01/10/13

Munchau dal FT: non prendiamoci in giro, la recessione non è finita e la zavorra è l'Italia!

Nel suo editoriale sul Financial Times Wolfgang Munchau riafferma che la recessione non è affatto finita, e che il problema più grosso è l'Italia: il paese non ha altra scelta che uscire, e sarà costretto a farlo dagli eventi. 



In primo luogo, sulla fantomatica fine della recessione, Munchau denuncia come i leader politici europei abbiano colto al volo il primo piccolo accenno di miglioramento per proclamare il successo delle loro politiche. Eppure, dice Munchau, seppure due trimestri consecutivi con segno positivo siano tecnicamente considerati come un segnale di fine recessione, sarebbe folle pensare che alla mezzanotte dopo la fine del secondo trimestre con segno positivo la recessione sia finita! Solo uno stupido (o uno con secondi fini) può vederla così. Quello dei due trimestri è al massimo un indicatore molto semplificato che può essere utile in una normale crisi ciclica. Ma qui non siamo in una normale congiuntura.


I dati descrivono un altro ordine di grandezze: dal primo trimestre  2007 al primo trimestre 2013, il Pil reale dell'eurozona si è contratto in media di un 1,3% cumulativo   ( in Spagna del 5.3% e in Italia addirittura dell'8.4%); gli investimenti nell'eurozona sono crollati in media di un 19%, (38% in Spagna e 27% in Italia); l'occupazione è crollata del 17% in Spagna e del 2% in Italia. Per iniziare a parlare di fine della recessione, bisognerebbe almeno tornare ai livelli pre-crisi.

Ma la vera zavorra è l'Italia.

Ecco le testuali parole di Munchau:

"Ma ora la più grande zavorra che pesa sulla crescita dell'eurozona è l'Italia. La coalizione di Enrico Letta, il primo ministro Italiano, nel week end è di fatto collassata, col ritiro dei suoi Ministri da parte di Berlusconi. Quest'ultima crisi politica prolungherà la recessione, nella misura in cui l'incertezza terrà lontani gli investimenti.

Ma anche un nuovo governo non porterà a una soluzione.  L'Italia è bloccata in un mix di debito pubblico elevato e insostenibile e una produttività che non cresce. Sostanzialmente ha due opzioni - o diventa come la Germania, o lascia l'eurozona. E il paese non è capace di praticare l'una, né vuole praticare l'altra delle due alternative. In un articolo sul Corriere della sera i due economisti Alesina e Giavazzi hanno calcolato che bisognerebbe ridurre il cuneo fiscale - la differenza tra le imposte sul lavoro e il netto in busta paga - di qualcosa come 50 miliardi per arrivare al livello tedesco. E semplicemente non esiste nessuna maggioranza politica che sostenga una scelta così radicale. Le priorità del centro-destra sono il taglio alle imposte sui consumi e sulla casa, mentre il PD di Letta è contrario ai tagli di spesa. Finché i tassi restano bassi, l'Italia non si trova di fronte a un immediato pericolo. Il paese potrà trascinarsi ancora un po' finché un qualche tipo di shock, economico o politico, lo costringerà a prendere una decisione, in un senso o nell'altro."

Nel frattempo che questi nodi vengono al pettine, continua Munchau, l'ostacolo principale alla crescita nell'eurozona rimane il non aver dato una ripulita alle banche: senza una pulizia delle banche il credito non ripartirà e così nemmeno la ripresa. Secondo Munchau il presidente della BCE Mario Draghi vorrebbe veramente procedere ad una seria supervisione sulla qualità degli asset delle banche, e non ripetere la farsa degli stress test promossi dall'European Banking Authority, ma come può ammettere che le banche hanno bisogno di diverse centinaia di  miliardi di nuovo capitale, se poi quel denaro non c'è e i governi non sono disposti a offrire il loro sostegno?

Infine Munchau commenta la situazione della Spagna, l'altra grande incognita dell'eurozona, che ora però sembra mostrare segnali di miglioramento. Ecco le parole di Munchau:

"Le migliori notizie dell'eurozona vengono dalla crescita dell'export spagnolo, che dalla prima metà del 2008 alla prima metà di quest'anno è cresciuto dell'11% in termini reali. Il miglioramento della competitività delle esportazioni spagnole è sostanziale, ma per la maggior parte è dovuto al calo dell'occupazione, più che al calo dei salari. Non mi è chiaro quanto una strategia di crescita guidata dalle esportazioni sul modello tedesco, sia fattibile e sostenibile per la Spagna."

