Terza e ultima parte del pezzo mandato da Nicola, tratto dal n.16 della Rivista Indipendenza.org, che analizza il caso Grecia dal punto di vista dei meccanismi finanziari... forse più difficili da capire dei luoghi comuni sui greci spreconi...
Prima della crisi greca. Le consulenze interessate delle grandi banche USA
Il caso greco scoppia con la rivelazione, amplificata dalla grande stampa anglosassone –la stessa che ha coniato (copyright: The Economist) l'acronimo razzista PIGS, maiali in inglese, per riferirsi a Portogallo, Irlanda o talvolta anche Italia, Grecia e Spagna–, dello stato reale dei conti pubblici di Atene da parte del neo insediato governo socialista. Si tratta dell’ennesima operazione di “cosmesi contabile” predisposta da Atene, niente affatto una prerogativa del paese ellenico: cfr. Financial Times, 5 novembre 2001, “I trucchi dell’Italia per entrare nell’euro”, ed il «Perché lei, nella sua vita, ha mai visto un bilancio non falso?», proferito al giudice durante l’interrogatorio sul crack della Ferruzzi dal “mitico” presidente di Mediobanca, Enrico Cuccia. Trucchi contabili, effettuati dai governi precedenti con contratti derivati (un giochino finanziario, chiamato Swap) offerti dalle banche d'affari USA Goldman Sachs e JP Morgan Chase, avevano mascherato il reale rapporto deficit/PIL monitorato da Bruxelles e Francoforte, ipotecando al contempo alcuni settori della propria economia.
Contratti, scrive sempre il New York Times –13 febbraio 2010–, analoghi a quelli sottoscritti con il governo Prodi nel 1996, ulteriore elemento che dovrebbe gettare più di un dubbio sul preteso risanamento del centrosinistra...
Una serie di meccanismi swap messi a punto dalle due banche hanno permesso nel 2001 alla Grecia – legalmente secondo i criteri di Eurostat, che comunque non poteva ignorare l'effettiva veridicità dei conti pubblici di Atene – di sgonfiare il debito, presentando come vendite con pagamenti differiti quelli che erano 'semplici' prestiti bancari. Utilizzando tecniche di ingegneria finanziaria, la Goldman Sachs ad esempio assumeva passività di Atene –evitando così una loro contabilizzazione nel bilancio pubblico– in cambio di introiti futuri del governo greco (dalle tasse aeroportuali, ai pedaggi autostradali, agli incassi legati alle lotterie di Stato...). In Italia 'finanziamenti' anche identici a questi hanno preso il nome di “finanza creativa”.
L'ex ministro delle Finanze, George Alogoskoufis, criticò “l'affare Goldman” in Parlamento nel 2005, affermando che avrebbe pesato sui conti greci fino al 2019: dichiarazioni che aprono inquietanti interrogativi sugli effetti, in Italia, dei derivati nei conti pubblici, anche quelli degli Enti Locali, come mostrato dallo scandalo dei derivati sottoscritti dal comune di Milano.
Anche quando i trucchi contabili divennero pubblici, un'equipe di banchieri di Goldman Sachs – riferisce sempre il succitato New York Times – arrivò ad Atene all'inizio di novembre – tre mesi prima che Atene diventasse l'epicentro delle note speculazioni sui “debiti sovrani” nell'Eurozona– per presentare “nuove proposte” al governo Papandreu ritrovatosi con un deficit ormai al 12,7% del PIL in seguito ai salvataggi pubblici delle banche greche vittime anch'esse della crisi finanziaria made in USA. La proposta venne respinta, ma Goldman Sachs non deve aver perso influenza se si pensa che alla gestione del debito pubblico greco è stato chiamato Petros Christodoulou, ex Goldman Sachs e JP Morgan (Il Sole 24 Ore, 24 febbraio 2010): insomma, i Prodi ed i Draghi esistono anche in altri Paesi...
Le cause tecniche della crisi greca
Un succinto riepilogo degli avvenimenti salienti della speculazione sulla Grecia mette ancora una volta in primo piano il ruolo giocato dalla finanza USA. L'8 febbraio 2010 cenano insieme a New York sei tra i finanzieri più potenti degli USA: George Soros, John Paulson, Steven Cohen. Assieme a loro Donald Morgan, David Einhorn e Andy Monness. Nei giorni successivi alla cena inizia il travolgente movimento ribassista sull’euro (Panorama, 10 marzo 2010). Salgono vertiginosamente i futures (contratti standardizzati con cui le parti si impegnano a scambiarsi, a un prezzo predefinito e a una data futura, attività reali o finanziarie di cui non se ne detiene ancora il possesso) contro l’euro, che a fine febbraio raggiungono punte, allora record, di 70mila contratti. Una segnalazione al “mercato” che un movimento importante era in atto. La psicologia gregaria degli investitori ed i sistemi informatici di trading (compravendita di prodotti finanziari) avrebbe fatto il resto: amplificare e propagare la dinamica ribassista sull'euro. Gli stessi servizi segreti di Atene hanno accusato quattro fondi d'investimento – tre amerikani (Moore Capital, Fidelity International e Paulson & Co) e uno inglese (Brevan Howard, il maggior gestore di hedge funds –fondi d'investimento speculativi– d'Europa) – di seminare il panico sui mercati scommettendo sul ribasso del prezzo dei titoli di Stato greci. «I quattro fondi hanno assunto posizioni corte [cioè vendita – sul mercato dei derivati – di titoli allo scoperto, non ancora posseduti, con l'intento di acquistarli successivamente a quotazioni più basse, ndr] sul debito greco vendendo massicciamente e quotidianamente i nostri bond a dicembre per poi ricomprarli una volta scese le quotazioni», sostiene in un suo rapporto l'Intelligence ellenica (cfr. quotidiano greco To Vima, 19 febbraio 2010).
Forse a partire dalle risposte giudicate insufficienti dei governi europei, si decise di far deflagrare altre mine per provocare una valanga di dimensioni colossali. Entrano così in gioco i contratti derivati di Credit Default Swap (CDS) e le valutazioni delle agenzie di rating.
I CDS sono una sorta di polizza assicurativa contro il rischio di mancato pagamento di uno Stato o di un'impresa. Nati quindi come strumenti di copertura del rischio, con le deregolamentazioni finanziarie promosse da Washington sono diventati, così come tutti i contratti derivati, “armi di distruzione finanziaria di massa” (copyright: il noto finanziere Warren Buffet). La deregolamentazione consente infatti di “scommettere” sul fallimento dello Stato/impresa nel mirino anche senza detenerne materialmente i titoli. Questi contratti rappresentano cifre immani, mosse non solo per assicurare i propri credito (e come si potrebbe, visto che l'ammontare dei CDS è di gran lunga superiore ai debiti in questione?) ma soprattutto per speculare. E chi domina, comanda e pilota il mercato dei CDS, influenzando in maniera decisiva anche il prezzo delle obbligazioni ed andando ad intaccare in modo devastante il fattore fiducia sugli emittenti? Il 75% dei CDS (dati OCC, Organismo di controllo del Tesoro USA) è mosso da cinque grandi banche di Wall Street: JP Morgan Chase, Bank of America, l'immancabile Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup, che gli utili li fanno ormai solo con la finanza creativa e il trading. Ed in quale valuta vengono trattati i famigerati CDS? Ovviamente in dollari, ancora oggi la preferita valuta di riserva internazionale, utilizzata in percentuali bulgare nelle transazioni finanziarie e commerciali mondiali: non male per una moneta di cui troppo prematuramente è stata annunciata la fine, secondo alcuni addirittura a scapito dell'euro...
