13/10/13

The Economist, 22 agosto 2001: Il salvataggio dell'Argentina

I continui "salvataggi" in cambio dell'austerità, il pareggio di bilancio, il crollo del gettito fiscale e i tagli alla spesa, i soldi che fuggono dalle banche locali, gli economisti per i quali la svalutazione è inevitabile, i politici per i quali l'aggancio non si discute, l'enfasi sulla stabilità finanziaria e la credibilità, l'opinione pubblica contraria alla svalutazione e la paura dell'inflazione...
Un articolo dell'Economist dell'agosto 2001 sull'Argentina (riesumato da Borghi con un tweet qualche giorno fa) riepiloga gli ultimi passaggi del film già visto poco prima dell'inevitabile conclusione. Meno di sei mesi più tardi l'Argentina si sganciò dal dollaro, svalutò e iniziò presto la ripresa.
Gramsci diceva che la storia insegna ma non ha scolari...



 The Economist - 22 agosto 2001

Dopo lunghe e difficili trattative il Fondo Monetario Internazionale ha accettato di estendere i prestiti all'Argentina fino a 8 miliardi di dollari. Ciò ha fatto guadagnare un po' di tempo. Ma anche in questo modo non c'è la certezza che l'Argentina possa evitare il default sul debito.


Nessuno potrebbe accusare il FMI di essersi impegnato in una soluzione sbrigativa per l'Argentina. I negoziati tra i funzionari argentini e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono durati molto più tempo del previsto, considerata l'evidente urgenza della crisi finanziaria del paese. Per delle buone ragioni: né il Fondo né i suoi principali finanziatori, i ministri delle finanze del G7, volevano sottoscrivere un nuovo accordo per l'Argentina senza essere ragionevolmente sicuri che avrebbe funzionato. Eppure non tutti hanno piena fiducia nell'accordo che alla fine è stato raggiunto. Esso darà all'Argentina un immediato aumento di 5 miliardi di dollari rispetto al credito già stanziato dal FMI. Ulteriori 3 miliardi saranno resi disponibili se il paese si impegnerà volontariamente in trattative per la ristrutturazione del debito con i propri creditori. Questo porterà gli aiuti del FMI per l'Argentina ad un ammontare totale di 22 miliardi di dollari.

Il problema dell'Argentina, se non la soluzione, è semplice. Dopo tre anni di recessione il paese è alle prese con un grande debito pubblico – circa 128 miliardi di dollari, tre volte le entrate dall'estero annuali del paese. Gli investitori sono preoccupati per la capacità dell'Argentina di ripagare un tale enorme debito e sono riluttanti a prestare altro denaro ad un governo alle strette. Sono anche preoccupati che il paese possa decidere che non ha alcuna alternativa al default sul debito e al contempo a svalutare il peso (la moneta argentina, ndt), rompendo il suo decennale aggancio col dollaro.

Come parte delle misure d'emergenza varate per rassicurare gli investitori esteri – e gli Argentini che hanno depositi in banca – Domingo Cavallo, il ministro dell'economia, ha già introdotto una legge del "deficit zero" per portare il bilancio in pareggio. Questo ha implicato un'altra ondata di tagli alla spesa, inclusa una riduzione del 13% di alcuni stipendi nel settore pubblico e nelle pensioni. Com'era prevedibile, queste manovre si sono dimostrate estremamente impopolari. Con un gettito fiscale che in luglio è stato più debole del previsto, anche portare il bilancio in pareggio sembra sempre più difficile – una diminuzione delle entrate porterà a tagli alla spesa ancora più dolorosi.

Senza l'aiuto estero il rischio è che sempre più gente inizi a scommettere sul default e la svalutazione, e converta i propri risparmi da pesos in dollari. Questa tendenza può diventare inarrestabile. Ci sono già segnali che alcuni Argentini stanno convertendo i propri depositi in dollari per poi prelevarli. I depositi nelle banche locali sono diminuti dello 0,64% solamente tra il 14 e il 15 di agosto, per esempio.

Si sa che l'America ha avuto delle riserve sul fatto di fornire all'Argentina una grande tranche di denaro fresco. Molti membri dell'amministrazione Bush sono scontenti all'idea di fornire grossi salvataggi ai paesi in difficoltà, e vogliono veder imporre dure condizioni in cambio dei soldi. La natura condizionata di alcuni dei nuovi pacchetti di salvataggio del FMI porta i segni caratteristici della cautela americana.

Ma alcuni economisti credono che nessun programma possa funzionare a lungo se non si riconosce la necessità che l'Argentina rompa il suo aggancio col dollaro, svaluti e ristrutturi il suo debito. Allan Meltzer, un critico dell'FMI che ha presieduto una commissione del Congresso l'anno scorso, crede che i mercati finanziari abbiano già dato per scontato che ci sarà un default ad un certo punto, e che un altro salvataggio sarebbe pertanto un enorme errore. Forse ancora più significativo è che anche Morris Goldstein, già membro senior dello staff del FMI, ora presso l'Istituto per l'Economia Internazionale con sede a Washington, abbia detto che non si dovrebbe dare nessun pacchetto di salvataggio all'Argentina prima di una svalutazione.

