Il discorso del premier polacco Morawiecki di fronte al Parlamento europeo, che può definirsi storico per il modo aperto, deciso e pieno di dignità con cui vengono affrontati diversi punti critici sullo stato dell'Unione europea. Tra questi l'annosa questione del doppio standard nell'applicazione delle regole e la questione fondamentale del preteso "primato" del diritto europeo. In realtà, come dice chiaramente il leader polacco, questo primato non potrebbe mai esser fatto valere nei confronti delle Costituzioni nazionali, a meno di quella interpretazione "creativa" degli stessi trattati portata avanti in modo strisciante dalla Corte di giustizia europea e imposta ai paesi più deboli come fatto compiuto. Sull'azione decisiva e poco trasparente di questo importante organo dell'Unione ricordiamo il fondamentale saggio di Perry Anderson qui da noi tradotto.
19 Ottobre 2021
Signor Presidente,
Signora Presidente,
Onorevoli deputati,
Sono qui davanti a
voi oggi in Parlamento, per esporre la nostra posizione su una serie di
questioni che ritengo fondamentali per il futuro dell'Unione europea. Non solo
per il futuro della Polonia, ma per il futuro dell'Unione nel suo insieme.
In primo luogo,
parlerò della crisi che oggi sta davanti all'Europa - e che dovremmo
affrontare.
In secondo luogo,
parlerò di norme e regole - che dovrebbero essere sempre uguali per tutti - e
del fatto che troppo spesso non lo sono.
In terzo luogo, vi illustrerò il principio in base a quale
nessuna pubblica autorità dovrebbe intraprendere azioni per le quali non esiste una base giuridica.
Il quarto punto del
mio intervento riguarderà la sentenza della Corte costituzionale polacca e cosa
significano per l'Unione questa e altre sentenze simili.
E riguarderà anche
l'importanza della diversità e del rispetto reciproco.
Quindi, in quinto
luogo, presenterò il nostro punto di vista sul pluralismo costituzionale.
Successivamente,
indicherò gli enormi rischi per l'intera società derivanti dall'applicazione
della sentenza della Corte di giustizia dell'UE, che si stanno già
materializzando in Polonia.
Infine, riassumerò
tutto nelle conclusioni e guarderò al futuro con speranza.
Vorrei iniziare
dalle basi, dalle sfide cruciali per il nostro comune futuro. Disuguaglianze
sociali, inflazione e aumento del costo della vita, che colpiscono tutti i
cittadini europei, minacce esterne, aumento del debito pubblico, immigrazione illegale e crisi energetica che accresce le sfide della politica climatica. Tutto questo
porta a disordini sociali e amplia l’elenco dei problemi significativi.
La crisi del debito
ha fatto sorgere la domanda, per la prima volta dopo la guerra, se siamo in grado
di assicurare una vita migliore alla prossima generazione.
I nostri confini
stanno diventando sempre più instabili. Nel Sud, l'assalto di milioni di
persone ha reso il Mediterraneo un luogo tragico. Ad est ci troviamo di fronte
a una politica russa aggressiva, che potrebbe muovere guerra per impedire ai
paesi confinanti di scegliere la via europea.
Oggi siamo alle soglie di una crisi del gas e dell'energia di enormi dmensioni. L'impennata dei prezzi - causata, tra l'altro, da azioni deliberate delle aziende russe - sta già mettendo molte aziende europee nella posizione di dover scegliere tra tagliare la produzione o scaricare i costi sui consumatori. La portata di questa crisi nelle prossime settimane potrebbe sconvolgere l'Europa. Molte aziende potrebbero fallire, la crisi del gas potrebbe spingere milioni di famiglie, decine di milioni di persone, in una situazione di grande povertà e miseria a causa di aumenti incontrollati dei costi in tutta Europa. Dobbiamo anche fare i conti con l’effetto domino: una crisi può innescare a cascata altri crolli successivi.
Parlo sempre di "noi",
perché nessuno di questi problemi può
essere risolto da soli. Non tutti questi problemi hanno colpito il mio paese in
modo così drammatico come è avvenuto in altri stati dell'UE. Ciò non toglie che considero
tutti questi problemi "i nostri problemi".
Dirò ora qualche
parola sul contributo della Polonia al nostro progetto comune.
