28/02/11

Dipendenza dalla Libia

Ecco il grafico dell'Economist che a colpo d'occhio ci fa capire quali sono i paesi più dipendenti dal petrolio libico, anche se per quanto ci riguarda, già lo sapevamo...


The Economist 25 Febbario 2011

Quali nazioni dipendono di più dal petrolio libico?

La Libia produce 1,7 milioni degli 88 milioni di barili di petrolio prodotti al giorno nel mondo. I paesi OECD importano 1,2 barili al giorno e la Cina altri 150.000. Il grafico mostra quali sono i mercati di esportazione della Libia che dipendono di più dal suo petrolio. In cima alla lista, la sola Irlanda rappresenta una piccola frazione del petrolio esportato dalla Libia. L'Italia è di gran lunga la maggiore importatrice: nel 2010 ha importato 376.000 barili al giorno dalla sua vecchia colonia. Mentre il prezzo del petrolio si impenna, in mezzo alla crescente agitazione del mondo arabo, gli importatori guardano all'Arabia Saudita per coprire i buchi.

La Dottrina dello Shock, negli U.S.A.

La shock economy purtroppo dilaga ovunque: Krugman, nella sua Opinion Page del NYT, ci mostra come la dottrina dello shock vale anche negli USA.

di PAUL KRUGMAN    February 24-11
Eccovi una rifllessione: forse Madison, Wis., non è Il Cairo, dopo tutto. Forse è Bagdad - in particolare, Bagdad nel 2003, quando l'amministrazione Bush metteva l'Irak sotto il governo di funzionari scelti per lealtà e affidabilità politica piuttosto che per esperienza e competenza. 

Come molti lettori potranno ricordare, i risultati furono spettacolari - in un brutto senso. Invece di focalizzarsi sui problemi urgenti di un'economia e di una società frantumata, che presto sarebbe caduta in una guerra civile micidiale, gli incaricati di Bush sono stati ossessionati dall'imposizione della visione ideologica conservatrice. Effettivamente, con i saccheggiatori che ancora si aggiravano per le vie di Bagdad, il viceré americano, L. Paul Bremer, disse ad un reporter del Washington Post che una delle sue massime priorità era “trasformare in spa e privatizzare le aziende pubbliche" - parole del sig. Bremer, non del reporter - e “far perdere alla gente l'abitudine all'idea che lo stato provvede a tutto". 

La storia della Coalition Provisional Authority ossessionata dalle privatizzazioni è la colonna portante del libro di successo di Naomi Klein “Shock Economy", in cui sostiene che tutto questo fa parte di un modello più vasto. Dal Cile negli anni 70 in avanti, ha suggerito, gli ideologhi della destra hanno sfruttato le crisi per fare accettare un ordine del giorno che non ha niente a che fare con la risoluzione di quelle crisi e tutto a che fare con l'imposizione della loro visione di una società più dura, più disuguale, meno democratica. 

27/02/11

Saif Gadhafi dice che le questioni della Libia non sono "affari" degli americani

In un'intervista con "This Week" , Saif al-Islam Gadhafi insiste che in Libia c'è calma e che i militari non hanno attaccato i civili.


Di JOSHUA MILLER 27 febbraio 2011

In un'intervista esclusiva con "This Week", talk-shaw sulla politica americana della ABCNews, condotto da Christiane Amanpour, Saif Al-Islam Gadhafi, il figlio del leader libico Col. Moammar Gadhafi, ed uno dei suoi principali consiglieri, insiste che la situazione in Libia è tranquilla, che i militari non hanno attaccato i civili e che i reports sui diplomatici libici che abbandonano i loro posti sono semplicemente "disinformazione". 

C'è un "grande, grande divario fra la realtà e quel che è riportato dai media" dice Gadhafi ad Amanpour. "L'intero sud è tranqillo, e così l'ovest e il centro del paese. Anche parte dell'est".

In risposta alla richiesta del Presidente Barack Obama che Moammar Gadhafi si dimetta, e al voto unanime da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per l'imposizione di un embargo sulle armi alla Libia e per invitare le nazioni a congelare i beni libici, il figlio di Gadhafi si ribella:

Inflazione buona, Inflazione cattiva

Per tirare un po' il fiato dalla Libia e dall'onda d'urto sul cortile di casa... Opinion Page del NYT, The Coscience of a Liberal,  pillola di Mr. Nobel Krugman sull'Inflazione:

Un altro pezzo "economicista": FTAlphaville segnala che qualcuno crede che i prezzi crescenti delle materie prime potrebbero andar bene per il Giappone, perché faranno sparire la deflazione.

