Parte terza:
Conclusioni
In quanto ex professionista dell'intelligence, la prima cosa che mi colpisce è la totale assenza dei servizi di intelligence occidentali nel rappresentare la situazione dell'ultimo anno con accuratezza. In Svizzera, i servizi segreti sono stati rimproverati di non aver saputo fornire un'immagine corretta della situazione. In effetti, sembra che in tutto il mondo occidentale i servizi di intelligence siano stati sopraffatti dai politici. Il problema è che sono i politici a decidere: il miglior servizio di intelligence del mondo è inutile se colui che deve prendere le decisioni non lo ascolta. Questo è ciò che è successo durante questa crisi.
Detto questo, mentre alcuni servizi di intelligence avevano un quadro molto accurato e razionale della situazione, altri chiaramente avevano lo stesso quadro propagandato dai nostri media. In questa crisi, i servizi dei paesi della "nuova Europa" hanno giocato un ruolo importante. Il problema è che, sulla base della mia esperienza, li ho trovati veramente pessimi a livello analitico: dottrinari, mancanti dell'indipendenza intellettuale e politica necessaria per valutare una situazione a un livello di "qualità" militare. Meglio averli come nemici che come amici.
In secondo luogo, sembra che in alcuni paesi europei i politici abbiano deliberatamente risposto alla situazione in maniera ideologica. Ecco perché questa crisi è stata irrazionale fin dall'inizio. Va notato che tutti i documenti che sono stati presentati al pubblico durante questa crisi sono stati presentati da politici sulla base di fonti di informazione commerciale...
Alcuni politici occidentali volevano chiaramente che ci fosse un conflitto. Negli Stati Uniti, gli scenari di attacco presentati da Anthony Blinken al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite erano solo il prodotto dell'immaginazione di un Tiger Team che lavorava per lui: e lui ha fatto esattamente quello che fece Donald Rumsfeld nel 2002, che ignorò la CIA e altri servizi di intelligence che erano molto meno assertivi sulle armi chimiche irachene.
Gli sviluppi drammatici a cui stiamo assistendo oggi hanno delle cause che già conoscevamo, ma che ci rifiutavamo di vedere:
sul piano strategico, l'allargamento della NATO (di cui non ci siamo occupati qui);
sul piano politico, il rifiuto occidentale di attuare gli Accordi di Minsk;
e, sul piano operativo, i continui e ripetuti attacchi alla popolazione
civile del Donbass negli ultimi anni con un drammatico incremento a fine febbraio
2022.
In altre parole, possiamo naturalmente deplorare e condannare l'attacco russo. Ma NOI (ovvero: Stati Uniti, Francia e Unione europea in testa) abbiamo creato le condizioni per lo scoppio di un conflitto. Mostriamo compassione per il popolo ucraino e per i due milioni di rifugiati. Questo va bene. Ma se avessimo avuto un minimo di compassione per lo stesso numero di profughi delle popolazioni ucraine del Donbass massacrate dal loro stesso governo e che hanno cercato rifugio in Russia per un periodo di otto anni, probabilmente niente di tutto ciò sarebbe accaduto.
Se il termine "genocidio" possa essere applicato agli abusi subiti dalla gente del Donbass è una questione aperta. Il termine è generalmente riservato a casi di maggiore entità (Olocausto, ecc.). Ma la definizione data dalla Convenzione sul genocidio è probabilmente abbastanza ampia da poter essere applicata a questo caso. Lo decideranno i giuristi.
Chiaramente, questo conflitto ci ha portato all'isteria. Le sanzioni sembrano essere diventate lo strumento privilegiato della nostra politica estera. Se avessimo insistito affinché l'Ucraina rispettasse gli Accordi di Minsk, che avevamo negoziato e approvato, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. La condanna di Vladimir Putin è anche la nostra. Ma non ha senso lamentarsi dopo: avremmo dovuto agire prima. Invece, né Emmanuel Macron (in quanto garante e membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite), né Olaf Scholz, né Volodymyr Zelensky hanno rispettato i loro impegni. Alla fine, la vera sconfitta è quella di quelli che non hanno voce.
