08/03/18

L’Italia non sta prosperando, sta esplodendo

Mentre molti si strappano i capelli per un risultato delle elezioni italiane inatteso, accusando gli elettori italiani – tanto per cambiare – di ignoranza, razzismo o estremismo, la causa è molto più semplice: dalla sua introduzione l’euro ha portato prima risultati economici deludenti, e poi disastrosi, impedendo la ripresa economica.

 

 

Di Jeffrey P. Snider, 5 marzo 2018

 

 

Potrebbe arrivare un momento, non troppo distante nel futuro, in cui la Brexit verrà non dico dimenticata, ma messa in secondo piano nel contesto della disintegrazione europea. In primo piano, se le cose continuano così, ci sarà l’Italexit. Gli italiani, non i britannici, faranno scoppiare la bolla dell’euro, e di conseguenza tutto l’esperimento europeo.

 

Ormai, la formula la conosciamo. Se qualcuno è contrario a una integrazione e unione europea più stretta, allora deve essere un fascista xenofobo, un razzista della peggior specie. Questa tattica, anziché plasmare gli elettori, sembra che si sia rivolta contro chi utilizza le catene e spera con fervore di continuare questo esperimento per molto tempo.

 

I risultati del voto non sono ancora completamente disponibili, ma è chiaro che ieri gli Italiani hanno votato ampiamente  per i partiti anti-establishment e anti-euro. Anche se il parlamento italiano potrebbe essere nel caos nel prossimo futuro, la febbre euroscettica e anti-establishment si è imposta molto più del previsto (per l’ennesima volta). Perfino i commentatori mainstream che hanno scritto diffusamente quanto successo, non possono astenersi dal prendere atto della realtà:

 

Dopo che i partiti tradizionali erano riusciti a contenere i populisti in Germania, Francia e Olanda negli scorsi dodici mesi, le loro difese sono state annientate in Italia, dove gli elettori si sono ribellati contro due decenni di crescita economica deludente e contro un’impennata di immigrazione. Il risultato è un partner molto più imprevedibile per i leader europei come Angela Merkel e Emmanuel Macron, che fronteggiano la minaccia USA di una guerra commerciale mentre cercano di riformare l’area valutaria”.

 

L’articolo di Bloomberg (come prevedibile) dipinge la rabbia economica italiana come “due decenni di crescita deludente” con l’evidente intento di delegittimare la disaffezione degli elettori. Una versione più onesta sarebbe stata “le cose vanno male da vent’anni, perché si ribellano adesso? Per gli immigrati”. Quest’affermazione non avrebbe potuto essere più vera, ma spogliata del suo evidente pregiudizio e delle nascoste intenzioni misantropiche.

 

È tecnicamente vero che l’economia italiana è stata a lungo una delle più deludenti, ma si può comunque sostenere che queste performance scadenti sono cambiate. Fino al 2008 circa, gli Italiani si potevano definire, se non soddisfatti, quantomeno indifferenti riguardo la loro economia deludente all’interno dell’euro. Tuttavia non credo sia vero, visto che la stessa UE era godeva di buona popolarità nel Paese fino al momento del panico globale proveniente dagli USA.



Ciò che oggi spiega la rivolta è la ripresa da quel momento di panico, o meglio la sua assenza. Come ho già scritto, la dinamica è divenuta esplosiva semplicemente perché gli Italiani, come gli Americani e tutti gli altri, si sono sentiti dire ripetutamente che la loro economia non solo era in ripresa, ma ultimamente stava prosperando. Per molti, potrebbe essere.

 

Tuttavia questo non è il punto, visto che in un’economia ci sono sempre alcuni settori che stanno bene e alcuni altri che stanno male. Quando troppe persone finiscono, e rimangono, nell’ultimo gruppo, ecco che iniziano i problemi. E quando queste persone che sono rimaste escluse dalla ripresa si sentono dire ripetutamente che le cose vanno molto bene e non riescono a capire come sia possibile, la sfiducia e la caccia al colpevole sono gli unici risultati garantiti.

 

La paura irrazionale dei robot è dello stesso tipo. Se non viene loro fornita una risposta onesta, le persone cercheranno da soli la risposta sul perché non sembrano sperimentare questa prosperità. L’immigrazione è una questione simile ma più complessa (dobbiamo tener conto anche fattori sociali, oltre che economici).



Ma anche questa spiegazione generale sottostima parecchio la gravità del problema. Perfino coloro che sono occupati, che sono decisamente pochi in Italia rispetto al totale della popolazione, non stanno affatto migliorando la propria condizione. Questa mancanza di opportunità può e in effetti diventa palpabile, una frustrazione che deve essere affrontata con una spiegazione onesta, ma in questo decennio perso lo è stata raramente, se non mai.

