05/06/19

L’uomo sbagliato per la BCE

Un articolo di Politico si occupa della successione di Draghi alla BCE. Il candidato naturale, il falco tedesco Weidmann, spaventa anzitutto gli europeisti più convinti. Infatti la sua intransigenza, che gli impedirebbe di sostenere le eventuali economie periferiche in difficoltà, avrebbe come inevitabile conseguenza la rottura dell’eurozona, che secondo Weidmann non è compito della BCE prevenire.

 

 

 

Di Paul Taylor, 4 giugno 2019

 

 

Ha votato contro le decisioni che hanno salvato l’euro. Le criticò pubblicamente, mentre i mercati finanziari erano ancora in fibrillazione. Non offrì alcuna alternativa. E crede ancora che non sia compito della Banca Centrale Europea salvare l’eurozona – solo mantenere la stabilità dei prezzi.

 

Tuttavia, c'è qualcuno a Berlino e a Francoforte che vuole nominare Jens Weidmann, capo della Bundesbank e portabandiera dell’ortodossia monetaria tedesca, successore di Mario Draghi, quando l'attuale presidente italiano della BCE lascerà la carica, in autunno.

 

La competizione per il posto più potente e sensibile dell’economia europea dovrebbe rigorosamente avvenire in base ai suoi meriti. Ma come una rara eclissi di luna, la nomina – che avviene ogni otto anni – coincide quest'anno con il ciclo politico e legislativo quinquennale della UE, per la prima volta da quando è incominciato, nel 1998.

 

Di conseguenza le nomine della BCE sono diventate parte di una trattativa più ampia tra i leader della UE, trattativa che coinvolge le posizioni di vertice della Commissione europea, del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, così come la prossima guida della politica estera dell’area valutaria.

 

Dopo che la scorsa settimana i leader hanno avuto una prima discussione informale riguardo a questo mercato (in italiano nell'originale, NdVdE), il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che si sarebbe consultato con il Parlamento e i governi nazionali per provare a “fare chiarezza su questi posti già a giugno” al prossimo summit UE. Ha anche parlato della “necessità di riflettere la diversità dell’Unione in termini di geografia, grandezza dei paesi, genere, così come di affiliazione politica.

 

L’affermazione di Tusk è sembrata subordinare la scelta del capo della BCE al risultato della più ampia battaglia politica per il potere sulla Presidenza della Commissione, e alla necessità di bilanciare le scelte tra Est e Ovest, Nord e Sud, maschio e femmina e sinistra e destra. In breve, se la cancelliera tedesca Angela Merkel non riuscisse a far investire il conservatore bavarese Manfred Weber della carica più importante della Commissione, a causa dell’opposizione guidata dal presidente francese Emmanuel Macron, la Germania dovrebbe essere compensata con un altro posto importante.

 

Questo non è certo il modo di scegliere il capo della banca centrale che, in assenza di un governo centrale UE, è l’ultima linea di difesa dell’eurozona contro una crisi finanziaria. Potrebbe costare caro all’Europa quando la prossima crisi colpirà, che sia a causa della guerra commerciale globale scatenata dal presidente USA Donald Trump, da una Brexit caotica senza accordi, dall’esplosione fiscale dell’Italia o da qualche evento meno prevedibile.

 

La BCE ha bisogno di un leader disposto a pensare fuori dagli schemi e a intraprendere azioni non convenzionali in mezzo a una tempesta. Weidmann non ha la mentalità giusta per ricoprire il ruolo. Nonostante la sua intelligenza, le sue capacità comunicative in diverse lingue, l’esperienza di governo e il carisma, guardando al suo passato non c’è ragione di credere che questo tedesco conservatore sarebbe disposto a fare (o anche solo a dire) “qualunque cosa serva” per preservare l’euro, come fece Draghi con un gesto coraggioso di saggezza politica all’apice della crisi dell’eurozona nel 2012.

 

I sostenitori di Weidmann sostengono che sarebbe l’uomo giusto per far capire la politica della BCE alla scettica opinione pubblica tedesca. Ma Weidmann è accecato dal dogma dei limiti del mandato della Banca Centrale. Ha sostenuto che il fallire persistentemente al ribasso l’obiettivo di inflazione della BCE (vicino ma sotto il 2%) non è un problema, e non dovrebbe rimandare l’inasprimento della politica monetaria ultra espansiva. Ha anche manifestato la sua vicinanza al malcontento dei risparmiatori tedeschi, che non ricevono più un interesse reale sui loro depositi di risparmio a rischio nullo, a causa dei bassi tassi della BCE.

 

La volontà di Draghi di fare qualsiasi cosa per preservare l’euro, sostenuta da una politica pronta a comprare obbligazioni di breve durata dei governi in difficoltà che accettavano e implementavano un programma di aggiustamento, ha segnato un punta di svolta nella crisi dell’eurozona.

 

Non solo Weidmann si oppose all’OMT (Outright Monetary Transactions), ma testimoniò in una causa intentata da professori ultra-conservatori della Corte costituzionale tedesca, che sosteneva che la BCE non potesse agire da prestatore di ultima istanza per i governi dell’eurozona, con il rischio di perdite per i contribuenti tedeschi. Le sue affermazioni alimentarono i più accesi critici tedeschi della BCE, che accusano Draghi di un esproprio indiretto dei pensionati tedeschi per mantenere l’Italia a galla con prestiti a basso tasso.

