E' giusto o efficace che i decisori politici nascondano informazioni sulla pandemia o reprimano informazioni ritenute fake news, ipotesi complottistiche, informazioni non verificate per mantenere la calma tra la popolazione? Uno studio su oltre 240 milioni di messaggi provenienti dai social media suggerisce che non sempre è così facile distinguere tra informazioni fake e informazioni non ancora verificate che potrebbero avere un'utilità nel contrastare la pandemia: reprimerle tutte potrebbe essere controproducente. E, peggio ancora, quando i governi bloccano le informazioni o fanno deliberatamente disinformazione, nella speranza di calmare l'opinione pubblica, rischiano di minare la propria credibilità e innescare dubbi e mancanza di fiducia nel pubblico sulle loro reali motivazioni. In conclusione, i governi devono riflettere due volte prima di tacitare le comunicazioni sul COVID-19 e i consigli sul “Mantenete la calma e andate avanti” possono sortire esattamente l’effetto opposto nel contesto di un nuovo virus mortale e in evoluzione, su cui ancora abbiamo molto da imparare. Da Nature.
di Heidi J. Larson, 30 marzo 2020
Due anni fa, in risposta alle informazioni false diffuse sui social media, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla protezione e la promozione del diritto alla libertà di opinione ed espressione condannò i governi che impedivano la libertà di parola in nome dell’ordine pubblico. Il rapporto del relatore speciale fornì come esempio la Legge Cinese sulla Sicurezza Informatica del 2016, che “rinforza le vaghe proibizioni contro la diffusione di informazioni 'false' che perturbano l’ordine sociale o economico, l’unità e la sicurezza nazionale”.
Mentre il mondo affronta la pandemia del COVID-19, stiamo vedendo quali problemi può portare questa repressione. Cosa succederebbe se le informazioni giudicate sovversive dell’ordine sociale dalle autorità governative non fossero “false”, ma fossero piuttosto indizi che possono salvare la vita? Quando i governi o i loro responsabili reprimono le informazioni nella speranza di calmare un pubblico ansioso, o fanno deliberatamente disinformazione, presumibilmente allo scopo di rassicurarlo, rischiano di minare la propria credibilità e la propria capacità di aiutare le persone a contrastare minacce reali alla salute.
Di esempi ce ne sono in tutto il mondo. Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sostenuto che ci sarebbero stati test diagnostici per “chiunque ne avesse bisogno”, e che il farmaco anti-malarico clorochina poteva trattare con successo il COVID-19, sebbene i trial sulla sua efficacia contro il virus non fossero ancora completati. Da allora una persona è morta dopo essersi somministrata un genere di clorochina venduta per pulire gli acquari.
L’Iran, una volta conosciuto per il suo sistema sanitario solido, è stato duramente colpito dal COVID-19. Gli iraniani, in aggiunta ad altre rimostranze, erano già arrabbiati e sospettosi dopo che il loro governo aveva accidentalmente abbattuto un aereo passeggeri a gennaio. In questo clima di diffidenza, è scaturita nuova rabbia poiché l’opinione pubblica ha percepito che il governo non stesse facendo abbastanza per rallentare l’epidemia. Il ministro degli esteri, Mohammad Javad Zafir, ha tentato di dirottare questa rabbia accusando gli Stati Uniti. Sebbene le sanzioni americane abbiano messo a dura prova la vita quotidiana in Iran, e forse indebolito la capacità del paese di rispondere al COVID-19, il governo ha anche fatto tentativi consapevoli di reprimere le informazioni sullo stato dell’epidemia. Il personale medico in Iran è stato avvertito dalle autorità di non condividere nessuna informazione sui pazienti infetti o sulla limitatezza delle risorse, minando la capacità di risposta.
