinistro - il linguaggio altera la percezione e la percezione influenza il nostro calcolo etico. Ad esempio, per sostenere l'eutanasia dei disabili, i registi nazisti deliberatamente alteravano l'illuminazione sui volti dei disabili, per renderli più "disumani" nel loro aspetto. La disumanizzazione intenzionale ed enfatizzata ha lo stesso risultato finale sulla nostra percezione di una disumanizzazione lenta e cronica. Semplici gesti, come opporsi pubblicamente a tale linguaggio quando le persone vengono disumanizzate o mostrare una padronanza di sè attraverso esempi di pazienza e persino tenerezza al capezzale dei malati, potranno fare molto per iniziare a capovolgere questa narrazione.

Infine, una quinta lezione da imparare è che, come medico, devi servire esclusivamente il paziente, non un'idea astratta di "società". Medici e operatori sanitari nell'Olocausto avevano deciso che il bene dello stato razziale aveva la precedenza sul bene delle singole persone. "I medici nazisti hanno salutato il passaggio 'dal medico dell'individuo al medico della nazione'". La giustificazione del programma di eutanasia, in gran parte, è stata espressa in termini economici: una misura di risparmio sui costi a carico della società in un periodo scarsità.

Oggi sembra che stiamo perdendo il nostro impegno nei confronti del singolo paziente, perché ci sono altri "dei" in medicina. La “qualità della vita”, la “salute pubblica” o anche la “soddisfazione del paziente” sono diventate fini a se stesse, non un mezzo per raggiungere un fine. Medici e professionisti della salute mentale in questo secolo sono stati (e continuano ad essere) complici di torture, discriminazioni razziali e pene capitali. In tutti questi esempi, il medico oscura il valore e la dignità della persona per qualche altro scopo, alcuni anche lodevoli, forse (sicurezza, ordine, salute pubblica, ecc.) Eppure, il potere del "camice bianco" richiede, se dobbiamo adempiere ai nostri obblighi di fiducia, che non serviamo lo stato (ei suoi interessi economici), né la famiglia del paziente (per quanto compassionevoli le nostre motivazioni), né qualsiasi altra "giusta causa" o obiettivo, incluso il nostro personale.

Il camice bianco ha derivato il suo significato nel secolo scorso dal medico come scienziato di laboratorio, chirurgo e medico ospedaliero, ma in definitiva il suo potere risiede nel suo valore simbolico del medico come guaritore. Come opposto del nero, che spesso significava oscurità e morte, il camice bianco trasmette l'attrazione verso la luce e la vita. Questo non vuol dire ignorare le controversie che circondano il camice bianco e il suo uso contemporaneo, uso improprio o mancato uso; vale solo a indicare la realtà del medico: che la nostra professione è volta a sostenere sempre la vita e la dignità della persona umana, anche quando non possiamo preservarla.

 

Adattato da "Nazi Medicine and the Holocaust: Implications for Bioethics Education and Professionalism", di Ashley K. Fernandes in "Nazi Law: From Nuremberg to Nuremberg" a cura di John J. Michalczyk, con il permesso dell'editore. Le note a piè di pagina sono state rimosse per la leggibilità.

 

*Ashley K. Fernandes è direttore associato del Center for Bioethics and Medical Humanities presso la Ohio State University.

 

 

24/01/22

BMJ - Vaccini e cure Covid-19: dobbiamo avere i dati grezzi, ora.

 


Peter Doshi, professore all'Università del Maryland ed editore associato del British Medical Journal, (che già aveva denunciato con forza la mancanza di trasparenza nelle sperimentazioni alla base dei vaccini Covid e soprattutto la sparizione del gruppo di controllo, vedi qui  e qui) in questo nuovo articolo sul BMJ ricorda come lo scandalo del Tamiflu sembrava aver insegnato a caro prezzo l'importanza della trasparenza dei dati sulla cui base si impostano le politiche sanitarie. Dopo un decennio, ci troviamo di fronte alla stessa opacità e collusione delle autorità di regolamentazione, cosa assolutamente intollerabile tanto più quando si tratta di politiche sanitarie imposte a livello di massa. 

