Anche Eurointelligence di Wolfgang Munchau si accorge che - sorpresa! - i conti della Commissione sul Recovery Fund non tornano, e che comprendono prestiti cammuffati da finanziamenti che non hanno realmente la natura di uno stimolo fiscale, perché alla fine andranno rimborsati. Oltre al fatto che il denaro sarà legato a delle condizioni, e non è chiaro cosa accadrà se queste condizioni non saranno soddisfatte.
Per comprendere meglio le insidie del Recovery Fund consigliamo anche questa lettura e per addentrarsi nel conto costi-benefici per il nostro paese quest'altra.
Eurointelligence Breafing, 29 Maggio 2020
Quando abbiamo letto il documento ufficiale per il briefing
di ieri, siamo rimasti perplessi sul fatto che i numeri non tornassero - almeno
non in modo ovvio. Un’ulteriore analisi della proposta ce ne ha rivelato il
motivo. L'affermazione della Commissione europea secondo cui 500 miliardi del
pacchetto da 750 miliardi di euro sono sovvenzioni (a fondo
perduto), è fuorviante. Da una valutazione più corretta questi fondi ammontano a 400 miliardi di
euro, che comprendono i 310 miliardi di euro di sovvenzioni del Recovery Plan
e varie altre componenti, tra cui un aumento dei fondi strutturali. Ma comprende
anche componenti che l'UE classifica come sovvenzioni, ma la cui natura finale
è un prestito. Si tratta dell’effetto del vecchio fondo Juncker della
Commissione. Che parte da un po' di denaro reale e tramite l’effetto leva si
tramuta in un grande prestito. Se funziona o no, non è questo il punto.
Economicamente, non è uno stimolo fiscale, perché si riferisce a finanziamenti
che alla fine devono essere rimborsati.
Stamattina la FAZ ha fatto sul programma un'osservazione
simile. L'UE alla fine dovrà solo rifinanziare tra 400 e 450 miliardi di euro.
Se lo si guarda dal lato del finanziamento, all'opposto di come vengono
rappresentati questi fondi dalla UE, si ottiene un quadro più reale della natura
economica del pacchetto. Questo è anche il motivo per cui il totale degli
stanziamenti nazionali che abbiamo presentato ieri in una tabella ammonta a
poco più di 400 miliardi di euro. Il divario è costituito da prestiti
mascherati da sovvenzioni.
La nostra stima di ieri dell’impatto economico su base annuale
a livello UE - pari allo 0,56% del PIL complessivo per quattro anni - riguardava solo
il Recovery Fund. Se si desidera aggiungere l'impatto delle altre misure reali
- circa 100 miliardi di € di fondi strutturali, sussidi all’agricoltura e per
la transizione e i cambiamenti climatici - è possibile aggiungere altri 0,3
punti percentuali. Ma questo vale solo per i due anni durante i quali questi
programmi verranno eseguiti. Attenzione, inoltre, che molti commentatori
arrivano a percentuali più elevate di noi perché dividono i programmi
pluriennali per il PIL di un solo anno. In realtà gli importi saranno
inferiori. Questi sono i tetti massimi. Da questi numeri occorre dedurre tre
importanti categorie di incerto ammontare.
La prima è l'entità della quota propria degli Stati membri
per il futuro rifinanziamento di tali prestiti. L'UE finanzia oltre la metà delle
sue attività attraverso contributi diretti degli Stati membri. La quota
dell'Italia post-Brexit nell'UE è di circa il 15%. Ci sarà una quota italiana
diretta nel rimborso degli 80 miliardi di euro che l'Italia inizialmente
incasserà.
In secondo luogo, il denaro sarà legato a delle condizioni.
Cosa succederà se queste condizioni non saranno soddisfatte? In altre parole, l'UE
spenderà davvero tutto il denaro, o è solo un tetto massimo?
Terzo, il pacchetto sopravvivrà all'assalto dei quattro "paesi
frugali"? L'UE avrà bisogno del consenso di ciascuno di essi per andare avanti.
E ciascuno ne avrà un tornaconto. Su base pro-capite, i quattro paesi frugali
sono tra i cinque maggiori contribuenti netti al bilancio dell'UE. Leif
Pagrotzky, ex ministro dell'economia svedese, ha sostenuto in Dagens Nyheter
che la Svezia non dovrebbe porre il veto al Recovery Fund, ma sostiene che si
tratta di uno strumento esclusivo per la zona euro e che la Svezia non
dovrebbe prenderne parte. Siamo d'accordo. C'è un sacco di
confusione a Bruxelles sulla natura dell'unione monetaria, che è uno dei motivi
per cui la zona euro è bloccata in una crisi permanente. La necessità economica
del Recovery Fund è la conseguenza diretta del fatto che i paesi si sono bloccati
in un'unione monetaria permanente. Non è un qualsiasi programma di aiuti
regionali.
Gli olandesi e gli austriaci si porranno obiettivi diversi. Non
pensiamo che vorranno porre il veto sul pacchetto, ma il guadagno economico
netto per l'UE nel suo insieme sarà probabilmente ridotto per gli sconti che
saranno concessi a questi paesi. Ad esempio, se i paesi non appartenenti
all'area dell'euro fossero autorizzati a rinunciare al Recovery Fund,
aumenterebbero gli oneri di rifinanziamento per i restanti paesi, il che a sua
volta ridurrebbe l'entità del trasferimento fiscale del pacchetto.
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