La CBC (Canadian Boradcasting Corporation) il 18 marzo ha riportato che in Russia i medici temono che ci possano essere “centinaia” di morti, nonostante le rassicurazioni del Presidente russo Vladimir Putin che è tutto sotto controllo. Alcuni medici affermano che stanno evitando di riportare casi sospetti alle autorità sanitarie poiché sono preoccupati dello stato delle strutture per la quarantena dove i loro pazienti sarebbero mandati, e temono che i loro studi sarebbero chiusi. L’agenzia stampa Reuters riporta che la Casa Bianca ha secretato importanti riunioni sul COVID-19 – anche se ciò significa nascondere informazioni agli esperti che si consulterebbero in condizioni normali – mentre il Presidente strombazzava che “tutto è sotto controllo”, fino a che la realtà non ha costretto a un voltafaccia.
Dove le fonti ufficiali di informazione vengono percepite come inattendibili, il clima è pronto per la diffusione virale di speculazioni infondate. Il COVID-19 ha innescato una ridda di voci - una miscela indistinguibile di informazioni non verificate, informazioni utili, disinformazione involontaria e disinformazione intenzionalmente manipolata. Tra il 1 gennaio e metà marzo 2020, il nostro monitoraggio dei social media al The Vaccine Confidence Project [Progetto sulla fiducia nei vaccini, ndt] ha acquisito a livello globale più di 240 milioni di messaggi digitali e dai social media che riguardano il nuovo virus, con una media di 3.08 milioni di messaggi al giorno. Su Twitter, ci sono stati 113 milioni di creatori unici di contenuti che hanno condiviso qualsiasi cosa, da messaggi su notizie e commenti sul COVID-19, a punti di vista sulle misure di quarantena, speculazioni sulle sorgenti del virus e cure fatte in casa. Queste ultime spaziavano da quelle relativamente innocue – mangia l’aglio – a quelle assolutamente pericolose – bevi candeggina. Un messaggio, falsamente attribuito alla Stanford University in California, raccomandava di sorseggiare acqua per uccidere il virus, o di trattenere il respiro per dieci secondi per determinare se si è infetti. (Nessuno di questi metodi funziona).
Mentre gli scienziati si affrettavano a investigare sul nuovo virus, hanno iniziato a circolare teorie del complotto che dibattevano se fosse un nuovo patogeno che si è evoluto in modo naturale, o fosse inavvertitamente scivolato fuori da un laboratorio ad alta sicurezza di Wuhan o fosse stato deliberatamente creato per la guerra biologica - un’idea ritenuta plausibile da alcuni all’interno dell’attuale contesto geopolitico e delle crescenti tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina.
Il 19 febbraio un gruppo di scienziati ha rilasciato una dichiarazione sul The Lancet per acquietare lo tsunami delle teorie complottistiche. Hanno confermato che le indagini “hanno concluso in maniera schiacciante che questo coronavirus si è originato in natura”. Ma tra l’identificazione del nuovo virus e la conferma della sua origine, non c’erano prove disponibili per contrastare le voci che diventavano virali, e – per quelli che vogliono crederci – tuttora persistono.
La sfida per i decisori politici e le autorità sanitarie è che, sebbene alcune informazioni siano chiaramente false, e perfino pericolose, la validità di altri messaggi è meno netta. Alcuni sollevano semplicemente dubbi, confusione e complotti, e minano la fiducia nella autorità sanitarie, ma sono difficili da bloccare e confutare. Alcune nuove informazioni, sebbene inverificabili, potrebbero essere preziose, e cancellarle causerebbe danni.
L’epidemia è iniziata con un toccante esempio di informazioni potenzialmente salva-vita represse come dicerie. Il 30 dicembre, Li Wenliang, un giovane oftalmologo di Wuhan, in Cina, pubblicò un messaggio per i colleghi col quale cercava di attirare l’attenzione su una malattia simile alla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) che si stava sviluppando nel suo ospedale. Il governo cinese cancellò sbrigativamente il messaggio, accusando Li di diffondere calunnie. Il 7 febbraio, Li è morto di COVID-19.
E’ un panorama complicato, nel quale non è soltanto questione di demistificare un pezzo di disinformazione. Riguarda le relazioni tra il pubblico e i politici, la mancanza di fiducia nelle motivazioni dei governi e i timori dei leader che la verità scateni disordini pubblici e dissenso. I consigli sul “Mantenete la calma e andate avanti” possono sortire esattamente l’effetto opposto nel contesto di un nuovo virus mortale e in evoluzione.
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