OK, questa è una mancanza di comprensione del principio.

Perché la deflazione ha un effetto deprimente sull'economia? Due ragioni. In primo luogo, riduce i redditi nominali mentre il debito rimane lo stesso, in modo da peggiorare i problemi di bilancio, riducendo le spese. In secondo luogo, le aspettative sulla futura deflazione fanno sì che un prestito fatto oggi dovrà essere rimborsato da uno stipendio inferiore (se il mutuatario è una famiglia) o da un minore profitto (se il mutuatario è un'impresa.) Così la deflazione attesa riduce anche la spesa.

Allora, un aumento nei prezzi degli alimentari e dell'energia può far qualcosa per attenuare questi problemi? No. Infatti, li peggiora, riducendo il potere di acquisto. Così mentre il rialzo delle materie prime può temporaneamente condurre ad un aumento dei prezzi headline1 in Giappone, il problema di fondo della deflazione non sarà risolto affatto.

In un certo senso, questa è un'altra dimostrazione della necessità di differenziare fra le misure contro l'inflazione. Ed ancora una volta, il punto è che prendere in considerazione "il" tasso di inflazione tout court non è una linea di politica economica corretta. 

1(per Headline inflation si intende quella complessiva che comprende i prezzi delle materie prime  - ndt)

26/02/11

l'Irlanda ha scelto il partito che vuole rinegoziare il debito delle banche

Da Business Insider commento sulle elzioni irlandesi: almeno lì manterranno la parola data in campagna elettorale?


Gli exit polls delle elezioni politiche irlandesi mostrano che il partito di governo Fiana Fail è definitivamente tramontato. Il Fine Gael sta vincendo senza una maggioranza. Il risultato più probabile è una coalizione fra il Fine Gael fine e il Labour, secondo il TheJournal.ie.

Sia il Fine Gael che il Labour hanno fatto una campagna basata sulla promessa di rinegoziare il debito con un taglio per gli obbligazionisti. 

25/02/11

Le sfide dell'Arabia Saudita dall'interno e dall'estero

Ancora Stefano del Grande Bluff segnala da Business Insider un'attenta analisi sulla situazione dell'Arabia Saudita tra i vicini in tumulto...
 
Sommario

Il re dell'Arabia Saudita ha annunciato un aumento nelle spese per l'assistenza sociale. Benché non significativo da un punto di vista economico, l'annuncio indica che Riyadh prende seriamente le sfide che provengono dall'interno e dall'estero.

Sul fronte interno, c'è una imminente successione al potere e una tendenza riformatrice in politica. I timori dall'estero riguardano la preoccupazione che le agitazioni in Bahrain, in Libia e nello Yemen potrebbero colpire anche l'Arabia Saudita.

Analisi
Il re saudita Abdullah il 23 febbraio ha annunciato che l'Arabia Saudita avrebbe aumentato le spese per le abitazioni di 10.7 milioni di dollari e aumentato il budget per la previdenza sociale di 260 milioni. Inoltre, secondo quanto riferito, Abdullah ha ordinato la creazione di 1.200 nuovi posti di lavoro nei programmi di controllo ed un'indennità per il costo della vita del 15 per cento agli impiegati statali. L'annuncio è avvenuto lo stesso giorno che Abdullah è arrivato a Riyadh, dopo le cure mediche negli Stati Uniti e la successiva riabilitazione in Marocco.

Perché gli avvenimenti in Bahrain sono più importanti di quelli in Libia

Stefano del Grande Bluff ci segnala questo interessante articolo dal blog di zerohedge: tutti guardano alla Libia, ma che succede in Bahrain?

di Tyler Durden 02/24/2011
Stratfor spiega perché gli sviluppi in Libia, benchè importanti, siano materialmente meno rilevanti da una prospettiva macro che quelli nel piccolo Bahrain:

"Mentre l'attenzione del mondo si sta focalizando sui combattimenti in Libia, uno sviluppo molto più significativo sta avvenendo nel Golfo Persico, in particolare nel paese del Bahrain, dove il governo sta negoziando con l'opposizione. Ed il risultato di queste trattative sarà molto più geopoliticamente rilevante e significativo del combattimento che sta avvenendo in Libia.

