06/04/11

Dell'1%, Dall'1%, Per l'1%

Bellissimo articolo di Stiglitz -  anima grande - pubblicato su Vanity Fair.  Non servono parole di presentazione, solo leggere!
IL GRASSO E IL FURIOSO "L'1 per cento al top può avere le migliori case, la migliore istruzione e i migliori stili di vita" dice l'autore, ma "il loro destino è legato alle condizioni di vita del restante 99 per cento"

Illustrazione di Stephen Doyle
Maggio 2011


Gli americani sono stati a guardare le proteste contro i regimi oppressivi che concentrano enormi ricchezze nelle mani di pochi eletti. Eppure, nella nostra stessa democrazia, l'1 per cento della gente prende quasi un quarto del reddito nazionale - una disuguaglianza di cui anche i ricchi si pentiranno.

E' inutile far finta che ciò che di fatto è successo, non sia veramente accaduto. La fascia alta dell'1 per cento degli americani si prende ogni anno quasi un quarto del reddito nazionale. In termini di patrimonio invece che di reddito, l'1 per cento controlla il 40 per cento del patrimonio. Le loro sorti di vita sono sensibilmente migliorate. Venticinque anni fa, i dati corrispondenti erano del 12 per cento e del 33 per cento. Una reazione potrebbe essere quella di celebrare l'ingegno e la capacità di iniziativa che ha portato a queste persone la loro fortuna, e sostenere che l'alta marea solleva tutte le barche1. Ma sarebbe una risposta fuorviante. Mentre l'1 per cento al top ha visto il proprio reddito aumentare del 18 per cento negli ultimi dieci anni, la classe media ha visto i suoi redditi diminuire. Per quelli che hanno solo un diploma di scuola superiore, il calo è stato precipitoso – il 12 per cento solo negli ultimi venticinque anni. Tutta la crescita degli ultimi decenni - e oltre - è andata a quelli che stanno al top. In termini di equa distrubuzione del reddito, l'America è indietro rispetto a tutti i paesi del vecchio continente, l'Europa “fossilizzata” su cui ironizzava il presidente George W. Bush. I paesi a noi più vicini sono la Russia con i suoi oligarchi, e l'Iran. Mentre molti dei vecchi centri di disuguaglianza dell'America Latina, come il Brasile, negli ultimi anni si sono adoperati con discreto successo per migliorare la situazione dei poveri e ridurre i divari di reddito, l'America ha permesso la crescita delle disuguaglianze.

Gli economisti molto tempo fa hanno cercato di giustificare le grandi disuguaglianze che hanno portato tanti problemi durante la metà del 19° secolo, disuguaglianze che sono solo una pallida ombra di quello che vediamo oggi in America. Se ne vennero fuori con una giustificazione che ha preso il nome di "teoria della produttività marginale". In poche parole, questa teoria associa i redditi più alti con una maggiore produttività e quindi un maggior contributo alla società. E' una teoria che è sempre stata amata dai ricchi. La prova della sua validità, tuttavia, rimane inconsistente. I dirigenti aziendali che hanno contribuito alla recessione degli ultimi tre anni - il cui contributo alla nostra società, e alle loro stesse compagnie, è stato massicciamente negativo - hanno continuato a ricevere dei bonus di grandi dimensioni. In alcuni casi, le società erano talmente in imbarazzo a chiamare queste ricompense come "performance bonuses”, che si sono sentite costrette a cambiare il nome in “retention bonuses2” (anche se l'unica cosa che viene mantenute sono le cattive prestazioni). Coloro che hanno contribuito alla società con grandi innovazioni positive, dai pionieri della genetica ai pionieri dell'era dell'informazione, hanno ricevuto una miseria rispetto ai responsabili delle innovazioni finanziarie che hanno portato la nostra economia globale sull'orlo della rovina.