Per noi
l'integrazione europea è una scelta strategica e di civiltà. Siamo qui, il
nostro posto è qui e non andiamo da nessuna parte. Vogliamo rendere l'Europa di
nuovo forte, ambiziosa e coraggiosa. Ecco perché non guardiamo solo ai benefici
a breve termine, ma anche a ciò che noi possiamo dare all'Europa.
La Polonia beneficia
dell'integrazione principalmente grazie agli scambi nel mercato comune. Molto
importanti sono anche i trasferimenti tecnologici e i trasferimenti diretti. Ma
la Polonia non è entrata nell'UE a mani vuote. Il processo di integrazione
economica ha ampliato le opportunità per le aziende del mio paese, ma ha anche
aperto grandi possibilità per le aziende tedesche, francesi o olandesi. Gli
imprenditori di questi paesi stanno beneficiando enormemente dell'allargamento
dell'Unione.
Basta contare l'enorme deflusso di dividendi, interessi attivi e altri strumenti finanziari dai paesi dell'Europa centrale - i paesi meno ricchi - verso l'Europa occidentale - i paesi più ricchi. Tuttavia, vogliamo che non ci siano perdenti in questa cooperazione, ma vincitori.
È stata la Polonia a
promuovere un ambizioso Recovery Fund per garantire che la risposta odierna
alle sfide dell'energia, del cambiamento climatico e della trasformazione
post-pandemia fosse adeguata alle esigenze. Così che la crescita economica fosse forte, capace di dare speranza e garantire che milioni di bambini, donne e
uomini non siano lasciati soli e vulnerabili di fronte alla globalizzazione. Su
questi temi abbiamo parlato all'unisono con il Parlamento europeo.
La Polonia sostiene
fortemente il mercato unico europeo. Vogliamo un'autonomia strategica che
rafforzi i 27.
Ecco perché la
Polonia o la Germania, la Repubblica Ceca e altri paesi dell'Europa centrale
promuovono soluzioni che aumentino la competitività dell'economia europea,
nello spirito dell'applicazione delle quattro libertà fondamentali. La libertà
di circolazione di beni, servizi, capitali e persone. Senza incoraggiare i
paradisi fiscali, i quali, purtroppo, esistono ancora in alcuni paesi
dell'Europa occidentale, che in questo modo mettono fuori gioco i loro vicini.
Sì, onorevoli colleghi, i paradisi fiscali che tolleriamo nell'Unione europea
significano soldi per i più ricchi. È giusto? Questo aiuta a migliorare le sorti della
classe media o dei meno abbienti? Rientra questo nei valori europei? Ne dubito
molto.
Anche la Polonia e
l'Europa centrale sono favorevoli a un'ambiziosa politica di allargamento che
rafforzerà l'Europa nei Balcani occidentali. Completerà l'integrazione europea
geograficamente, storicamente e strategicamente. Condividiamo le aspirazioni
globali dell'Unione e siamo a favore di una forte politica di difesa europea
pienamente coerente con la NATO!
Oggi, quando il
confine orientale dell'Unione è oggetto di un attacco organizzato che usa
cinicamente la migrazione dal Medio Oriente per destabilizzarlo, è la Polonia
che dà sicurezza all'Europa fungendo da barriera insieme a Lituania e Lettonia
per proteggere questo confine. E rafforzando il nostro potenziale di difesa,
rafforziamo la sicurezza dell'Unione nel senso più tradizionale.
Mentre mi trovo qui
oggi davanti a voi, vorrei ringraziare i servizi polacchi, lituani e lettoni,
nonché tutti i paesi dell'Europa meridionale, le nostre guardie di frontiera e le
forze dell’ordine, per l'impegno e la professionalità nel proteggere i confini
dell'Unione.
La sicurezza ha
molte dimensioni. Oggi, quando siamo tutti colpiti dall'aumento dei prezzi del
gas, è facile vedere quali possono essere i risultati della miopia in materia
di sicurezza energetica. La politica e il consenso di Gazprom per Nord Stream 2
stanno già portando a prezzi record del gas.
Mentre oggi nei paesi che hanno fondato le Comunità il livello di fiducia nell'Unione è sceso a livelli storicamente mai così bassi, come il 36% in Francia, in Polonia questa fiducia nell'Europa rimane ai massimi livelli. Oltre l'85% dei cittadini polacchi afferma chiaramente: la Polonia è e rimane membro dell'Unione europea. Il mio governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene fanno parte di questa maggioranza europeista in Polonia.