 

Peter Doshi, 19 gennaio 2022


I dati dovrebbero essere pienamente e immediatamente disponibili per un controllo pubblico

Un decennio fa, nel mezzo di una diversa pandemia, dalle pagine di The BMJ emerse che i governi di tutto il mondo avevano speso miliardi per accumulare antivirali per l'influenza che non avevano dimostrato di ridurre il rischio di complicazioni, ricoveri ospedalieri o morte. La maggior parte delle sperimentazioni alla base dell'approvazione e dello stoccaggio di oseltamivir (Tamiflu) da parte dei governi erano state sponsorizzate dal produttore; la maggior parte erano inedite, quelle pubblicate erano scritte da ghostwriter pagati dal produttore, le persone elencate come autori principali non avevano avuto accesso ai dati grezzi e gli accademici che avevano richiesto l'accesso ai dati per un'analisi indipendente avevano ottenuto un rifiuto. (1,2,3,4)

La saga del Tamiflu ha portato a un decennio di attenzione senza precedenti sull'importanza della condivisione dei dati degli studi clinici.(5,6) Battaglie pubbliche per i dati delle aziende farmaceutiche (7,8), campagne di trasparenza con migliaia di firme (9,10), requisiti rafforzati di condivisione dei dati delle riviste (11,12), impegni espliciti da parte delle aziende a condividere i dati (13), nuovi portali di siti Web per l'accesso ai dati (8) e politiche di trasparenza da parte delle autorità di regolamentazione dei medicinali (14,15), tutto questo sembrava l’alba di una nuova era nella trasparenza dei dati.

Progressi ne sono stati fatti, ma chiaramente non abbastanza. Gli errori dell'ultima pandemia sono stati ripetuti. La memoria è corta. Oggi, nonostante il lancio globale di vaccini e trattamenti contro il covid-19, i dati dei partecipanti alle sperimentazioni per questi nuovi prodotti rimangono anonimi e inaccessibili a medici, ricercatori e pubblico, e probabilmente rimarranno tali per gli anni a venire(16). Questo è moralmente indifendibile per tutte le sperimentazioni, ma soprattutto per quelle che coinvolgono importanti interventi di sanità pubblica.

 

Un ritardo inaccettabile

La sperimentazione fondamentale del vaccino covid di Pfizer è stata finanziata dall'azienda e progettata, condotta, analizzata e scritta dai dipendenti Pfizer. La società e le organizzazioni di ricerca a contratto che hanno condotto la sperimentazione detengono tutti i dati (17). E Pfizer ha affermato che non inizierà a ricevere richieste di dati della sperimentazione fino a maggio 2025, 24 mesi dopo la data di completamento dello studio primario, che è specificata essere, su ClinicalTrials.gov, il 15 maggio 2023 (NCT04368728).

La mancanza di accesso ai dati riguarda tutti i produttori di vaccini (16). Moderna afferma che i dati "potrebbero essere disponibili... con la pubblicazione dei risultati finali dello studio nel 2022"(18). I set di dati saranno disponibili "su richiesta e soggetti a revisione una volta completato lo studio,” che ha una data di completamento stimata del 27 ottobre 2022 (NCT04470427).

AstraZeneca può essere pronta a ricevere richieste di dati da molti dei suoi grandi studi di fase III a partire dal 31 dicembre 2021(19), ma in realtà ottenere effettivamente i dati potrebbe richiedere molto tempo. Come spiega il suo sito Web, "le tempistiche variano in base alla richiesta e possono richiedere fino a un anno dalla presentazione completa della richiesta" (20).

