10/07/13

Gold standard, Euro e democrazia minacciata: parallelismi inquietanti


Da un articolo sul sito dell’Economist, la sintesi del paper di Bordo e James sui parallelismi tra la crisi dell’euro e la crisi del gold standard. Una serie di trilemmi ricapitola ciò che viene sistematicamente messo a rischio nei paesi che adottano un sistema di cambi fissi associato a libertà di movimento dei capitali: autonomia delle politiche monetarie, stabilità finanziaria e infine democrazia.



Traduzione di Henry Tougha

Un trio di trilemmi
Il gold standard porta lezioni inquietanti per la moneta unica
da freeexchange sul sito dell'Economist
Sabato 6 Luglio 2013


Dalla scorsa estate i leader europei hanno goduto di un periodo di tregua dalle turbolenze finanziarie. Eppure l’euro è ancora vulnerabile. Non appena la coalizione di governo si è spaccata, i tassi d’interesse dei bond portoghesi hanno ricominciato a salire. L’economia irlandese si è contratta per tre trimestri di fila. Un’unione bancaria adeguata è ancora lontanissima. La fragilità dell’euro è stata sottolineata da un nuovo studio * di Michael Bordo della Rutgers University e di Harold James dell’Università di Princeton. I due storici dell’economia hanno analizzato i difetti di un altro regime monetario internazionale che si pensava indistruttibile, il gold standard, e hanno trovato dei buoni motivi per preoccuparsi della moneta unica.


I parallelismi tra euro e gold standard non sono del tutto precisi.   L’euro è un’unione monetaria con al suo vertice  una Banca Centrale Europea (BCE); il gold standard non aveva una simile istituzione. L’euro fluttua rispetto alle altre valute come il dollaro, e la BCE è tenuta a mantenere la stabilità dei prezzi invece che la convertibilità in oro. Ciononostante, per i 17 paesi che oggi condividono la moneta unica essa rappresenta un nuovo gold standard, poiché di fatto tra loro ci sono dei tassi di cambio fissi.

Quest’osservazione non è una novità, ma è nuova l’analisi che loro fanno delle tensioni che alla fine hanno fatto naufragare il gold standard. Tali tensioni, essi affermano, emersero da un trio di “trilemmi”, ciascuno dei quali consiste in un set di tre opzioni di cui due assieme sono fattibili, ma non tutte e tre contemporaneamente. Uno dei tre trilemmi è ben noto agli economisti: si tratta della “impossibile trinità” di tassi di cambio fissi, liberi movimenti di capitali, e politiche monetarie indipendenti. Ciò significa che quando le valute sono a cambio fisso e i capitali possono muoversi liberamente, i paesi devono rinunciare alla libertà di condurre delle  politiche monetarie proprie. Ma Bordo e James fanno osservare che i paesi sotto regimi come l’euro o il gold standard non solo sacrificano la possibilità di stabilire i tassi d’interesse, ma stanno anche rinunciando alla stabilità finanziaria e addirittura mettendo a rischio la democrazia.

Cominciamo con l’indipendenza monetaria. Gettando via la chiave del tasso di cambio, i paesi sono costretti a modificare prezzi interni e salari quando questi si trovano disallineati. Nel suo momento di massimo splendore prima della prima guerra mondiale, il gold standard funzionava bene. Esso generava pressioni sia sui paesi in surplus che su quelli in deficit quando questi rispettivamente guadagnavano o perdevano competitività. I paesi in surplus acquistavano oro, aumentando l’offerta di moneta, rialzando i prezzi e rendendosi così meno competitivi. I paesi in deficit perdevano oro, il che causava una restrizione dell’offerta di moneta, spingeva in giù i prezzi e dava loro un vantaggio rispetto ai concorrenti.

