La Finlandia sta
pagando a caro prezzo l’adesione alla moneta unica.
Il fatto è già noto a chi abbia seguito il
dibattito sull’euro che si è svolto in Italia nell’ultimo decennio (di cui
proponiamo due contributi: qui e qui), ma ora
sembra che la consapevolezza e i pareri autorevoli comincino a prender piede
anche al di fuori del bel paese.
Dal sito di GnS Economics, studio di consulenza in
ambito macroeconomico con sede ad Helsinki, un articolo
dell’economista finlandese Tuomas Malinen, il quale illustra i problemi
generati dall’euro e ne prevede l’inevitabile rottura.
di Tuomas
Malinen, 21 aprile 2020
I ministri delle finanze
della zona euro stanno negoziando sull'attuazione del pacchetto di salvataggio
concordato due settimane fa. L'unico problema è che nessuno sembra sapere cosa
sia stato effettivamente concordato. Il testo dell'accordo era estremamente
vago. Questo per la semplice ragione che la coesione politica all’interno
dell’eurozona è pressoché svanita.
Ciò è estremamente
preoccupante, in quanto la volontà politica è il collante che tiene insieme le
unioni monetarie. Quando scompare, le unioni monetarie vanno in pezzi. Questa è
la lezione unanime che abbiamo dalle precedenti unioni monetarie.
In questo post illustriamo
i motivi per cui l'eurozona si sia venuta a trovare in questa situazione, e
perché sia improbabile che sopravviva alla crisi economica in arrivo.
"I Greci stanno arrivando!"
Il fatto spiacevole è che se
i leader europei avessero lasciato fallire la Grecia, e la crisi bancaria
avesse fatto il suo corso nel biennio 2011/2012, la maggior parte dei problemi
che oggi perseguitano l'eurozona sarebbero stati ormai risolti.
Nel 2011 il bilancio della
BCE era praticamente inalterato, la coesione politica a sostegno dell'euro era
forte e l'economia mondiale stava crescendo in maniera relativamente rapida,
poiché lo stimolo cinese era ancora efficace. Ora, sette lunghi anni dopo, il
bilancio della BCE è dilatato, la coesione della politica europea è sotto
stress e la crescita globale è stagnante, con lo stimolo cinese che assiste
impotente.
Quella che sette anni fa sarebbe stata
una crisi bancaria di livello regionale, è così diventata un
mostro, il quale minaccia l'intero sistema finanziario globale. In un post
precedente abbiamo descritto le gravi difficoltà del settore bancario europeo.
Un probabile innesco per
la prossima fase della crisi della moneta unica sarà una corsa agli sportelli
in qualche angolo dell'eurozona. Potrebbe essere silenzioso (attraverso i
mercati “repo”, come nel 2008) o più evidente, con risparmiatori che ritirano
in massa i loro depositi.
Se il primo fallimento
bancario significativo si verificherà in un membro forte dell'eurozona, come la
Germania, gli effetti iniziali potrebbero essere contenuti. Ma ciò genererà
comunque una sfiducia ancora maggiore nei confronti del settore bancario
europeo e, ad un certo punto, le corse agli sportelli si estenderanno su una
scala più ampia, in particolare coinvolgendo gli Stati membri più deboli, dove
il risultato sarà tutt'altro che innocuo.
Le opzioni per l'euro
L'unione bancaria europea
ha le risorse per gestire il fallimento di poche banche di piccole e medie
dimensioni, ma non di un "istituto finanziario di rilevanza
sistemica" ("SIFI", “Systemically Important Financial Institution”, nella lingua della Fed). Ecco perché la responsabilità della
ricapitalizzazione delle banche ricadrà ancora una volta sui governi nazionali.
Questo ci rimanda alle questioni cruciali per il destino dell'eurozona, che
abbiamo delineato nella Q-Review 3/2019:
- La BCE sarà in grado di fornire supporto al collocamento dei titoli di debito pubblico attraverso il quantitative easing (QE) e il settore bancario, e ciò sarà sufficiente?
- 2. Le autorità nazionali coopereranno e accetteranno le condizioni associate a possibili prestiti di salvataggio?
- 3. I leader politici nazionali, a loro volta, continueranno a sostenere l'euro?
Attualmente, la BCE sta
eseguendo un "QE illimitato", e quindi sta intervenendo nel mercato
dei titoli di debito pubblico dell’eurozona. Ciò è di importanza vitale, in
quanto molti paesi della zona euro hanno un debito pubblico molto
elevato (cfr. Figura 1).
Figura 1.
Il debito pubblico in percentuale al PIL in alcuni paesi dell’eurozona. Fonte:
GnS Economics, Commissione europea
Le autorità nazionali
hanno inoltre collaborato e trovato un accordo, almeno sulla carta, sui
prestiti per i salvataggi. Quanto sarà consistente l'impegno nella realtà
rimane però ancora da verificare.