 

“Se Weidmann venisse scelto, i mercati finanziari potrebbero velocemente voler mettere di nuovo alla prova l’eurozona”, ha dichiarato Guntram Wolf, direttore del think tank economico Bruegel a Bruxelles. “La cosa diventa ancor più probabile guardando il serio scontro politico in atto tra l’UE intera e la politica e l’economia italiana”.

 

Quando lo scorso anno il Frankfurter Allgemeine Zeitung gli chiese se la conservazione dell’euro dovrebbe essere un obiettivo di stabilità monetaria, Weidmann rispose: “La BCE ha un solo obiettivo, ossia assicurare la stabilità dei prezzi”. È compito dei politici, aggiunse, assicurare che gli stati membri attuino politiche economiche che rendano l’area valutaria sostenibile nel lungo periodo.

 

Altri banchieri centrali, come Draghi, hanno interpretato il mandato della BCE in maniera molto più vasta. Mentre il trattato UE fa della stabilità dei prezzi l’obiettivo primario, esso dice anche che la banca “sosterrà le politiche economiche generali dell’Unione” e promuoverà “il buon funzionamento dei sistemi di pagamento”.

 

Con i tassi di interesse a zero, l’inflazione che si ostina a rimanere bassa e la massa di obbligazioni governative che possono essere comprate vicina all’estinzione, la banca ha meno strumenti per combattere un nuovo rovescio, se questo dovesse arrivare. Potrebbe comprare azioni o obbligazioni bancarie, come ha fatto la Banca del Giappone. Potrebbe anche trovare modi per finanziare direttamente gli investimenti pubblici in infrastrutture e la transizione dell’eurozona all’energia verde, ma passi così controversi vanno in direzione opposta all’ortodossia conservatrice tedesca.

 

Ci sono molti candidati molto qualificati per guidare la BCE nei prossimi otto anni.

 

Il Governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau, 60 anni, condivide l’idea più ampia di Draghi sul ruolo della BCE e ha sostenuto recentemente che la politica monetaria dovrebbe rimanere espansiva, mentre i falchi stanno tentando di “normalizzarla”. Questo uomo francese, che parla anche tedesco, con un curriculum rispettabile sia nel settore privato sia in quello pubblico, è la prima scelta di coloro che cercano la continuità rispetto agli anni di Draghi. Specialmente dal momento che l’altro francese, Benoit Corure, 50 anni, sembra non poter accedere alla carica dal momento che è nel mezzo di un mandato di otto anni non rinnovabile all’interno del comitato esecutivo della BCE.

 

Se entrambi i francesi venissero bloccati dall’opposizione tedesca, ci sono due finlandesi in attesa. Erkki Liikanen è stato un valido aiuto per Draghi nel consiglio direttivo della BCE, in quanto votante per l’ala nordica che ha sostenuto le azioni decisive nei momenti di crisi. Ma compirà 69 anni ad ottobre, forse troppo avanti con gli anni per un mandato di otto anni. Una possibilità che avrebbe un precedente è che Liikanen potrebbe impegnarsi per un mandato di durata inferiore e poi lasciare il posto a un successore più giovane.

 

Olli Rehn, 57 anni, è stato un commissario europeo per gli affari economici e monetari durante il picco della crisi dell’eurozona e ora è il governatore della Banca di Finlandia, ha fatto alcuni discorsi interessanti in cui richiedeva una revisione in stile FED della politica monetaria della BCE alla luce della persistente mancanza di inflazione rispetto al valore prefissato. Tuttavia, nessuno dei due finlandesi è un grande comunicatore.

 

CI sarà anche chi chiederà che si cerchi una donna, per bilanciare la schiacciante maggioranza maschile all’interno della gerarchia della BCE. C’è una sola donna nel Consiglio Governativo di 25 membri.

 

La vice governatrice della Bundesbank Claudia Buch, 53 anni, e la vice governatrice della Banca di Francia Sylvie Goulard, 54 anni, sembrerebbero non avere l’esperienza monetaria necessaria per il ruolo guida. Ma loro, e altre economiste donne distinte, come l’economista capo dell’OCSE Laurence Boone, 50 anni, le professoresse della London Business School, Helen Rey, 49 anni, e Lucrezia Reichlin, 64 anni, sono tutte ben qualificate per una posizione all’interno del Consiglio esecutivo.

 

C’è anche un altro pretendente che sembrerebbe ampiamente qualificato se la priorità fosse di dare alla Germania il posto di comando della BCE. Klaus Regling ha creato il fondo di salvataggio dell’eurozona, il Meccanismo di Stabilità Europea (ESM), da zero, dopo una carriera che lo ha visto al FMI, al ministero delle Finanze tedesco e nella Commissione europea. Regling, che compie 69 anni quest’anno, potrebbe essere abbastanza tedesco per rassicurare i cittadini di Francoforte, ma anche abbastanza flessibile mentalmente per fare “qualunque cosa sia necessaria” se dovesse esserci un’altra crisi.

 

Qualunque sia la questione, insomma, a proposito del prossimo presidente della BCE, la risposta non è Weidmann.

 

 

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