L'elevato valore del dollaro ha reso la vita particolarmente difficile per gli esportatori argentini, specialmente dopo la svalutazione del real brasiliano nel 1999. Ma il signor Cavallo, alla cui iniziativa si deve l'aggancio col dollaro, rimane adamantino nel dire che esso resterà. “L'Argentina non svaluterà e non farà default sul debito,” ha detto all'inizio di questo mese. I ministri delle finanze, ovviamente, devono difendere le politiche del cambio: fare altrimenti scatenerebbe immediatamente il panico. Ma l'attaccamento del signor Cavallo alla politica del dollaro è comprensibile. Esso ha reso possibile al governo di portare l'inflazione sotto controllo all'inizio degli anni '90, dopo anni di iperinflazione. L'Argentina ha così raggiunto la stabilità finanziaria e, cosa forse anche più importante, la credibilità.

Oltretutto, rompere l'aggancio col dollaro sarebbe doloroso, e porterebbe con sé il rischio dell'instabilità politica. L'economia argentina è già pesantemente dollarizzata e c'è il timore che una svalutazione spinga in alto i prezzi perché i negozianti cercherebbero di proteggersi dall'effetto della perdita di valore dei pesos, e i salariati, incapaci di proteggersi nello stesso modo, soffrirebbero le maggiori difficoltà. L'Argentina inoltre pagherebbe un elevato prezzo in termini di accesso ai capitali internazionali e di tasso d'interesse da pagare. Tra l'altro sarebbe impopolare – la maggior parte degli Argentini vuole mantenere l'aggancio col dollaro.

C'è anche il rischio che altre economie emergenti siano penalizzate dal fallimento dell'Argentina. Nel suo ultimo report sui mercati emergenti il FMI ha notato che il contagio è stato, finora, un problema minore che in crisi passate; ma il report prosegue mettendo in guardia che rimane aperta la questione se il contagio e la volatilità rimarranno relativamente contenuti anche in caso di una crisi conclamata come un default sul debito.

La paura del contagio spinge alcuni a dire che l'Argentina deve fare qualsiasi cosa sia necessaria pur di attenersi alle sue attuali politiche. Altri credono che l'assistenza avrà un effetto solamente temporaneo, e che perciò sarebbe stato meglio se il FMI non fosse affatto intervenuto con il salvataggio. La cosa evidente è che anche con il salvataggio l'Argentina non è ancora fuori dai guai. 

3 commenti:

  1. Interessante riesumazione del bravo Borghi.
    Tuttavia l'analogia con lo sviluppo della situazione dei paesi periferci dell'euro può essere forzata. (Ovviamente la geneologia è sostanzialemnte la stessa).
    Infatti per l'Argentina l'esito finale era già stato predefinito, dopo averla spolpata con il cambio forte e la parità al dollara già era programmato il secondo round, spolpamento via svalutazione.
    L'Argentina non ricevette nessun aiuto, e il comportamnto del fmi fu molto ambiguo e per nulla cooperativo.
    Domingo Cavallo Il famoso ministro che istituì la disastrosa parità con il dollaro, pure di origine italiana ha sostenuto che lui era per il passaggio controllato verso un cambio fluttante e che avrebbe avuto bisogno del sostegno finanziario. Il fmi si sarebbe opposto e anzi propspettato una dollarizzazione dell'Argentina. È un fatto che unilateralmente il fmi ritirò a dicembre la delegazione dal paese.
    Cioè al di la delle sceneggiate lo script era già stato deciso e i soldi non si vollero dare.
    Nel caso dell'Europa la Germania attraverso il controllo della banca centrale impone governi di vassalli che fanno i suoi interessi.
    Non da assitenza finanziaria e neppure vuole che i paesi escano dall'euro. Semplicemnte vuole colonie come è diventata l'italia, regime coloniale rafforzato dai senza voti del pdl passati a fianco della Merkel.

    Enrico

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    1. Certo la situazione dell'eurozona è politicamente molto più complicata. Ma rendiamoci conto che non è facile per quelli che vogliono imporre questo disegno autoritario riuscire a farlo ingoiare ai popoli degli stati membri. Siamo frastornati e molti sono confusi, ma ho come l'impressione che se si riesce un attimo ad organizzarsi e si apre un minimo varco nell'informazione gli elettori sono pronti a buttare all'aria il PUDE. E l'antipolitica gli si rivolterà contro...(ovvio, lo auspico, e lo ritengo possibile)

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  2. armai in europa è opininione unanime che siamo in maniera molto credibile dei coglioni. Solo dei coglioni perdono il 30% della propria economia e dicono che che le misure adottate vanno benissimo.

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