I dati fondamentali relativi alle terapie covid-19 sono altrettanto difficili da trovare. I rapporti pubblicati dello studio di fase III di Regeneron sulla sua terapia con anticorpi monoclonali REGEN-COV affermano chiaramente che i dati a livello dei partecipanti non saranno resi disponibili ad altri (21). Se il farmaco fosse approvato (e non solo autorizzato per l'emergenza), la condivisione "sarà presa in considerazione". Per remdesivir, il National Institutes of Health degli Stati Uniti, che ha finanziato la sperimentazione, ha creato un nuovo portale per condividere i dati (https://accessclinicaldata.niaid.nih.gov/), ma il dataset offerto è limitato. Un documento allegato spiega: "Il set di dati longitudinali contiene solo un piccolo sottoinsieme degli obiettivi del protocollo e del piano di analisi statistica".

Ci ritroviamo con delle pubblicazioni, ma con nessuna possibilità di accesso ai dati sottostanti sulla base di una ragionevole richiesta. Tutto questo è preoccupante sia per i partecipanti allo studio, che per i ricercatori, i medici, i redattori di riviste, i responsabili politici e il pubblico. Le riviste che hanno pubblicato questi studi di base potrebbero sostenere di aver affrontato un complicato dilemma, tra il rendere rapidamente disponibili i risultati di sintesi e salvaguardare il valore etico di un accesso tempestivo ai dati sottostanti. Dal nostro punto di vista, non c'è dilemma; i dati anonimi dei singoli partecipanti provenienti da studi clinici devono essere resi disponibili per un controllo indipendente.

I direttori delle riviste, i revisori sistematici e gli autori delle linee guida di pratica clinica generalmente accedono soltanto alla pubblicazione su una rivista, ma le agenzie di regolamentazione ricevono dati molto più granulari, in quanto parti del processo di revisione normativa. Nelle parole dell'ex direttore esecutivo e ufficiale medico senior dell'Agenzia europea dei medicinali, "fare affidamento esclusivamente sulle pubblicazioni di studi clinici su riviste scientifiche prendendole come base per le decisioni sanitarie non è una buona idea ... Le autorità di regolamentazione dei farmaci sono consapevoli da lungo tempo di questa limitazione e normalmente ottengono e valutano la documentazione completa (piuttosto che le semplici pubblicazioni)”.(22)

Tra le autorità di regolamentazione, si ritiene che la Food and Drug Administration statunitense riceva i dati più grezzi ma non li pubblichi preventivamente. Dopo una richiesta formale di accesso agli atti riguardante i dati sui vaccini di Pfizer rivolta alla FDA in base alla legge sulla libertà di informazione, la agenzia si è offerta di pubblicare 500 pagine al mese, un processo che richiederebbe decenni per essere completato, sostenendo in tribunale che il rilascio al pubblico dei dati era lento a causa della necessità di revisionare prima i dati sulle informazioni sensibili (23). Questo mese, tuttavia, un giudice ha respinto l'offerta della FDA e ha ordinato la pubblicazione dei dati a una velocità di 55 000 pagine al mese. I dati devono essere messi a disposizione sul sito web dell'organizzazione richiedente (phmpt.org).

Nel pubblicare migliaia di pagine di documenti di sperimentazioni cliniche, anche Health Canada ed EMA hanno fornito un grado di trasparenza che merita riconoscimento (24,25). Fino a tempi recenti, tuttavia, i dati sono rimasti di utilità limitata, con numerose revisioni volte a proteggere i dati in cieco delle sperimentazioni. Tuttavia, da settembre 2021 (24,25) sono disponibili dei rapporti con meno revisioni e le appendici mancanti potrebbero essere rese accessibili attraverso la formale richiesta di accesso agli atti.

Anche così, chiunque cerchi il dataset dei partecipanti potrebbe rimanere deluso perché Health Canada ed EMA non ricevono o analizzano questi dati e resta da vedere come la FDA risponderà all'ingiunzione del tribunale. Inoltre, la FDA sta producendo dati solo per il vaccino Pfizer; i dati di altri produttori non possono essere richiesti fino all'approvazione dei vaccini, e i vaccini Moderna e Johnson & Johnson non sono definitivamente approvati. L'industria, che detiene i dati grezzi, non è legalmente obbligata a soddisfare le richieste di accesso di ricercatori indipendenti.

