MartinWolf sul Financial Times si pone due questioni estremamente
importanti nelle circostanze attuali, sia negli Stati Uniti, che
nell'eurozona, in Giappone e nel Regno Unito.
Qual
è il corretto approccio alla politica fiscale e monetaria quando
l'economia è depressa e il tasso di interesse della banca centrale è
vicino a zero? L'indipendenza della banca centrale rende più
difficile raggiungere le giuste decisioni?
In
questa prima parte Wolf prende in esame un articolo scritto da Paul
McCulley e Zoltan Pozsar - il primo ex amministratore delegato di
Pimco, e inventore delle espressioni "Minsky moment" e
"sistema bancario ombra"; il secondo ex esponente della
Federal Reserve Bank di New York e ora visiting scholar presso il
Fondo Monetario Internazionale – nel quale i due autori sostengono
che gli Stati Uniti, oggi, si trovano in quella tipica situazione che
Keynes ha descritto come "trappola della liquidità": anche
con i tassi di interesse ufficiali vicini allo zero, l'incentivo ai
prestiti e alla spesa nel settore privato risulta sempre inadeguato.
Dice
Wolf:
La spiegazione di questo eccezionale stato di cose è che durante il boom del credito e la bolla dei prezzi che ha preceduto la crisi, vaste aree del settore privato si sono sovraindebitate. Una volta che i prezzi delle attività sono crollati, gli ex debitori sono stati costretti a ridurre i loro debiti. Anche le istituzioni finanziarie, d'altra parte, non sono disposte a concedere prestiti, bensì si trovano nella necessità di rafforzare i loro bilanci. Esse però si trovano anche di fronte a una carenza di persone disposte a indebitarsi e meritevoli di credito.
In tali circostanze, sarebbero necessari dei tassi di interesse reali negativi, ma le condizioni recessive dell'economia escludono che i tassi possano scendere. Invece, vi è il pericolo di ciò che il grande economista americano Irving Fisher ha chiamato "deflazione da debito": il calo dei prezzi aumenta il peso reale del debito, rendendo la contrazione economica ancora peggiore. Una versione meno estrema (e quindi più in generale) è l'idea della "recessione di bilancio", espressione coniata da Richard Koo di Nomura, che si riferisce a quello che il Giappone ha dovuto gestire negli anni '90.
La posizione di McCulley-Pozsar è questa:
"Il
deleveraging – la riduzione del sovraindebitamento - è una bestia
che il capitalismo non può sopportare da solo. Il deleveraging
deve essere un processo gestito a livello macroeconomico: perché il
settore privato possa ridurre la leva finanziaria senza causare una
depressione, il settore pubblico deve muoversi nella direzione
opposta. . . considerando effettivamente politica monetaria e
fiscale come un insieme consolidato.
"In
una trappola della liquidità l'austerità fiscale non funziona, ed
ha senso quanto mettere a dieta un anoressico. Eppure le 'diete'
sono le prescrizioni che gli 'austerians' impongono o tentano di
imporre negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell'Eurozona. Gli
austerians non riescono a comprendere, tuttavia, che non tutti
possono risparmiare nello stesso tempo, e che, nelle trappole di
liquidità, il paradosso della parsimonia e della depressione sono
compagni di viaggio funzionalmente interconnessi. "
Di fronte a queste critiche, le argomentazioni degli austerians (termine coniato da Rob Parenteau, ricercatore associato presso il Levy Economics Institute of Bard College) sono essenzialmente tre:
in primo luogo che non si può aggiungere debito al debito,
appesantendo ulteriormente le generazioni future;
poi c'è la
critica del cosiddetto crowding out, o effetto spiazzamento, secondo
cui se lo stato si indebita emette dei titoli pubblici che spiazzano
il mercato del credito privato;
infine, si porta la questione che la
massa dei titoli pubblici provocherà un rialzo dei tassi di
interesse, negativo per l'economia.
Ma,
secondo McCulley-Pozsar, in una trappola di liquidità, nessuno di
questi argomenti tiene.
“L'esperienza degli ultimi quattro anni (per non citare l'esperienza del Giappone negli ultimi 20 anni) ha dimostrato che i governi che operano con una valuta fluttuante non hanno vincoli all'indebitamento. Sorprendentemente, nelle circostanze di una trappola della liquidità, dei grandi disavanzi di bilancio sono in grado di ridurre i livelli futuri di debito pubblico e privato, piuttosto che alzarli. Inoltre, il settore privato non vuole prendere in prestito, ma, invece, vuole ridurre il suo debito: non vi è dunque alcun effetto spiazzamento. Infine, l'aggiustamento ricade sulla valuta, e non sul tasso di interesse a lungo termine. Nel caso degli Stati Uniti, poi, anche gli stranieri sono interessati a prestare, a sostegno delle loro politiche economiche mercantilistiche.”
I
governi purtroppo sono vittime di una paralisi intellettuale,
prigionieri del dogma, e se, rispetto all'ortodossia, con
l'austerità agiscono in modo responsabile, in realtà stanno
trascinando le economie nel vortice della deflazione e della
depressione.
Infine, l'argomentazione di McCulley-Pozsar ha profonde implicazioni per le banche centrali.
“In
questa situazione, abbiamo bisogno di banche centrali che finanzino
- e così favoriscano – i governi economicamente responsabili
(anche se "fiscalmente irresponsabili" dal punto di vista
degli austerians).
Quando
il credito del settore privato non cresce, la monetizzazione del
debito pubblico non è inflazionistica. Anzi, se lo fosse andrebbe
anche bene, perché significherebbe una ripresa più forte, che
porterebbe a una rapida inversione del policy-mix poco ortodosso.”
In
sintesi, McCulley-Pozsar sostengono che nelle circostanze insolite
di una trappola della liquidità una politica fiscale aggressiva
funzionerebbe, soprattutto se combinata con la monetizzazione, ma la
saggezza “convenzionale” blocca un pieno utilizzo di questi
strumenti non ortodossi.
Essi
osservano, però, che storicamente la pressione politica ha
distrutto questo tipo di resistenze, come quando ad esempio nel 1931
la pressione politica ha portato la Gran Bretagna ad abbandonare il
gold standard, o nel 1933 ha portato Hitler al potere.
La
zona euro dovrebbe prenderne atto.
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