22/11/18

Moneyweek - L’Italia non si inchina alla UE

La prestigiosa rivista anglosassone MoneyWeek rende conto dell’attuale conflitto tra governo italiano e UE sul deficit di bilancio. Le richieste italiane sembrano assolutamente ragionevoli data la congiuntura economica e la situazione del paese, ma l’UE non vuole transigere dalla sua consueta richiesta di austerità. Le autorità europee contano solitamente sul fatto che “i mercati” costringano i paesi ribelli a piegarsi ai voleri di Bruxelles, ma stavolta le condizioni sono diverse, e le sanzioni UE non possono spaventare nessuno.

 

Di Matthew Lynn, 18 novembre 2018

 

 

L’Italia sta sfidando la UE sulla spesa pubblica. Ma, questa volta, i mercati non vengono in aiuto di Bruxelles. E questo sarà un bel problema per l’UE.

 

Gli interessi sul debito pubblico esploderebbero. Le banche sarebbero in pericolo. Le aziende rimarrebbero senza liquidità e i capitali abbandonerebbero il Paese. In breve tempo, si instaurerebbe una spirale negativa. Mentre il sistema finanziario si avvierebbe verso il collasso, il governo “populista” italiano sarebbe costretto ad abbandonare le sue stravaganti promesse elettorali, abbassare i toni, e obbedire agli ordini della UE.

 

O quantomeno, questo era il copione scritto da Bruxelles quando la Lega e il Movimento Cinque Stelle hanno preso il potere nella prima metà dell’anno. Ciò nonostante, l’Italia ha deciso di aumentare la spesa, sfidando le regole che la tengono soggiogata nell’euro. Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha scritto al governo lettere di richiamo. “Le uniche lettere che accetto sono quelle di Babbo Natale” ha risposto Matteo Salvini, il Ministro degli Interni italiano e leader della Lega.

 

Un problema di copione

 

Nemmeno i “bond vigilantes” stanno seguendo il copione. I mercati finanziari non possono o non vogliono fare il lavoro di Bruxelles. Forse non dovremmo stupirci. Secondo lo standard dello scorso decennio, il bilancio presentato dal governo italiano non si può certo definire estremo. Qualche riduzione della tassazione e un po’ di spesa pubblica aggiuntiva spingerebbero il deficit al 2,4% del PIL. Solo qualche anno fa paesi come il Regno Unito facevano deficit del 10% del PIL. Quindi il 2,4% non sembra proprio la fine del mondo. Tuttavia, le regole della moneta unica richiedono ai membri di non fare deficit eccessivi. E la commissione insiste che l’Italia debba rivedere il suo bilancio.

 

Comprensibilmente, il governo ha rifiutato, e viene ora minacciato di sanzioni se non obbedisce. La verità è che una multa in più o in meno non sarebbe molto rilevante. Ma la bancarotta nazionale fa paura a qualsiasi governo, e dovrebbe imporre un cambio di politica. L'Italia ha un debito di 2.100 miliardi di euro, o 131% del PIL. Per alimentarlo, deve pagare miliardi di interessi ogni anno, e rinnovarlo quando arriva a scadenza. Un significativo aumento nel costo del prestito, o la minaccia di tagliarla fuori dai mercati dei capitali, la metterebbero velocemente in ginocchio. È quanto accadde quando la Grecia sfidò la UE, e nel 2011 quando Silvio Berlusconi fu rimpiazzato dal tecnocrate pro-UE Mario Monti. Prima o poi i populisti vengono docilmente costretti all'obbedienza e la crisi è finita.

 

Solo che stavolta non sta andando proprio così. Gli interessi sui bond italiani sono saliti e le azioni delle banche sono scese. Ma neanche lontanamente in modo catastrofico. Non esiste alcuna vera pressione sul governo perché ceda. Come mai?

 

La prima ragione è che un bilancio moderatamente espansivo è una politica perfettamente sensata per l’Italia. Si tratta di un paese che non è praticamente cresciuto nei due decenni da quando si è unito all’euro. Nell’ultimo trimestre, è riscivolato nella crescita zero e si trova a un passo dalla recessione. Ha un alto livello di disoccupazione, e un sacco di risorse economiche inutilizzate. Non c’è bisogno di essere John Maynard Keynes per concludere che un po’ di spese pubbliche aggiuntive potrebbero essere appropriate quest’anno. È l’insistenza dell’UE nell’imporre altra austerità ad apparire estremista.

 

“Too big to fail”

 

Inoltre, le regole del gioco sono cambiate. Nell’ultima euro-crisi, non si sapeva se la Banca centrale europea sarebbe intervenuta. Gli investitori correvano un rischio concreto di default sui titoli greci e italiani. Quindi non stupiva che gli interessi andassero alle stelle. Ma con la Banca Centrale che attualmente sta stampando migliaia di miliardi di euro, oggi questo scenario sembra molto meno probabile.

 

Infine, l’Italia è troppo grande perché possa fallire. Il suo debito potrebbe distruggere il sistema bancario di tutta Europa e potenzialmente innescare il collasso della moneta unica. I mercati lo sanno e quindi non faranno il lavoro al posto della UE così come  lo fecero nel 2011 e nel 2012.

 

Nelle prossime settimane il governo italiano potrebbe subire una sanzione tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Ma non verrà escluso dai mercati e le sue banche non collasseranno. Proseguirà come se nulla fosse successo. Questo rappresenterà un grosso problema per Bruxelles. Non ci vorrà molto prima che i greci, gli spagnoli e in verità anche i francesi prendano atto che si può sfidare Bruxelles a piacimento, e non c’è molto che Bruxelles possa fare a riguardo.

 

 

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