Sfortunatamente l’euro ricorda molto la versione difettosa del gold standard che ci fu tra le due guerre mondiali, anziché quella classica del periodo ante-guerra. Quando il gold standard fu reintrodotto negli anni ’20, le banche centrali dei paesi in surplus come la Francia (che lo aveva reintrodotto ad un tasso di cambio sottovalutato) sterilizzarono gli effetti dell’afflusso di oro in modo da non far aumntare i prezzi. Questo scaricava tutta la pressione dell’aggiustamento sui paesi come la Gran Bretagna, che aveva reintrodotto il gold standard nel 1925 ad un tasso di cambio sopravvalutato. Un duro processo deflazionistico di questo genere è oggi in corso nei paesi dell’Euro-periferia come la Grecia. I loro aggiustamenti sarebbero molto meno draconiani se i paesi dell’Euro-core fossero disposti a tollerare un livello d’inflazione considerevolmente più alto di quello medio dell’Eurozona. Ma la Germania si oppone ferocemente.


Il secondo trilemma descritto dagli autori è l’incompatibilità dei tassi di cambio fissi e della mobilità dei capitali con la stabilità finanziaria. Quando i paesi entrarono nel gold standard, esso conferì loro un “sigillo di garanzia” che incoraggiò grandi afflussi di capitali esteri. Ciò gonfiò il credito, portando a un’espansione delle banche nazionali che spesso andavano a finire male. Sotto il gold standard, un paese forte poteva sostenere investitori e banche vacillanti; nella Russia ante-guerra, ad esempio, la banca centrale era chiamata la “Croce Rossa della borsa”. Ma un paese debole poteva facilmente perdere la fiducia degli investitori, come avvenne all’Argentina nella sua crisi bancaria e di debito del 1890. La stessa vicenda si è ripetuta durante la breve storia dell’euro. I soldi sono affluiti a cascata verso l’Euro-periferia, provocando un boom del credito bancario e bolle immobiliari. Nel disastro che ne è seguito, il compito di ricapitalizzare le banche ha provocato il tracollo dello Stato sia in Spagna che in Irlanda.

Il terzo trilemma è il più inquietante: la potenziale incompatibilità dei tassi di cambio fissi e dei liberi movimenti di capitale con la democrazia. La Germania riuscì a rientrare nel gold standard dopo la prima guerra mondiale grazie al rafforzamento della fiducia favorito dal Piano Dawes del 1924, che riguardava i risarcimenti di guerra. Ma la dura medicina fiscale somministrata durante la Grande Depressione  nello sforzo di rimanere dentro il gold standard, contribuì all’ascesa del Nazismo. La Gran Bretagna abbandonò l’aggancio all’oro nel 1931, prefigurando la fine del gold standard, poiché l’austerità che esso richiedeva era diventata insostenibile.

Il popolo e i popoli.

La possibilità di una simile reazione negativa alle pretese economiche e fiscali dell’Unione Monetaria Europea è evidente. Sebbene i paesi del sud Europa vogliano ancora restare nell’euro, non da ultimo perché il costo di un’uscita sarebbe più duro di quello dell’abbandono del gold standard, vi è un crescente disincanto. A febbraio gli elettori italiani hanno detto “basta” all’austerità. Il governo portoghese si sta logorando di fronte all’ostilità popolare contro gli aumenti delle tasse e i tagli della spesa. Ed anche i nord-europei sono scontenti. L’opposizione popolare all’idea di pagare per i salvataggi dell’Eurozona impedisce ad Angela Merkel, la cancelliera tedesca, di dire chiaramente quali sacrifici dovranno essere fatti dagli elettori per mantenere l’euro.

Nulla di tutto ciò implica che un’esplosione sia imminente. Le tensioni politiche possono continuare ancora a lungo prima di esplodere. La recessione dell’Eurozona dovrà pur finire prima o poi. I progressi verso le riforme istituzionali potrebbero accelerare dopo le elezioni tedesche in settembre. Ma se la sostenibilità a lungo termine della moneta unica venisse assicurata, gli Europei sarebbero davvero in controtendenza rispetto alla Storia.



* “The European Crisis in the Context of the History of Previous Financial Crises” [“La Crisi Europea nel Contesto della Storia delle Precedenti Crisi Finanziarie”], NBER Working Paper 19112, Giugno 2013

16 commenti:

  1. Un'altro paragone fra gold standard ed euro sistema:

    Alle fine entrambi cadranno x effetto di arbitraggi. Quando i giganteschi surplus usa si trasformarono in enormi deficit apparse chiaro ai più (speculazione e non solo) che la convertibilità oro /$ non poteva reggere e non a quel cambio. Si creò così un mercato parallelo in cui ci volevano molti + $ x un'oncia di oro. Intere nazioni scommisero contro la convertibilità e il gold standard cadde.