Le conclusioni:   

"L'implosione politica ed economica dell'Italia, il credit crunch e l'austerità sono tra i principali fattori che pesano oggi sull'eurozona. Se si molla la sciocca fissazione sui due trimestri, non si può non vedere che la recessione iniziata nel 2008 continua. E non è vicina alla fine"


10 commenti:

  1. Qui Munchau dimostra un pò i suoi limiti di "credo" macroeconomico.
    Persino la Commissione UE, avendo riguardo alle dinamiche di contenimento comparato della spesa previdenziale e di rapporto PIL/entrate fiscali (o viceversa), e quindi seguendo un criterio finanziario "interno" alla moneta unica, deve ammettere che il debito pubblico italiano è il secondo più sostenibile dell'area UEM.
    I dati di crescita del rapporto debito/PIL degli altri principali pesi UEM sono impressionanti, nelle proiezioni su 10 anni.
    Ma c'è da augurarsi che non si debba aspettare così tanto per vedere la fine della moneta unica, trascinata nella illusione di una correzione "gold standard-modality" (cioè tassi di cambio reali aggiustabili nel lungo periodo grazie alla deflazione salariale): il prezzo sarebbe sempre e comunque una continua oscillazione tra stagnazione e recessione (quest'ultima puntualmente indotta da eventuali inasprimenti fiscali e svendite disposte dai "commissari" UE).

    Non ci sono, è bene che lo si dica, vie d'uscita "attirando capitali esteri", che non potranno essere mai veri investimenti produttivi, ma solo parassitazioni dei marchi nostrani e eliminazione di concorrenti...italiani. Massicci IDE rendono un'economia stabilmente debole, incapace di effettuare politiche industriali e di rilancio della domanda interna (con inevitabili cadute del livello occupazionale e, principalmente, della sua qualità).
    Quanto all'EBA, non penserà mai in termini di riflessi monetari e commerciali sulla solidità patrimoniale del sistema bancario; semplicemente perchè ideologicamente non può e "deve", piuttosto, imporre le garanzie ai creditori target2, imponendo irrealistici parametri di patrimonializzazione che finiscono per perpetuare l'interesse bancario all'austerity (per non perdere i valori di bilancio degli asset accumulati sui titoli pubblici, in una mostruosa visione monetaristica e antiinflattiva che perpetua il credit crunch).
    In questo senso, l'implosione politica italiana è solo una conseguenza, pure troppo pallida e lenta, di una moneta insostenibile. Di cui, istituzionalmente, non si può neppure parlare.
    http://orizzonte48.blogspot.it/2013/08/buon-ferragosto-von-hayek-per-fessi-3.html

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    1. Caro Quarantotto: sì, è vero che la stessa Commissione ha pubblicato uno studio da cui risulta quello che dici, che il debito italiano è più sostenibile di altri, ma continuando sulla strada perversa tracciata dal Fiscal Compact, non si avrebbe una deriva di crescita esponenziale del debito in rapporto a un Pil che non smette di recedere? Come dicono Panizza e Presbitero non è tanto l'alto debito pubblico che preoccupa, quanto le politiche di tagli e di austerità fiscale che si mettono in atto per abbatterlo...

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    2. Le dinamiche attuali vedono comunque aumentare, nei prossimi anni, in maggior misura il debito/PIl di Francia e Spagna, per dire (ma proprio perchè non hanno fatto i passi di riduzione del welfare assunti qui da noi).
      Ma poi, quello che rimprovero a Munchau è proprio l'inversione del rapporto causa-effetto che tu stessa segnali. Non è che il debito è insostenibile e non possiamo restare in UEM; quanto che, PER SEGUIRE LE POLITICHE UEM, un debito altrimenti sostenibile diviene problematico per via della caduta del PIL. Ed è ciò che è detto nel post linkato: se Francia o Spagna avessero ricevuto il "trattamento Italia" (e non da oggi), staremmo parlando d'altro. Anche Munchau.

      La verità? E' falso che l'Italia non può sostenere l'euro, si è verificato che, invece, nonostante certamente l'abbia danneggiata, ci stava riuscendo pure troppo bene. Facendo fallire il progetto di colonizzazione-eliminazione della sua realtà industriale e concorrenziale. (ovviamente non attruibuisco a Munchau appartenenze su questo disegno).
      Da qui, nel generale fallimento dell'euro, il trattamento su misura for us only, cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi, in un crescendo che rende ancora più ignobile il collaborazionismo di governo

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  2. Ecco il risultato perverso di una politica economica definibile come "Keynesismo cialtrone", in cui l’indebitamento pubblico è servito a finanziare un mix di spesa pubblica largamente improduttiva e clientelare, di evasione fiscale e di interessi passivi (alla faccia dell'eutanasia del rentier invocata da Keynes).

    Come altro si può definire una politica che per 25 anni di seguito, tra il 1965 ed il 1990, ha acconsentito che lo Stato continuasse ad avere una spesa primaria (al netto degli interessi) sistematicamente maggiore a quanto incassava in tasse, facendo esplodere la spesa per interessi e portando il debito pubblico a superare il 120% del PIL nel 1994 ...

    ... e che, successivamente, tra il 2001 ed il 2006, ha dilapidato i risparmi ottenuti sulla spesa per interessi grazie all'adozione dell'Euro ed al ciclo di riduzione dei tassi internazionali, perdendo così la grande occasione per rimettere il Paese in carreggiata ?

    Una politica finalizzata a sostenere surrettiziamente il livello dei consumi al tempo presente per motivi di consenso; senza alcuna lungimiranza; senza alcun rispetto per le nuove generazioni di lavoratori che si sarebbero trovate una montagna di debiti da saldare e pochi investimenti realizzati per modernizzare un sistema produttivo abituato a dipendere dalla competitività di prezzo: mancati investimenti in istruzione, nella ricerca, nelle infrastrutture, carico fiscale crescente su lavoro ed energia, burocrazia, incertezza del diritto, e così via ...

