09/01/21

L’élite americana dichiara la sua indipendenza dall’America


Su Tabletmag un articolo interessante segnalato e tradotto dai nostri lettori propone un'ampia chiave di lettura sulla transizione di governo in atto negli USA e il ritorno al globalismo che Trump si era impegnato a contenere.  Le élite globaliste non hanno tanto l'obiettivo di competere con la Cina, quanto di importare il modello sociale autoritario cinese da imporre al proprio popolo come un inevitabile vincolo esterno derivante dalla forte concorrenza sul mercato globale.


di Lee Smith, 5 Gennaio 2011

Segnalato da @littleboypc e tradotto da @GuiducciLuigi

Un articolo di dieci anni fa di Tom Friedman può essere considerato una chiave di lettura per capire l’abbraccio delle élite verso la Cina; con un commento di Tom Friedman

Perché l’establishment politico, industriale e culturale americano è così impaziente di imitare e abbracciare la Cina, un paese che i nostri (uscenti) capi dell’intelligence considerano una minaccia gravissima per gli interessi americani? Consideriamo la risposta al coronavirus. È stata Pechino a inventare i lockdown, ora implementati da sindaci e governatori, come Gavin Newsom in California e Andrew Cuomo a New York. Il fatto che i lockdown non siano mai stati parte delle regole della salute pubblica, e siano ora applicati diffusamente, con modalità che sono state respinte dalla Corte Suprema, sembra solo averli resi ancora più attraenti per coloro che guardano alla Cina come a un modello da imitare.

Con la disoccupazione al 6.7% e la più grande economia del mondo devastata, chissà cosa potrebbe avere in serbo per noi la classe dirigente americana, dopo aver utilizzato i lockdown per facilitare il più grande trasferimento di ricchezza della storia umana. Dopo tutto, non è stato il coronavirus, che ha un tasso di sopravvivenza del 99.7%, ad aver gettato nella povertà quasi otto milioni di americani negli ultimi nove mesi, e ad aver al contempo distrutto più del 40% dei negozi locali e dei ristoranti, persino in stati ricchi come il New Jersey. Questi numeri sono il risultato di un’offensiva scatenata dall’élite politica e industriale americana, che mira a legittimare la distruzione della ricchezza privata in nome della salute pubblica.

Ma dove sono finiti i soldi? Chiedetelo al proprietario del giornale di Washington DC, Jeff Bezos, che in quanto fondatore di Amazon ha aumentato di 80 miliardi di dollari il suo conto corrente, grazie ai rifornimenti ai cittadini confinati nelle loro case da editti incostituzionali che hanno distrutto le piccole attività e impedito ai bambini di andare a scuola, mentre i dati della CIA venivano risucchiati dai servizi cloud di Amazon. Facebook, Twitter e Google hanno fatto la loro parte, impedendo che le brutte storie sugli affari della famiglia Biden con la Cina arrivassero all’opinione pubblica prima delle elezioni - guadagnando incarichi e poltrone per i loro dirigenti nella squadra di transizione al governo di Biden. Dopotutto, sembra corretto dire che la fusione top-down tra le grandi imprese monopolistiche e gli interessi di partito che si sta verificando a Washington assomiglia molto più alla Cina che all’America.

L’entusiamo con cui gran parte dell’élite industriale e della politica americana a quanto pare hanno abbracciato il modello Cinese a partito unico - compreso un appetito sempre più grande per il controllo statale dell’informazione e per la sorveglianza senza garanzie - in opposizione al caos di una repubblica democratica sottoposta allo stato di diritto, era stato preannunciato in un articolo scritto dall’editorialista per gli affari esteri del New York Times, Thomas Friedman, più di dieci anni fa. In un articolo del 9 Settembre 2009, “Our One-Party Democracy” - “La nostra democrazia a partito unico” - esprimeva disappunto per l’ostruzionismo Repubblicano. “C’è solo una cosa peggiore di una autocrazia a partito unico”, scriveva Friedman, “ed è una democrazia a partito unico, che è quella che abbiamo noi oggi in America.”

Continuava: “L’autocrazia a partito unico ha certamente degli svantaggi. Ma quando è guidata da un gruppo di persone ragionevolmente illuminate, come accade oggi in Cina, può avere anche dei grandi vantaggi.

Perché l’urgenza, per l’America, di essere più simili alla Cina, già nel 2009? Perché, secondo Friedman, “un solo partito può semplicemente imporre le soluzioni politicamente difficili, ma di importanza cruciale per l’avanzamento della società nel ventunesimo secolo.”

