27/02/22

Ucraina - La marcia della follia di Barbara Tuchman vince ancora.




In un thread su Twitter, Oliver Stone, il noto regista americano autore, tra le altre famose opere, delle interessanti Putin Interviews, suggerisce delle "analisi utili e oneste" per comprendere gli avvenimenti in Ucraina. "In mezzo all'isteria dei media occidentali, che danno a Putin dell’assassino sanguinario, omettendo fatti importanti che possono risultare scomodi, è di assoluta importanza capire l'intero quadro di ciò che sta accadendo". Proponiamo ora la traduzione della prima delle letture proposte da Stone. Sulla piattaforma autraliana progressista Pearls and Irritations, Tony Kevin, alto diplomatico australiano che era stato inviato all‘ambasciata a Mosca, arriva dritto al nocciolo della questione.


di Tony Kevin, 23 Febbraio 2022

Le drammatiche dichiarazioni di indipendenza del 21 febbraio da parte delle città-stato del Donbass Donetsk e Lugansk, e la garanzia militare della Russia di proteggerle da ulteriori attacchi di artiglieria pesante da parte delle forze di Kiev, illustrano ancora una volta la classica tesi della "Marcia della follia" di Barbara Tuchman: quanto spesso dei governi intelligenti possono agire scioccamente e contro il loro migliore interesse - in questo caso, la tesi è dimostrata da Washington e Kiev.

Questa analisi sarà sgradevole per molti in Australia e anche in Occidente in generale. È difficile per noi andare oltre la narrativa coinvolgente che ci circonda, fatta di buone intenzioni occidentali, con qualche occasionale errore nella pratica attuazione della strategia, contro le immagini horror del tutto negative del presidente russo Putin. Queste ultime immagini sono lontane dalla verità, ma molto persuasive. Le persone che creano e sostengono i nostri contenuti mentali sono tra i migliori professionisti del campo. Condizionano il nostro pensiero e le nostre emozioni attraverso immagini e meme potenti, oltre che con le parole. Gli intellettuali odiano ammettere di essersi innamorati di tale propaganda e spesso si arrabbiano quando glielo si fa notare.

Il fatto è che ci sono stati molti discorsi nel corso degli anni da parte di Putin, ad esempio quando nel 1991 riconosceva la piena sovranità ucraina dopo lo scioglimento dell'ex Unione Sovietica, stato autoritario in cui i comunisti ucraini avevano svolto un ruolo di importante leadership. Putin ha costantemente chiesto due cose all'Ucraina. In primo luogo, relazioni di buon vicinato dignitose e basate su reciproco rispetto e sicurezza, come tra Stati Uniti e Canada. E in secondo luogo, come in Canada, il rispetto dei pieni diritti umani dei numerosi "franco-canadesi" dell'Ucraina, più del 50% degli ucraini che condividono la lingua e la cultura russa. Ciò comprende come cosa assolutamente importante il diritto a partecipare alla formazione delle politiche e delle priorità di sicurezza nazionale dell'Ucraina. Ma gli Stati Uniti, sin dal 2013 almeno, hanno utilizzato i nazisti ucraini, e ce ne sono molti, come punta di diamante della loro determinazione a rendere l'Ucraina monoculturale, militarizzata e permanentemente ostile alla Russia.

Il solo fatto che sia Putin ad affermare queste cose, non significa che non siano vere. Credo invece che lo siano.

Putin, il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Strolz (come la Merkel prima di lui) negli ultimi anni e settimane hanno fatto del loro meglio per trovare la via per un confronto che diventava sempre più stretto, ma alla fine non sono riusciti a fermare la determinazione di Washington e Kiev, che incautamente continuano a provocare l'orso russo. Per mesi, Putin aveva avvertito l'Occidente di fare un passo indietro rispetto alla militarizzazione dell'Ucraina e di lavorare con la Russia nella direzione di un più ampio accordo europeo, invertendo la pericolosa espansione della NATO verso i confini della Russia a partire dal 1996 (vedi i miei due recenti saggi sulle proposte di accordo russe).

Come al solito, l'Occidente ha fatto delle precise scelte di prevaricazione, commettendo il più grande errore mai commesso dal mondo occidentale; Biden, per conto di Washington, ha fornito potenti armi pesanti, in grado di distruggere intere città, agli indisciplinati miliziani ucraini infiltrati dai nazisti. La tentazione di servirsi di loro è stata irresistibile.

Dal 17 febbraio in poi abbiamo assistito a un tentativo determinato e molto minaccioso, ma insensato, da parte delle forze armate di Kiev lungo la linea di confine, incluso il famigerato Battaglione Azov, di avanzare e occupare il Donbass anche sotto il naso dei 130.000 soldati russi in attesa di ordini nella vicina Russia. Il governo ucraino del presidente Zelensky e i suoi consiglieri americani come Victoria Nuland si erano convinti che Putin non avrebbe osato invadere l'Ucraina dopo tutti gli avvertimenti occidentali di una severa punizione. Quanto si sbagliavano: non sbagliavano sul fatto che non avrebbe cercato di occupare Kiev, ma certamente non avrebbe lasciato cadere il Donbass, con il rischio altissimo e inaccettabile di una brutale pulizia etnica per almeno 4 milioni di ucraini russi costretti a fuggire dal Donbass in Russia. E che umiliazione politica sarebbe stata per Putin.