Alcuni osservano le disparità di reddito e alzano le spalle. E allora cosa succede se uno perde e l'altro guadagna? Ciò che conta, sostengono, non è come la torta viene divisa, ma le dimensioni della torta. Tale argomento è fondamentalmente sbagliato. Un'economia in cui la maggior parte dei cittadini stanno peggiorando anno dopo anno - un'economia come quella dell'America - non è in grado di andare bene nel lungo periodo. Ci sono diverse ragioni che lo dimostrano.

In primo luogo, la crescente disuguaglianza è l'altra faccia di qualcosa d'altro: il restringimento delle opportunità. Ogni volta che diminuisce l'uguaglianza delle opportunità, significa che non stiamo usando una delle nostre risorse più preziose - il nostro popolo - nel modo più produttivo possibile. In secondo luogo, molte delle distorsioni che hanno portato alla disuguaglianza - come quelle legate al potere dei monopoli e al trattamento fiscale preferenziale per particolari categorie - minano l'efficienza dell'economia. Questa nuova disuguaglianza va avanti a creare nuove distorsioni, compromettendo ulteriormente l'efficienza dell'economia. Per fare solo un esempio, troppi dei nostri migliori giovani talenti, vedendo i guadagni astronomici, hanno cercato occupazione nella finanza piuttosto che in campi che porterebbero ad un'economia più produttiva e sana.

Terzo, e forse più importante, una economia moderna richiede "un'azione collettiva" - ha bisogno che il governo investa in infrastrutture, istruzione e tecnologia. Gli Stati Uniti e il mondo intero hanno beneficiato enormemente della ricerca sponsorizzata dal governo che ha portato a Internet, ai progressi nella salute pubblica, e così via. Ma l'America ha sofferto a lungo di una carenza di investimenti nelle infrastrutture (vedi la condizione delle nostre autostrade e dei ponti, delle nostre ferrovie e degli aeroporti), nella ricerca di base, e nel campo dell'istruzione a tutti i livelli. Ulteriori tagli in questi settori ci attendono.

Nulla di tutto questo dovrebbe essere una sorpresa - è semplicemente quello che accade quando la distribuzione della ricchezza di una società diventa sbilenca. Quanto più una società diventa divisa in termini di ricchezza, tanto più i ricchi diventano riluttanti a spendere soldi per i bisogni comuni. I ricchi non hanno bisogno di fare affidamento sul governo per i parchi o l'educazione o l'assistenza sanitaria o la previdenza, dato che possono comprarsi tutte queste cose da soli. Nel tempo, diventano sempre più distanti dalla gente comune, perdendo qualsiasi empatia che possono aver avuto una volta. Hanno anche paura di un governo forte, che potrebbe utilizzare i suoi poteri per aggiustare il bilancio, richiedere un po' della loro ricchezza, e investirla per il bene comune. L'1 per cento al top può lamentarsi del tipo di governo che abbiamo in America, ma in realtà a loro piace parecchio: troppo paralizzato per re-distribuire, troppo diviso per fare qualsiasi cosa oltre che tagli alle tasse dei ricchi.

Gli economisti non sono sicuri su come spiegare in maniera esuriente la crescente disuguaglianza in America. La dinamica ordinaria della domanda e dell'offerta hanno certamente giocato un ruolo: le tecnologie laborsaving hanno ridotto la domanda per molti "buoni" di posti di lavoro operaio della classe media. La globalizzazione ha creato un mercato mondiale, scambiando i costosi lavoratori non qualificati americani contro gli economici manovali d'oltremare. Anche i cambiamenti sociali hanno svolto un ruolo - per esempio, il declino dei sindacati, che una volta rappresentavano un terzo dei lavoratori americani e ora rappresentano circa il 12 per cento.