Friedman non voleva elogiare i dittatori. Al tempo in cui scriveva queste colonne, gli Americani dovevano ancora capire che le merci di alta gamma, prodotte in Cina, che stavano consumando - computer Apple, scarpe Nike, eccetera - erano spesso fabbricate in campi di lavoro forzato. Non era ancora noto l’orrore di espiantare gli organi ai prigionieri politici. Invece, l’establishment politico e industriale americano vedeva l’enorme forza lavoro Cinese e il crescente mercato di consumatori come un perno del nuovo ordine economico - il globalismo, il mondo piatto e senza confini di cui l’editorialista del New York Times ed altri avevano scritto con grande ottimismo. Quello che avevano immaginato era una Cina che desiderava diventare più simile all’America - e un’America che poteva imparare una o due cose dal suo entusiasta partner minoritario.

Ho parlato recentemente con Friedman di quell’articolo e di questioni ad esso collegate. “Se guardi ai miei libri e ai miei scritti da quando ho lasciato il Medio Oriente, gran parte della mia attenzione si è indirizzata al problema di come l’America possa realizzare il suo pieno potenziale nel ventunesimo secolo”, mi ha detto. “Non sono interessato alla Cina. Sono interessato all’America. Penso che la Cina abbia il peggior sistema politico del mondo. Penso che l’America abbia il miglior sistema politico del mondo. Ma penso che oggi la Cina stia sfruttando all’80% il potenziale del suo cattivo sistema e l’America stia utilizzando il suo buon sistema solo al 20%. E questo mi preoccupa molto.

Eppure, nonostante Friedman non stesse proponendo l’autocrazia cinese come un modello, altri la vedevano come tale. I Repubblicani al Congresso si erano rifiutati di far passare due delle questioni interne fondamentali per Obama, l’assistenza sanitaria universale e la “tecnologia pulita” - due proposte in apparenza pragmatiche e orientate al futuro, che soltanto ideologi dalle vedute limitate potevano rifiutare. L’editoriale di Friedman era una risposta all’evidente incapacità del sistema di giungere a una riforma di buon senso.

Comunque, il misero fallimento delle iniziative ambientalistiche di Obama mette in evidenza i considerevoli svantaggi che ha nella pratica il modello statalista e di buon senso di Friedman. La cosa più eclatante: il Dipartimento dell’Energia di Obama diede a Solyndra, un produttore californiano di pannelli solari, garanzie sui prestiti per più di mezzo miliardo di dollari, solo per vedere gli investimenti andare in fumo quando il prezzo di un ingrediente chiave dei concorrenti di Solyndra crollò  drammaticamente. Allo stesso tempo, il fracking ha inaugurato l’era del gas naturale a buon mercato, trasformando gli Stati Uniti in un esportatore netto di energia e creando posti di lavoro per milioni di americani. Non sono state le terribili energie fossili dei Repubblicani a ostacolare le lungimiranti iniziative verdi di Obama; è stata la realtà.

Friedman mi ha detto che vuole che l’America resti al top. “Dato che ho paura che l’America non stia realizzando il suo pieno potenziale di avanguardia e di innovazione, non disdegno - spudoratamente - di usare la Cina per spaventare e indurre le persone ad agire. A tal fine uso spesso la Cina come lo ‘Sputnik’ di oggi”, ha detto, riferendosi al programma spaziale sovietico che ispirò, e spaventò, una generazione di Americani, spingendoli a cercare di raggiungere le stelle. “Farò tutto quello che serve per far capire agli Americani che non possiamo semplicemente far gli stupidi quanto ci pare e continuare ad essere la più grande economia del mondo, e la maggiore superpotenza”.

Ma alla maggior parte degli americani non risulta chiaro perché sia importante, come Friedman scriveva  nel 2009, che “la Cina è impegnata a superarci sulle auto elettriche, l’energia solare, l’efficienza energetica, le batterie, l’energia nucleare ed eolica.” Gli americani tendono a non fidarsi della sapienza dei burocrati del governo che credono di poter decidere quali tecnologie avranno successo meglio di quanto possano fare i mercati. Forse i burocrati di paesi come la Cina o la Germania sono bravi in queste cose; i burocrati americani sono stati storicamente pessimi, almeno nell’ultimo mezzo secolo. Se l’America un tempo poteva permettersi grandi tentativi di ingegneria sociale, poi falliti, come la “Great Society” di Lyndon Johnson, ora non può.