Intrecciate a queste scorribande speculative si sono mosse le tre agenzie di rating, partecipate dalle solite banche e fondi d'investimento anglosassoni (alla faccia del “conflitto d'interessi”) e pagate dalle stesse società di cui dovrebbero giudicare la “solvibilità”. Il rating in sostanza è pilotato. Molti sono gli scandali finanziari e le “sviste” che hanno messo in dubbio la “credibilità” delle “tre sorelle”. E poi, perché un'agenzia privata deve giudicare “l'affidabilità” degli Stati? I loro insindacabili giudizi ed anche i loro report continuano però a rivestire un'importanza cruciale. Nello specifico hanno rinvigorito la pressione ribassista. Non si tratta soltanto di alimentare nei risparmiatori preoccupazioni e timori, quindi crollo di fiducia e vendite. Per le regole di funzionamento del mercato finanziario globale, banche e fondi istituzionali sono obbligate a detenere in portafoglio o in bilancio certe quote di titoli con rating elevato: un declassamento, come avvenuto con la Grecia, scatena dunque un'ondata di vendite forzate (Corriere della Sera, 30 aprile 2010). Certe esternazioni, per tempi e contenuti, sembrano ispirate ad una valutazione prettamente politica. La mattina del 6 maggio scorso Moody's sostiene che «la crisi del debito greco può colpire le banche di vari Paesi fra cui il Portogallo, la Spagna, l'Italia, l'Irlanda e la Gran Bretagna». Un flash d'agenzia rilasciato con un tempismo perfetto per gli scommettitori al ribasso: proprio in quei minuti Madrid chiudeva una delicatissima asta dei suoi titoli di Stato; i parlamenti di Atene e Berlino discutevano sacrifici e prestiti per la Grecia; le Borse europee cercavano di stabilizzarsi. Dopo questa dichiarazione, poi ritrattata, crollano inoltre tutti i titoli finanziari italiani, facendo la gioia di coloro che li avevano “venduti allo scoperto”.
Integrazione UE, subprime USA, crisi greca. Gli intrecci perversi della globalizzazione finanziaria
Ricapitolando: fondi speculativi anglosassoni avviano lo scorso febbraio speculazioni in massa sul debito greco e sull'euro. L’operazione viene agevolata dalle tre agenzie di rating USA e coinvolgono le banche d'affari USA, che muovono i CDS oltre che altri grandi fondi di investimento. La potenza di fuoco mobilitata diventa micidiale grazie all’effetto moltiplicatore dei derivati. A parte tutto questo, comunque, rimane inevaso un interrogativo ben pregnante: fermi restando i trucchi contabili, come è stato possibile che si determinasse una così accentuata escalation del rapporto deficit/PIL greco?
Oltre agli effetti restrittivi nell'economia indotti negli ultimi decenni dai famigerati parametri di Maastricht, effetti che, analogamente a quanto successo in Italia, hanno spinto Tesoro ed Enti Locali a ricorrere ai 'servizi' delle banche d'affari internazionali, e senza dimenticare la non marginale spesa militare sostenuta a beneficio dell'industria tedesca, negli ultimissimi anni si è aggiunto un ulteriore elemento a determinare la brusca impennata del rapporto deficit/PIL: il salvataggio delle banche greche.
I loro bilanci si sono ritrovati intossicati dalle cartolarizzazioni made in USA e sono stati risanati a spese di un aumento del debito pubblico che ha socializzato le perdite e privatizzato i profitti. Si tratta di un dato che innesca una significativa catena di perché che chiama in causa il significato del processo di integrazione europea. Che la crisi finanziaria, innescata dalle insolvenze dei mutui subprime nel 2007 negli USA, sia arrivata a devastare i bilanci delle banche europee (quelle tedesche in primo luogo), ci dice che la globalizzazione finanziaria, promossa dagli USA a partire dagli anni Settanta, ha trovato il suo canale di diffusione – e di infezione – in Eurolandia proprio grazie a quel processo di integrazione dei mercati finanziari internazionali e di ristrutturazione della governance delle grandi banche promosso dalle normative europee sotto gli auspici di Washington.
La trasformazione delle banche da enti con finalità di sviluppo economico ad imprese con finalità di profitto; il passaggio da una finanza legata al territorio e caratterizzata nazionalmente, ad una “orientata al mercato”, acquirente e/o distributrice al pubblico di prodotti finanziari anche concepiti all'estero (si tenga presente come in particolare i bilanci delle banche tedesche siano risultati gravemente colpiti dalle insolvenze dei mutui subprime USA), ad alta redditività/rischio; la liberalizzazione dei movimenti di capitale; la deregolamentazione finanziaria e lo smantellamento di controlli di politica valutaria e del credito (tra questi il ricorso alla leva delle svalutazioni competitive per alleviare lo stato dell'economia interna); l'affidamento della gestione delle aste di titoli di Stato alle grandi banche internazionali; la cessione della sovranità monetaria e le reciproche (inter)dipendenze finanziarie: sono tutti elementi –e tappe imposte dal processo d'integrazione europea– che non possono essere tralasciati nella composizione del puzzle greco, pena il perdurare di perniciosi equivoci. Non è dunque vero che ci vuole più Europa per fronteggiare i mercati; anzi sono state proprio le "regole" imposte dall'Europa che già c'è ad aver permesso lo scardinamento assoluto del sistema di protezioni degli Stati per mano degli speculatori d'oltre Oceano. Quale “insolvenza” avrebbe rischiato uno Stato greco indebitato nei confronti dei propri cittadini piuttosto che degli investitori esteri e dotato della facoltà di battere moneta emettendo credito sovrano per finanziare il proprio debito pubblico?
Chi dunque veicola e reitera, nell’immaginario collettivo, l'argomentazione che l'attuale crisi del debito che ha colpito la Grecia sia frutto di una frode di bilancio dei conti pubblici operata dai governanti ateniesi che ha permesso il dilagare di corruzione ed evasione fiscale ad alti livelli, lo fa quindi per mascherare i fattori suddetti di effettiva causa/responsabilità.
Conclusioni
In sostanza, beni appartenenti alla nazione sono dati in pegno o in usufrutto od anche venduti, al fine di intascare i capitali necessari per adempiere gli obblighi europei e nel contempo investire in grandi opere (es. Ponte sullo Stretto di Messina) comportanti peraltro gravi danni all’ambiente.
Le previste opere per infrastrutture e la privatizzazione di beni dello Stato sono dunque un’ulteriore cartina al tornasole per constatare l’alterità tra interessi collettivi e quelli capitalistici. L’ambiente, così come i beni culturali, di interesse storico ed artistico, dovrebbero appartenere ed essere fruiti dalla collettività. Se sul piano dei princìpi ciò sembrerebbe acclarato, non lo è se si guarda alla sua effettualità in un contesto sociale capitalistico. Rimanendo al solo ambito giuridico, il principio dell’appartenenza collettiva di tali beni richiederebbe l’affermazione del principio della proprietà collettiva e l’approntamento di un apposito regime di tutela e fruibilità da parte di un soggetto collettivo qual è una comunità nazionale. Una soluzione che contrasta con certi capitalistici princìpi giuridici, che vedono proprietà e soggettività giuridica soltanto in termini esclusivi ed individuali. In quest’ottica, i cosiddetti beni demaniali non sono da considerarsi beni della collettività, cioè di una pluralità di soggetti, bensì beni dello Stato, cui viene riconosciuto dal diritto lo statuto di persona giuridica.