La ragione per la quale il Bahrain è molto importante è che in tutte le trattative ci sono sempre delle concessioni reciproche, ed è probabile che la monarchia del Bahrein dovrà fare delle concessioni all'opposizione. E una volta successo, questo condurrà ad un rafforzamento dell'opposizione, il 70 per cento della quale sono sciiti - come il 70 per cento della popolazione del paese è sciita - e questo ha implicazioni su grande scala per la regione, specialmente per l'Arabia Saudita ed il Kuwait. Nel Kuwait, la famiglia reale e l'assemblea legislativa sono state coinvolte per molti anni in un conflitto e se le forze di opposizione in seno al Parlamento del Bahrein riescono a ottenere un qualche tipo di concessioni dal governo, ciò incoraggierà le forze kuwaitiane di opposizione a perseguire lo stesso risultato. E inoltre anche nel Kuwait c'è la stessa composizione etnica, con circa il 30 per cento dei cittadini kuwaitiani - circa un milione di persone - di origine sciita. E quindi, questo sviluppo che si sta sviluppando e prendendo piede in Bahrain avrà implicazioni anche per il Kuwait. E tenete presente che il Kuwait è molto importante per le operazioni militari degli Stati Uniti in Irak.

Una critica alla politica monetaria della BCE

La BCE considera il debito sovrano e il debito bancario con due pesi e due misure: 

di Miguel Carrión Álvarez da www.eurointelligence.com
24.02.2011

Alla fine della settimana scorsa la comunità finanziaria è stata inondata da una speculazione che ammonta a più di 10 volte il volume del prestito marginale presso la BCE (Marginal Lending Facility), che offre alle banche un accesso alla liquidità overnight ad un tasso penalizzante. È risultato che la Anglo Irish Bank e la Irish Nationwide Building Society hanno voluto svincolare alcuni assets usati come garanzia nelle operazioni di rifinanziamento principale della BCE.

Questo incidente può aver provocato molto rumore per nulla, ma ci dà l'occasione di dare uno sguardo più attento allo stato della liquidità nel mercato interbancario dell'Eurozona e non ne viene fuori un bel quadro. Nel suo zelo deflazionistico, la BCE sta drenando una quantità crescente di moneta - sotto forma di depositi settimanali - dai mercati monetari per compensare i suoi modesti acquisti di euro bonds sovrani.

Una conseguenza di questa politica è l'aumento costante nei tassi interbancari a un punto che l'Euribor a un anno ora sta toccando l'1.75 per cento, che è il tasso del prestito marginale presso la BCE (MLF). A questo tasso le banche possono assicurarsi fondi illimitati dalla BCE. L'Euribor a un anno potrà presto rompere questa barriera. E' una situazione molto insolita: negli ultimi 10 anni, una cosa simile è accaduta soltanto nel 2008, quindi possiamo giustamente considerare lo stato attuale della liquidità come molto ristretto.

24/02/11

La Libia ribelle

Una voce fuori dal coro esprime i miei reconditi pensieri sulla Libia e su Gheddafi...

Tony Cartalucci
 Prisonplanet.com
Feb 23, 2011
Gli Stati Uniti bombardano i civili dall'alto da dieci anni. Questo drone DHS, come quelli in Afghanistan, “comincerà„ con la ricognizione.

Gheddafi si estrae il coltello dalla schiena e pugnala a sua volta. 

Non c'è modo davvero di mitragliare a bassa quota i nemici senza uccidere degli innocenti e provocare considerevoli danni collaterali, chiedete agli iracheni, agli afgani, o ai pakistani che subiscono questi attacchi dagli Stati Uniti quasi quotidianamente. E mentre gli Stati Uniti e la NATO hanno giustificato per decenni queste tattiche, improvvisamente si mostrano assai sensibili riguardo al loro uso in opposizione al rovesciamento da loro sperato di Gheddafi in Libia.

Decifrare gli eventi in Libia è evidentemente difficile. Ma possiamo essere sicuri di una cosa, i globalizzatori vogliono far fuori Gheddafi, e la sua sfida ha evocato una risposta quasi tangibile e rabbiosa da parte dell'elite globale-corporativa, i cui i progetti per il futuro si basano sull'effetto domino a cui hanno dato il via in modo più rassicurante in Tunisia e in Egitto con il CANVAS finanziato dagli USA, il Crisis Group International ElBaradei, e il Movimento del 6 Aprile, fondato, allenato e diretto dagli Stati Uniti.

