Riassunto da un articolo di Ambrose Evans-Pritchard, 21 giugno 2019
Ambrose Evans-Pritchard si occupa del nuovo fronte di confronto/scontro tra la UE e il Governo Italiano, riguardante il governo della Banca Centrale nazionale.
Una nuova proposta della coalizione di governo prevede che i membri del consiglio direttivo della Banca Centrale diventino di nomina governativa e parlamentare, e che non siano più di nomina interna come avviene attualmente. La Lega in particolare vedrebbe l’attuale Banca d’Italia come un feudo burocratico autoreferenziale, lontano da qualsiasi controllo democratico.
Pritchard collega questa iniziativa con l’introduzione dei “mini-bot”:
La proposta accompagna quella del mese scorso sull’introduzione dei “minibot” per consentire il pagamento di 53 miliardi di euro di arretrati a imprese e famiglie – uno strumento ambivalente, che potrebbe diventare una valuta parallela e una “Lira in pectore”.
Entrambe le misure vengono presentate come esercizi di efficientamento, che non rappresentano una minaccia per l’euro. Ma hanno chiaramente un altro scopo: sono pensate per attrezzare il governo ribelle con strumenti di resistenza se lo scontro con Bruxelles dovesse aumentare. “Abbiamo imparato la lezione della Grecia” ha detto un funzionario della Lega.
La proposta di statuto toglierebbe al Consiglio Superiore della Banca d’Italia i poteri di governare l’istituzione come un feudo burocratico. L’istituzione è vista dalla coalizione Lega-5 Stelle come implacabilmente ostile.
La legge è stata concepita dal Senatore Alberto Bagnai, un professore di economia di estrazione progressista che ha legato le sue sorti al partito nazionalista della Lega vedendolo come unico modo di “liberare” l’Italia – a suo parere – dalla trappola strutturale del regime eurista.
Il Telegraph si pone la questione dell’indipendenza delle Banche Centrali, obbligatoria secondo i trattati UE, che potrebbe venire violata da questa iniziativa. Ma fa rilevare che Bagnai è già pronto ad affrontare questa critica: semplicemente, le Banche Centrali degli altri paesi dell’eurozona sono già gestite in questo modo, e nessuno ha mai pensato che questo fosse in contraddizione con il principio della loro indipendenza:
Bagnai, che è a capo della commissione Finanze del Senato, ne è consapevole. Ha dichiarato al Corriere della Sera che il suo progetto si basa sul “modello Bundesbank”, dove le figure di spicco sono scelte in maniera mista dal governo e dal parlamento.
“Significa solo renderla meno autoreferenziale e così allinearsi agli standard europei. Il nostro sistema somiglia solo a quello della Grecia, dove la selezione del direttorio viene fatta solo affidandosi a organismi interni”, ha detto.
Pritchard riporta anche le parole di Bagnai riguardo all’uscita dall’euro: il programma elettorale della Lega prevedeva uno smantellamento dell’eurozona a partire dagli stati del Nord; un’uscita unilaterale dell’Italia “in questo momento sarebbe un atto suicida” e non troverebbe comunque il consenso del Paese, risultando quindi una scelta antidemocratica.
Secondo Pritchard, la strategia della Lega prevede che lo Stato italiano riprenda in mano il controllo del sistema economico (compresa la Banca Centrale nazionale), provocando nel frattempo un calo di consenso politico per l’euro nei paesi del Nord, mettendo a nudo i problemi dell’eurozona.
Il giornalista riprende a riguardo la posizione del premio Nobel Stiglitz:
L’economista premio Nobel Joseph Stiglitz dice che l’unica maniera in cui l’unione monetaria può essere smantellata senza traumi eccessivi è che la Germania – e altri stati creditori – lascino la struttura legale dell’eurozona. Le loro valute si apprezzerebbero, diminuendo il peso reale dei contratti di debito in euro.
“Se la Germania non vuole intraprendere i passi fondamentali necessari per migliorare l’unione monetaria, dovrebbe scegliere l’alternativa migliore: lasciare l’eurozona” ha detto.
L’Italia e gli stati più deboli rimarrebbero con un euro svalutato. Ciò ripristinerebbe il loro “equilibrio di tasso di cambio per la piena occupazione” mentre preserverebbe l’integrità dei contratti in euro, evitando una catena di fallimenti.
Pritchard si occupa anche del paragone con la crisi della Grecia del 2015. A suo tempo, il governo di Syriza si scontrò con la UE, poiché voleva porre fine alle politiche di austerità. In quel frangente, la Banca Centrale Greca si schierò politicamente dalla parte della UE, costringendo Tsipras e Varoufakis alla resa incondizionata. Il governo italiano ha studiato e imparato dall’esperienza greca:
Il riferimento di Bagnai alla Banca Centrale Greca dice molto. Gli euroscettici italiani hanno studiato la disfatta della Grecia nello scontro con la UE nel 2015, e hanno concluso che non devono assolutamente rischiare di trovarsi nella stessa situazione di vulnerabilità.
Yanis Varoufakis, allora ministro delle Finanze, ha dichiarato che la Banca Centrale Greca agì da esecutore della BCE e della struttura di potere UE contro il governo eletto di Syriza. Negò la liquidità di emergenza alle banche private e mise in ginocchio il paese. […]
Alla fine, Varoufakis non riuscì a perseguire una “guerriglia” contro la BCE o ad attivare la sua moneta parallela dato che la sua banca centrale lavorava essenzialmente per la parte avversa.
Anche l’Italia visse un’esperienza simile, nel 2011, quando la Banca d’Italia giocò un ruolo decisivo nel rovesciare il governo Berlusconi, usando come strumento di pressione lo spread:
Athanasios Orphanides, allora membro del consiglio direttivo della BCE, ha affermato che questi metodi fanno parte degli strumenti “oscuri” della BCE. “Minacciano i governi ribelli di distruggerli finanziariamente. Gli tagliano i rifinanziamenti e minacciano di uccidere il sistema bancario. Creano una crisi di rifinanziamento nel mercato obbligazionario. Questo è ciò che avvenne in Italia nel 2011”, ha detto.
La BCE scrisse una lettera segreta – stesa anche da Draghi, e più tardi rivelata al pubblico – che ordinava al governo di fare profondi cambiamenti alle leggi italiane sul mercato del lavoro e si occupava di aree politiche su cui la BCE non ha alcun mandato legale. Berlusconi disse che era vittima di un “colpo di stato”.
L’attuale governo italiano, non volendo correre rischi, sta compiendo i passi necessari per affrontare lo scontro con l’UE sulla base di presupposti diversi. Avere una Banca Centrale che risponde ai cittadini italiani – e non a se stessa o a Bruxelles – e una potenziale moneta alternativa pronta a essere messa in campo sono strumenti che potrebbero stavolta condurre a una vittoria nella battaglia contro la burocrazia europea.
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