Ciò non significa
che i polacchi oggi non abbiano dubbi e ansie sulla direzione del cambiamento
in Europa. Questa ansia è evidente e, purtroppo, giustificata.
Ho già detto di
quanto la Polonia abbia contribuito all'Unione. E purtroppo! Si sente ancora
parlare di divisione tra migliori e peggiori. Troppo spesso abbiamo un'Europa dai
doppi standard. E ora dirò perché dobbiamo porre fine a questo modello.
Oggi tutti gli
europei si aspettano una cosa. Vogliono che affrontiamo le sfide poste dalle
diverse crisi tutti insieme, e non gli uni contro gli altri, cercando qualcuno da
incolpare, o per la verità, qualcuno a cui sia comodo dare la colpa, anche se non
è realmente da biasimare.
Purtroppo, vedendo
alcune delle prassi seguite dalle istituzioni dell'UE, molti dei cittadini del
nostro continente oggi si chiedono: c'è davvero uguaglianza nelle sentenze e
decisioni estremamente diverse prese dalle istituzioni di Bruxelles e
Lussemburgo nei confronti di Stati membri diversi che si trovano in circostanze
simili? che di fatto approfondiscono la divisione degli Stati membri dell'UE,
vecchi e nuovi, in paesi forti e paesi deboli, ricchi e poveri?
Fingere che i
problemi non esistano porta a conseguenze negative. I cittadini non sono
ciechi, non sono sordi. Se politici e funzionari soddisfatti di sé non vedono
questo, perderanno gradualmente la fiducia. E insieme a loro, si perderà la
fiducia nelle istituzioni. Questo sta già accadendo, onorevoli colleghi.
La politica deve
essere basata sui principi. Il principio fondamentale che professiamo in
Polonia e che è alla base dell'Unione europea è il principio democratico.
Pertanto, non possiamo rimanere in silenzio quando il nostro paese - anche in quest'Aula - viene attaccato in modo ingiusto e di parte.
Le regole del gioco devono essere le stesse per
tutti. È responsabilità di tutti rispettarle, comprese le istituzioni che sono
state istituite con quei trattati. Questi sono i fondamenti dello Stato di
diritto.
È inaccettabile estendere le competenze, agendo con il metodo del fatto compiuto. È inaccettabile imporre ad altri proprie decisioni prive di base giuridica. È tanto più inaccettabile usare a tal fine il linguaggio del ricatto finanziario, parlare di sanzioni contro alcuni Stati membri o usare termini che vanno ancora oltre.
Respingo il
linguaggio delle minacce, del nonnismo e della coercizione. Non sono d'accordo
che i politici ricattino e minaccino la Polonia. Non sono d'accordo che il
ricatto diventi un metodo di condotta politica nei confronti di uno Stato
membro. Non è così che si comportano le democrazie.
Siamo un paese
orgoglioso. La Polonia è uno dei paesi con la più lunga storia di sovranità e
democrazia. Per tre volte nel XX secolo, a costo di grandi sacrifici, abbiamo
lottato per la libertà dell'Europa e del mondo. Nel 1920, quando salvammo
Berlino e Parigi dall'invasione bolscevica, poi nel 1939, quando per primi
entrammo in una battaglia sanguinosa con la Germania e il Terzo Reich, che ebbe
un impatto sulle sorti della guerra e infine, nel 1980, quando " Solidarność " aprì alla speranza del
rovesciamento di un altro totalitarismo: il crudele sistema comunista. La
ricostruzione postbellica dell'Europa è stata possibile grazie al sacrificio di
molte nazioni, ma non tutte ne hanno potuto beneficiare.
Onorevoli deputati. Dirò
ora qualche parola sullo stato di diritto. C'è molto da dire sullo stato di
diritto e ciascuno coglierà questo concetto con qualche differenza. Tuttavia, penso
che la maggior parte di noi sarà d'accordo sul fatto che non si può parlare di
Stato di diritto in mancanza di certe condizioni. Senza il principio della
separazione dei poteri, senza tribunali indipendenti, senza rispettare il
principio che ogni potere ha dei limiti, e senza rispettare la
gerarchia delle fonti del diritto.
Il diritto
dell'Unione precede il diritto nazionale - al livello delle fonti primarie e nei
settori di competenza attribuiti all'Unione. Questo principio si applica in
tutti i paesi dell'UE. Ma la Costituzione resta la legge suprema.