Come la FDA, e a differenza delle sue controparti canadese ed europea, l'autorità di regolamentazione del Regno Unito, l'Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari, non rilascia in modo preventivo i documenti degli studi clinici e ha anche smesso di pubblicare le informazioni rilasciate in risposta alle richieste di accesso ai dati in base alla legge sulla libertà di informazione sul suo sito Web. (26)

 

Trasparenza e fiducia

Oltre all'accesso ai dati, è essenziale un processo decisionale trasparente. Le autorità di regolamentazione e gli organismi di sanità pubblica potrebbero rendere pubblici dei dettagli (27), ad esempio perché le sperimentazioni sui vaccini non siano state progettate per testare l'efficacia contro l'infezione e la diffusione di SARS-CoV-2 (28). Se le autorità di regolamentazione avessero insistito su questo risultato, i paesi avrebbero appreso prima l'effetto dei vaccini sulla trasmissione e sarebbero stati in grado di pianificare le politiche sanitarie di conseguenza. (29)

Le grandi aziende farmaceutiche sono l'industria meno affidabile (30). Almeno tre delle molte aziende che producono vaccini contro il covid-19 hanno subito procedimenti penali e civili che sono costati loro miliardi di dollari. (31) Una di esse si è dichiarata colpevole di frode (31). Altre società non hanno precedenti pre-covid . Ora la pandemia covid ha creato molti nuovi miliardari nel settore, e i produttori di vaccini hanno registrato entrate per decine di miliardi. (32)

Il BMJ sostiene politiche di vaccinazione che siano basate su solide prove. Mentre il lancio globale del vaccino continua, non può essere giustificabile o nel migliore interesse dei pazienti e del pubblico che ci si debba semplicemente fidare "del sistema", con la lontana speranza che a un certo punto nel futuro i dati sottostanti potranno diventare disponibili per un controllo indipendente. Lo stesso vale per i trattamenti per il covid-19. La trasparenza è la chiave per creare fiducia e un percorso importante per rispondere ai legittimi interrogativi delle persone sull'efficacia e la sicurezza di vaccini e trattamenti e sulle politiche di salute pubblica stabilite per il loro utilizzo.

Dodici anni fa abbiamo chiesto l'immediata pubblicazione dei dati grezzi alla base degli studi clinici.(1) Ribadiamo questa richiesta ora. I dati devono essere disponibili quando i risultati degli studi vengono annunciati, pubblicati o utilizzati per giustificare decisioni normative. Non c'è spazio per eccezioni alla regola delle buone pratiche durante una pandemia. Il pubblico ha pagato i vaccini contro il covid-19 attraverso ingenti finanziamenti pubblici alla ricerca, ed è il pubblico che si fa carico del rapporto danni benefici che accompagnano la vaccinazione. Il pubblico, quindi, ha diritto e titolo relativamente a tali dati, nonché alla formale richiesta di tali dati da parte di esperti.

Le aziende farmaceutiche stanno raccogliendo enormi profitti senza un adeguato controllo indipendente delle loro affermazioni scientifiche. (33) Lo scopo delle autorità di regolamentazione non è quello di essere dei burattini in mano alle ricche società globali e di arricchirle ulteriormente; è invece quello di proteggere la salute delle loro popolazioni. Abbiamo bisogno della completa trasparenza dei dati per tutti gli studi, ne abbiamo bisogno nell'interesse pubblico e ne abbiamo bisogno ora.