Il 18 febbraio era già chiaro all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che si stava verificando una forte escalation nei bombardamenti del Donbass da parte di Kiev. La periferia di Donetsk era sotto i bombardamenti. Un raid di un commando di forze speciali ucraine nella vicina provincia di Rostov in Russia è stato scoperto e neutralizzato. I leader del Donbass hanno saggiamente ordinato l'evacuazione, per non lasciare ostaggi civili sul posto, in città a rischio imminente di bombardamenti a tappeto se non si fossero arrese. Aleppo era l'esempio lampante di ciò che sarebbe potuto accadere.

Ora la Russia ha dato il via libera all'indipendenza del Donbass, protetta dalla potenza militare russa, come è avvenuto in Crimea.

Non può essere stata una decisione facile per Putin e il suo Consiglio nazionale di sicurezza, sollecitati dalla Duma perché dovevano fare qualcosa. Il Donbass non ha risorse strategiche ed economiche così attraenti come quelle della Crimea. La ricostruzione sarà immane e costosa e il prezzo da pagare per la Russia in termini di diplomazia sarà altissimo.

Ma Putin non aveva alternative: alla fine, doveva difendere i russi all'estero sottoposti a gravi rischi e a reali minacce alla loro vita, come riportato dall'Osce e dall'intelligence russa. Gli accordi di Minsk sono ormai morti. I passi compiuti sembrano ormai irreversibili. Prima o poi questi staterelli temporaneamente indipendenti si fonderanno con la Russia. L'ironia è che Francia e Germania, gli stati garanti, per anni, dal 2015, hanno esortato Kiev ad accettare le soluzioni federali proposte dagli Accordi di Minsk. Ma poi i nazionalisti di Kiev, appoggiati silenziosamente dalla NATO, hanno rinnegato Minsk, fiduciosi che alla fine avrebbero potuto ottenere l'Ucraina unitaria che desideravano, lasciando che gli Accordi di Minsk venissero dimenticati. Ora, ironia della sorte, Kiev chiede all'UNSC un ritorno agli accordi di Minsk. Ma questo treno ha già lasciato la stazione.

Ci saranno conseguenze negative sia per l'est che per l'ovest. Ci saranno immediate perdite importanti di sovranità della Francia e della Germania, risucchiate nell'egemonia dell'alleanza statunitense. Ci saranno immediate battute d'arresto per una possibilità di distensione tra Russia e Francia e Russia e Germania. Questi due grandi stati ora saranno, anche se con riluttanza, più saldamente agganciati alle operazioni militari della NATO guidate dagli Stati Uniti. È difficile che ci possa essere ora l'apertura del gasdotto Nordstream, cosa che rappresenterà una grande perdita economica e umanitaria per l'Europa. Ci sarà una maggiore intensità delle sanzioni, che danneggeranno economicamente entrambe le parti, e un'enorme battuta d'arresto della distensione in generale. Si instaurerà saldamente una nuova Guerra Fredda.

La Russia avanzerà ulteriormente in Ucraina? Prevedo quasi certamente di no, anche se sentiremo la propaganda occidentale sostenere questo. L'attuale linea di confine diventerà la frontiera, poiché di fatto è stata la frontiera dal 2015 dopo il tentativo fallito di Poroshenko di sopraffare il Donbass.

Come reagiranno la Cina e il mondo non allineato? Queste sono le domande più importanti ora. Riusciranno a vedere attraverso questa ultima falsa narrazione anglo-americana dell'aggressione russa non provocata, o saranno ingannati ancora una volta dai guerrieri dell'informazione? Mi piacerebbe pensare che sarà la prima delle ipotesi, ma temo il potere solerte della falsa narrazione occidentale. Credo che la Cina, e più silenziosamente l'India, sosterranno la Russia. Per gli altri – vedremo.

L’esito non doveva essere questo, una sconfitta per tutti. Una soluzione canadese sarebbe stata possibile, se ci fosse stato un minimo di buona volontà da parte di Kiev: uno stato federale ucraino con reali diritti di sovranità per i russi ucraini, inclusa, soprattutto, una vera voce in capitolo nelle scelte di politica estera dell'Ucraina.

Putin era disperato per questo possibile esito e ha aspettato il più a lungo possibile. Ma Washington e Kiev volevano il confronto e l'ostilità permanente tra Est e Ovest, fomentata da Victoria Nuland e dai suoi simili. Ora ce l’hanno. L'Ucraina rimarrà povera, depopolata, illiberale e militarizzata. È una tragedia, ma la minaccia di genocidio e di pulizia etnica dei russi del Donbass sarebbero state intollerabili per la maggioranza dei russi. Come lo era personalmente per Putin, ovviamente arrabbiato e angosciato. Questo risultato non porterà grandi soddisfazioni a lui e nemmeno ai suoi consiglieri, ma era la decisione giusta da prendere.


 

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