    Oggi in BCE la nuova moneta (i titoli pubblici dei paesi aderenti accolti a collaterale) sono accettati con un livello di discriminazione inferiore per quanto riguarda i Piigs rispetto a quanto si registra sui mercati interbancari. Il bilancio della BCE viene riempito di quei titi (tipo Portogallo) visto che alle banche dei paesi core e' consentito arbitraggiare x procurarsi > liquidità a tasso e rischio vicino allo zero.

    O la BCE si dimostra in grado di stampare all'infinito, o la battaglia e' persa.

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    1. Marco il Grossetano, quello era il dilemma di Triffin del dollar standard, quando a Bretton Woods invece di seguire le indicazioni di Keynes fecero un sistema monetario basato sul dollaro, e anche quello non potè funzionare.

      Ma qui nell'eurostandard, anche se la BCE stampasse a iosa per finanziare gli stati, gli squilibri esteri si accentuerebbero, non c'è soluzione al di fuori di un'unione politica, che allo stato dei fatti è del tutto impensabile.

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    2. Esatto Carmen, io in fondo l'ho fatta breve ma è' chiaro che non ci sono misure monetarie in grado di rimandare all'infinito i problemi reali causati da vincolo esterno in un quadro di assenza di cooperazione fra i paesi aderenti ad una AV (tipo eurobond cioè comunione del debito, trasferimenti di dimensioni adeguate fra nazioni, politiche di bilancio dei singoli stati volte ad armonizzare, non solo al ribasso, il tasso di inflazione).

      Inoltre, se lo stampare a "go go" facesse ripartire via inflazione un po' di consumi (e pil), figuriamoci che razza di squilibri registreremmo sulle partite correnti intra-eurozona, senza un prioritario riequilibrio dei tassi reali di cambio dei paesi aderenti all'euro (che avendo la stessa valuta deve passare x + inflazione o + deficit pubblico o + reddito disponibile ai privati dei paesi core).

      Per questo ho dei dubbi sul fatto che giovi a qualche cosa, se non nell'immediato, anche + deficit e meno tasse da noi.

      Tali misure nel breve possono aumentare la domanda aggregata nazionale, ma i > redditi si rivolgerebbero quota parte vs maggior import, seguirebbero maggiori squilibri di bilancia commerciale, magari compensati da investimenti diretti x acquisti a "buon mercato" di altre nostre eccellenze da parte dei soliti noti...

      Qui ci comprano un pezzo x volta!


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    3. Pubblico io un commento di ENRICO eliminato per errore<:

      Vi sono parecchie confusioni.

      gli americani avevano intenzione di creare un dollar standard ed e' quello che hanno fatto. Parecchi paesi nel dollar standard si sono poi trovati nella situazione in cui versa adesso l' Italia nei confronti dell' euro.

      La mitologia dello stampare fa sorridere, oltre a essere equivocata, nel contesto attuale associarla al sostegno della domanda effettiva e' privo di senso.

      I tedeschi fino a che politicamente conviene loro possono salvare l'euro.
      Il problema principale o urgente poi non e' che gli squilibri persistano, ma che i tedeschi drenano tutta la ricchezza possibile dall' Italia, cioè tengono in piedi l'euro al prezzo di sfasciare (e occupare) i paesi periferici e per la loro domanda effettiva confidano su Asia e altri paesi.

      I maggiordomi e incapaci al governo e la parassitaria oligarchia italiana hanno sottoscritto il progetto tedesco, si accontentano di operare come proconsoli locali,
      Enrico

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    4. E rispondo, anche:

      Che il dollar standard ponesse i paesi aderenti nella stessa posizione in cui si trovano i membri dell'euro, beh, questa mi pare un po',anzi molto, esagerata.
      Il sistema di Bretton Woods, anche se dava un "privilegio esorbiatante" agli USA, d'altra parte consentiva anche ai disallineati una certa flessibilità e comunque sempre la possibilità di riallineamenti.