 

 

15/01/22

Lettera aperta del Professor Ehud Qimron: “Ministero della Salute, è tempo di ammettere il fallimento”

 


Molte incongruenze della narrazione pandemica stanno ovunque venendo al pettine in maniera evidente e il professor Ehud Qimron - direttore del Dipartimento di Microbiologia e Immunologia dell'Università di Tel Aviv e uno dei principali immunologi israeliani - scrive una lettera aperta al suo governo in cui critica con forza e senza mezzi termini la gestione israeliana - e in effetti globale - della pandemia. Su N12 News (6 gennaio 2022) la lettera originale in ebraico e su Swiss Policy Research (10 gennaio 2022) la lettera pubblicata in inglese. 

 

Ministero della Salute, è tempo di ammettere il fallimento.

Alla fine, la verità viene sempre a galla e la verità sulla politica del coronavirus sta cominciando a manifestarsi. Nel momento in cui le concezioni più devastanti stanno crollando una ad una, non resta che dire agli esperti che hanno guidato la gestione della pandemia: ve l’avevamo detto.

Con due anni di ritardo, finalmente ci si rende conto che un virus respiratorio non può essere sconfitto e che qualsiasi tentativo del genere è destinato a fallire. Non lo ammettete, perché negli ultimi due anni non avete mai ammesso nessun errore, ma in retrospettiva è chiaro che avete fallito miseramente in quasi tutti i vostri interventi, e anche i media stanno iniziando a far fatica a coprire la vostra vergogna .

Nonostante anni di osservazioni e conoscenze scientifiche, avete rifiutato di ammettere che l'infezione arriva a ondate, che svaniscono da sole. Avete insistito ad attribuire il declino di ogni ondata esclusivamente ai vostri interventi, e così "avete sconfitto la pandemia" grazie a una falsa propaganda. E l’avete sconfitta ogni volta di nuovo, e ancora e ancora e ancora.

Avete rifiutato di ammettere che i test di massa sono inefficaci, nonostante i vostri piani di emergenza lo affermino esplicitamente ("Piano di preparazione del sistema sanitario per l'influenza pandemica, 2007", p. 26).

Avete rifiutato di ammettere che la guarigione protegge di più di un vaccino, nonostante le precedenti conoscenze e osservazioni dimostrino che le persone vaccinate hanno maggiori probabilità di essere infettate rispetto alle persone guarite. Nonostante le osservazioni,  avete rifiutato di ammettere che i vaccinati sono contagiosi. Sulla base di ciò, speravate di ottenere l'immunità di gregge mediante la vaccinazione e anche in questo avete fallito.

Avete insistito ad ignorare il fatto che la malattia è decine di volte più pericolosa per le categorie a rischio e per gli anziani che per i giovani che non fanno parte delle categorie a rischio, nonostante che conoscenze in tal senso arrivassero dalla Cina sin dal 2020.

Avete rifiutato di adottare la "Dichiarazione di Barrington", firmata da più di 60.000 scienziati e medici professionisti, o altri programmi di buon senso. Avete scelto di ridicolizzarli, calunniarli, distorcere le loro parole e screditarli. Invece di optare per i programmi e le persone giuste, avete scelto professionisti privi di una formazione adeguata per la gestione della pandemia (come consiglieri del governo avete scelto esperti in fisica, veterinari, agenti della sicurezza, personalità dei media e così via).

Non avete impostato un sistema efficace per segnalare gli effetti collaterali dei vaccini e le segnalazioni sugli effetti collaterali sono state persino cancellate dalla vostra pagina Facebook. Per evitare di essere perseguitati, come avete fatto con alcuni dei loro colleghi, i medici evitano di collegare gli effetti collaterali al vaccino.  Avete ignorato molte segnalazioni di cambiamenti nell'intensità del flusso mestruale e nei tempi del ciclo mestruale. Avete nascosto i dati che consentono una ricerca obiettiva e corretta (ad esempio, avete rimosso i dati sui passeggeri all'aeroporto Ben Gurion). Invece, avete scelto di pubblicare, in collaborazione coi dirigenti di Pfizer, articoli non obiettivi sull'efficacia e la sicurezza dei vaccini.