21/02/11

L'Italia: un'altra gerontocrazia

L'attacco frontale del Financial Times a Berlusconi, dipinto come il prossimo dittatore arabo destinato a cadere....come al solito, si pesca  da verità e fatti innegabilmente reali per piegare e indirizzare la realtà ai propri fini...suprema ars manipolatoria in azione.
Il paese mediterraneo condivide molte caratteristiche con il mondo arabo

18 febbraio 2011 Financial Times

Mentre l'ondata rivoluzionaria del mondo arabo in Libia ed in Bahrain diventa sempre più tragica e cruenta, gli autocrati che sembravano dover governare per sempre stanno tutti tremando. Forse anche gli autocrati "eletti" dovrebbero stare in guardia.

C'è un paese europeo che ha molte delle caratteristiche del mondo arabo: un'economia sclerotica, una cultura logorata dalla corruzione e dalla criminalità organizzata e un dissenso crescente delle nuove generazioni. È controllato da una classe dirigente gerontocratica fortemente attaccata al business e alla politica, con la gioventù che resta esclusa. I suoi giovani migliori e più intelligenti vagano per l'Europa come migranti economici.

Quel paese è l'Italia. È una democrazia, quindi il vecchio concistoro che guida il paese potrebbe essere rimpiazzato. Tuttavia non lo è, mai: più elezioni si tengono Italia, e meno l'Italia sembra cambiare. Nessuna meraviglia che persino il Borghese stia diventando un barbone. La scorsa domenica un milione di donne hanno marciato per protestare contro le pagliacciate di Silvio Berlusconi, il primo ministro sempre più ridicolo. È stato incriminato per sesso a pagamento con una ragazza minorenne e abuso d'ufficio. Nega il misfatto.

C'è di più. Il 74enne sig. Berlusconi ha molte delle caratteristiche del classico plutocrate arabo. È immensamente ricco, controlla gran parte dei media ed è circondato dai yes-men. Sfida apertamente il sistema giudiziario con cui è ai ferri corti da anni. È caro amico di Muammer Gheddafi, il dittatore della Libia (che oggi si trova in un mare di guai).

La qualità più importante del sig. Berlusconi è anch'essa comune agli autocrati: è un un osso duro che resiste fino all'ultimo minuto. Hosni Mubarak,fino a poco tempo fa dittatore dell'Egitto, potrebbe suggerirgli qualcosa circa la saggezza di quella strategia. Tutto ciò che il primo ministro italiano deve fare per concludere questa commedia particolarmente poco edificante è di chiedere nuove elezioni. Così, gli italiani potrebbero ridere per ultimi.

19/02/11

La Germania, un modello da relativizzare

Dibattito in Francia, dal sito di Marianne2:
“Il modello tedesco„ è spesso portato a esempio agli altri paesi dell' Unione europea. Bisogna quindi seguirlo? Secondo il blogger Laurent Pinsolle il modello tedesco non è un modello.

Buona lettura:

La Germania è al cuore del dibattito economico. Alcuni elogiano le sue prestazioni sottolineando le eccedenze commerciali, ma dimenticano la sua crescita debole. Altri denunciano la sua politica non cooperativa, dimenticando che è uno Stato sovrano. Cosa dire?

Il modello tedesco

La Germania è da tempo un paese rivolto verso l'esportazione di prodotti industriali. All'inizio degli anni '80, circa il 45% del suo PIL era ancora realizzato dall'industria, contro il 30% in Francia o in Gran Bretagna. In trenta anni, questa parte si è abbassata di 15 punti nei tre paesi. Quelli che vedono il bicchiere mezzo pieno osservano uno stesso livello di deindustrializzazione. Il paese si sostiene su una specializzazione sulle macchine utensili e su un forte tessuto di medie imprese.

Ad essere onesti, la Germania ha delle prestazioni abbastanza eccezionali. L'Economist le ha recentemente dedicato un dossier che mostra che se le esportazioni tedesche in Cina hanno raggiunto i 51 miliardi di dollari nel 2009, la Francia arriva appena a 11 miliardi, l'Italia a 9 e la Gran Bretagna a 8. Oggi, il paese accumula 150 miliardi di euro di eccedenze commerciali in un anno, più del 5% del suo PIL.