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    5. Il dollar standard deliberatamente pone i vari paesi in una posizione notevolmente asimmetrica. Questo il punto importante, che volevo sottolineare, la discussione sulla convertibilità in oro del tutto pleonastica se non fuorviante. (E la flessibilità diventa cmq relativa, il trend resta sistematicamente deflazionistico specie sui salari).

      I "parecchi" paesi che si sono trovati nella posizione in cui è caduta l' Italia sono poi quelli che hanno fissato il cambio con il dollaro, tra cui Argentina e vari paesi asiatici.
      Nel caso dell' Italia la banca centrale europea al servizio della Germania può imporre l'immiserimento completo della maggioranza della popolazione e la colonizzazione dato che solo una decisione politica può portare all' abbandono della moneta esterna troppo forte.

      Il nodo è politico, l' oligarchia parassitaria nazionale ha già scelto di operare da satrapi e proconsoli locali della Germania e il fatto che la maggioranza della popolazione vada alla miseria totale non li riguarda più se non nella misura in cui pateticamente e in modo insultante raccontano frottole.
      Enrico


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  2. E per i miscredenti che vogliono sempre toccare con mano o (in difetto) leggere almeno una inchiesta giornalistica da Pulitzer, ecco qua : l'East End di Londra all'inizio del XX secolo (cioè UK in pieno goldstandard)

    The People of the Abyss

    ps bel nomino, eh?
    pps c'è anche in italiano : "Il popolo degli abissi"

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    1. Grazie Neri, bellissimo, eccolo in google books in italiano. Guarda caso "opera dimenticata" del grande Jack London..

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    2. Grazie! Tremendo.
      Un pezzetto dell'ultimo capitolo (http://london.sonoma.edu/Writings/PeopleOfTheAbyss/chapter27.html):

      " [...] In Alaska, lungo le sponde del fiume Yukon, vicino alla foce vivono gli Innuit. Sono un popolo molto primitivo, che mostra appena il presentimento di quel formidabile artificio che è la civilizzazione. Il loro patrimonio ammonta forse a 10$ a testa. Cacciano e pescano il proprio cibo con lance e freccie d'osso. Non soffrono mai la mancanza di un riparo. I loro vestiti, fatti perlopiù di pelli d'animali, sono caldi. Hanno sempre combustibile per il loro fuoco, e legname per le loro case, che costruiscono in parte sottoterra, dove vivono comodamente nei periodi più freddi. In estate vivono nelle tende, aperte alla fresca brezza. Sono in salute, forti e felici. Il loro unico problema è il cibo. Hanno periodi di abbondanza e periodi di carestia. Nei periodi buoni fanno festa, nei periodi cattivi possono morire di fame. Ma la fame, come condizione cronica, presente costantemente in un largo strato di popolazione, è una cosa sconosciuta. Inoltre non hanno debiti.

      Nel Regno Unito, sull'orlo dell'Oceano occidentale vivono gli Inglesi. Sono un popolo del tutto civilizzato. Il loro patrimonio è di almeno 1500$ a testa. Ottengono il loro cibo non con la caccia o la pesca, ma con il lavoro di colossali marchingegni. I più soffrono la mancanza di riparo. La gran parte di loro vive in case miserabili, non hanno combustibile a sufficienza per scaldarsi e sono vestiti insufficientemente. Una parte di loro è cronicamente senza casa, e dorme senza riparo sotto le stelle. Molti si trovano, d'estate e d'inverno, a tremare per le strade coi loro stracci. Hanno periodi buoni e cattivi. Nei periodi buoni la maggior parte di loro riesce ad avere abbastanza da mangiare, nei periodi cattivi muoiono di fame. Stanno morendo adesso, sono morti ieri e l'anno scorso, moriranno domani e l'anno prossimo, per la fame. Perché loro, a differenza degli Innuit, soffrono la fame in modo cronico. Ci sono 40 milioni di Inglesi, e 939 ogni 1000 muoiono in povertà, mentre un esercito di 8 milioni combatte costantemente sull'incerto confine della fame. Inoltre ogni bambino che nasce ha già un debito di 110$. Questo è uno stratagemma chiamato Debito Pubblico [...] "

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  3. POi mi rimprovererete perché non l'ho tradotto. Quando traduco non pubblicate. Decidete voi.,..

