Di Derek Scally, 4 luglio 2018
Angela Merkel aveva promesso che per lei sarebbe andata diversamente. Esattamente vent’anni fa, la giovane politica cresciuta nella Germania Est confidò al fotografo Herlinde Koelbl che, dopo aver visto i suoi colleghi dell’Ovest assetati di potere a Bonn, avrebbe trovato il momento giusto di lasciare la scena politica.
“Non voglio essere messa da parte come un relitto agonizzante” disse.
Le parole della giovane Merkel suonano ironiche questa settimana, con una foto impietosa della Cancelliera che la ritrae mentre si reca in auto a un altro incontro gravoso: capelli arruffati, occhi sbarrati, la faccia esausta.
All’indomani di un altro incontro notturno d’emergenza lo scorso lunedì, il terzo in quattro giorni, la leader dei Cristiani Democratici (CDU) ancora una volta ha raggiunto un compromesso dell’ultim’ora.
12 anni di questi incontri notturni – per salvare le banche europee, per salvare l’euro, per scongiurare la guerra tra Ucraina e Russia, e troppe altre per citarle tutte – hanno sempre prodotto risultati. Ma nessuno oggi a Berlino accetta scommesse su quanto durerà quest’ultimo accordo della Merkel – o quanto durerà la stessa Merkel.
Per placare il suo alleato bavarese ammutinato, che rischia un disastro elettorale ad ottobre a causa del fianco scoperto sulla sicurezza, la Merkel ha accettato l’istituzione di campi chiusi di transito presso tre valichi al confine austriaco.
Non è certo che questi campi servano veramente, o come davvero funzioneranno. Ma, simbolicamente, l’accordo della notte di lunedì consegna all’inceneritore della storia la sua risposta del 2015 “possiamo farcela”, rispetto alla crisi dei rifugiati.
Linguaggio Ambiguo
La tattica della Merkel per giungere a patti è la seguente: esprime la sua posizione con un linguaggio cauto e ambiguo, guarda in silenzio dove si pongono gli altri attori e dove vorrebbero andare, poi decide se deve cambiare posizione e, se lo fa, nega di aver fatto alcunché di simile.
In passato, i media tedeschi sono stati troppo accondiscendenti, evitando di smascherare questa tattica, ma stavolta no.
Perfino lei non è riuscita a sembrare convincente lunedì sera quando ha definito l’accordo – per salvare la sua alleanza politica, la sua coalizione, e la sua presa sul potere – un “compromesso molto buono”.
Il leader della CSU, Horst Seehofer, che ha minacciato le dimissioni da ministro dell’interno se gli fossero stati negati i poteri di espellere i richiedenti asilo già registrati in altri paesi, ha detto che l’accordo raggiunto dal suo partito gli garantiva “tutto quello che volevamo”.
Rendendo palese l’umiliazione della cancelliera, Seehofer ha aggiunto che “alcune volte vale la pena non transigere sui propri principi”.
E’ stato difficile vedere i “principi” negli scorsi giorni, durante uno scontro sugli immigrati che nella realtà è stato un brutale gioco di potere all’interno del centro-destra tedesco. E non è ancora finito.
Come già l’accordo politico della scorsa settimana dell’Unione europea sull’immigrazione, l’accordo di lunedì notte per salvare la coalizione potrebbe riverlarsi solo fumo – o come dicono in Germania un “Luftnummer”(numero d’aria).
I precedenti compromessi sull’immigrazione raggiunti dai due partiti gemelli sono evaporati in una nuvola di contraddizioni e non c’è ragione di ritenere che stavolta sarà diverso. Per di più, i rivali di Angela Merkel sono ormai assetati di sangue e, ora che hanno ferito la Cancelliera, ne vogliono ancora, anche se dovranno aspettare il momento giusto.
L’assalto della CSU ha fatto radunare i sostenitori della Merkel a cui piace la sua politica pragmatica: capace di reagire agli eventi, adattarsi ai nuovi elementi e assumere le posizioni di altri per perseguire un’onorevole vittoria – o eventualmente un compromesso per salvare la faccia.
Ma Angela Merkel sa di non aver più l’assoluto sostegno dei suoi Cristiani Democratici (CDU). Durante una recente discussione parlamentare sugli immigrati, nessuno dei suoi parlamentari ha difeso la sua posizione del 2015. Una Merkel ferita, sulla difensiva – hanno riferito poi i presenti – ha continuato a sostenere di aver fatto del suo meglio in una situazione senza precedenti – qualcuno direbbe in una situazione dove non esisteva una scelta positiva.
Quando la crisi iniziale è passata, mentre i suoi colleghi UE attaccavano il leader tedesco per la sua strategia nei confronti dei rifugiati come un insulto unilaterale, la Merkel ha ricordato ai suoi parlamentari come avesse portato Bruxelles a stringere accordi con la Turchia e altri per restringere il flusso di immigrati verso l’Europa.
Critiche
Quando domenica gli è stata posta una domanda a riguardo, la Merkel si è rifiutata di ammettere di aver fatto un errore nel 2015. Ma i suoi critici tedeschi, guidati dal rampante Alternative for Deutschland, hanno detto che la sua risposta alla crisi del 2015 – e da lì in poi – risponde perfettamente alla definizione di come non si dovrebbe governare: una somma di reazioni tattiche politiche che funziona nell’immediato ma non si traduce in una strategia sociale di lungo termine.
Cosa pensava che sarebbe successo, le chiedono, lasciando entrare più di un milione di persone con culture molto differenti, persone che coprivano tutta la gamma dai rifugiati politici agli immigrati economici? Nei tre anni seguenti, gli attacchi terroristici, gli assalti, le violenze sessuali e gli omicidi – anche se irrilevanti in un quadro più ampio – hanno scosso la fiducia dei tedeschi.
Alcuni si sentono stupidi per essere stati così accoglienti, altri sono arrabbiati perché le loro profonde esigenze culturali di controllo e ordine sono state – dal loro punto di vista – calpestate da alcuni dei nuovi arrivati e ignorate dei politici, e ora si sentono messi all’angolo, relitti mezzi morti.
L’eredità della Merkel è per sempre legata a un azzardo nella partita di poker giocata nel 2015, e sulla mano dei rifugiati che ha giocato in base a un’intuizione fondata sui principi. Ma gli altri giocatori europei non si sono schierati dalla sua parte, lasciandola in difficoltà fin da quel momento, mentre emerge una nuova generazione di leader politici.
Molti di questi non vedono l’ora di giocare un poker politico secondo nuove regole: variazioni di nazionalismo, populismo e politica del “chi vince piglia tutto” in stile Trump. Ciò potrebbe portare un rinnovamento, o rendere l’ordine post-bellico un relitto.
Per quanto riguarda la Merkel, ha avuto successo in molte battaglie ma, alla fine, ha tradito quella giovane politica che aveva promesso che avrebbe spezzato la sua dipendenza dal potere prima che il costo personale diventasse troppo grande.
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