Se le istituzioni
istituite dai Trattati eccedono i loro poteri, gli Stati membri devono avere
degli strumenti per reagire.
L'Unione è una
grande conquista dei paesi europei. È una forte alleanza economica, politica e
sociale. È l'organizzazione internazionale più forte e più sviluppata della
storia. Ma l'Unione Europea non è uno Stato. Gli Stati sono i 27 Stati membri
dell'Unione! Gli Stati sono i sovrani europei, essi sono i "padroni dei
trattati" e sono gli Stati che definiscono l'ambito delle competenze
affidate all'Unione europea.
Nei trattati abbiamo affidato all'Unione una gamma molto ampia di competenze. Ma non gli abbiamo affidato tutto. Molte aree del diritto rimangono di competenza degli Stati nazionali.
Non abbiamo dubbi
sul primato del diritto europeo sulle leggi nazionali in tutti i settori in cui
la competenza è stata delegata all'Unione dagli Stati membri.
Tuttavia, come i tribunali di molti altri paesi, il tribunale polacco solleva la questione se il monopolio della Corte di giustizia nel definire i limiti effettivi dell'attribuzione di tali competenze sia la soluzione adeguata. Poiché la determinazione di tale ambito rientra nella materia costituzionale, qualcuno deve anche esprimere un parere sulla costituzionalità di tali nuove, eventuali competenze; soprattutto nella misura in cui la Corte di giustizia fa discendere dai trattati sempre nuove maggiori competenze delle istituzioni comunitarie.
Altrimenti non
avrebbe avuto senso aver inserito nel Trattato sull'Unione europea l'articolo 4, che
stabilisce che l'Unione rispetta le strutture politiche e costituzionali degli
Stati membri. Non avrebbe avuto senso aver inserito nel Trattato l'articolo 5, che
stabilisce che l'UE può agire solo nei limiti dei poteri conferiti. Entrambi
questi articoli sarebbero privi di significato se nessun altro che la Corte di
giustizia potesse avere voce in capitolo sulla materia costituzionale degli ordinamenti nazionali.
Sono consapevole che
la recente sentenza della Corte costituzionale polacca è stata oggetto di un
malinteso fondamentale. Se io stesso fossi venuto a conoscenza del fatto che il
Tribunale costituzionale di un altro paese avesse invalidato i trattati UE,
probabilmente anch'io sarei rimasto sorpreso. Ma, soprattutto, avrei cercato di capire
cosa avesse effettivamente deciso la Corte.
Ed è anche a questo
scopo che ho chiesto di intervenire nel dibattito odierno. Per riportarvi il
vero oggetto della controversia. Non le favolette politicamente motivate sul "Polexit", o le menzogne sulle presunte violazioni dello stato di
diritto.
Ecco perché, nella
prossima sezione del mio intervento, voglio presentarvi i fatti. E, per farlo,
è meglio sottoporvi direttamente alcuni riferimenti testuali:
- Nell'ordinamento giuridico [nazionale], il primato del diritto dell'Unione non si applica alle norme costituzionali: è la Costituzione che si trova al vertice dell'ordinamento giuridico interno.
- Il principio del primato del diritto dell'Unione europea (...) non può ledere nell'ordinamento giuridico nazionale la forza suprema della Costituzione.
- La Corte Costituzionale può prendere in esame il controlimite dell'ultra vires (...), cioè stabilire se gli atti delle istituzioni dell'Unione violino il principio di attribuzione quando le istituzioni, gli organi e le agenzie dell'Unione eccedano l'ambito dei loro poteri in modo da violare tale principio.
In conseguenza di tale decisione, gli atti ultra vires non si applicano all'interno del territorio [dello Stato membro].
- La Costituzione vieta il trasferimento di poteri in misura tale che [uno stato] non possa più essere considerato un paese sovrano e democratico.
Tralascerò le
prossime citazioni per non occupare troppo del vostro tempo. Passerò
direttamente alle ultime due.
- La Costituzione è la legge suprema della Polonia in relazione a tutti gli accordi internazionali che la vincolano, compresi gli accordi sul trasferimento di competenze in determinate materie. La Costituzione godrà del primato di validità e applicazione nel territorio della Polonia
E ultima citazione:
Vedo l'agitazione
sui vostri volti, capisco che in quest'Aula, almeno in parte, non siete d'accordo. Ma non capisco perché.