Ma gran parte delle ragioni di tanta disuguaglianza sta nel fatto che l'1 per cento al top vuole così. L'esempio più evidente riguarda la politica fiscale. L'abbassamento delle aliquote fiscali sui redditi da capitale, che rappresentano una gran parte del reddito dei ricchi, è stato un regalo per gli americani più ricchi. Monopoli e oligopoli sono sempre stati una fonte di potere economico - da John D. Rockefeller, all'inizio del secolo scorso, a Bill Gates alla fine del secolo. La negligente applicazione di leggi anti-trust, specialmente durante le amministrazioni repubblicane, è stata una manna dal cielo per l'1 per cento. Gran parte delle disuguaglianze di oggi sono dovute alla manipolazione del sistema finanziario, consentita da modifiche alle leggi che sono state comprate e pagate dalla stessa industria finanziaria, uno dei suoi migliori investimenti di sempre. Il governo ha prestato denaro alle istituzioni finanziarie a un interesse vicino allo 0 per cento e ha fornito generosi salvataggi a condizioni favorevoli, quando tutto il resto veniva bocciato. I regolatori hanno chiuso un occhio verso la mancanza di trasparenza e i conflitti di interesse.

Quando si osserva l'enorme volume di ricchezza controllato dall'1 per cento al top in questo paese, si è tentati di vedere la nostra crescente disuguaglianza essenzialmente come una conquista - abbiamo iniziato in ritardo, ma ora stiamo arrivando a un livello di disuguaglianze mondiale. E sembra che andremo avanti su questo obiettivo per gli anni a venire, perché quel che lo ha reso possibile si autoalimenta.


La ricchezza genera potere, che a sua volta genera più ricchezza. Durante lo scandalo “Savings and Loan” degli anni '80 - uno scandalo le cui dimensioni, per gli standard attuali, sembrano quasi antiquate - una commissione del Congresso chiese al banchiere Charles Keating se il milione e mezzo di dollari che aveva distribuito tra alcuni importanti funzionari elettivi avrebbe potuto effettivamente comprare i loro favori. "Spero proprio di sì”, rispose. La Suprema Corte, nel suo recente caso Citizens United, ha sancito il diritto delle corporations di comprarsi il governo, eliminando le limitazioni alle spese per le campagne politiche. Il personale e il politico sono oggi perfettamente in linea.

Praticamente tutti i senatori degli Stati Uniti, e la maggior parte dei rappresentanti alla Camera, quando arrivano sono membri dell'1 per cento al top, sono tenuti in carica dal denaro dell'1 per cento al top, e sanno che se servono gli interessi dell'1 per cento al top quando finiscono il mandato saranno ricompensati dall'1 per cento al top. In generale, i politici più importanti dell'esecutivo nel settore del commercio e della politica economica provengono sempre dall'1 per cento al top. Quando le aziende farmaceutiche ricevono un regalo di mille miliardi di dollari - attraverso la legislazione che vieta al governo, il più grande acquirente di farmaci, la contrattazione sul prezzo - non dovrebbe essere motivo di meraviglia. Non dovrebbe sorprendere che non possa venir fuori dal Congresso alcun disegno di legge fiscale che non preveda grandi tagli di tasse per i ricchi. Dato che l'1 per cento al top è al potere, è così che ci si deve aspettare che funzioni.

Le disuguaglianze in America creano distorsioni nella società in ogni modo immaginabile. C'è, da un lato, un ben documentato effetto sullo stile di vita - le persone fuori dall'1 per cento al top vivono sempre di più al di sopra dei propri mezzi. L'economia “trickle-down”3 può essere una chimera, ma il comportamentismo trickle-down è molto reale. La disuguaglianza distorce in maniera massiccia la nostra politica estera. L'1 per cento al top raramente presta il servizio militare, la realtà è che l'esercito non paga abbastanza per attirare i loro figli e figlie, e il patriottismo non arriva a tanto. In più, la classe dei ricchi non sente il peso delle tasse quando il paese va in guerra: il denaro preso in prestito pagherà per tutto questo. La politica estera, per definizione, riguarda il bilanciamento degli interessi nazionali con le risorse nazionali. Con l'1 per cento al potere, che non paga nessun prezzo, la nozione di equilibrio e di moderazione esce fuori dal quadro.