 

Gli economisti non fanno che parlare di ripresa. Non importa quante evidenze si accumulano contro questo concetto, continueranno a sostenere che c’è o, se messi alle strette, che arriverà domani.

 

Questo punto di vista parte con un preconcetto, e poi si mette a cercarne conferme. La tecnocrazia viene difesa a tutti i costi, perfino quando la cosa che più la caratterizza e l’incompetenza totale. Nel luglio del 2012, Mario Draghi promise di fare “tutto il necessario” per difendere la moneta unica, e quindi in termini politici per mantenere vivo il sogno dell’integrazione.

 

La maggior parte delle persone lo hanno visto come un gesto nobile, lo spunto di un funzionario serio messo sotto pressione, per aiutare le normali persone europee che soffrivano sotto la repressione finanziaria per ragioni che non potevano comprendere. Queste persone avrebbero dovuto invece ascoltare Mario Draghi e giudicarlo per quello che è: un semi-pazzo totalmente confuso:

 

“L’euro è come un calabrone. È un mistero della natura perché non sarebbe in grado di volare, eppure vola. Quindi l’euro è stato un calabrone che volava molto bene per molti anni. E ora – e penso che le persone si chiedano “come è possibile?” – magari c’era qualcosa nell’atmosfera, nell’aria, che ha permesso al calabrone di volare. Ora qualcosa deve essere cambiato nell’aria, e ora sappiamo cosa, dopo la crisi finanziaria”.

 

Come il suo predecessore Jean-Claude Trichet o Ben Bernanke, la sua controparte alla Federal Reserve degli USA, Mario Draghi non ha idea di quello che è successo nel 2008, o, per quel che vale, quello che è successo di nuovo nel 2011. La sua banca centrale, come tutte le banche centrali, stanno tentando di risolvere un problema che non capiscono, e la conseguenza è che non risolvono mai nulla.

 

Le persone potrebbero essere giustamente arrabbiate per questo. Non ci vuole molto per riconoscere che questi elettori potrebbero avere ragione, e che si tratta di una critica legittima che non ha nulla a che vedere con il lato oscuro della tragica storia europea. L’economia tuttavia è forse la disciplina più fragile mai inventata. Essa impedisce anche solo il minimo pizzico di onesta introspezione, in larga parte perché si tratta più di una forza (o farsa) politica che scientifica.

 

Da nessuna parte questo è evidente quanto in Europa. Il rischio per la situazione politica europea non è poi così complesso. È facilmente attribuibile a quella cosa che a nessuno è concesso di mettere in discussione:

 

"La minaccia per l’euro oggi è più grande che nel 2012, e riguardo a questo Draghi ha completamente fallito. Non viene dagli squilibri Target 2 o dai tassi della Grecia, ma da sconvolgimenti politici legati direttamente a quello che Mario Draghi sembra non poter comprendere. Può promettere tutto quel che vuole, ma il destino dell’Europa non verrà deciso dal suo euro."

 

È ripresa o morte per l’Europa, la stessa scelta che si pone nel resto del mondo nel caso di una stagnazione così tanto prolungata. In Cina, come già abbiamo notato, a riguardo si stanno muovendo, sembra, preparandosi alla morte. Gli elettori europei possono sembrare irrazionali, ma solo se pensate che l’euro è stato ed è un calabrone nelle capaci mani di brillanti apicoltori tecnocrati.

 

Non si è trattato di due decenni di problemi economici, solo l’ultimo è stato più che sufficiente a far diventare l’Italia così avversa a quello che una volta aveva abbracciato entusiasticamente. La disgregazione dell’euro è cominciata con la distruzione monetaria, alimentata da errore dopo errore, e ora si sposta sempre più vicina al suo compimento grazie all’inutilità tecnocratica coperta solo dallo stridore politico. Siamo davvero sorpresi del fatto che non è stata una formula vincente alle urne?

 

A voler vedere, penso che gli Italiani, gli Inglesi, gli Americani, ecc. sono stati finora notevolmente tranquilli. Hanno dato ai tecnocrati il beneficio del dubbio una volta dopo l’altra, con politiche ed esperimenti discutibili seguiti da promesse che non sono nemmeno andate vicine all’essere realizzate. Dieci anni è un periodo molto lungo per non aver combinato nulla. La questione è tutta qui, molto semplice.

 

Volete salvare l’Europa? Iniziate a smetterla con queste frottole palesemente disoneste  riguardo la prosperità.



 

 

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