Non si fraintenda: se è giusto riconoscere agli individui la proprietà e l’uso esclusivo di determinati beni (la casa, ad esempio), occorrerebbe anche riconoscere a tutti l’appartenenza di beni come l’ambiente. La proprietà individuale dovrebbe coesistere con la proprietà collettiva dei beni, così come riconosciuto nel diritto romano, che distingueva tra res in commercio (beni che potevano essere acquistati e venduti) e res extra commercium, che appartenevano alla collettività, e non potevano essere oggetto di compravendita essendo già nel patrimonio di tutti.
Classificazioni concettuali, queste ed altre, dal contenuto significativo e di notevole utilità operativa, che non casualmente si richiamano a princìpi di natura nazionalitaria. Essenziali per dare contenuto ad una progettualità di ripensamento radicalmente critico delle attuali società capitalistiche.
Un progetto nazionale di indipendenza politica non può non scrollarsi di dosso anche le forme della dipendenza finanziaria ed economica.
Ciao Carmen,
RispondiEliminada un po' di tempo seguo il tuo blog, piuttosto interessanti gli articoli che vi posti, in particolare questi ultimi tre, che comunque non mi erano nuovi, essendo di alcuni anni fa.
I pezzi che hai esposto, infatti, riprendono in toto scritti pubblicati sulla rivista “Indipendenza” (riferimenti web: www.rivistaindipendenza.org; http://indipendenza.lightbb.com), in grandissima prevalenza sul numero 16 negli articoli “Debito pubblico ed unificazione europea – dall’integrazione monetaria all’indebitamento estero” e “Note sul dominio della finanza statunitense – derivati, rating, cartolarizzazioni” (cfr. http://www.rivistaindipendenza.org/sommari_articolati/sommario%20articolato%20n.%2016.htm) e sul numero 28, “La Grecia e noi: dalla speculazione finanziaria al protettorato atlantico - i "come" e i "perché" di una crisi indotta” .
Tale materiale ha poi costituito la base di una delle tante iniziative presentata da “Indipendenza” all'Associazione Arcobaleno di Roma. Mi sembra giusto precisarlo, ritenendo che il lavoro di “Indipendenza”, per quanto costituisca una piccola realtà, meriti di essere conosciuto e riconosciuto.
Se eventualmente, nel leggere i sommari estesi, dovessi trovare qualche articolo interessante (penso che potrebbe interessarti molto quello sulla crisi greca, pubblicato sul numero 28, giugno 2010, che approfondisce ulteriormente il materiale esposto nel blog), mandando una e-mail alla redazione dovrebbero spedirti un numero in omaggio.
Buon lavoro e tante belle cose.
Alessandro
Grazie Alesandro, in effetti non avevo trovato, dal sito dell'Associazione, la fonte originale di questi documenti.
RispondiEliminaProvvedo subito a indicarla, e senz'altro scriverò alla redazione.
Sono molto felice della collaborazione dei lettori...;))
una lunga trilogia per dire che i greci (gli italiani, i portoghesi... mettici chi vuoi) spendono più di quello che si possono permettere e che sì, è giusto così! e che quando le cose vanno male, cioè quando finiscono i soldi, la colpa è sempre altrove (è colpa del creditore se il debitore ha scelto di indebitarsi, è colpa del mercato se la gente non fa la fila per comprarsi le obbligazioni greche, è colpa dei matematici se 2 + 2 fa 4, è colpa degli alchimisti se non hanno trovato la pietra filosofale...) mai dei veri responsabili: i governi greci liberamente scelti dai loro cittadini!
RispondiEliminaun po' di par condicio con der spiegel?
giorgio
Grazie Carmen per la lettura che mia hai suggerito, sui Cambi e la Bilancia dei pagamenti, e per la tua spiegazione davvero chiara ed "illuminante", per il sottoscritto.
RispondiEliminaAdesso finalmente le "fitte nebbie sul debito pubblico" si sono diradate. Era da molto che cercavo di capire le vere cause che lo avevano causato; perchè nessuno, nè politici, nè giornalisti, nè professori, ce lo spiegano, a noi comuni mortali. A questo punto posso affermare, parafrasando uno dei politici protagonisti e responsabili di quel tempo, che si è trattato di un micidiale "gioco al massacro", a danni dei cittadini italiani, che causerà probabilmente in futuro, indicibili sofferenze sociali ed economiche. Rompere un equilibrio finanziario,senza alcuna contromisura, che rendeva il nostro Sistema ed il nostro debito, sostenibile, non so se devo definirlo da criminali, o da sconcertanti dilettanti, o da sudditi asserviti e soggiogati ai Poteri stranieri. Ad ogni modo in tale sciagurato contesto, si inserisce in modo perfetto e altrettanto sciagurato, il famigerato "divorzio" tra Bankitalia e Tesoro:
<>.
Fonte: http://www.umanista.info/spip.php?article1#nh25
Sono afflitto e disgustato!!!
Buonanotte Carmen, e Dio ti benedica!
Nicola.
@ Katobledo:
RispondiEliminatagliare i fondi al pubblico e grazie alla deregolamentazione selvaggia speculare sull'indebitamento! Queste sono le lezioni di correttezza e moralità nell'agire sociale che ci arrivano dalla finanza. Lasciamo perdere, Giorgio, il moral hazard dei mercati non ha niente da insegnare a nessuno.
@carmen the sister
RispondiEliminadalle tue parole sembra quasi che tagliare i fondi al pubblico sia un'azione moralmente riprovevole e perciò ti chiedo: è invece "giusto" prendere qualcosa senza pagare? è lecito vivere nell'ozio alle spalle di chi lavora? è corretto pretendere la roba degli altri?
penso che anche il giudizio morale, oltre al fatto pratico che chi ha dato fiducia al fedifrago una volta fatichi a ripetere lo stesso errore, debba essere valutato: non è giusto mancare alla parola data, e quando una persona (o uno stato) prende liberamente un impegno DEVE rispettarlo.
c'è poi un altro aspetto: tutto questo piagnisteo sui "poveri greci" e il tentativo di giustificarne le malefatte va a danno dei greci stessi che infatti, invece di darsi una raddrizzata e comportarsi da persone responsabili cercano argomenti dietro cui nascondere la propria insipienza
e da ultimo farebbero bene a considerare che per loro è meglio perdere i soldi e conservare l'onore piuttosto che perdere i soldi e pure l'onore
Carmen, tu, TU presteresti i TUOI soldi al governo greco? compreresti domani un bel bond decennale della Grecia (magari a 100, perchè non vogliamo mica passare per strozzini, giusto)? ecco appunto, lascia perdere: mi pare che i mercati non abbiano niente da insegnare perchè abbiamo tutti già imparato...
giorgio
Ciao Katobleto,
RispondiEliminascusa ma mi spieghi cosa di ha guadagnato l'Italia a sottostare alle regole del dio mercato! Nel 1980 l'Italia aveva un debito pubblico del 62% del PIL, poi per entrare nello SME, per tutti i motivi menzionati nell'articolo, nel 1990 ci siamo trovati con un debito del 97,2%, e addesso nel 2011 siamo quasi con un debito doppio rispetto al 1980!!! E questo nonostante manovre di rigore ed austerità, praticamente ininterrotte, dal 1991 fino ad oggi. Con tutte le manovre lacrime e sangue, effettuate dal 1991, Il saldo primario, senza spese per interessi, ci avrebbe consentito di avere un debito pubblico, ben al di sotto del parametro di Maastricht (al 60% del PIL); invece l'aumento della spesa per interessi, ci costa tra il 40% ed il 50% del rapporto debito/PIL. Cioè quasi la metà del nostro debito pubblico, non è altro che interessi da pagare, agli investitori, oggi in maggioranza stranieri. Negli anni 90 con quelle manovre, è avvenuta soltanto una colossale redistribuzione del reddito a favore della grande rendita, a discapito dei redditi da lavoro che sono stati tartassati dal taglio delle spese sociali, e dalla riduzione dei salari reali netti; e senza che ne beneficiasse il debito pubblico, che continuerà a salire a causa del servizio sul debito da pagare, che per il 2014 è previsto dal Ministero dell'Economia, arriverà alla bella cifra di 97,6 miliardi di euro!!!