Non c'è limite alle avventure che possiamo intraprendere; le aziende e i fornitori hanno solo da guadagnare. Le regole della globalizzazione economica sono progettate a beneficio dei ricchi: incoraggiano la concorrenza tra i paesi per il business, che spinge verso il basso le imposte sulle società, indebolisce la protezione della salute e dell'ambiente, e pregiudica quello che era visto come il "fondamento" dei diritti del lavoro, il diritto alla contrattazione collettiva. Immaginate come potrebbe apparire il mondo se le regole fossero state concepite invece per promuovere la concorrenza tra i paesi per i lavoratori. I governi avrebbero dovuto competere nel provvedere maggiore sicurezza economica, meno tasse sul reddito da lavoro, un buon livello di istruzione, e un ambiente pulito - cose di cui i lavoratori si preoccupano. Ma l'1 per cento al top non ha bisogno di preoccuparsene.

O, più precisamente, pensano di no. Di tutti i costi imposti alla nostra società da parte dell'1 per cento al top, forse questo è il più grande: la perdita del nostro senso di identità, in cui il fair play, la parità di opportunità, e il senso della comunità sono così importanti. L'America da tempo si vantava di essere una società giusta, dove ognuno ha le stesse probabilità di farsi strada, ma le statistiche suggeriscono il contrario: in America le possibilità di arrivare in cima di un cittadino povero, o anche di un cittadino del ceto medio, sono inferiori a quelle di molti paesi d'Europa. Le carte per loro sono truccate. E' questo sentimento di un sistema ingiusto, senza opportunità, che ha dato origine alle rivolte in Medio Oriente: i prezzi crescenti dei prodotti alimentari e la disoccupazione giovanile semplicemente hanno fatto da miccia.


Con la disoccupazione giovanile in America intorno al 20 per cento (e in alcuni luoghi, e in alcuni gruppi socio-demografici, anche al doppio); con un americano su sei che desidera un lavoro a tempo pieno ma non è in grado di ottenerlo, con un americano su sette a buoni pasto (e circa lo stesso numero che soffre di "insicurezza alimentare") - dato tutto questo, ci sono prove evidenti che qualcosa ha bloccato la tanto vantata "ricaduta" dall'1 per cento al top verso tutti gli altri. Tutto questo sta avendo l'effetto prevedibile di creare alienazione - l'affluenza alle urne nelle ultime elezioni è stata pari al 21 per cento, comparabile al tasso di disoccupazione.

Nelle ultime settimane abbiamo visto la gente scendere in piazza a milioni per protestare contro le condizioni politiche, economiche e sociali delle società oppressive in cui abitano. In Egitto e in Tunisia i governi sono stati rovesciati. Le proteste sono scoppiate in Libia, in Yemen e nel Bahrain. Le famiglie dominanti degli altri paesi della regione considerano nervosamente dai loro attici con l'aria condizionata, chi sarà il prossimo? Hanno ragione di preoccuparsi. Queste sono società in cui una minuscola frazione della popolazione - meno dell'1 per cento - controlla la parte del leone delle ricchezze; dove la ricchezza è una determinante principale del potere; in cui la corruzione di un tipo o di un altro è uno stile di vita, e dove i più ricchi spesso si oppongono attivamente alle politiche atte a migliorare la vita della gente.

Mentre guardiamo le proteste popolari per le strade, una domanda da porci è questa: Quando succederà in America? In maniera importante, il nostro paese è diventato come uno di questi lontani luoghi travagliati.

Alexis de Tocqueville una volta ha descritto quello che lui vedeva come la parte fondamentale del genio peculiare della società americana - qualcosa che lui chiamava "il proprio interesse correttamente inteso". Le ultime due parole erano la chiave. Ognuno possiede un interesse personale in senso stretto: io voglio ciò che è bene per me in questo momento! L'interesse personale "correttamente inteso" è diverso. Significa rendersi conto che prestare attenzione all'interesse personale di tutti gli altri, in altre parole, al bene comune - è in realtà una condizione preliminare per il proprio massimo benessere. Tocqueville non intendeva sostenere che ci fosse qualcosa di nobile o idealistico in questa visione – in realtà, suggeriva il contrario. Era un segno del pragmatismo americano. Quegli americani astuti avevano capito un fatto fondamentale: prestare attenzione agli altri non è solo un bene per l'anima - fa bene al business.

