05/01/19

I deliranti leader dell’eurozona


  1. Nel ventennale dalla nascita dell’euro, lo storico economico australiano Steve Keen descrive come gli eurocrati, guidati da Juncker, rispondano ai crescenti problemi europei semplicemente negando la realtà, e tentando ancora di sostenere che la moneta unica abbia portato grandi vantaggi. È invece facile dimostrare tutto il contrario, come già molti autorevoli economisti avevano previsto prima ancora della sua creazione. Negare gli enormi problemi e squilibri accumulati a causa della moneta unica non ne risolverà i problemi, ma li lascerà incancrenire e peggiorare, portando ulteriore instabilità economica e politica per il futuro.


 

 

Di Steve Keen, 1 gennaio 2019

 

 

Stavo cercando di divertirmi con la famiglia e gli amici a Sydney a capodanno, ma Phil Dobbie ha rovinato tutto con questo tweet:

 



 

Jean-Cleaude Juncker: Per 20 anni, l’#euro ha fornito prosperità e protezione ai  nostri cittadini. È divenuto un simbolo di unità, sovranità e stabilità.

Phil Dobbie: Mi chiedo se i Greci la vedono in questo modo…

 

Mi ero dimenticato che oggi è il ventesimo anniversario della nascita dell’euro. Ma gli eurocrati di Bruxelles no. Poche ore prima dell’inizio del nuovo anno, Juncker e i suoi amici hanno emesso un comunicato stampa che magnifica le virtù dell’euro. Virtù quali “unità, sovranità e stabilità… prosperità”.

 



 

“Essendo uno dei pochi firmatari del Trattato di Maastricht ancora oggi politicamente attivo, ricordo le negoziazioni dure e tormentate al lancio dell’Unione Economica e Monetaria. Dopo venti anni, sono convinto che questa è stata la firma più importante che io abbia mai fatto. L’euro è diventato un simbolo di unità, sovranità e stabilità. Ha dato prosperità e protezione ai nostri cittadini e dobbiamo assicurarci che continui a farlo.”

Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea

 

Addio ai festeggiamenti di inizio anno. Con questo singolo tweet, l’UE ha messo le basi per rendere il 2019 perfino peggiore del 2018. Usare uno qualsiasi di questi termini per descrivere l’euro – salvo forse “unità, nel senso che la stessa moneta viene usata dalla maggior parte dell’Europa continentale in questo momento – è un travisamento della realtà che perfino Donald Trump potrebbe esitare a fare.

 

Sovranità? Andatelo a dire ai greci, agli italiani o ai francesi, che hanno visto le proprie politiche economiche nazionali riscritte da Bruxelles. Stabilità? La crescita economica è stata molto più instabile sotto l’euro che prima di esso, e l’Europa oggi è stravolta da una instabilità politica che può essere direttamente ricondotta alla camicia di forza che l’euro e il trattato di Maastricht hanno imposto. Prosperità? Portiamo qualche dato nella fandonia di Juncker, che ne è priva.

Partiamo con la questione della Grecia sollevata da Phil. Il PIL greco è diminuito a una velocità degna della Grande Depressione da quando l’eurozona ha imposto ad essa le sue politiche di austerità, e il PIL nominale oggi è del 25% inferiore al suo livello massimo.

 

Figura 1: PIL e crescita economica della Grecia

 



 

Ora, naturalmente potremmo incolpare di questo i greci stessi, pertanto guardiamo al confronto della crescita economica nell’intera eurozona rispetto agli USA (escludendo l’Irlanda e il Lussemburgo, dal momento che per quanto riguarda la prima, i suoi dati vengono distorti enormemente dalle revisioni dei dati, mentre l’ultimo ha anch’esso dati altamente volatili, ed è talmente piccolo – meno di 600.000 abitanti – che può essere tranquillamente ignorato).

Figura 2: Tassi di crescita economica reale

 

 



 

Prima dell’euro, la crescita economica era del 2,5% all’anno, contro il 2,4% degli USA. Dopo l’euro, ma prima della Crisi Finanziaria Globale, la crescita dell’eurozona è stata in media del 2,6%, un aumento dello 0,1% rispetto al periodo pre-euro; ma la crescita degli USA è aumentata al 2,7%, quindi a livello comparativo, l’eurozona è peggiorata rispetto agli USA. Quindi il piccolo miglioramento dell’Europa rispetto al periodo pre-euro potrebbe essere dovuto a fattori diversi dell’euro stesso, ed è sostanzialmente più basso rispetto al miglioramento USA.

 

Questo grossolano paragone è tuttavia troppo buono nei confronti dell’eurozona, dato che la maggior parte dell’alta crescita tra l’inizio dell’euro e la crisi riflette la crescita delle bolle in Spagna e in Grecia. I numeri pro-capite sarebbero già peggiori.

 

Ma il vero confronto è quello rispetto alla crescita dopo la crisi. Il tasso medio di crescita USA post-crisi è un anemico 1,4%, ma questo numero sembra estremamente dinamico in confronto al tasso di crescita medio dell’eurozona post-crisi, che è dello 0,2%. L’Europa ha sostanzialmente ristagnato per un decennio, grazie all’euro e alle politiche di austerità che sono inseparabili da esso, grazie al trattato di Maastricht che Juncker è così orgoglioso di aver firmato.

 

In realtà, l’euro ha portato bassa crescita, instabilità economica, e disaccordo politico in seno all’Europa. Tuttavia, gli irresponsabili leader europei tentano di propagandarlo come qualcosa di sfrenatamente positivo, in un momento in cui i normali cittadini europei indossano Gilet Gialli e si lamentano della loro condizione.

 

Come Wynne Godley argomentò così bene quando venne firmato il Trattato di Maastricht nel 1992, le restrizioni che esso e l’euro avrebbero imposto all’Europa, avrebbero portato al suo impoverimento, non alla sua prosperità.

 



 

Su Maastricht e tutto il resto

Wynne Godley

Molte persone in tutta Europa hanno improvvisamente realizzato di non sapere pressoché nulla del Trattato di Maastricht mentre hanno la giusta sensazione che esso potrebbe fare un’enorme differenza per le loro vite. La loro legittima ansietà ha fatto sì che Jacques Delors rilasciasse una dichiarazione sul fatto che, in futuro, il punto di vista delle persone comuni dovrebbe essere più ascoltato. Avrebbe potuto pensarci prima.

 

Godley concludeva con lungimiranza che:

 

“Se un paese o una regione non hanno la possibilità di svalutare il cambio monetario, e se essi non sono beneficiari di un sistema di redistribuzione fiscale, allora non ci sarà nulla in grado di impedire che esso soffra un processo di declino cumulativo e terminale che, alla fine, porterà all’emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame”.  (Wynne Godley, 1992)

 

Se questo tentativo coordinato di manipolazione della realtà da parte dei boss dell’eurozona – mi rifiuto di chiamarli “leader”, perché questo termine implicherebbe che essi possano essere rimossi – è il massimo che sanno fare, allora il 2019 sarà politicamente instabile almeno quanto lo è stato il 2018.

 

 

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