Irreversibile crisi di fiducia

Tuttavia, dall'alto della vostra arroganza, avete anche ignorato il fatto che alla fine la verità verrà a galla. E sta cominciando a manifestarsi. La verità è che avete fatto crollare la fiducia del pubblico a un livello senza precedenti e avete eroso il vostro status di fonte di autorità. La verità è che avete bruciato inutilmente centinaia di miliardi di shekel - per minacciosi avvertimenti, per test inefficaci, per distruttivi lockdown e per aver interrotto la routine della vita quotidiana negli ultimi due anni.

Avete distrutto l'istruzione dei nostri figli e il loro futuro. Avete fatto sentire in colpa i bambini, li avete spaventati, resi dipendenti, abbandonati e divisi, come attestano i presidi scolastici di tutto il paese. Avete peggiorato gravemente le condizioni di vita, l'economia, i diritti umani, la salute mentale e fisica.

Avete calunniato i colleghi che non si sono arresi, avete messo le persone l'una contro l'altra, diviso la società e polarizzato il discorso. Avete bollato, senza alcuna base scientifica, le persone che hanno scelto di non vaccinarsi come nemici pubblici e come propagatori di malattie. Promuovete, in un modo senza precedenti, una politica draconiana di discriminazione, negazione dei diritti e selezione delle persone, compresi i bambini, per le loro scelte terapeutiche.  Una selezione priva di qualsiasi giustificazione epidemiologica.

Quando si confrontano le politiche distruttive che state perseguendo con le politiche sane di alcuni altri paesi, si può vedere chiaramente che la distruzione che voi avete causato ha solo aggiunto altre vittime a quelle vulnerabili al virus. L'economia che avete distrutto, i disoccupati che avete causato e i bambini cui avete negato l'istruzione - sono le vittime in eccesso risultate dalle vostre stesse azioni.

Al momento non ci sono emergenze mediche, ma da due anni coltivate questo stato di cose per brama di potere, denaro e controllo. L'unica emergenza ora è che voi state continuando a decidere le politiche e a gestire ingenti fondi per la propaganda e l'ingegneria sociale invece di indirizzarli a rafforzare il sistema sanitario.

Questa emergenza deve finire!

 

Professor Udi Qimron, Facoltà di Medicina, Università di Tel Aviv

 

10/01/22

The Times of Israel - È così che succede



Sul The Times of Israel un articolo coraggioso, in questi tempi di acquiescenza ipocrita, che sollecita una riflessione tanto necessaria quanto ignorata sulla deriva violenta e autoritaria che sta pericolosamente prendendo piede. Segnalato dal prof. Alberto Bagnai sul suo canale Telegram e ripreso e commentato su Goofynomics.


di Ziona Greenwald. 14 dicembre 2021

Non c'è bisogno di speculare su cosa può spingere un'adolescente araba a mettere un coltello nello zaino e pugnalare una madre ebrea che accompagna i suoi figli a scuola. Una dieta costante di odio e incitamento contro Israele e la sua popolazione ebraica alimenta una visione del mondo in cui le regole della società civile vengono capovolte e la violenza diventa espressione di pietà e moralità. Quando "l'altro" viene demonizzato al punto da vederlo non come individuo ma come parte di un pericoloso organismo subumano, non ci sono linee rosse.

Questo fenomeno, credo, sta alla base delle più grandi atrocità della storia, dalla riduzione in schiavitù e segregazione dei neri in America ai genocidi in Armenia, Ruanda e Jugoslavia, fino alla barbarie più colossale di tutte, l'Olocausto.

In quella che è iniziata come una guerra contro un virus ma si è rapidamente trasformata in una guerra ai diritti umani e alla libertà, alcuni hanno tracciato parallelismi tra le politiche sul coronavirus e il nazismo e sono stati subito attaccati. È assiomatico che nulla, per quanto atroce, possa mai essere paragonato a ciò che è stato fatto agli ebrei in Europa, e le discussioni che toccano questo tasto richiedono estrema sensibilità e attenzione.