Io non ho dubbi, per l'Italia, abbandonare il suo vecchio equilibrio di finanziamento pubblico, per accedere alla deregolamentazione del mercato, e alla ideologia europeista, è stato un micidiale gioco al massacro!!! Avremmo avuto molto ma molto meno danni, a fare come la Svizzera e la Norvegia, che evidentemente avevano capito il trappolone, e non si sono fatte ingabbiare, in un sistema che sarebbe diventato assurdo e masochistico.
Carissima Carmen, ho letto quanto hai messo in rete e che proviene da Nicola a cui va il mio più profondo ringraziamento, ovviamente anche a te.
RispondiEliminaDevo dire che la lettura è stata interessantissima, anche se ho dovuto farmi forza di leggere tutte queste malefatte... con purtroppo sviluppo di acidità di stomaco non da poco.
Due semmplici osservazioni - la prima riguarda quanto nel passato ho scritto nel tuo sito riguardante la vera finalità della creazione del debito pubblico, in quanto mi rifacevo a dichiarazioni storiche.
La seconda riguarda quello che ho sempre ribattuto in un modo o nell'altro che uno stato deve avere la propria SOVRANITA' MONETARIA.
A parte quanto scritto da Nicola, avrei una domandina da fare.
Posto che le banche private, sono una vera fabbrica di soldi.... saprai che vi sono le Cleamstrin ovvero delle banche/società cui transitano in modo silenzioso i capitali in mero delle banche, le quali vengono poi girate in conti nei cosi detti paradisi fiscali.
Ora leggendo quello che ha scritto Nicola, mi viene un sospetto/certezza, ovvero che le banche, in caso di investimenti fatto dalle stesse e non andato a buon fine, vanno a finire in un modo o nell'alro a cariscarsi nel debito pubblico, come ci insegna Nicola.
Mentre le stesse sarebbero assolutamente in grado di fare fronte a questi tracolli.
Idea sbagliata?
Saluti
Orazio
Ciao Nicola_Z,
RispondiEliminacosa ci ha guadagnato l'Italia a sottostare alla legge di gravità? e alle leggi della termodinamica? ecco, lo stesso per le leggi di mercato che, riguardo all'argomento, ci dicono che lo stock di beni/servizi disponibili è finito e i nostri utilizzi non possono eccedere quel limite.
Sarei d'accordo di non considerare vincolante la legge di gravità, e tutti i popoli della terra avrebbero diritto di levitare senza sforzo e naturalmente il moto perpetuo dovrebbe favorire indistintamente ricchi e poveri, ma purtroppo le cose non stanno così ed è meglio che facciamo i conti con la realtà più che con i nostri desideri.
Per la questione del debito penso che non si possa considerare alla stregua di una calamità naturale: il debito è aumentato in Italia (come altrove) perchè i governi hanno speso più soldi di quelli che riuscivano a raccogliere con le tasse, non per la congiura degli gnomi di zurigo! o pensi invece che lo stato in questi 40 anni abbia tenuto la condotta del "buon padre di famiglia", senza mai eccedere nelle spese, senza deficit, senza sprechi, salvo poi ritrovarsi indebitato fino al collo per uno scherzo del destino? è come se io, che guadagno 100 e spendo 110, dopo dieci anni mi ritrovo pieno di debiti e con il barista che non mi serve più capuccino e brioches "a credito" e mi mettessi ad inveire contro quello strozzino che non mi da più "il solito" senza pagare (in fondo capuccio e brioches è un diritto acquisito!) e contro le leggi del mercato: forse farei meglio a tagliare qualche spesa oppure cercarmi un lavoro dove mi pagano meglio, non credi anche tu?
@Orazio,
sì, idea sbagliata: il bilancio dello stato è un documento pubblico, discusso pubblicamente e consultabile da tutti e non mi risulta quanto affermi. Se invece hai qualche elemento di riscontro, perchè non indichi la voce del rendiconto finanziario che secondo te è la "copertura" di questi giri di soldi che "vanno a caricarsi nel debito pubblico"?
giorgio
Questo sotto è un estratto del manifesto del sito da cui hai estrapolato questo articolo.
RispondiEliminaHa me sembra una cosa delirante.
Mi piacerebbe sentire il parere dei tuoi lettori, di questo manifesto.
Buona lettura:
""INFORMAZIONE, DEMOCRAZIA, SOLIDARISMO, LIBERAZIONE
(English - Espanol )
Indipendenza è una rivista nazionalitaria nata nel 1986 sulla base di un denominatore comune: un radicale impegno anticapitalista ed antimperialista, che valorizzi, meglio, riabiliti, il concetto di indipendenza nazionale, nel complementare obiettivo della liberazione sociale.
Un osservatorio prevalentemente puntato sulla valenza dirompente di lotte di stampo nazionalitario (soprattutto basche, corse, irlandesi), le quali, nel cuore dell’occidente industrializzato, propongono modelli societari avanzati che fanno riferimento al socialismp ........(omissis)
Qualcosa di antitetico alla barbarie para fascista della pulizia etnica e all’autoritarismo degli Stati plurinazionali sedicenti democratici, che reprimono la diversità per esigenza di mercato.
........... (omissis)
Oligarchie che mirano ad imporre un’omologazione da supermarket attraverso l’annichilimento di ogni Sé individuale e collettivo, così da poter disporre di una massa di individui deboli e manipolabili, ridotti al rango di servi e di semplici consumatori.
A presentarsi come alternativa seriamente possibile al modello capitalista ed ai suoi strumenti di oppressione internazionale: Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio, NATO, ecc. Così come il diritto alla differenza non va confuso o mistificato con l’imposizione della differenza, con il razzismo differenzialista.
In questo senso il sentire "comunistico" di una nazione non si può fermare quindi al solo piano culturale, per poi riperpetuare nelle dinamiche sociali e politiche interne, quand’anche in lingua autoctona, la stessa logica di oppressione e di dipendenza che aveva dato origine alla lotta di liberazione.
Lo snodo strategico tra un approccio reazionario ed uno emancipatorio a
Nazionalitarismo, quindi, come proposta di liberazione sociale, di difesa del territorio e della natura dall’olocausto ambientale, strutturalmente prodotto dal carattere onnivoro e distruttivo del capitalismo e delle sue logiche di profitto.
Nazionalitarismo come proposta di antirazzismo, di solidarismo di base, di antifascismo non dogmatico, che sappia vedere e contrastare i germi dello sfruttamento e della persecuzione dell’altro ovunque questi si manifestino. In tale prospettiva ci sentiamo inter-nazionalisti, considerandoci vicini politicamente ed eticamente a qualunque realtà si muova in senso anticapitalista ed antimperialista.