L'1 per cento al top ha le migliori case, la migliore istruzione, i migliori medici, e i migliori stili di vita, ma c'è una cosa che il denaro non sembra avere comprato: la comprensione che il loro destino è legato alle condizioni di vita dell'altro 99 per cento. Nel corso della storia, questo è un qualcosa che l'1 per cento al top, alla fine, imparerà. Troppo tardi.

1"a rising tide lifts all boats" è un aforisma associato all'idea che i tagli delle tasse e le politiche economiche che in genere portano benefici in primo luogo ai percettori dei redditi alti, alla fine ricadono su tutta l'economia.

2
Sarebbe: “premi di mantenimento”

3
Termine usato per indicare (in maniera critica) la teoria economica del supply side, detta anche reaganomics, in base alla quale i provvedimenti che favoriscono i più ricchi produrrebbero effetti a cascata su tutta l'economia grazie agli investimenti.

14 commenti:

  1. Ho conosciuto il suo blog da pocoe mi chiedevo se traduce mai qualcosa di Marc Faber.
    Grazie.

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  2. Salve Maurizio, in effetti ho il blog di Marc Faber tra quelli da prendere in considerzione, ma sinora non mi è mai capitato niente di convincente per me.
    Si accettano collaborazioni: se volesse tradure qualcosa la ospito.

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  3. Ho letto l'articolo, molto interessante.
    Grazie Carmen.
    L'unica cosa che mi ha fatto pensare in particolare modo, oltre al solito travaso di bile... è stato cosa vuol dire democrazia e mi è venuto in mente un testo trovato in internet che, se lo trovo te lo mando.
    Saluti.
    Orazio

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  4. Fa una certa impressione sentirsele raccontare così, e star qui a ....andare a votare, eh?

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  5. Purtroppo, gentile Signora, il mio inglese è scolastico (scuola finita 40 anni orsono). MI dispiace solo che dica che c'è poco i convincete in Marc Faber, probabilmente ha idee opposte sue e quindi si capisce perchè non pubblica mai suoi scritti. Peccato, perchè vede, Signora, pubblicare anche idee opposte alle nostre, quando vengono da persone del calibro di Faber, può incentivare la discussione e portare nuovi lettori. Altrimenti si troverà solo fra quelli che la pensano come Lei e non ci sarà mai contradditorio. Oppure è quello che vuole?
    E' anche Lei dell'Idea di quelli che pensano che chi ha idee diverse dalle loro, sono solo ignoranti ed asserviti al potere, perchè solo Voi possedete la VERITA'?
    Mi scuso per l'enfasi, ma sa, sono uno di quelli che non hanno la Verità in tasca.

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  6. Signor Maurizio,
    a parte che in fatto di idee tra le persone si trovano sempre elementi di divergenza ma anche altri di convergenza...se intendessi pubblicare solo quello che mi convince in toto, a parte che pubblicherei ben poco, poi non le avrei mai offerto di ospitare eventuali sue traduzioni sul mio blog.
    Quindi sia meno prevenuto.
    E poi ho aperto questo Blog per dar voce a una passione ed un interesse mio personale, e per il piacere della condivisione. E' chiaro quindi che - compatibilmente con il tempo a mia disposizione - dò la precedenza agli articoli che più mi incuriosiscono e mi arricchiscono - a mio giudizio, ovviamente.