Esiste il rischio, se gli
eventuali prestiti di salvataggio venissero subordinati a delle richieste di
austerità fiscale, che i cittadini dei paesi beneficiari possano vedere nelle
istituzioni dell'UE degli oppressori, per via dell’austerità imposta. I
cittadini dei paesi creditori, d'altra parte, disapproverebbero che le loro
tasse vengano utilizzate per salvare banche di altri paesi "dissoluti".
L'ammutinamento politico,
che si manifesterebbe attraverso dei partiti fortemente populisti, scoppierebbe
in maniera pressoché certa. Le richieste di uscita dall'euro, ad esempio in
Italia, potrebbero portare al collasso del sostegno politico all'euro in senso
lato.
La carta estremamente rischiosa per “uscire di prigione”
Se la Germania, la Finlandia, i Paesi Bassi o altri paesi del nord Europa
decidessero di aumentare in modo significativo il bilancio della zona euro fino
a circa il 20% - 30% del PIL e di emettere titoli comuni (Eurobond), potrebbero
essere in grado di raccogliere abbastanza “potenza di fuoco” (ndt: lol)
per arginare la crisi.
Tuttavia, esiste un consenso molto ridotto per questa
soluzione nella maggior parte delle nazioni forti, e per una buona ragione,
poiché impoverirebbe l'intero continente!
Ad esempio, in Finlandia
non esiste assolutamente alcun consenso per ulteriori passi verso l'integrazione, e
il contraccolpo politico sarebbe probabilmente travolgente.
Realizzare una vera unione
federale senza il sostegno ampio e popolare dei cittadini europei sarebbe anche
un'impresa estremamente rischiosa. Violerebbe in primis le Costituzioni di
molti paesi membri, nonché l'articolo 125 del Tattato sul funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), ponendo le basi per una crisi costituzionale
esistenziale all’interno dell'UE. Ecco perché questa opzione continua ad essere
molto improbabile.
Inoltre, se la BCE e/o i governi nazionali dovessero subire perdite per via
dei loro prestiti ad altri paesi dell’eurozona, ciò comporterebbe la chiara
violazione degli articoli 123 e/o 125 (ndt: del TFUE). Questo potrebbe
anche scatenare una crisi strutturale all’interno dell’Unione europea e rendere
incerta la ricapitalizzazione della BCE.
La fine è vicina
Il dato di fatto
spiacevole è che la moneta unica, l'euro, è stata fin dall'inizio un progetto
mal concepito. Se la storia delle precedenti unioni monetarie ci ha insegnato
qualcosa, è proprio che non si deve mai stabilire una valuta comune tra paesi
con retroterra culturali e politici molto diversi, senza che vi sia una
federazione. È incomprensibile come ci si trovi a dover imparare ancora una
volta questa lezione, e nel modo più duro!
La rovinosa tempesta economica causata dal Covid-19, molto probabilmente,
porrà fine all’esperienza dell'euro. Questo è qualcosa di cui tutti noi
dovremmo prendere atto e a cui prepararci. Sarà il più grande terremoto finanziario
di sempre, che richiederà seri interventi di copertura e pianificazione.
Abbiamo delineato tali azioni nella nostra serie di preparazione alla crisi.
Per concludere con una
nota positiva, quando l'euro sarà scomparso, le economie dell’eurozona saranno
pronte a ripartire. Naturalmente l’economia non decollerà subito, ma quando
molte nazioni dipendenti dalle esportazioni recupereranno il loro più
importante stabilizzatore macroeconomico - la propria valuta – questo fattore
contribuirà a favorire la ripresa.
E non dovremmo mai piangere la scomparsa di quelle istituzioni che hanno
fatto il loro tempo!
Fonte:
RispondiEliminahttps : / / gnseconomics . com / 2020 / 04 / 21 / the-downfall-of-the-euro /
L'analisi del prof Malinen è centrata quando descrive i motivi dell'impossibilità di proseguire l'unione politica dell'UE, ma dice una grossolana inesattezza quando lamenta l'incertezza della "ricapitalizzazione della BCE". La BCE è una banca centrale emettitrice di moneta e per defizione può operare a capitale negativo senza bisogno di ricapitalizzazione, cioè può assorbire perdite infinite senza fallire.
RispondiEliminaBen citati, invece, gli art 123 e 125 TFUE. La fine dell'euro sarà per decisione politica perché il costo di tenerlo insieme sarà finalmente riconosciuto superiore al vantaggio che porta e non perché 《la BCE fallisce》.
visto che l' euro ci ha privato della banca banca centrale e dobbiamo accontentarci della Bce ,che sta comunque facendo il compito che una banca centrale svolge in questi frangenti , dispetto della corte costituzionale tedesca ,andrebbe bene quanto proposto qua http://vocidallestero.blogspot.com/2020/04/voxeu-fare-spazio-allo-stimolo-fiscale.html,per preparare un "atterraggio morbido" dall' euro
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