18/02/11

Utopia e realismo nella politica economica europea

Interessante dibattito anche nel Belpaese: un altro ottimo articolo di Sergio Cesaratto, su www.economiaepolitica.it
 Buona lettura:

Nel suo contributo Montani sostiene che l’Europa soffra di un “grave squilibrio istituzionale”, denunziato dai “federalisti europei”, dove “solo il pilastro monetario è stato creato”. Prefigura in luogo un’Europa più simile alla Germania, ma non troppo, dove scompaia la “la distinzione tra paesi forti e deboli”. Allo scopo, propone che un (rafforzato) Parlamento europeo e la Commissione contino “su un bilancio almeno pari al 3,5-4,5% del PIL”. Per venire incontro alle “buone ragioni” tedesche volte a “sostenere … alcuni vincoli di austerità …per evitare che la finanza internazionale metta in pericolo l’Unione monetaria”, e per sostenere col dovuto “orgoglio” il progetto alternativo, i partiti “progressisti” dovrebbero farsi portatori di “misure serie … per la riduzione del debito pubblico”. Sebbene, infine, “non esistono criteri teorici condivisi per stabilire quando un debito pubblico diventa sostenibile … questi criteri esistono nella prassi e sono stati resi espliciti dagli attacchi della speculazione finanziaria a paesi come la Spagna e l’Irlanda che pure rispettavano i parametri di Maastricht”. L’articolo di Montani esprime un sentire europeista e rigorista diffusi nella sinistra italiana. Pur apprezzando alcuni spunti dell’argomentazione – in particolare l’idea di un più ampio budget europeo - non nascondiamo un dissenso di fondo nell’impostazione e nei contenuti.

Il vicolo cieco di Wall Street

Felix Salmon, blogger finanziario di Reuters, ci spiega come Wall Street sta rappresentando uno spettacolo sempre più lontano dall'economia reale.
Opinion Page del NYT  - 13 febbraio 2011
 
Buona lettura:

Ultimamente sono circolate grandi notizie sulla Borsa. La settimana scorsa è arrivato un report secondo cui la Deutsche Börse, gigante tedesco del mercato, intende comprare la New York Stock Exchange , creando un'azienda del valore di circa 24 miliardi di dollari; questo poco tempo dopo che il Dow ha superato la barriera dei 12.000 punti per la prima volta da prima della crisi finanziaria. 

Questi avvenimenti hanno occupato i titoli dei giornali perché sembravano indici di tendenze significative dell'economia americana. Ma guardiamo alla Borsa Valori americana più da vicino, e non ci troveremo granché. In verità, il mercato azionario sta diventando sempre più irrilevante - una tendenza che minaccia i principi basilari del capitalismo americano.

09/02/11

La deriva del continente europeo


Ottimo articolo di Sergio Cesaratto, da goodwinbox, blog del dipartimento di economia politica dell'Università di Siena, con una succinta ma esauriente analisi sulle origini della crisi, e un'attenta rappresentazione dei possibili scenari...anche se, purtroppo, la soluzione più convincente non appare al momento la più probabile...