Il nostro sogno egualitario, di giustizia sociale, di liberazione individuale e collettiva è, in quest’ottica, senza frontiere.""
Se avete tempo andate a leggervi per intero questo manifesto perché è meglio di Crozza quando imita Bersani. http://www.rivistaindipendenza.org/
@ Maurizio e Katobledo
RispondiEliminaVi rispondo insieme, perché evidentemente provenite dalla stessa scuola di pensiero.
Mi scuso se non ho il tempo di rispondere in maniera ampia e circostanziata, per cui mi limito solo a poche cose:
- il debito pubblico italiano è cresciuto dagli anni '80 soprattutto a causa degli esorbitanti interessi da pagare, dovuti alle nuove forme di finanziamento (sul mercato), su questo ne abbiamo già parlato ampiamente.
- non condivido affatto il paragone tra le leggi del mercato e le leggi della fisica, essendo l'economia una cosidetta scienza sociale, fatta dall'uomo e per l'uomo, e quindi priva di oggettività.
- in merito alla Rivista Indipendenza da cui è tratto il testo pubblicato, rivendico l'assoluta libertà di scegliere - si possono trovare analisi interessanti sul Financial Times, su Der Spiegel, su EuroIntelliigence, su ZeroHedge, su Naked Capitalism, su PragmaticCapitalism, o su Paolo Barnard, e anche sulla Indipendenza.org.
Senza con questo sposare anima e corpo tutte le tesi e le idee del sito di provenienza.
Infine vi esorto, se potete, a uscire da questa contrapposizione Statalismo/mercatismo che trovo molto infruttuosa.
Mettere l'accento e analizzare i meccanismi finanziari iniqui a cui porta un mercato selvaggio non regolamentato (iniqui perché giustificano esorbitanti guadagni da rendita a spese di chi lavora) non significa automaticamente giustificare la corruzione e l'inefficienza del pubblico.
Io penso che lo Stato dovrebbe autofinanziarsi, l'ho detto e sostenuto più volte qui nel blog, ma con questo non intendo sottoscrivere uno statalismo asfissiante o l'egualitarismo.
La direzione in cui penso occorra ricercare è quella dell'economia civile, bisogna che gli eccessi del mercato siano temperati da un obiettivo più ampio che non il semplice massimo profitto individuale, che esasperato ed elevato a unico principio guida porta a guerra, distruzione e odiose ingiustizie.
Appena ne troverò il tempo manderò delle "pillole" di economia civile, perché accanto alle critiche impietose del sistema attuale va portato uno spiraglio di alternativa....anche se il tempo stringe, attiviamoci per una evoluzione dell'umanità.
@ Orazio
Caro Orazio, la Euroclear Cleanstream a quanto sembra è una società di compensazione finanziaria interbancaria, all'interno della quale sicuramente si nasconde di tutto e di più, ma non i fondi neri del signoraggio che a mio parere non esistono. C'è invece di peggio.
@Nicola e Alessandro
Grazie, continuate a leggermi e a partecipare!
Ciao Katobleto,
RispondiEliminama che cosa centrano le leggi delle fisica, con i sistemi di finanziamento che uno Stato sovranamente può scegliere. Lo Stato italiano, ha scelto di cambiare sistema nel 1979/80, e da quando ha fatto questa sciagurata scelta, le cose sono terribilmente peggiorate, facendo non crescere, ma letteralmente espolodere il debito pubblico in un solo decennio, per tutte i motivi ben esposti nell'articolo. Quella scelta è stata disastrosa per l'Italia, con il senno di poi, mi pare evidente che non andava fatta; L'Italia ha abbandonato, il suo vecchio Sistema, per abbracciare, la deregolamentazione del dio mercato, ed il catastrofico miraggio dello SME. Il mercato dal 1980, ci ha fatto pagare interessi sul debito pubblico mostruosi, che prima l'Italia di certo non pagava in quei termini così esorbitanti, ecco perchè c'è stata l'esposione del debito pubblico!!! Debito che è destinato sempre a salire, perchè l'Italia ogni anno, deve pagare un servizio sul debito stellare, nel 2014, è previsto che sarà di 97,6 miliardi di euro!!! Lo capisci allora che non centrano nulla le leggi della fisica, ma centrano solo le scelte, che uno Stato sovrano ha fatto allora, e che evidentemente non andavano fatte! Sui titoli di Stato e gli interessi da pagare, l'Italia ha accettato delle regole, a cui prima del 79/80 per fortuna non era tenuta ad attenersi. Dopo l'accettazione di quelle regole la situazione è letteramente precipitata! un estratto di un'altro articolo:
"Se il tasso di interesse reale, depurato dall’inflazione, fosse pari al tasso di crescita del PIL, la spesa per interessi sarebbe neutra rispetto alla variazione del debito pubblico. In altri termini, se la remunerazione reale del risparmio investito in titoli di Stato fosse
stata uguale alla crescita del PIL, il rapporto debito pubblico/PIL sarebbe sceso, a parità di altre condizioni, nel 2002 al 64,1%, invece dell’attuale 109,4%. "
Fonte: http://www.gambelli.org/download/banche%20-%20finanza/Le%20vere%20cause%20della%20crescita%20del%20debito%20pubblico%20-%20Andrea%20Ricci.pdf.
Un'altro estratto di un'altro articolo di
centrofondi.it, ci fa vedere un grafico molto interessante sulla produzione altissima che aveva l'Italia fino agli 70, e poi dagli anni 80 in poi, cioè da quelle famose scelte sciagurate, la produzione italiana avrà un declino impressionante, dal quale non si riprenderà mai più:
" Una prova ulteriore del danno che questa avidità insaziabile e fuorimisura del sistema
bancario abbia inciso sulla nostra economia ce la offre questo grafico che prende in
considerazione la differenza tra la nostra produzione e la media europea".
" Se fino al 1972 abbiamo avuto una produzione superiore rispetto alla media europea
dell’8% e nel decennio successivo addirittura quasi del 40% (!!!), dal 1982 la nostra
economia non si è più ripresa.
I parametri suicidi degli accordi europei, il debito così alto e impossibile da ridurre e un
sistema di cambi fissi e penalizzanti come quelli adottati dall’euro, spiegano perché oggi
abbiamo tanta difficoltà a riprenderci"
Fonte: http://www.centrofondi.it/report/report_08_01_07.pdf.
Quindi lascia perdere, le leggi della fisica, quelle sono fuori discussione, noi mettiamo in discussione le scelte fatte all'epoca, e l'ideologia imperante che ci ossessionava, a far cambiare un Sistema, che si era dimostrato sostenibile, con un Sistema, che ci ha portato nel 2011, ad avere un debito pubblico, quasi il doppio di quello che avevamo nel 1980.!!! Gli sprechi, e la corruzione, centrano in maniera infinitisemale, al confronto con gli interessi alle banche di investimento, e il servizio sul debito pubblico da pagare ogni anno, che date le proporzioni è impagabile.
Saluti a tutti.
Nicola.
@Nicola_Z
RispondiEliminaPer leggi di natura applicate al bilancio statale intendo l'aritmetica: lo stato si finanzia tassando i propri cittadini, cioè una parte della ricchezza di ciascuno viene prelevata a beneficio delle iniziative pubbliche (scuola, sanità, difesa ecc.). Parlo di ricchezza e non di soldi perchè quello che serve a sostenere l'inziativa pubblica (come qualsiasi altra iniziativa) è la ricchezza: le scuole, ospedali, strade ecc. sono fatte di cemento e non di banconote, le persone mangiano il pane e non le monete. Posto che si vive in un sistema che ha superato il baratto e che dispone di una moneta (riserva di valore, unità di conto e strumento per le transazioni) utilizzabile, lo stato tassa i cittadini in una misura esprimibile da un numero che rappresenta una quota parte delle ricchezze globale della nazione disponibili per gli utilizzi del governo.