Perché queste citazioni provengono da decisioni del Consiglio costituzionale
francese, dalla Corte suprema danese, dalla Corte costituzionale federale
tedesca. Ho omesso le citazioni della corte italiana e spagnola.
E le citazioni delle
sentenze del Tribunale polacco si riferiscono al 2005 e il 2010. Quindi, dopo che
la Polonia è diventata membro dell'Unione europea. La dottrina che oggi
difendiamo è consolidata da anni.
Vale anche la pena
di citare il professor Marek Safjan, già presidente della Corte costituzionale
polacca e oggi giudice alla Corte di giustizia: «In base alla Costituzione, non
vi è fondamento alla tesi della supremazia del diritto dell'UE sull'intero
ordinamento nazionale, comprese le norme costituzionali. Non vi sono ragioni!
Secondo la stessa Costituzione, essa è la legge suprema della Repubblica di
Polonia (art. 8 comma 1). La citata norma contenuta nel comma 2 dell'art. 91
prevede expressis verbis il primato del diritto comunitario in caso di
collisione con una fonte primaria, ma non con la norma costituzionale”.
Questa posizione dei
tribunali nazionali non è nuova. Potrei citare altre dozzine di sentenze in
Italia, Spagna, Repubblica Ceca, Romania, Lituania e altri paesi. Si afferma
anche che alcune di queste sentenze si sono occupate di altri casi, di portata
minore. È vero: ogni giudizio riguarda sempre qualcosa di diverso. Ma - per
l'amor di Dio! - hanno una cosa in comune: confermano che i tribunali
costituzionali nazionali riconoscono il loro diritto di controllo. Il diritto di
controllo! Questo è quanto ed è tanto! Controllare se il diritto dell'Unione è
applicato nei limiti delle competenze che gli sono state attribuite. Dedicherò ora alcune considerazioni
all'Unione come spazio di pluralismo costituzionale.
Onorevoli deputati.
Ci sono paesi tra noi dove le corti costituzionali non esistono, e quelli dove invece ci sono. Ci sono paesi in cui l’adesione all'Unione Europea è scritta
nelle loro costituzioni, e ci sono paesi in cui non è scritta. Ci sono paesi in cui
i giudici sono scelti da politici democraticamente eletti, e ci sono paesi in
cui sono scelti da altri giudici.
Pluralismo
costituzionale significa che c'è spazio per il dialogo tra noi, i nostri paesi con
i loro ordinamenti giuridici. Questo dialogo avviene anche attraverso le
sentenze dei tribunali. In quale altro modo i tribunali dovrebbero comunicare
se non attraverso le loro sentenze? Tuttavia, non può esserci un consenso sull'impartire istruzioni e ordini agli Stati. Non è di questo che si occupa
l'Unione europea. Abbiamo molto in comune, vogliamo avere sempre di più in
comune, ma ci sono differenze tra noi. Se vogliamo lavorare insieme,
dobbiamo accettare l'esistenza di queste differenze, dobbiamo accettarle, dobbiamo
rispettarci l'un l'altro.
L'Unione non andrà
in pezzi per il fatto che i nostri sistemi giuridici sono diversi. Operiamo in
questo modo da settant'anni. Forse in futuro apporteremo modifiche che
avvicineranno ulteriormente le nostre legislazioni. Ma perché ciò accada, è
necessaria una decisione degli Stati membri sovrani.
Oggi ci sono due
atteggiamenti che possiamo adottare: o possiamo accettare tutti i tentativi
extra-giuridici, al di fuori dei trattati, di limitare la sovranità dei paesi
europei, inclusa la Polonia, con un’espansione strisciante delle competenze di
istituzioni come la Corte di giustizia, con una "rivoluzione
silenziosa" sulla base non di decisioni democratiche, ma di sentenze di
tribunali - oppure possiamo dire: "No, miei cari" - se volete fare
dell'Europa un superstato senza nazione, guadagnatevi prima il consenso di
tutti i paesi europei e delle loro società civili.
Lo ripeto ancora una volta: la legge suprema della Repubblica di Polonia è la Costituzione. Essa precede le altre fonti del diritto. Nessun tribunale polacco, nessun parlamento polacco e nessun governo polacco possono discostarsi da questo principio.