L'Unione europea non è stata in grado di promuovere l'attuazione degli Accordi di Minsk, al contrario, non ha reagito quando l'Ucraina bombardava la propria popolazione nel Donbass. Se l'avesse fatto, Vladimir Putin non avrebbe avuto bisogno di reagire. Assente nella fase diplomatica, l'Ue si è distinta per aver alimentato il conflitto. Il 27 febbraio il governo ucraino ha accettato di avviare negoziati con la Russia. Ma poche ore dopo l'Unione europea ha approvato un budget di 450 milioni di euro per la fornitura di armi all'Ucraina, gettando benzina sul fuoco. Da quel momento in poi, gli ucraini hanno sentito che non c’era bisogno di raggiungere un accordo. La resistenza della milizia Azov a Mariupol ha portato addirittura ad altri 500 milioni di euro per le armi.
In Ucraina, con la benedizione dei Paesi occidentali, sono stati eliminati coloro che erano favorevoli a un negoziato. È il caso di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, assassinato il 5 marzo dai servizi segreti ucraini (Sbu) perché troppo favorevole alla Russia e considerato traditore. La stessa sorte è toccata a Dmitry Demyanenko, ex vice capo della direzione principale della SBU per Kiev e la sua regione, che è stato assassinato il 10 marzo perché troppo favorevole a un accordo con la Russia: è stato fucilato dalla milizia Mirotvorets ("Peacemaker") . Questa milizia è associata al sito web di Mirotvorets, che pubblica un elenco dei "nemici dell'Ucraina", con i loro dati personali, indirizzi e numeri di telefono, in modo che possano essere molestati o addirittura eliminati; una pratica punibile in molti paesi, ma non in Ucraina. L'ONU e alcuni paesi europei hanno chiesto la chiusura di questo sito, ma tale richiesta è stata rifiutata dalla Rada [parlamento ucraino].
Alla fine, il prezzo da pagare sarà alto, ma Vladimir Putin probabilmente raggiungerà gli obiettivi che si era prefissato. Lo abbiamo spinto tra le braccia della Cina. I suoi legami con Pechino si sono consolidati. La Cina sta emergendo come mediatore nel conflitto. Gli americani devono chiedere al Venezuela e all'Iran il petrolio per uscire dall'impasse energetica in cui si sono cacciati - e gli Stati Uniti devono mestamente tornare sui propri passi a proposito delle sanzioni imposte ai loro nemici.
I ministri occidentali che cercano di far crollare l'economia russa e di far soffrire il popolo russo, o addirittura chiedono l'assassinio di Putin, mostrano (anche se hanno parzialmente cambiato la forma delle parole, ma non la sostanza!) che i nostri leader non sono meglio di quelli che odiamo: sanzionare gli atleti russi ai Giochi Paraolimpici o gli artisti russi non ha nulla a che fare con la lotta contro Putin.
La lezione che traiamo da questo conflitto riguarda il nostro
senso di umanità a geometria variabile. Se eravamo così appassionati di pace e
così affezionati all’Ucraina, perché non l’abbiamo incoraggiata di più a
rispettare gli accordi che aveva firmato, quelli che anche i membri del
Consiglio di Sicurezza avevano approvato?
L’integrità dei media si misura dalla loro volontà di lavorare secondo i termini della Carta di Monaco. Erano riusciti a diffondere l’odio per i cinesi durante la crisi del Covid e i loro messaggi polarizzati portano agli stessi effetti contro i russi. Il giornalismo si sta sempre più spogliando della professionalità per diventare attivista e militante…
Come disse Goethe, “Maggiore è la luce, più scura è l’ombra”. Più sproporzionate sono le sanzioni contro la Russia, e più numerosi sono i casi in cui non abbiamo fatto nulla, più si evidenziano il nostro razzismo e il nostro servilismo. Perché nessun politico occidentale ha reagito agli attacchi contro la popolazione civile del Donbass per otto anni?
Cosa rende il conflitto in Ucraina più riprovevole delle nostre guerre in Iraq, Afghanistan o Libia? Quali sanzioni abbiamo adottato contro coloro che hanno deliberatamente mentito alla comunità internazionale per condurre guerre ingiuste, ingiustificate e assassine? Abbiamo forse adottato una singola sanzione contro i paesi, le aziende o i politici che stanno fornendo armi al conflitto in Yemen, considerato il "peggiore disastro umanitario del mondo?"
Farsi la domanda è rispondersi... e la risposta non ci fa onore.
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