Buona lettura: 
Alla irrisolta crisi di solvibilità della Grecia si è aggiunta, nell’autunno appena trascorso, quella dell’Irlanda e a ruota il contagio, che si manifesta con un aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici, è arrivato anche all’Italia via Portogallo e Spagna e ora persino a Francia e – senti, senti – alla Germania. Quali sono le prospettive? Abbiamo di fronte tre scenari: 1) tamponare con un po’ di liquidità la situazione dei paesi periferici chiedendo loro di “aggiustare i propri conti” con “sacrifici” interni;. 2) anticipare la rottura e gestirla evitandone gli aspetti più dolorosi, per quello che si può; 3) affrontare i problemi alla radice nella direzione di costruire una unione politica ed economica funzionante.
La crisi europea assomiglia a molte delle crisi debitorie nei paesi in via di sviluppo, il cui ultimo clamoroso caso è stato il default dell’Argentina nel 2002. In pillole, la costituzione dell’Unione monetaria europea (UME) nel 1999 ha favorito flussi di capitale a buon mercato dai paesi centrali dell’Europa (Germania e Francia in primis) a quelli periferici, i famosi PIGS. La politica monetaria della BCE, ritagliata sull’esigenza della Germania di non aggravare le politiche di moderazione fiscale e salariale che poco sostenevano la domanda, è stata improntata a bassi tassi nominali di interesse. I tassi reali che ne risultavano erano assai bassi nei paesi periferici, caratterizzati da una inflazione strutturalmente sopra la media europea, e comunque alti in Germania, dove l’inflazione è sotto la media. I flussi di capitale a buon mercato hanno così determinato un boom edilizio e l’indebitamento delle famiglie in Spagna e Irlanda, e del settore pubblico in Grecia. L’edilizia è un volano dell’economia e infatti questi paesi sono cresciuti, ma al tempo stesso crescevano anche salari nominali e prezzi. La produttività in alcuni di questi paesi periferici è cresciuta più che in Germania, ma visto che i salari nominali crescevano più della produttività, tali paesi perdevano competitività rispetto alla Germania, dove la crescita dei salari nominali era invece inferiore alla crescita della produttività.[1] La Germania e il suo entourage (Austria, Paesi Bassi ecc) ne hanno guadagnato in termini di esportazioni nette, anche per la crescita della domanda nei paesi periferici. Nei fatti le esportazioni di capitali dai paesi centrali finivano per finanziare l’acquisto di prodotti dai medesimi paesi. Nel corso degli anni, i paesi periferici cumulavano tuttavia un forte debito estero. In Spagna e Irlanda si trattava inizialmente di debito privato, ma ad esso si è aggiunto, una volta scoppiata la crisi, il debito del settore pubblico. Se i paesi creditori a un certo punto ritengono che i debitori non possano restituire il debito, possono smettere di rifinanziarglielo, e i debitori dichiarano la bancarotta (default).

05/02/11

E noi faremo come Schroeder

Ancora un articolo "made in Italy" da www.economiaepolitica.it, sito da cui è partito l'"Appello degli economisti" contro l'austerità.
Qui Sergio Cesaratto critica la linea improbabile, proposta da Veltroni, di imitare i tedeschi...

Buona lettura: 
In un impegnativo discorso in un meeting al Lingotto svoltosi gli scorsi giorni Walter Veltroni affronta anche alcune tematiche economiche su cui può valere la pena riflettere.
L’asse principale della proposta di Veltroni è di “fare come la Germania”, ovvero “un’Agenda 2020 per l’Italia” a imitazione di quella del governo Schroeder-Fischer (1998-2002) che ha gettato le basi del successo tedesco sino alla crisi, ma a quanto pare anche dopo. Tale modello, com’è noto, aveva come base la moderazione salariale e la flessibilità, concertata con le organizzazioni sindacali, nell’utilizzo della forza lavoro. Ad esso si è accompagnato il sostegno delle attività di innovazione tecnologica. Tale politica ha consentito il rilancio del modello tedesco basato su disciplina interna, qualità tecnologica e sviluppo delle esportazioni – via obbligata quest’ultima data la compressione dei consumi interni. Tale modello, che abbiamo altrove definito “ordo-mercantilista”, è stato in realtà favorito dalla contemporanea creazione dell’Unione Monetaria Europea (UME). Si deve anzi ritenere che la Germania abbia reagito con perfetto tempismo all’occasione che le veniva servita su un piatto d’argento dai suoi concorrenti di rilanciare il modello basato sulle esportazioni che si era appannato in seguito alla riunificazione tedesca.[1] Non v’è neppure dubbio che tale disposto combinato di un rafforzamento e indebolimento strutturale, rispettivamente, del centro e della periferia europei, sia alla base della crisi corrente di questa regione.

03/02/11

La Crisi Europea del Debito – Seconda Parte

Dal sito www.eurointelligence.com  una analisi approfondita  sulla gestione UE/FMI della crisi del debito -  di Satyajit Das 

Nella seconda parte della serie, l'autore argomenta che, in assenza di un meccanismo di sostegno permanente, il default o la ristrutturazione sono l'esito più probabile. 

Satyajit Das, autore di "Traders, guns and money: Knowns and Unknowns in the Dazzling World of Derivatives"
Buona lettura:

 
Malattie contagiose 
 
I politici europei ed i banchieri centrali hanno fornito utili precisazioni di tipo geografico. Prima di soccombere all'inevitabile, l'Irlanda ha fatto presente a tutti di non essere la Grecia. Il Portogallo ora sta dicendo a tutti di non essere è né la Grecia né l'Irlanda. La Spagna insiste di non essere la Grecia, l'Irlanda o il Portogallo. L'Italia dice di non essere tra i "PIGS". Il Belgio insiste che non c'è la "B" nei " PIGS" o " PIIGS". 