Vorrei essere chiara: vietare l'ingresso a concerti o ristoranti, limitare i viaggi e negare il lavoro o l'iscrizione a scuola non può mai essere paragonato a mandare le persone nei campi di concentramento o nelle camere a gas. Non c'è paragone, punto.

Tuttavia, se vogliamo fare qualcosa di minimamente serio per salvaguardare il futuro – e il presente – del popolo ebraico e dell'umanità, è fondamentale ricordare che quegli insondabili orrori non sono sorti dal nulla. Il massacro di sei milioni di persone non si sarebbe potuto mai compiere senza aver prima ottenuto l’acquiescenza del popolo tedesco. Proprio come gli ebrei non furono immediatamente sottomessi come schiavi quando arrivarono in Egitto, ma anzi vi abitarono con agiatezza fino a quando non furono etichettati come una minaccia per la comunità e costretti a un lavoro retribuito, che col tempo divenne forzato e brutale, così i mali del nazismo si svilupparono in diverse fasi.

Sappiamo come è accaduto: la disumanizzazione realizzata attraverso una macchina di propaganda ben finanziata che etichettava gli ebrei come intoccabili e causa di tutti i mali. Norme in continua evoluzione e in crescendo. Segregazione sociale e perdita del lavoro. Il tradimento dei vicini come servizio nazionale remunerato. E, cosa ancora più importante, il controllo totale dei media in modo da sostenere la narrazione ufficiale autorizzata.

L'Europa è tornata ad essere un terreno fertile per omicidi rituali, privando i cittadini dei diritti umani e segregandoli sulla base di un vangelo sulla diffusione del virus empiricamente falso. L'Australia ha iniziato a confinare con la forza gli individui – in maggioranza perfettamente sani, intendiamoci - in "campi di quarantena". La cosa più angosciante di tutte è che Israele, lo stato rifugio per gli ebrei fondato come sfida e risposta all'Olocausto, ora è nel mezzo di una demonizzazione totale di milioni di persone appartenenti alla sua stessa gente.

Che il paese sia leader o gregario in questa deriva è difficile dire, ma non c'è dubbio che Israele abbia perso la sua bussola morale. Da quando è stato lanciato il suo programma di vaccinazione, l'orribile retorica del governo – ripresa in maniera automatica dai media – è diventata sempre più minacciosa.

Niente di tutto questo è paragonabile a ciò che è accaduto durante l'Olocausto. Ma il male che oggi rapidamente prende piede potrebbe portare a esiti ancora più oscuri, se non viene messo in luce. Quando un presentatore televisivo israeliano osserva: "Lockdown dei non vaccinati? Dovremmo chiuderli in gabbia!” e tutti ridono, siamo su un terreno pericoloso. Quando gli scolari vengono messi in "cherem" (esclusi, scomunicati, ndt) dai loro compagni di classe perché i loro genitori non li hanno sottoposti alla dose, dovremmo tutti rabbrividire.

Sfortunatamente, la maggior parte delle persone è alle prese con ciò che il commentatore satirico JP Sears descrive come una doppia negazione: negano di essere in negazione. I concittadini (siano essi familiari, amici di una volta, vicini o colleghi di lavoro) vengono privati ​​dei loro diritti umani fondamentali e della loro dignità – per non parlare del lavoro, dell'istruzione, dell'assistenza sanitaria e dei benefici dovuti a tutti i cittadini contribuenti – con la cerchia delle persone colpite che si allarga sempre più man mano che la definizione di "completamente vaccinato" viene continuamente rivista. Gli astanti, per ora ancora la maggioranza, snocciolano giustificazioni ben inculcate ed evitano qualsiasi pensiero che possa dar luogo a rimorsi. Niente sembra aprire i loro occhi a ciò che sta accadendo.

Coloro che giurano sulla promessa "mai più", ma dimenticano i passi graduali che hanno portato alla più grande atrocità umana rischiano di consentire, e forse anche commettere, le peggiori nefandezze.