    Una politica che ha premiato e ulteriormente incentivato i peggiori comportamenti sociali: pressioni di lobby e categorie, clientele locali, negligenza e autoreferenzialità della pubblica amministrazione, infedeltà fiscale diffusa e infestante.

    Una politica lastricata di profitti privati e perdite pubbliche, che ha messo il Paese su un percorso di declino di portata storica (ricordate l'insegnamento di Mancur Olson in The Rise and Decline of Nations?).

    Una politica che, nella sua componente di spesa pubblica, è stata difesa a spada tratta da partiti di sinistra e sindacalisti, che pensavano così di avere trovato una strada comoda per conciliare l'ideale originario della giustizia sociale e la difesa opportunistica delle proprie basi elettrorali, senza più bisogno di confrontarsi con quella "scocciatura" fuori moda della lotta di classe tra capitale e lavoro ...

    ... e che invece ha finito per precarizzare il lavoro dipendente e reso l’Italia il secondo paese europeo per livello di disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, dietro solo alla Gran Bretagna, con una ricchezza sempre più concentrata nelle mani della popolazione più anziana!

    Ma che cosa speriamo di ottenere uscendo dall'Euro, se prima non ricomponiamo questo conflitto distributivo, questa guerra per bande, che da decenni stà mettendo a sacco il Pease ?

    Un cordiale saluto.
    http://marionetteallariscossa.blogspot.it/

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    1. Una lettura del "Tramonto dell'euro" ti aiuterà certamente a ridimensionare la tua visione: il problema dell'euro è qualche ordine di grandezza più grande rispetto agli altri problemi che hai elencato.

      Potremmo anche essere virtuosissimi dal punto di vista della spesa pubblica, ma la moneta unica finirebbe per affossarci comunque, noi come la Germania.

      Se puoi ascolta l'intervento di Giuseppe Guarino all'incontro su L'europa alla resa dei conti (lo trovi su youtube).

      Se però insisti come questi argomenti sarai relegato nell'angolo assieme agli altri del PUDE.

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    2. L'Italia dal 1950 al 1990, e' stato il paese che piu' e' cresciuto al mondo, caro Emilio. Poi e' stato imbrigliato (anzi imbrogliato) con cambi fissi , monete straniere a strozzo, svendite di beni pubblici, repressione fiscale volutamente terroristica . Leggiti anche le 2 interviste di Galloni a libre di qualche mese fa per capire le origini di tutto cio', al tempo di Andreotti.....

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    3. "Potremmo anche essere virtuosissimi dal punto di vista della spesa pubblica, ma la moneta unica finirebbe per affossarci comunque, noi come la Germania."

      Dio mi scampi dai puddini però se ribalto il parallelo, possiamo anche stare fuori dall'euro ma i problemi endogeni finirebbero con l'affossarci.

      Che piaccia o meno agli "economisti puri", il nesso tra economia e sistema politco c'era, c'è e ci sarà anche domani.
      L'Italia, mia personalissima opinione, è un Regime ("policrazia", espressione coniata dal sociologo Franz Neumann) e come tutti i Regimi, è destinato a crollare. E' solo questione di tempo.
      Con o senza euro.
      Just my two cents.

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  3. Tanto per cambiare sono completamente d' accordo con 48.

    Va bene, va benissimo Munchau, ma prima o poi lo dovrà sputare fuori il rospo:
    Sono proprio le politiche neo-liberali il tumore delle economie occidentali (non solo dell' area-euro), se non si passa per politiche redistributive dei redditi (dalla rendita al lavoro e dai ricchi ai poveri); hai voglia a QE e a invocazioni all' aumento della produttività....

    Una piccola nota. I dati sono ovviamente fondamentali, MA, spesso, questi dati li si mette li, senza pensare cosa ci sia VERAMENTE scritto in quei dati.
    Per esempio, il confronto tra l' aumento del tasso di disoccupazione italiano e spagnolo è molto poco significativo. da noi c'è la CIG da loro NO, da noi la maggior parte di chi perde il lavoro NON percepisce sussidi, da loro, SI, è naturale che corrano a iscriversi alle liste di collocamento.

    E ancora; il dato storico della disoccupazione è spesso utilizzato come "prova del 9" della bontà di certe politiche (magari monetarie). E' sbagliato, quello è solo un dato tra gli altri. Il fenomeno del "working poor" era sconosciuto in Italia (e in altri paesi) un tempo....E ha assunto dimensioni e "acutezze" crescenti via via nel tempo. Inoltre, ricordiamo anche come si contabilizza il tasso di disoccupazione.....

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  4. E perchè non tradurre questo? :)

    17.06.2013, Greek Bail-Out: 77% went into the Financial Sector
    Attac investigation shows: EU crisis management policy saves banks, not the general population

    http://www.attac.at/news/detailansicht/datum/2013/06/17/greek-bail-out-77-went-into-the-financial-sector.html

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