I californiani hanno visto cosa sia nella pratica l’idea di una pianificazione centrale in stile americano - scarsità di energia elettrica, abbassamenti di tensione, persino blackout, nello stato più ricco e popoloso del paese. La Cina nel frattempo, operando nel quadro di vincoli più pragmatici, sembra aver compreso i limiti della tecnologia pulita, motivo per cui lo scorso anno ha aumentato la produzione di carbone - ora pari alla capacità totale dell’Unione europea - mentre tagliava gli investimenti in energia rinnovabile. E altrettanto è accaduto alla flotta cinese di auto elettriche a energia solare e a guida autonoma.

Friedman sarà interessato a politiche innovative che ispirino gli Americani a sognare, costruire ed essere i primi, ma non è questo a galvanizzare le élite politiche, industriali e culturali che riportano le sue parole. Per loro, l’obiettivo non è competere con la Cina, ma cambiare l’America. Allora qual è esattamente la loro visione del futuro? Il cento per cento di energia pulita e rinnovabile - con metà del paese sotto la soglia di povertà? La pace nel mondo - con le potenze Occidentali che implementano lockdown ideati dagli apparati del partito comunista?

Niente di tutto ciò ha alcun senso, ma l’architettura delle loro utopie è irrilevante, fintanto che coloro che elaborano i piani hanno il potere di premiare i loro amici e punire chiunque identifichino come nemico.

A confronto dell’élite americana, gli autocrati del partito unico cinese almeno sono chiari sui loro obiettivi: vogliono distruggere noi, non la loro stessa gente. Dunque non è al modello cinese che il nostro establishment si sta ispirando. Ecco come sono le democrazie quando le élite diventano troppo potenti e si rivoltano contro il popolo che credono di poter governare di diritto.

Pechino non ha costretto Washington a firmare un accordo sul clima più pesante per l’industria e i consumatori americani che non per la Cina. È stata una decisione di Barack Obama. Ha scelto di farlo per lo stesso motivo per il quale l’amministrazione di Biden pianifica di rientrare nell’accordo sul clima di Parigi e considera una priorità tornare all’accordo sul nucleare con l’Iran di Obama. L’establishment politico americano usa gli accordi internazionali per obbligare il popolo che governa a fare cose contro la propria volontà. Gli americani erano contrari all’accordo con l’Iran con un margine di due a uno, così come i loro rappresentanti di Camera e Senato. Nel reintrodurre le sanzioni all’Iran, la campagna di massima pressione messa in atto dall’amministrazione Trump ha dimostrato che gli americani avevano ragione, e Obama torto - gli stati terroristici sono meno pericolosi per l’America e i suoi alleati quando hanno meno denaro da spendere per il terrorismo e per costruire armi nucleari. Ma i risultati ottenuti nel mondo reale non impediscono a Joe Biden e collaboratori di promettere di reintrodurre l’accordo con l’Iran non appena possibile; il punto è cacciare l’accordo in gola a tutti - americani, israeliani, sauditi, emiratini, l’80% degli iraniani che odiano il loro stesso governo teocratico - per dimostrare chi ha davvero il potere.

Allo stesso modo, anche se Obama aveva semplicemente torto riguardo alle tecnologie pulite, il mandato di Biden inizia con la promessa che il Green New Deal creerà in qualche modo milioni di nuovi posti di lavoro. Eppure è certo che se lui e Kamala Harris manterranno la promessa di fermare il fracking, elimineranno milioni di posti di lavoro reali, nel bel mezzo di una crisi economica. “Giustizia ambientale”, come la chiama il team di Biden, significa rottamare un settore economico vitale al fine di trasformare l’America - in cosa? In un posto dove le persone che dicono parole come “Green New Deal” conducono le danze, e le altre persone perdono il lavoro perché sono dalla parte sbagliata della storia.

L’articolo del 2009 di Friedman è importante oggi perché definisce il momento storico, all’inizio del primo mandato di Obama, in cui un pezzo dell’establishment del paese ha scelto di uscire in massa dal partito Repubblicano, per entrare nel partito Democratico - così unificando l’élite americana sotto un’unica bandiera politica, consentendole di dichiarare guerra al resto del paese. Il pezzo di Friedman si conclude con una citazione da un “consulente per il commercio globale”, che spiega: “La globalizzazione ha neutralizzato il partito Repubblicano, lasciandogli la rappresentanza non dei perdenti della recessione ma dei perdenti dell’America globalizzata, le persone che sono state lasciate indietro, che sia nella realtà o nelle loro paure. La necessità di competere in un mondo globalizzato ha obbligato la meritocrazia, il manager di azienda multinazionale, il finanziere orientale e l’imprenditore tecnologico a riconsiderare ciò che il partito Repubblicano ha da offrire. In sostanza, hanno abbandonato la festa.” E infatti, questo è esattamente quello che è successo.

