25/11/17

Keynes aveva ragione riguardo al Quantitative Easing (QE)

In questo breve ma sostanziale post tratto dal Real World Economics Review, un grafico illustra empiricamente come il fallimento del QE fosse stato già previsto da Keynes nella sua Teoria Generale. Ancora una volta i numeri ci mostrano chiaramente come il disastro economico dell'Eurozona sia stato un disegno deliberato, o quantomeno colposo, da parte di chi non poteva non sapere che l'esito sarebbe stato una sempre più iniqua redistribuzione della ricchezza nelle mani di pochissimi. Le basi teoriche partono da lontano, i dati parlano chiaro, e le conseguenze pratiche (povertà diffusa, disoccupazione crescente, recessione cronica) sono sotto gli occhi di tutti. A queste condizioni, solo con la consapevolezza di quanto profondamente ingiuste e deliberate siano state la scelte legate all'unione monetaria può permettere ai popoli europei di riguadagnare il terreno perduto in questi anni.

 

di Merijn Knibbe 13 novembre, 2017

 

 

La crescita monetaria causata dal QE nell’Eurozona (si veda il grafico) ha davvero stimolato l’attività economica? Non proprio. Per John Maynard Keynes, in ‘The general theory’ (1936),

 

“La relazione delle variazioni in M (moneta) rispetto a Y (redditi) e r (tasso d’interesse) dipende, principalmente, dal modo in cui si verificano le variazioni in M.”

 



 

In altre parole: è il credito, e non la moneta, a far girare il mondo. La moneta che genera prestiti per permettere alle famiglie di acquistare case già costruite ha un effetto totalmente diverso dalla moneta che genera prestiti per finanziare nuove imprese ad alta intensità d’impiego che producono apparecchiature mediche vitali (ma questo varrebbe anche per l’ultima moda, i giocattoli L.O.L. ball). Il quantitative easing delle banche centrali è un esempio empirico catastroficamente perfetto a dimostrazione di come la moneta circolante non sia aumentata con le misure del QE - ma è invece finita nelle mani dei settori sbagliati dell’economia. Il QE consiste nell’acquisto di obbligazioni di, ad esempio, banche, fondi pensione e compagnie assicurative da parte di una banca centrale. Il grafico mostra che ciò ha contribuito non poco alla crescita monetaria misurata. Il denaro confluito nelle banche tramite la vendita di  obbligazioni  (barre verde chiaro) non viene considerato come ‘moneta sociale’ (ossia moneta circolante nell’economia o M-3). Il denaro del QE versato a fondi pensione e compagnie assicurative e simili (barre azzurro chiaro meno le barre verde verde chiaro) viene invece considerato come parte dell’M-3. Ma i fondi pensione non lo investono in maniera utile. Con quel denaro acquistano soltanto altre obbligazioni e strumenti finanziari. Sarebbe utile se i fondi pensione, di comune accordo con i governi, utilizzassero i fondi del QE per investire in nuove case, ad esempio ad Amsterdam o a Londra. Ma generalmente non lo fanno. Keynes ci aveva visto giusto - non basta prendere in considerazione solo M. E la strategia del QE è sbagliata - o quantomeno per il tipo di QE che abbiamo finora visto. Il QE che conosciamo si potrebbe definire come uno strumento per espandere la massa monetaria nella maniera meno efficiente per influenzare Y. Persino acquistare debiti deteriorati dalle banche (per ridurne il valore) sarebbe stata un’idea migliore.

 

Come leggere il grafico:

 

La linea blu sottile indica la crescita di moneta M-3 Le barre azzurro chiaro rappresentano la quantità di moneta QE che va a fondi pensione, compagnie assicurative e simili, per l’acquisto di obbligazioni esistenti. Le barre verde chiaro sono obbligazioni vendute dalle banche (il denaro confluito nelle banche non è considerato come parte di M-3). Il contributo netto del settore ‘MFI’ (istituzioni finanziarie monetarie, cioè banche e la BCE) alla crescita monetaria dell’Eurozona è dato dalle barre azzurro chiaro meno le barre verdi e viola. È interessante notare che, fino all’inizio del QE, il contributo netto della BCE era negativo! Le ‘attività nette all’estero’ si possono intendere come moneta finita in Svizzera e altri paradisi fiscali.

 

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