Il Financial Times suona l’ennesimo campanello di allarme sulle conseguenze della prossima probabile crisi globale. I mercati e le autorità di regolamentazione reagiranno verosimilmente in modo disordinato e inadeguato. A parte denunciare l’impreparazione del sistema, l’articolo non offre in verità soluzioni, e non percorre l’unica strada maestra: politiche economiche anti-cicliche e redistribuzione del reddito per ridurre i livelli di debito.
di William White, 18 febbraio 2018
La politica monetaria globale è ultra-espansiva già da molti anni. E solo ora sta diventando chiaro che si è infilata da sola in una trappola del debito che essa stessa ha creato.
Continuare sull’attuale percorso di politica monetaria è inutile e sempre più pericoloso. Ma d’altra parte qualsiasi capovolgimento implicherebbe grandi rischi. Ne segue che la probabilità dell’esplosione di una nuova crisi continua a crescere.
Bisogna sperare che i preparativi che i decisori politici stanno facendo per far fronte a una simile situazione stiano evolvendo di pari passo. Limitarsi a incrociare le dita e pregare che “non potrebbe mai accadere” oggi sembra quantomeno imprudente.
Continuare con l’attuale politica monetaria porta al rischio di inflazione. E dato che gli economisti hanno poca comprensione sia del livello “potenziale” che del processo inflattivo stesso, la cosa potrebbe facilmente sfuggir loro dalle mani.
L’inflazione, ad ogni modo, non è l’unico pericolo. Per prima cosa, si è lasciato che gli indici di indebitamento crescessero costantemente per decenni, anche dopo che la crisi è iniziata. Per giunta, mentre prima della crisi questo era essenzialmente un problema delle economie avanzate, ora è diventato globale. In seconda istanza, la tolleranza al rischio minaccia la futura stabilità finanziaria, così come la diminuzione dei margini di profitto di molte istituzioni finanziarie di stampo tradizionale. In terzo luogo, questo tipo di politica monetaria incoraggia la cattiva allocazione delle risorse reali da parte delle banche e di altre istituzioni finanziarie. Se i mercati non sono in grado di allocare appropriatamente le risorse, a causa delle azioni intraprese dalle banche centrali, la probabilità che il servizio del debito non venga onorato cresce fortemente.
Purtroppo anche la normalizzazione della politica monetaria porta con sé rischi significativi. È chiaro che un'economia globale che si rafforza è preferibile ad una barcollante. Tuttavia, in una simile situazione, aumentare le pressioni inflattive probabilmente porterebbe a una stretta della politica monetaria che avrebbe effetti destabilizzanti.
Una conseguenza indesiderata delle riforme normative è stata quella di ridurre la liquidità dei mercati. Nonostante l’assenza di pressioni inflattive, gli stessi mercati finanziari potrebbero reagire disordinatamente a segnali che preannunciano una forte crescita. I rendimenti dei titoli pubblici nelle economie avanzate sono a livelli storicamente minimi, e sono maturi per una inversione. Se ora iniziano nuovamente a crescere, questo potrebbe avere implicazioni importanti per i prezzi già sovrastimati di molti altri asset.
Quale azioni dovrebbero essere intraprese prudenzialmente dalle autorità per prepararsi in anticipo a un tale esito? I governi nazionali e le banche centrali, con le organizzazioni internazionali, dovrebbero negoziare dei memorandum di intesa su chi fa cosa in caso di crisi. Le "simulazioni di guerra” sarebbero un utile complemento. E sono necessarie misure per garantire che possano essere forniti adeguati livelli di liquidità per stabilizzare i mercati e il sistema finanziario. Per come stanno le cose, ad esempio, negli USA, molti provvedimenti del Dodd-Frank Act, approvato in seguito alla crisi finanziaria, ostacolerebbero la Federal Reserve nei suoi tentativi di fornire liquidità sia al mercato interno che a quello internazionale.
La cosa forse più importante è la necessità che i governi e i forum internazionali rivedano le loro procedure per la bancarotta. Il debito che non può essere ripagato non verrà ripagato. I governi devono mettere in atto legislazioni per assicurare che questo possa avvenire nel modo più ordinato possibile. Sfortunatamente i recenti lavori dell’OCSE indicano che le procedure di bancarotta per i privati non sono affatto ottimali in molti paesi. Inoltre, nonostante grandi sforzi, non siamo riusciti a migliorare la nostra capacità legale di affrontare in modo ordinato le banche avviate al fallimento ma “troppo grandi per fallire”. Anche le procedure per la ristrutturazione del debito sovrano sono inadeguate.
È necessario prendere adesso dei provvedimenti per limitare la possibilità di caos nei mercati quando verrà la prossima crisi. Le azioni preventive che possano aiutare a risolvere il problema dell'eccesso di debito potrebbero anche ridurre il rischio che una tale crisi si presenti. La necessità di un’azione propedeutica è amplificata dalla portata limitata delle politiche macroeconomiche anticicliche con cui possiamo reagire. Queste politiche potrebbero innescare il disordine che vogliamo evitare. Molto meglio prepararsi al peggio, anche se speriamo per il meglio.
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