La democrazia ha sempre avuto i suoi scontenti, anche prima di Platone. Il nostro è spesso davvero un disordine caotico. Quello che ha protetto il nostro fragile esperimento di convivenza in tutti questi anni, nonostante non siano mancati leader politici e imprenditoriali senza scrupoli in entrambi i partiti, non è il sistema bipartitico né la serie di pesi e contrappesi iscritti nella Costituzione. Piuttosto, ciò che ha mantenuto la pace, quando c’è stata pace, è un tacito accordo sui simboli nazionali, su storie eroiche e miti sentimentali. Ed ecco perché questi sono stati presi di mira in una campagna di dissacrazione che è iniziata anche prima del progetto 1619 del New York Times, i lockdown per il COVID e le rivolte per George Floyd.

L’America non è un faro di libertà, per quanto imperfetto e quindi a volte debole e tremolante - piuttosto, la sua storia, da George Washington a Donald Trump, non è altro che una cronaca di razzismo sistemico. Quindi cosa importa se i negozi di vicinato, i ristoranti a conduzione familiare e le piccole fattorie vengono rovinate dalle pratiche monopolistiche di Amazon, sotto la copertura delle norme per il COVID? Gli americani si meritano quello che sta accadendo - e i grandi magazzini di Jeff Bezos assumono sempre. Forse che Google, Twitter e Facebook stanno usando i loro monopoli protetti dal governo per censurare le idee? Sì, e dovreste ringraziarli per ciò che stanno facendo per proteggervi dalla disinformazione russa.

E in cambio della distruzione di grosse parti dell’economia, insieme a grandi pezzi della Costituzione degli Stati Uniti, quali questioni vitali per lo stato e la società sono state affrontate da questo establishment? Quali grandi innovazioni avrebbe ispirato? Quali povertà avrebbe combattuto, facendo la guerra agli americani, spedendo i posti di lavoro oltreoceano e mandando i loro figli a morire e uccidere in campagne militari insensate, e spalancando i confini del paese agli immigrati, legali o clandestini, perché si prendessero i posti di lavoro rimasti, in un momento di radicale sconvolgimento economico e sociale? A quali interessi va incontro una nuova ondata di immigrazione? La risposta non è i lavoratori o le famiglie americane. La risposta è le grandi aziende, che vogliono manodopera qualificata e non qualificata a buon mercato.

Secondo Joe Biden, la nostra leadership politica e industriale non è nemmeno capace di proteggere gli americani da una malattia respiratoria con una sopravvivenza del 99.7%, anche con due vaccini già in distribuzione. Ma ancora i giorni peggiori della pandemia, dice il presidente-eletto, devono arrivare. Non è possibile che stia parlando del coronavirus - mentre aumentano i casi, aumenta il tasso di sopravvivenza. No, ciò che renderà i giorni che verranno ancora peggiori sta nelle risposte sempre più draconiane, pensate per ulteriormente impoverire e spaventare gli Americani.

È più facile controllare le persone quando hanno paura e sono povere. Se l’obiettivo è la trasformazione sociale, che è il termine utilizzato da Biden e Harris, allora ha un senso che più ci sono persone povere e disperate, meglio è. Che ne dici di un assegno di 600 dollari dal governo, e in cambio noi ci prendiamo la tua attività e il tuo diritto di lavorare, senza alcuna autorità legislativa o giudiziaria? E basta con le domande sul motivo per cui centinaia di pazienti anziani affetti da COVID sono stati sbattuti di nuovo nelle case di cura su ordine del governatore di New York,  Andrew Cuomo.

Essere trattati come animali da autocrati dittatoriali e burocrati, senza possibilità di appello, è una normale condizione di vita nella maggior parte del mondo. Ma non in America. Non fino a che le élite politiche, industriali, culturali ed accademiche della più ricca e potente nazione della terra non hanno deciso che non erano ricche e potenti a sufficienza, rompendo il patto non scritto con il resto della società, nella speranza di diventare ancora più ricche e potenti.

Il problema non è la Cina. Siamo noi.

 

Lee Smith è autore del libro appena pubblicato “The Permanent Coup: How Enemies Foreign and Domestic Targeted the American President”.

 

 

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