Tuttavia, vale anche
la pena sottolineare che la Corte polacca, anche nella recente sentenza, non ha
mai affermato che le disposizioni del Trattato sull'Unione siano del tutto
incompatibili con la Costituzione polacca. Anzi! La Polonia rispetta pienamente
i trattati.
Questo è il motivo
per cui la Corte costituzionale polacca ha affermato che un'interpretazione
molto specifica di alcune disposizioni del Trattato, risultante dalla recente
giurisprudenza della Corte di giustizia, era incompatibile con la Costituzione.
Per chiarire questo
punto, passerò ora, nella parte successiva del mio intervento, a delineare i
rischi per l'intero sistema sociale quando lo status di un giudice è contestato
da un altro giudice.
Secondo
l'interpretazione del Tribunale lussemburghese, i giudici dei tribunali
polacchi sarebbero obbligati ad applicare il principio del primato del diritto
europeo non solo sulle norme primarie nazionali - cosa indubbia - ma anche a
violare la Costituzione e le sentenze della propria Corte costituzionale!
L'adozione di questa interpretazione può comportare come conseguenza il ribaltamento arbitrario di milioni di sentenze emesse dai tribunali polacchi negli ultimi anni e la rimozione dall'incarico di migliaia di giudici. Milioni di sentenze! Ciò può essere contrario ai principi di indipendenza e inamovibilità, e al principio della stabilità e certezza del diritto applicato da un tribunale, che derivano tutti direttamente dalla Costituzione polacca. Non vi rendete conto a cosa potrebbe portare tutto questo?! Qualcuno di voi vuole davvero introdurre l'anarchia, la confusione e l'illegalità in Polonia?
La conseguenza
sarebbe un abbassamento fondamentale dello standard costituzionale di tutela giudiziaria
dei cittadini polacchi e un caos giuridico inimmaginabile.
Nessuno Stato
sovrano può accettare una simile interpretazione. Accettarlo significherebbe
che l'Unione cessa di essere un'unione di paesi liberi, uguali e sovrani - e
che si trasformerebbe, con il metodo del fatto compiuto, in un organismo
parastatale amministrato centralmente, le cui istituzioni possono imporre alle
sue "province" tutto quello che considerano giusto. Questo non è mai
stato concordato.
Questo non è ciò che
abbiamo concordato nei Trattati. Vale certamente la pena discutere se l'Unione
debba cambiare. Dovrebbe aumentare il suo bilancio? Dovremmo spendere di più
per la sicurezza comune? Le spese per la difesa non dovrebbero essere sottratte
alle procedure di disavanzo di bilancio? Questo è ciò che propone la Polonia!
Non dovremmo rafforzare la nostra resilienza nei confronti dei pericoli ibridi, delle minacce
informatiche? Non dovremmo controllare meglio gli investimenti nei settori
strategici dell'economia? Come finanziare in modo equo ed efficace la
trasformazione energetica e climatica? Come rendere più efficace il nostro
processo decisionale? Cosa possiamo fare per evitare che i nostri cittadini si
sentano sempre più alienati nell'UE?
Pongo queste domande
perché credo che le risposte a queste domande determineranno il futuro
dell'Unione. Dovremmo discutere di tutto questo.
Dedicherò quindi ora
alcune considerazioni alla questione dei limiti delle competenze dell'Unione e
delle sue istituzioni.
Non si dovrebbero
prendere decisioni importanti modificando l'interpretazione della legge.
Il successo
dell'integrazione europea sta proprio in questo: quella legge è derivata dai
meccanismi che collegano i nostri stati in altre aree.
Il tentativo di
ribaltare questo modello di 180 gradi - e imporre l'integrazione attraverso
meccanismi giuridici - è un allontanamento dai presupposti alla base del successo
delle Comunità europee.
Il fenomeno del
deficit democratico è stato oggetto di discussione per anni. E questo deficit è
andato peggiorando. Tuttavia, non è mai stato così evidente come negli ultimi
anni. Sempre più spesso, attraverso l'attivismo giudiziario, le decisioni
vengono prese a porte chiuse e c'è una minaccia per i paesi membri. E sempre
più spesso – questo viene fatto senza una base chiara nei trattati, ma
attraverso una loro reinterpretazione creativa. E senza alcun reale controllo.
E questo fenomeno è in crescita da anni.