Quando io, come privato, ho in casa 1 kg di farina, posso preparare 1 kg di pane. Se ho 100 euro in tasca, con le regole dell'artimetica riesco a misurare il limite dei miei acquisti possibili: esiste un vincolo di bilancio che nel primo esempio è un limite fisico e nel secondo è un limite "contabile" ma sono assolutamente analoghi, sono esprimibili in termini numerici e rispondono alle leggi dell'aritmetica.
Il vincolo di bilancio esiste anche per lo stato come per qualsiasi altro soggetto: capita però che i governanti vogliano far contenta quanta più gente possibile (è bello far felice la gente: ti faccio lo stadio nuovo, il ponte sullo stretto, assumo migliaia di amici a libro paga, mando in pensione tutti dopo 18 anni di lavoro) ma che non se la sentano di far pagare subito il conto agli altri, perchè ricevere benefici dallo stato è bello metre pagare le tasse è brutto. E così chiedono i soldi in prestito, esattamente come la persona che vuole il SUV ma potrebbe permettersi al massimo la bicicletta e se lo compra a rate. E cosa fa lo stato quando si accorge che non ce la fa a pagare tutte le belle cose fatte e promesse ai cittadini? Le opzioni sono tre:
1) riduce le sue spese (ma così deve dire ai sui amici che non li può più tenere a libro paga, che la pensione ci sarà forse do 40 anni di lavoro... insomma riporta indietro il SUV), ma non è bello
2) sceglie di non pagare e, visto che è un debitore "forte" nessuno oserà fiatare, però anche questo non è il massimo perchè magari i creditori sono i suoi stessi cittadini e poi comunque i creditori diventano diffidenti e vogliono farsi pagare sempre di più
3) stampa soldi! in fondo il debito è espresso in unità di conto arbitrarie e il creditore non si accorgerà immediatamente che il pagamento che riceve è una quota della ricchezza complessiva minore di quella rappresentata dalla somma prestata... ma prima o poi se ne accorge e non gli piace
Riguardo alla sostenibilità del debito pubblico in assenza dell'unione monetaria credo che ci saremmo già avviati lestamente sulla terza opzione indicata sopra: avremmo avuto altre svalutazioni come quella del '92, ricordi? cosa significa in termini pratici per esempio per un operaio: equivale a una decurtazione del salario del 30%. perchè non s'incazza e non dà l'assalto al palazzo? perchè non se ne accorge subito: sente in TV di queste notizie di economia di cui non gli interessa e non le collega con il prezzo della benzina/pane/ecc. che aumenta, sarà colpa degli speculatori? certo, lo dice la TV...
Purtroppo occorre aprire gli occhi: NON CI SONO SCORCIATOIE! Economia sono letteralmente le "regole della casa": la casa è un luogo fisico soggetto a vincoli fisici e le regole da applicare sono quelle. Falsificare i dati sulle scorte presenti nella dispensa non riempie la pancia e si può pesare la farina in kg, in libbre o misurarla in sacchi che non ne cambia la quantità.
Per Carmen, non ho parlato di Signoraggio, per questa volta;) sto semplicemente dicendo che, per essere terra-terra, le Banche tramite Euroclear Cleanstream, ed altre, spostano i fondi riscossi in altri luoghi... e gli importi sembrano da capogiro.
RispondiEliminaPerchè ho fatto questa osservazione? semplice, fa tutto parte di un quadro che Nicola ha evidenziato e che io ho aggiunto per dovere di cronaca.
per katobleto, la migliore risposta te la data NICOLA_Z ... non ho altro da aggiungere salvo osservare che non hai letto nulla di quanto Nicola ha scritto.... salvo fare il saccente fuori luogo.
In aggiunta noto che non capisci che sto parlando di altro non di bilancio dello stato...
Più chiaro di così
Saluti.
Orazio
@carmen
RispondiEliminanessuna contrapposizione: sarebbe simpatico che rispondessi... per esempio: tu le compreresti oggi le obbligazioni greche a 100? se, come credo, la risposta è no, da questa tua giusta scelta potrebbe scattare anche per te un momento di riflessione
pace e bene!
gheorgòs
No, Katobledo, non giocherei d'azzardo sui mercati finanziari. Punto. Non condividere questa speculazione al massacro non significa affatto che io debba mettere i miei soldi in questo gioco perdente messo in piedi da politici e finanzieri senza scrupoli. Se sei persona intelligente, sai bene che non servirebbe a nulla.
RispondiEliminaMi intrometto nella tua risposta a Nicola.
I vincoli "contabili" di bilancio non hanno la stessa oggettività dei limiti fisici, nella misura in cui c'è una autorità monetaria che stabilisce di sua iniziativa quanta moneta circolante emettere nel sistema, e quanta moneta far circolare a debito.
E questa decisione presa dalla banca centrale, strettamente legata al sistema bancario (che ovviamente ha convenienza a incrementare la moneta a debito) diventa il nostro limite contabile.
@carmen:
RispondiEliminaEureka! il punto centrale è la presenza o meno dei "vincoli", contabili e fisici, è così?
Condividi il fatto che esistono dei limiti fisici a cui è legato lo stock di capitale fisico (strade, petrolio, grano ecc.) che chiaramente non riguardano lo stock monetario se non è basato su qualche asset fisico (come ad esempio nel gold standard). Diciamo che lo stock monetario può in questo caso variare (crescere) per decisione della banca centrale e in un certo senso per effetto di tutto il processo del credito, e questo anche è condiviso da entrambi.
Però vorrei farti riflettere su di un punto che credo interessante: quando un soggetto (lo stato per esempio) decide di fare un investimento, per esempio una strada, acquisisce uno stock fisico (ghiaia + bitume + ferro) e lo trasforma (+ lavoro) in uno stato finale in cui i materiali utilizzati non ci sono più e il lavoro è stato compiuto, insomma esiste una modificazione sensibile dell'ambiente fisico. Da un punto di vista contabile la sequenza è: disponibilità iniziale del capitale monetario -> utilizzo del capitale per aquisto dei materiali e del lavoro -> stato finale in cui il capitale è speso e la strada fatta.
A questo punto io direi che il soggetto ha raggiunto il suo vincolo di bilancio (ha finito i soldi e non può più spendere) mentre tu dici che può stampare nuova moneta e ricominciare. Cosa succede nel modo fisico quando la banca centrale "stampa" moneta? Assolutamente nulla di apprezzabile (si accende qualche bit nella memoria di un computer all BCE): certo è che lo stock complessivo di beni materiali e lavoro non si riforma magicamente. Poniamo che lo stock iniziale sia 100 di assett (100A) e la moneta disponibile sia anch'essa 100 (100M) di cui 50M a disposizione del governo e 50M a disposizione dei cittadini. Il prezzo di 1A è pari a 1M, ma il governo non si accontenta di spendere 50M per finanziare progetti per 50A e decide di farsi stampare altri 100M per altre ottime iniziative: non ha più il vincolo di bilancio a 50M, ora è triplicato a 150M! peccato che a questo punto il costo di 1A non è più 1M ma 2M, infatti gli acquirenti dello stock di 100A dispongono ora complessivamente di 200M. Poco male, visto che con 150M si comprano 75A che sono comunque > 50A. Peccato che gli altri con i loro 50M ora acquistano solo 25A. Lo stock fisico (la ricchezza) evidentemente non può cambiare per decisione della banca centrale, quello che cambia è solo la distribuzione tra i diversi soggetti sulla piazza.