Le pressioni della UE sull'Irlanda perché accettasse un "aiuto esterno" intendevano salvaguardare la stabilità finanziaria nell'euro zona, prima ancora che salvare Irlanda. Tuttavia, il contagio è difficile da evitare. 

Lo scrittore russo Leo Tolstoy ha scritto che: "Tutte le famiglie felici si assomigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo." Lo stesso si addice ai paesi europei in crisi. 

La Grecia ha un settore pubblico pletorico e un'economia non competitiva sostenuta dai bassi tassi di interesse dell'euro. L'Irlanda ha sofferto di un'eccessiva dipendenza dal settore finanziario, di scarsità di credito, di una bolla immobiliare e di uno stato sociale sempre più generoso. Il Portogallo ha una crescita lenta, bassa produttività, grandi disavanzi di bilancio e scarso risparmio nazionale. La Spagna ha una scarsa produttività, alta disoccupazione, un mercato del lavoro rigido e un sistema bancario con grandi esposizioni sul settore immobiliare e verso i debiti sovrani europei. L'Italia ha una scarsa crecita, bassa produttività e stretti legami con le altre economie europee periferiche. L'Italia recentemente ha cominciato a mettere un freno al suo disavanzo di bilancio. Il sistema bancario italiano è relativamente sano, ma esposto sul debito sovrano europeo. Il Belgio è in realtà formato da due gruppi etnici che condividono un re e gli alti livelli del debito (circa 470 miliardi di euro, 100% del P.I.L.). 

01/02/11

La Crisi Europea del Debito – Parte prima

dal sito www.eurointelligence.com  una analisi approfondita  sulla gestione UE/FMI della crisi del debito -  di Satyajit Das 

Prima parte: Se volete arrivare là, io non partirei da qui!    

Satyajit Das, autore di "Traders, guns and money: Knowns and Unknowns in the Dazzling World of Derivatives"
Buona lettura:


Facendo un parallelo con la leadership militare del Presidente George W. Bush, si potrebbe dire che all'inizio del 2010 i leaders europei hanno dichiarato "missione compiuta". Un pacchetto di salvataggio - sostenuto a gran voce! - di 750 miliardi di euro ha scioccato gli speculatori rimettendoli al loro posto. Come la dichiarazione di Bush, la prognosi europea si è rivelata prematura. Il riprensentarsi del problema europeo del debito alla fine del 2010, culminato col salvataggio dell'Irlanda, ha messo in luce i problemi profondi e forse irrisolvibili di alcuni paesi europei sovraindebitati.

Missione Interrotta

Nella prima metà del 2010, la crisi è partita a causa dei grandi deficit di bilancio e degli elevati livelli di debito dei " PIGS" (Portogallo, l'Irlanda, la Grecia e la Spagna) o "PIIGS" (Italia compresa). Per la Grecia, il problema è stato esacerbato da un cocktail micidiale fatto di necessità di finanziare il deficit e il debito giunto a scadenza, di uso dei derivati per mascherare i livelli di debito e di una generale mancanza di trasparenza. 

Alla fine l'Unione Europea ha risposto con varie misure, compreso un prestito da 110 miliardi di euro per la Grecia e il fondo di salvataggio European Financial Stability Funds ("EFSF") da 750 miliardi destinato a fornire liquidità ai membri assediati dell'Euro-zona.

La BCE 
 
La Banca Centrale Europea da parte sua ha sostenuto le misure della UE. Il ruolo della BCE, presumibilmente con l'accordo tacito dell'UE e dei suoi membri, è stato cruciale per evitare i problemi di mancanza di consenso e di accordo a livello politico.

La BCE ha comprato i bonds della Grecia, dall'Irlanda e dal Portogallo nel mercato secondario per sostenerne il prezzo. A metà dicembre 2010, la BCE aveva comprato per 72 miliardi di euro. Più importante, la BCE ha sostenuto le banche più disastrate, fornendo loro i finanziamenti quando il mercato monetario non l'avrebbe fatto. Il finanziamento era a un tasso interessante (intorno all'1%), con la garanzia collaterale di obbligazioni pubbliche. Un arbitraggio squisito e una maniera nascosta per finanziare i creditori inguaiati.