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  7. Tutto quello che il fiume porta, aiuta a far muovere la ruota del mulino.
    Ogni idea, anche se diversa di quello che uno crede, aiuta in un modo o nell'altro ad allargare la propria visuale e permette di porsi altre domande.
    Un saggio, scrisse:
    il 90% dei problemi del mondo, è dovuto alla mancanza di informazioni, l'altro 10% è comprendere che abbiamo bisogno delle informazioni.
    Saluti.
    Orazio

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  8. Prima della crisi del 2008 il consumo di risorse rinnovabili nel nostro pianeta era arrivato al 130% della produzione annuale; le risorse non rinnovabili, in primis il petrolio, invece sono già tutte o quasi nel cosidetto picco di Hubbert.
    Il problema im soldoni è questo:
    se dai 1.000 miliardi di dollari ad un ristretto gruppo di persone (anche svariate decine di migliaia), gli equilibri del pianeta non ne risentono.
    Se invece li dai a qualche decina di milioni di occidentali per gli equilibri del pianeta sono dolori.
    E' l'amara realtà dei nostri tempi.
    Il pianeta è colmo dei rifiuti della classe media occidentale; il pianeta viene consumato principalmente dalla classe media occidentale.
    A cui si stanno aggiungendo le classi medie che si stanno formando nei paesi in forte sviluppo come Cina, India, Brasile e più in generale molte zone del sud est asiatico.
    Ora se voi vedete un altro pianeta terra (ovviamente disabitato) ditelo così ci andiamo a rifornire là.
    Questo non significa che le diseguaglianze di disponibilità di risorse siano giuste e da accettare.
    segue

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  9. Ma il rapporto che c'è ad esempio tra un italiano medio e un ricco è inferiore a quello che c'è tra un africano e l'italiano medio.
    E l'africano non potrà mai arrivare al tenore di vita dell'italiano medio, perchè non c'è grano, petrolio, rame, riso, acqua a sufficienza per avere un ceto medio mondiale di 3/4 miliardi di persone.
    Perchè poco meno di 500 milioni di occidentali da soli si sono fumati negli ultimi 30 anni tra l'80 e il 90% delle risorse mondiali.
    Morale della favola:
    il ridimensionamento del nostro tenore di vita è un processo inarrestabile (e giusto aggiungo io); cercare dei colpevoli anziché prendere atto della cosa non mi sembra una buona soluzione, ma è solo il mio pensiero.
    scusate l'intrusione ...

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  10. Nessuna intrusione, ci mancherebbe.
    Sono d'accordo sulla necessità di ridimensionare il tenore di vita della classe media occidentale, e personalmente amo e pratico uno stile di vita semplice.
    Non si stanno cercando dei colpevoli per non pagare il dazio, come dicono al mio paese...ma questa oligarchia al potere - oltre a consumare a dismisura, il che giustamente sarebbe il meno perché sono in pochi - persegue i propri interessi anche contro il bene collettivo e del pianeta...e questo per un regime al potere è un peccato mortale.

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  11. Ho appena eliminato un commento volgare e insultante verso Stiglitz da parte di un sostenitore della scuola austriaca - commento degno del cervello del suo autore.
    Ripeto che pubblico solo commenti critici circostanziati e civili.

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  12. Comunque un commento degli austriaci, per chi fosse interessato, si può trovare sul sito di Usemlab a nome di Francesco Carbone.

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  13. Anche Francesco Carbone non è stato "tenero". Ma sui contenuti mi pare davvero difficle dargli torto ...

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  14. Caro Anonimo, vedi, se l'articolo di Carbone fosse semplicemente "non tenero", non ci sarebbe alcun problema. Il fatto è che Carbone si dilunga per una buona metà dell'articolo in insulti e insinuazioni perfettamente in linea con la maleducazione aggressiva imperante nel web.
    Non è solo una questione di educazione. E' una questione di democrazia, purtroppo.
    Sinché non ci renderemo - ma davvero, non a paroloni - conto che nessuno di noi in questo mondo allo stadio evolutivo in cui ci troviamo può accedere alla VERITA' assoluta, ma solo a parte di essa - e continueremo a insultarci invece che a cercare di integrare le differenze di pensiero che forse, se porte in una maniera positiva, farebbero crescere la conoscenza di tutti, e anche la propria, allora non abbiamo alcuna speranza. I critici del sistema usano gli stessi metodi e la stessa mentalità aggressiva e unilaterale che ci ha portato sin qua! Bello! Dove potremo mai andare in codesta maniera?

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