In un lungo thread su Twitter
l’economista Tuomas Malinen, docente all’università di Helsinki, descrive le
linee guida per un ritorno alla valuta nazionale per la Finlandia.
Traduzione di Gabriele Bellerino
Penso che sia giunto il
momento. Un thread sull’uscita dall’euro.
Nel corso degli anni, le
mie posizioni sono divenute sempre più euroscettiche. Se un grafico potesse
essere usato per descrivere il mio cambiamento di opinione, sarebbe il seguente: in poche parole, l'euro è stato una minaccia per l’economia.
PIL reale pro-capite
per diversi paesi dell’eurozona – Fonte: GnS Economics
Ora la domanda è: come
uscire?
La base per partire sono
le motivazioni giuridiche e politiche, e per l'uscita dall'euro ce ne sono tre:
1. Emergenza nazionale
2. Altre cause di forza maggiore
3. Un cambiamento o una violazione degli atti dei trattati e/o dei principi
dell'eurozona.
Nel caso di un'emergenza
nazionale (guerre, epidemie, crisi economiche), un paese può temporaneamente
aggirare tutti i trattati e perseguire le azioni necessarie per superare
l'emergenza.
Altre cause di forza
maggiore si riferiscono ad eventi anomali, imprevedibili e al di fuori del
controllo del paese interessato.
Il percorso di uscita più credibile e legalmente praticabile per ogni
membro (ndt: dell’eurozona) si basa sulla trasformazione dell'unione
monetaria in qualcosa di diverso rispetto a ciò che gli stati membri avevano
inizialmente concordato. E questo è esattamente ciò che implica il Coronafund.
Nel momento in cui il
movente giuridico è definito, il governo inizia i preparativi IN SEGRETO.
Non ci può essere alcun
referendum, tranne che sotto regime di controllo sui movimenti di capitale,
poiché senza quest’ultimo molto probabilmente ci sarebbero drastici deflussi di
capitale.
Durante i preparativi, il
governo ha bisogno di concentrarsi su quattro questioni.
Innanzitutto, è necessario
valutare le conseguenze economiche e politiche dell'uscita, creando una base
per le successive comunicazioni al pubblico e per i negoziati.
In secondo luogo, dovrà
essere effettuata una prima valutazione delle modalità per sostituire
immediatamente le funzioni finanziarie che l’uscita renderà non disponibili,
concentrandosi sui sistemi di pagamento e compensazione, nonché sui mezzi per
garantire la liquidità delle banche nazionali.
In terzo luogo, è necessario
un progetto preliminare di modifiche giuridiche e l'elaborazione di alcune
misure da adottare all’inizio, tra cui i controlli sui movimenti di capitale,
la disponibilità di contante e possibili accordi bilaterali sui tassi di cambio
con i paesi disponibili a collaborare.
In quarto luogo, un elenco
di punti da concordare preferibilmente con varie autorità dell'eurozona, al
fine di ottenere un'uscita quanto più possibile favorevole. Questi includono la
gestione dell'eccedenza del saldo Target 2, le linee di swap in valuta estera e
l'uso dei sistemi di pagamento dell’eurozona durante la transizione.
Concretamente, il paese
deve trovare risposta alle seguenti tre domande:
1. Come garantire il funzionamento del sistema dei pagamenti durante la
transizione e come creare una banca centrale nazionale?
2. È probabile una rappresaglia economica e politica da parte dei paesi e/o
delle autorità dell’eurozona?
3. Le banche (settore finanziario), le aziende e gli enti governativi del
paese uscente continueranno ad avere liquidità e ad essere solvibili durante il
periodo di adattamento?
La prima è la domanda più
grande, poiché la costruzione di un nuovo sistema dei pagamenti richiede del
tempo. Tuttavia, un'opzione potrebbe essere quella di operare con il sistema
dei pagamenti dell’eurozona sotto regime di controllo dei movimenti di
capitale. In questo caso, il paese uscente utilizzerà ancora euro (nazionali),
che verranno trasformati in euro "internazionali" alla frontiera.