Cosa succede se per magia, aprendo il portafogli trovassi tutte le banconote da 10euro trasformate in 100euro, quelle da 5 in 50 e così via? dipende, se la magia ha toccato solo me vorrebbe dire che sono 10 volte tanto più "ricco" di prima. Se la cosa riguardasse tutti, dopo un breve momento di confusione, appena entro nel bar a chiedere un caffè scoprirei la faccia nascosta della magia: anche il caffè è passato da 1 euro a 10 euro! La banca centrale può moltiplicare i milioni in miliardi, magari anche in trilioni e fantastiliardi, ma non riesce a far aumentare il raccolto di grano di un solo chicco o di aggiungere una sola goccia alla produzione di petrolio ecc.
Ti ho fatto nascere un dubbio?
ciao
giorgio
Ciao Katobleto,
RispondiEliminaè proprio vero, che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire!
Oppure sono io che mi sono espresso molto male, e a quel punto ti chiedo scusa, per la mia poca chiarezza.
Io non metto in dubbio, che non si possono fare regalie, sprechi, assistenzialismi parassidari, clienterismi e corruttelie varie! E' ovvio che queste cose non si possono nè si devono fare, perchè uno Stato non se lo può permettere ai fini del bilancio pubblico, e se anche se lo possesse permettere, aggraverebbe ingiustamente la situazione debitoria, che grava su tutto il popolo. Ti ho postato anche il link di un documento di centrofondi.it dove a pag 3, si vede un grafico molto interessante, che evince che la produzione nazionale italiana, era dal 1972 al 1982 quasi dell'40% superiore alla media europea!!! L'Italia all'epoca tirava come un Toro possente, ed era un incredibile miracolo economico, che all'estero proprio non riuscivano a capire, oltre che dare troppo fastidio, anzi era valutato come una terribile minaccia al potere geo-economico di Stati e multinazionali straniere. Da quando purtroppo incominciano ad entrare a regime, le scelte di cambiare il Sistema di finanziamento pubblico, effettuare a cavallo degli anni 79-81, c'è uno spaventoso e repentino crollo della produzione nazionale, ben al di sotto della media europea, un crollo di produzione inintterotto dal 82, fino ad oggi, che non si è mai attutito, ma anzi si è sempre aggravato. E rel resto è normale, perchè sono venuti a mancare tra le tante cose, investimenti strategici dello Stato, che potevano sostenere il PIL, come si era fatto nei decenni precedenti.
E non mi si venga a dire che è colpa degli sprechi e delle ruberie degli anni 80, perchè negli anni 50, 60 e 70, di sprechi e ruberie forse ne c'erano, enormemente di più, consideranto che c'era un tasso di crescita ben più alto, e maggiore ricchezza da gestire, ed "elargine" anche a fini clienterali, iniqui e illegali. Ma è un dato di fatto che il debito pubblico è esploso in modo vertiginoso solo nel decennio 1980-1989, cioè dopo le famigerate "scelte sciagurate" fatte tra il 1979-1981.
Quindi quì non si tratta di cercare "SCORCIATOIE", come dici tu, ma di spiegare i veri motivi che hanno portato all'espolsione del debito pubblico nel solo decennio degli anni 80. L'articolo questi motivi li spiega bene, anche se tu pare che questi motivi proprio non voglia capirli; a seguito poi dell'attacco speculativo sulla lira, nel 1992, l'Italia si trovava già con un debito del 115%, ( e invece nell'80 stavamo al 62%), dovette uscire dalla SME, con una svalutazione del 30% della lira, con la necessità e fretta lucifina di fare cassa, fece le privatizzioni, e svendette letteralmente buona parte dei suoi beni pubblici, a molti privati stranieri, che grazie alla "provvidenziale" svalutzione della lira, poterono beneficiare di un 30% di sconto sull'aquisto, oltre al prezzo di vendita già molto sottostimato.
un saluto a tutti.
Nicola
@ Giorgio
RispondiEliminaMa no, Giorgio, nessun dubbio, dal momento che ho sempre sostenuto che la stampa di moneta per rilanciare l'economia non deve eccedere il limite delle risorse inutilizzate. Sinché ci sono delle risorse di capitale fisico e di lavoro che non trovano un impiego, non c'è il rischio dell'inflazione.
Il problema si crea quando il denaro viene immesso in circuiti improduttivi dando origine a bolle speculative.
Vista la forte svalutazione della Lira negli anni '80 rispetto al decennio precedente e la volatilità del suo cambio, considerando peraltro l'aumento della spesa pubblica in quel periodo, non mi sembra strano che i tassi di interessi sul debito italiano siano saliti...Banale rapporto rischio/rendimento.
RispondiEliminaColgo l'occasione per dire che il termine speculazione mi sembra usato in maniera molto libera. Scommettere che un paese con scarsa crescita, un'enorme spesa pubblica improduttiva e nessuna intenzione di cambiare sia destinato al default costituisce il chiamare un bluff. Speculazione è credere che tale situazione sia sostenibile.
Riguardo alla crescita dell'Italia rispetto al resto d'Europa, sarebbe interessante se i link che mostri citasse una fonte o anche banalmente l'unità di misura della produzione industriale, detto così fa molto frase ad effetto e nulla più.
Lorenzo
@ Lorenzo
RispondiEliminaI tassi di interesse sul debito a partire dagli anni '80 sono stati tenuti alti parecchio al di sopra dell'inflazione, come puoi notare dal grafico che trovi nella pagina sulla monetizzazione del deficit http://vocidallestero.blogspot.com/p/didattica.html
Naturalmente, tu puoi pensare che sia giusto così, io invece penso che le spese necessarie come gli ammortizzatori sociali e gli investimenti pubblici non dovrebbero andarsi a finanziare sul mercato e generare rendita. Perché sono spese a vantaggio della collettività tutta, e in un periodo di crisi delle imprese e disoccupazione possono sostenere il paese.
Per quel che riguarda la crescita dell'Italia negli anni '70, guarda il 1° grafico di questa interessante lezione
http://areadocenti.eco.unicas.it/cuffaro/Fantacone_Dispensa%20tavole%20e%20grafici.pdf
Eravamo sopra la media europea.
Ciao Maurizio,
RispondiEliminal'etimo originario del verbo "delirare" significa "uscire dal solco". Nel senso di "uscire dal solco del politicamente corretto", hai perfettamente ragione nel commentare così il "chi siamo" della rivista "Indipendenza".
In effetti oggi per il clero degli intellettuali e dei mass media dominanti è "delirante" il solo immaginare di proporre un modello di società che si basi "sul rispetto delle minoranze, dell’ambiente e su un’alternativa praticabile al paradigma di sviluppo capitalista ed industrialista". Non viviamo forse nel migliore dei mondi possibile? Ma sono veramente pazzi questi di "Indipendenza" che focalizzano la necessità di contrastare gli "interessi sovranazionali delle oligarchie finanziarie e di ogni forma di capitalismo. Oligarchie che mirano ad imporre un’omologazione da supermarket attraverso l’annichilimento di ogni Sé individuale e collettivo, così da poter disporre di una massa di individui deboli e manipolabili, ridotti al rango di servi e di semplici consumatori"?