    Facing l’etat d’exception: The Greek Crisis Jurisprudence
    –Christina M. Akrivopoulou, Adjunct Lecturer, Democritus University of Thrace

    Greek courts have only recently attempted to control the Memoranda entered into between the Greek state and the European Union and IMF, which impose austerity measures on the country. This judicial self-restraint has mainly been due to the extreme severity of the financial crisis. In theory, on occasions where the state faces a true emergency, it can use the instrument of a state of exception (l’ état d’ exception) in order to allow protection of the public interest to prevail temporarily over the full realization of constitutional rights. Further, these crises empower the executive over the legislature and the judiciary. The Greek crisis jurisprudence in general terms seems to confirm this doctrine and thus the judiciary has largely abstained from interfering with the executive’s choices regarding the introduction of taxes, the enforcement of budget cuts, and reductions in the salaries and pensions in the public sector.


    For example, the Greek Council of State, in case 668/2012, upheld the measures prescribed in the first Memorandum (entered into in may 2010) concerning budget cuts and reductions in the salaries and pensions of the public sector by taking into account the need to serve exceptional and urgent goals of general public interest as well as the need to guarantee the country’s obligations towards the European Union and the International Monetary Fund. More specifically, the Council accepted that in this case the principles of proportionality, equality, the fair distribution of public burdens and the right to property were not infringed since the need to service the country’s external debt and the enhancement of its financial credibility were crucial. Similarly, in judgment 1685/2013 the Council upheld an expanded financial contribution for annual incomes exceeding 60,000 euros. It justified the measure due to the need of protect the public interest and underlined that the relevant legislation (Article 18 of Law 3758/2009) did not violate the constitutional restriction permitting the retroactivity of laws that impose taxes only for the year prior to their adoption (Article 78, paragraph 2 of the Greek Constitution).

    Other institutions have been less deferential in their approach. The Greek Court of Auditors, in an opinion on February 20, 2012, reviewed a fourth set of programmed cuts on public sector pensions and underlined that these cuts “violate the principles of a social state, but also lead to its destruction since they deteriorate the pensioners situation to such a level that the principle of human dignity according to the Constitution is jeopardized.”

    The Greek Council of State is expected to issue a bolder decision regarding second Memorandum provisions, entered into in March 2012, abolishing the trade unions’ right to resolve labor conflicts by appealing to arbitration committees. Unofficially the Council has released the opinion of many members of the Court that consider this specific provision as infringing the very core of collective bargaining as it is acknowledged in Article 22, paragraph 2 of the Greek Constitution and in the European Convention of Human Rights, the Social Charter, and the relevant framework set out by the International Labor Organization. This perspective is in tune with the recent condemnation of Greece by the European Social Charter Committee because of the deregulation of labor relations for those workers under the age of 25 (Complaints 65 & 66/ 19.10.2012).

    Suggested Citation: Christina Akrivopoulou, Facing l’etat d’exception: The Greek Crisis Jurisprudence, Int’l J. Const. L. Blog, July 11, 2013, available at: http://www.iconnectblog.com/2013/07/facing-letat-dexception-the-greek-crisis-jurisprudence.

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    Published on July 11, 2013
    Author: Christina Akrivopoulou

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    1. Interessante, se ce la facciamo lo traduciamo noi.
      Ma cos'è che non abbiamo pubblicato tradotto da te? Boh...