È probabile che il paese
uscente possa continuare a utilizzare il sistema dei pagamenti dell’eurozona,
dal momento che escludere un paese da questo sistema è in primis tecnicamente
difficile, e in secondo luogo potrebbe essere visto addirittura come una
dichiarazione di guerra.
In ogni modo, se ciò dovesse accadere, il paese uscente sarebbe costretto
ad operare con mezzi di pagamento alternativi per circa un anno. Tra questi
figurano l'emissione di script e obbligazioni, e le società private (aziende e
banche) dovranno emettere le proprie carte (ndt: per i pagamenti
elettronici). Durante la pianificazione della “Grexit” nella
primavera/estate del 2015, le aziende e le banche erano preparate ad emettere
le proprie carte di debito/credito nel giro di qualche settimana.
Ciò aumenterebbe i costi
dell'uscita, che rimarrebbe comunque del tutto fattibile.
Tra l’altro, nell'attuale
situazione, è improbabile una rappresaglia contro un paese che esca
dall'eurozona, o almeno sarebbe altamente sconsigliato, perché in quel momento
il paese potrebbe anche lasciare l'UE. Va sottolineato che l'uscita
dall'eurozona NON implica che il paese debba anche lasciare l'UE. Una nazione
sovrana può sempre decidere quale valuta utilizzare e non esiste una clausola
nei trattati europei che consenta l'espulsione di un paese dall'UE o
dall'unione monetaria.
Dopo l’uscita, tutti i
depositi e i prestiti regolati dalla legge nazionale verrebbero immediatamente
ridenominati nella nuova valuta, ai sensi della lex monetae. Ciò vale anche per
tutto l’ammontare di debito pubblico non sottostante alla clausola di azione
collettiva (CAC). Per tutti i debiti sottostanti al CAC ci dovrà essere una
contrattazione tra debitori e governo emittente.
La lex monetae verrebbe
anche utilizzata per ridenominare nella nuova valuta tutto il debito delle
aziende che rientrano nella giurisdizione nazionale.
La banca centrale del
paese uscente inizierebbe immediatamente a emettere nuova valuta nazionale per
garantire la liquidità del settore bancario. Per garantire la convertibilità
della nuova valuta, la banca centrale nazionale dovrebbe stabilire e mantenere
delle riserve valutarie, sostenute anche da un sistema di accordi di swap con
altre banche centrali di nazioni partner.
Subito dopo l'uscita, il
governo produrrebbe nuove banconote e inizierebbe a mettere in piedi il nuovo
sistema nazionale dei pagamenti. Le banche sarebbero obbligate a ridenominare
nella nuova valuta nazionale, con effetto immediato, almeno una parte del loro
bilancio.
Per convenienza, la
ridenominazione dovrebbe avvenire con un tasso da uno a uno, ovvero un'euro per
un’unità della nuova valuta nazionale (cambio 1:1). Con ciò avverrebbe la
ridenominazione delle voci dei bilanci bancari e verrebbe creata una nuova
valuta all'interno del sistema bancario del paese uscente.
Tuttavia, la modifica dei
sistemi contabili delle banche per il riconoscimento della nuova valuta può
richiedere tempo, al limite dei mesi. Anche questo fattore suggerisce
l'utilizzo del sistema dei pagamenti dell’eurozona, almeno nella fase
transitoria.
Quindi, per ricapitolare,
uscire dall'euro richiede:
1) Decidere l'argomento giuridico che motivi l'uscita.
2) Pianificazione segreta.
3) Garantire il funzionamento dei sistemi di pagamento e del sistema
bancario.
4) Creazione di una banca centrale nazionale per garantire la liquidità
alle banche.
Queste naturalmente sono solo delle linee guida approssimative. Ulteriori
informazioni le trovate nel nostro articolo.
Ma il punto è che un'uscita
dall'euro è completamente POSSIBILE e che i suoi costi possono essere mitigati.
E il ritorno alla valuta
nazionale porterebbe ogni tipo di beneficio.