Oggi quel processo è
arrivato a un punto tale che dobbiamo dire basta. Le competenze dell'Unione europea hanno i loro
limiti. Non dobbiamo più tacere quando vengono superati.
Per questo diciamo
SI all'universalismo europeo e NO al centralismo europeo.
Io, come tutti voi
in quest'Aula, sono soggetto al controllo democratico. Saremo tutti chiamati a rispondere di tutte
le nostre azioni. Rappresento un governo che è stato eletto nel 2015 e per la
prima volta nella storia polacca un solo partito ha raggiunto la maggioranza assoluta.
Ecco perché abbiamo intrapreso un ambizioso programma di riforme sociali.
E il popolo polacco
ha deciso: alle successive elezioni del 2018, 2019, 2020, ha fatto una
valutazione democratica del nostro governo. Con la più alta affluenza alle urne
della storia, abbiamo ottenuto il mandato democratico più forte della storia.
Da 30 anni nessun partito aveva mai raggiunto un risultato elettorale simile a “Diritto
e Giustizia”. E questo senza il supporto di paesi stranieri, senza il supporto
delle grandi imprese, senza nemmeno un quarto dell'influenza sui media dei nostri
concorrenti, che hanno plasmato la Polonia dopo il 1989.
Riceviamo lezioni paternalistiche
sulla democrazia, lo stato di diritto, su che forma dovremmo dare alla nostra
patria, sul fatto che stiamo facendo scelte sbagliate, che siamo troppo
immaturi, che la nostra democrazia è presumibilmente "giovane" – questo
è il corso fatale della narrazione proposta da alcuni.
La Polonia ha una
lunga tradizione democratica. Anzi anche una tradizione di
"Solidarietà".
Sanzioni,
repressione dei paesi economicamente più forti contro quelli che stanno ancora combattendo
con l'eredità di essersi trovati dalla parte sbagliata della cortina di ferro:
non è una strada giusta. Dobbiamo tutti tenere a mente le conseguenze.
La Polonia rispetta i principi dell'Unione, ma non si lascia intimidire. La Polonia si aspetta un dialogo su questo tema.
Per migliorare il
processo di formazione di questo dialogo, è opportuno proporre dei cambiamenti
istituzionali. Si potrebbe istituire una sezione della Corte di giustizia,
composta da giudici nominati dalle corti costituzionali degli Stati membri, con
l’obiettivo di un dialogo permanente, secondo il principio dei pesi e
contrappesi. Oggi vi presento una proposta del genere. Le decisioni finali devono spettare ai popoli e agli stati, ma i tribunali dovrebbero avere una piattaforma
di questo tipo per trovare un terreno comune.
In conclusione,
onorevoli deputati, dobbiamo anche rispondere alla domanda: da cosa l'Europa ha
tratto vantaggio nel corso dei secoli? Cos’è che ha reso la civiltà europea
così forte?
La storia risponde
così: siamo diventati potenti perché eravamo il continente più diversificato
del pianeta.
Niall Ferguson
scrive: "gli imperi monolitici dell'Oriente soffocavano l'innovazione,
mentre nell'Eurasia occidentale, montuosa e attraversata dai fiumi, numerose
monarchie e città-stato erano in competizione creativa e comunicavano
costantemente tra loro".
Così l'Europa ha
vinto, trovando un equilibrio tra competizione creativa e comunicazione. Tra
competizione e cooperazione. Oggi abbiamo di nuovo bisogno di entrambe.
Onorevoli deputati.
Voglio un'Europa forte e grande. Voglio un'Europa che si batta per la
giustizia, la solidarietà e le pari opportunità. Un'Europa capace di resistere
ai regimi autoritari. Un'Europa che privilegi le soluzioni economiche più
innovative. Un'Europa che rispetti la cultura e le tradizioni con le quali è
cresciuta. Un'Europa che riconosca le sfide del futuro e lavori alle migliori
soluzioni per il mondo intero. Questo è per noi un grande compito. Per tutti
noi, cari amici. Solo così i cittadini europei troveranno in se stessi la
speranza di un domani migliore. Troveranno in se stessi la volontà di agire e
la volontà di combattere. È un compito difficile. Ma intraprendiamolo.
Intraprendiamolo insieme. Viva la Polonia, viva l'Unione Europea degli Stati sovrani,
viva l'Europa, il più grande paese del mondo!
Grazie mille.