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  4. Non so se Bordo e James raccontino veramente la storia del Gold Standard nei termini riportati dall'Economist (sto seriamente pensando di cacciare i 5 dollari necessari per comprare il paper), ma Eichengreen nel suo fondamentale Globalizing Capital (Princeton University Press, New Jersey, 2008) riferisce che il meccanismo non ha mai funzionato come la teoria voleva, cioè con un aumento e una diminuzione dei prezzi relativi e relativo flussi e deflussi di oro, ma quando iniziava a manifestarsi uno squilibrio intervenivano i banchieri centrali dei paesi in deficit incipiente facendo una politica monetaria restrittiva. Il meccanismo funzionava, come dice Eichengreen (ho già riportato la citazione sul blog di Bagnai, che l'ha apprezzata, mi scuso con chi l'ha già letta), così: "What was critical for the maintenance of pegged exchange rates, I argue in this book, was protection for governments from pressure to trade exchange rate stability for other goals. Under the nineteenth-century gold standard the source of such protection was insulation from domestic politics. The pressure brought to bear on twentieth-century overnments to subordinate currency stability to other objectives was not a feature of the nineteenth-century world.
    Because the right to vote was limited, the common laborers who suffered most from hard times were poorly positioned to object to increases in central bank interest rates adopted to defend the currency peg. Neither trade unions nor parliamentary labor parties had developed to the point where workers could insist that defense of the exchange rate be tempered by the pursuit of other objectives. The priority attached by central banks to defending the pegged exchange rates of the gold standard remained basically unchallenged. Governments were therefore free to take whatever steps were needed to defend their currency pegs."
    Siccome i banchieri erano "credibili" (che bella parola!) nel mazziare i lavoratori, gli speculatori collaboravano; quando questa credibilità è venuta meno, perché i lavoratori hanno cominciato a contare qualcosa politicamente (o tempora!), ecco che il meccanismo s'è inceppato. Quindi è verissimo che la Francia negli anni '20 sterilizzava, però il cuore del problema era, come anche ora, politico (o di classe: fate un po' voi).

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    1. Giustissimo, bisognerebbe leggere il paper, comunque credo che non ci sia contraddizione: e' vero che lo stato liberals non conosceva osta coli politico e social alls deflazione,,ma e' vero anche che il regno unito, parse dominante nella prima fase, era aperto alle import Dai partners contribuendo all'aggiustamento. Gli inglesi sono comunque e nonostante tutto Dei lords nel loro impero, tutt'altra cosa I krukki, leggermente anelastici...

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    2. (Basta che ti tieni se c'è uno scossone :-)). Mah, senza in nulla alleggerire il giudizio sulla Germania, non mitizzerei più di tanto la Gran Bretagna ottocentesca: era liberoscambista sì, ma perché era arrivata per prima, tanto è vero che nell'età d'oro del liberismo (cioè fino agli anni '80 dell'800) aveva un surplus commerciale di 5 a 1 e i mercati, dove poteva, li apriva a cannonate (guerre dell'oppio, tanto per fare un esempio. Il dato sul commercio estero l'ho preso da Paul Bairoch, Economia e storia mondiale, Garzanti, 1998); anche se per quanto mi riguarda il capolavoro fu quello di accollare all'India, sotto forma di debito pubblico, le spese sostenute per la sua conquista (questa l'ho presa dalla storia dell'India di Michelguglielmo Torri). In effetti, se guardiamo all'andamento dei prezzi dopo l'adozione generalizzata del Gold Standard, cioè a partire dal 1870, vediamo che quest'ultimo si rivelò, come dice Eichengreen (pp. 18-19) "a force for deflation. It is reasonable to expect them [i governi che lo avevano adottato] to have understood the nature but not the extent of the problem. Post-1850 silver discoveries focused attention on the association between
      silver coinage and inflation. But there was no basis for forecasting the magnitude of the price-level decline that began in the 1870s. Only in the 1880s,
      after a decade of deflation, was this understood and reflected in populist unrest in the United States and elsewhere." Basti dire che l'indice dei prezzi in UK, cioè nel paese in surplus, passa da un livello di 130 nel 1873 a uno di circa 77 nel 1896 per risalire a malapena a 100 alla vigilia della guerra (i dati sono in un grafico a pag. 19 del libro di Eichengreen). Il fattore fondamentale che consentiva al Gold Standard di funzionare era quindi proprio l'assenza di democrazia e di peso politico degli interessi dei lavoratori. Per questo, come dice giustamente Bagnai, Germania o non Germania un altro euro non è possibile.

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  5. Pardon e' difficile scriveree in bus...ohi Ohio Ora smetto
    !

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