Felix Salmon, blogger finanziario di Reuters, ci spiega come Wall Street sta rappresentando uno spettacolo sempre più lontano dall'economia reale.
Opinion Page del NYT - 13 febbraio 2011
Buona lettura:
Ultimamente sono circolate grandi notizie sulla Borsa. La settimana scorsa è arrivato un report secondo cui la Deutsche Börse, gigante tedesco del mercato, intende comprare la New York Stock Exchange , creando un'azienda del valore di circa 24 miliardi di dollari; questo poco tempo dopo che il Dow ha superato la barriera dei 12.000 punti per la prima volta da prima della crisi finanziaria.
Questi avvenimenti hanno occupato i titoli dei giornali perché sembravano indici di tendenze significative dell'economia americana. Ma guardiamo alla Borsa Valori americana più da vicino, e non ci troveremo granché. In verità, il mercato azionario sta diventando sempre più irrilevante - una tendenza che minaccia i principi basilari del capitalismo americano.
Ai giorni nostri un mercato finanziario in salute non sta a significare un'economia sana, come risulta da un'occhiata all'alto tasso di disoccupazione o al tasso basso di partecipazione al mercato del lavoro. Il Tea Party ha ragione su una cosa: "Ciò che è buono per Wall Street non è necessariamente buono per Main Street". Ed i tedeschi non stanno comprando la Borsa di New York per il suo mercato azionario altamente trasparente e concorrenziale dai margini ultra-contenuti, ma piuttosto per le sue operazioni lucrative sui derivati.
Il mercato azionario è ancora vastissimo, naturalmente: le aziende quotate sul mercato americano sono stimate a più di 17 trilioni di dollari e non stanno andando a sparire in un futuro prevedibile.
Ma i giorni di gloria delle società commerciali che dominano il paesaggio degli affari americano potrebbero essere finiti. Il numero delle aziende quotate sui principali mercati domestici nel 1997 ammontava a più di 7.000 e da allora sta calando. Ora arriva a circa 4.000 aziende e data la sua ripida discesa certamente continuerà a diminuire.
Né le altre azioni rappresentano un dato di salute evidente per l'economia americana. Aziende americane innovatrici come Apple e Google possono valere centinaia di miliardi di dollari, ma la maggior parte di loro non pagano i dividendi o non creano molti posti di lavoro, e le loro azioni sono essenzialmente investimenti speculativi per gente che scommette su come vivremo nel futuro.
Mettendola in un altro modo, il numero delle offerte al pubblico diminuisce costantemente, e il mercato azionario si sta trasformandosi in poco più di un posto per speculatori e algoritmi che si fanno concorrenza su chi trova il modo più redditizio di operare e guadagnare più soldi.
Ciò che il mercato non sta in realtà facendo è la sua principale funzione pubblica: allocare il capitale efficientemente. Apple, per esempio, è molto remunerativa e si basa su un mucchio enorme di contanti; così, è molto improbabile che usi le sue azioni altamente quotate per pagare le sue aquisizioni. Non ha più usato il mercato azionario per raccogliere fondi dal 1981, e ci si può scommettere che non lo farà.
Nel frattempo, le aziende in cui la gente vuole investire di più, le stelle ad alta tecnologia come Facebook e Twitter, stanno riuscendo ad evitare del tutto il mercato pubblico raccogliendo centinaia di milioni o persino di miliardi di dollari privatamente. Voi ed io non possiamo comprare in queste aziende; soltanto le istituzioni molto selezionate e gli individui ben introdotti lo possono fare. E le aziende preferiscono così.
Le azioni di un'azienda privata non sono influenzate dalle imprevedibili ondate del mercato azionario complessivo. Il suo direttore generale può concentrarsi sulla gestione dell'azienda piuttosto che stare a rispondere alle infinite domande degli investitori, degli analisti e della stampa.
C'è molto meno stress a raggiungere gli obiettivi trimestrali di rendimento. Quando si vendono le azioni, l'affare può essere negoziato tranquillamente, nei mercati riservati, piuttosto che cadere vittime della speculazione a breve termine da parte dei traders ad alta frequenza che popolano i mercati aperti al pubblico. E le aziende amano il fatto che i mercati riservati permettono loro di evitare gran parte dei limiti e delle regole poste al pubblico.
Quei limiti provengono in gran parte dalla Securities and Exchange Commission, creata in conseguenza del crollo del mercato azionario del 1929 per proteggere i piccoli investitori. Ma se il movimento verso i mercati riservati continua, i piccoli investitori non avranno più bisogno di molta protezione: potranno investire comunque soltanto in una manciata di aziende relativamente ristretta.
Soltanto le più vecchie e più grandi aziende oggi sono felici di essere quotate sui mercati pubblici. Di conseguenza, il mercato azionario nel suo complesso riesce sempre meno a riflettere la vitalità e l'eterogeneità della più vasta economia. Per investire nelle imprese più giovani, più piccole, c'è sempre più bisogno di essere un membro dell'elite ultra-ricca.
A rischio, allora, è la democrazia dell'azionista che l'America ha forgiato, lentamente, in questi ultimi 50 anni. I civili, piuttosto che i plutocrati, controllavano l'America corporativa e questo rapporto migliorava i livelli di vita e solitamente manteneva sotto controllo i peggiori abusi. Con l'America Inc. di proprietà dei suoi cittadini, il successo del business americano si traduceva in grandi guadagni di capitale da parte di coloro che investivano i loro risparmi nel mercato, per tutto il periodo del dopoguerra.
Oggi, tuttavia, i mercati azionari, una volta fondamento del capitalismo americano, si stanno trasformando lentamente in uno spettacolo chiassoso con ricadute sempre più scarne sull'economia reale. Lo show desta ancora parecchia attrazione, ma il reale commercio dell'economia globale sta inesorabilmente abbandonando il mercato azionario - e la grande maggioranza di noi - dietro le spalle.
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