E quale dovrebbe essere la base politica per un tale progetto democratico alternativo di società? Il concetto di nazione, la conquista della sovranità nazionale come collante, 'anima' di un progetto di liberazione (anche) di uno Stato italiano ridotto da tempo a terreno di lotta tra bande al servizio di diversi interessi di grandi imprese e Stati stranieri, innanzitutto USA e anche –in via subalterna– Francia in primo luogo, Inghilterra, Germania.
"Rivalutare la questione nazionale, le questioni nazionali, nelle proprie valenze culturali, politiche, economiche, quindi radicali, rivoluzionarie (...) La negazione di una questione nazionale italiana costituisce, a ben vedere, non solo la causa dell’immobilismo politico che caratterizza la vita della nostra nazione, ma ancor più, in queste condizioni di sudditanza imperialistica e di sovranità molto limitata, la ragione dell’impossibilità di una radicale trasformazione del modo di produzione e di distribuzione delle ricchezze, dei rapporti tra gli uomini e tra questi e l’ecosistema, l’impossibilità, insomma, di un’autentica liberazione".
Alessandro
Sono veramente concetti "deliranti" nel mondo orwelliano di oggi. Ma non è che questi di "Indipendenza", dietro il concetto di nazione, mirano a riproporre modelli già visti di società autoritaria, fascista e razzista? Continuo a leggere: "Nazionalitarismo come proposta di antirazzismo, di solidarismo di base, di antifascismo non dogmatico, che sappia vedere e contrastare i germi dello sfruttamento e della persecuzione dell’altro ovunque questi si manifestino. In tale prospettiva ci sentiamo inter-nazionalisti, considerandoci vicini politicamente ed eticamente a qualunque realtà si muova in senso anticapitalista ed antimperialista.
RispondiEliminaIl nostro sogno egualitario, di giustizia sociale, di liberazione individuale e collettiva è, in quest’ottica, senza frontiere".
Eh si Maurizio, questi qui sono veramente "deliranti". Meglio non distrarsi con certe tesi, fammi tornare alla nostra "bella" realtà;
al nostro sistema economico e sociale perfetto, dove ognuno, pur nella inevitabile differenziazione di livelli di guadagno, può godere di adeguate condizioni materiali di esistenza e di una vita che abbia di una dignitosa prospettiva di essere vissuta;
alla nostra classe politica, di "destra" e "sinistra", che come ognuno può constatare in particolare negli ultimi 20 anni, sovente in "nome dell'Europa“ al grido di liberalizzazioni e privatizzazioni, lavoro flessibile e precario, mannaia sulla spesa sociale e sgravi fiscali per le grandi imprese, inasprimenti e strozzinaggio fiscale, "finanziarie lacrime e sangue" e grandi opere ad alta distruttività ambientale, ce la stanno mettendo tutta per migliorare le nostre condizioni di vita;
al nostro sistema di rapporti internazionali, basato sulla giustizia e la libertà, fatto salvo "qualche" bombardamento all'uranio impoverito, oggi anche con aerei senza pilota (eh, i progressi della scienza....) per riportare sulla retta via qualche "Stato canaglia"; a tal proposito ogni tanto mi torna in mente quell'intervista del 1996 della CBS a Madeleine Albright, allora Ambasciatore USA all'ONU prima di diventare Segretario di Stato, che in riferimento al mezzo milione di bambini morti in conseguenza dell'embargo in Iraq rispose: «Penso che questa sia una scelta molto dura, ma pensiamo che per quella posta ne sia valsa la pena».
Beh Maurizio, ogni tanto rischio anch'io di "delirare", scusa comunque se non alzo il braccio a scatto e non grido: "viva il neoliberismo e la deregolamentazione selvaggia".
Alessandro
Caro Lorenzo,
RispondiEliminala tua frase "Banale rapporto rischio/rendimento", la dice lunga su come tu la pensi; per te queste, e solo queste, sono le regole giuste e sacrocosante, quindi deduco che il Sistema di finaziamento dello Stato italiano, adottato negli anni 50, 60, e 70, per te non era per niente condivisibile, nonostante che proprio grazie al quel Sistema adottato in quegli anni, abbiamo potuto godere del più alto tasso di crescita della nostra storia unitaria, il famoso "boom economico", ben superiore alla media europea, e avevamo un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL. In quel debito di allora, non solo c'erano ancora le spese, da sconfitti di guerra, per risarcimento danni del 2° conflitto mondiale, ma anche vitali finanziamenti per sostenere la crescita del PIL, investimenti, infrastrutture, benessere diffuso, riconoscimento dei diritti sociali ecc. Quelle spese lo Stato italiano, riusciva a finanziarle,
con tassi di interesse, molto contenuti, prima di buttarsi anima e corpo, sciaguratamente, nella deregolarizzazione del mercato a cavallo degli anni 79-81 ( abbandono del finanziamento pubblico attraverso scoperti nel conto corrente di Tesoreria, abolizione del massimale sui prestiti e del vincolo di portafoglio a cui erano tenute le banche, abolizione del divieto di investimento a breve termine, abolizione del deposito vincolato infruttifero per le attività all'estero, il "famigerato" divorzio tra Bankitalia e Tesoro, l'agevolazione del minimum landing rate, il tasso di interesse agevolato applicato dalle banche ai migliori clienti, che potevano lucracre sul rendimento di Titoli di Stato, che nel frattempo non erano più bassi, ed "isolati" dai mercati internazionali, ma in completa balìa dei cosidetti mercati). Ecco Lorenzo quello che per te è giusto e sacrosanto, per me non lo è proprio per niente! Per me era molto meglio quel vecchio Sistema che ci ha permesso il boom economico, ed un debito pubblico sostenibile, ma cambiando disgraziatamente quel sistema, il debito pubblico è esploso in un solo decennio arrivando dal 62% al 100 del PIL!!! E non a caso l'articolo in questione parla di un provvidenziale e benefico "isolamento" dell'Italia:
"La politica economica attuata negli anni Settanta si basò:
• sull’utilizzo dell’inflazione e della spesa in disavanzo, nei conti pubblici, al fine di attutire i conflitti sociali e sostenere le grandi imprese;
• sulla svalutazione della lira, in particolare nei confronti delle valute europee, al fine di rendere competitive le esportazioni;
• sul controllo diretto del credito, i finanziamenti della Banca d’Italia e le restrizioni sui movimenti di capitale, al fine di ridurre la spesa per interessi sul debito pubblico.
Di fatto il mercato finanziario italiano venne così isolato da quelli internazionali. Un isolamento che, al contrario di quanto affermano le teorie neoliberiste, non ha prodotto alcuna miseria e povertà, ma ha permesso di contenere gli effetti negativi indotti da eventi esterni".
tra l'altro, sul finaziamento pubblico con lo scoperto del conto corrente di tesoreria, persino una relazione del Ministero del Tesoro, ribadisce come questa pratica fosse conveniente per le Casse dello Stato, piuttosto che emettere i BOT(Titoli di debito di Stato), e sembra rammaricarsene dicendo che lo Stato non ha saputo adottare una logica aziendalistica a vantaggio delle sue casse:
pag 55 della relazione(pag 61 del docum. pdf)
http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/presentazioni_studi_relazioni/20_12_1999_Relazione-del-Direttore-G.pdf
@carmen
RispondiEliminauna lettura obbligatoria!
;-)
http://www.goldonomic.com/Monetary_regimes_and_inflation.pdf
OK, però tu leggi questo:
RispondiEliminaBruni Zamagni - Economia civile - Il Mulino
;))))