01/08/14

I rendimenti dei titoli europei entrano nella zona morta.

Sul Telegraph Jeremy Warner esamina il calo degli interessi sul debito dei paesi europei.
Se l'impennata degli spread nel 2011 era un chiaro segno di crisi, questa discesa non è un segnale positivo, ma un chiaro preallarme per la discesa dell'eurozona in depressione permanente.


I tassi di interessi dei Bond europei sono nuovamente in zona-depressione – e questa volta non sono solo i Bund tedeschi a segnalare una prossima contrazione economica. La resa dei Bond decennali spagnoli è scesa al suo livello più basso dalla rivoluzione francese nel 1789; e la cosa si ripete in maniera simile altrove nell'eurozona.


Questa è un'inversione di tendenza rispetto alla situazione che prevaleva solo un paio di anni fa, quando i rendimenti dei Bond delle economie periferiche si erano impennati senza controllo per i timori di default sovrano e di disfacimento della moneta unica. Ma quest’ultimo sviluppo non è un buon segnale, al contrario di quel che si potrebbe pensare.

I rendimenti dell'eurozona sono in caduta da quando Mario Draghi della BCE ha dichiarato che avrebbe fatto "qualsiasi cosa fosse necessaria" per salvare l'euro, una rivoluzione salutata dai responsabili politici europei come un segno di successo.

Tuttavia, è sempre possibile avere troppo di una cosa buona. I rendimenti ora sono scesi a livelli da depressione. Per la prima volta dal 2007, i rendimenti delle obbligazioni dell'area euro nel suo complesso sono inferiori a quelli statunitensi. Si osserva un divario sempre crescente tra i rendimenti dell'eurozona (dominata dalla Germania) da un lato, e gli Stati Uniti e il Regno Unito dall’altro.
Vengono in mente tre spiegazioni immediate. La prima è che l'inflazione nell'eurozona è molto bassa e destinata a rimanere tale a lungo. Quindi, anche con questi rendimenti molto bassi, le obbligazioni offrono un tasso reale positivo.

Un’altra è che il mese scorso la BCE ha annunciato tutta una serie di misure per scongiurare la minaccia di deflazione, compreso un tasso negativo dei depositi. Se alla fine la BCE va oltre, come i mercati finanziari si aspettano, e si imbarca in un vero e proprio QE, esso stesso aumenterà la domanda di Bond.

I crescenti rischi geo-politici causano un ulteriore aumento dell’attrattività dei Bond governativi come beni di rifugio. Al di là della Russia, le sanzioni sono destinate ad avere un grande effetto boomerang sull'economia europea. La Commissione Europea stima che le sanzioni faranno scendere il PIL europeo di 0,3 punti percentuali quest'anno e dello 0,4% il prossimo. Questa stima potrebbe sembrare abbastanza grave, ma essa probabilmente sminuisce l’impatto, in quanto non presuppone alcuna seria escalation. E’ “wishful thinking”, temo.

Ma ancor più importante di queste spiegazioni è una storia molto più grave e preoccupante – il ritorno alla fuga dal rischio delle crisi finanziarie. Con la BCE che rimuove il rischio di credito, non è più solo il Bund tedesco ad essere un’opzione di prima scelta. Sono tutte le obbligazioni dell'eurozona a esserlo, perfino quelle greche. Se troppo denaro si dirige verso le obbligazioni, si riduce quello disponibile per le attività economiche produttive, una situazione del tipo "è nato prima l'uovo o la gallina", dove una cosa porta all’altra e viceversa. Diventa impossibile distinguere causa ed effetto, ma il risultato è uno scivolare verso la recessione. Dire se l’Europa sia mai veramente uscita fuori dalla recessione è, naturalmente, una questione interessante. Qualunque sia la risposta, questi rendimenti molto bassi la rendono per lo più una domanda accademica. Perché essi raccontano una storia molto semplice – che la recessione, o almeno una crescita vicino allo zero, è ormai lo stato naturale dell'eurozona.

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