Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica European Journal of Public Health sfida il luogo comune secondo il quale la diminuzione della copertura vaccinale sarebbe imputabile principalmente alla diffusione di teorie anti-scientifiche, suggerendo piuttosto l'impatto delle politiche di austerità. La diffusione delle "teorie anti-scientifiche" è maggiore nelle regioni del Nord, ma il calo maggiore della copertura vaccinale è avvenuto in quelle regioni italiane, tanto al Nord quanto al Sud, che hanno subito i maggiori tagli alla spesa pubblica per la sanità. Questa conclusione è coerente con risultati già riportati in letteratura sull'impatto dei fattori economici e della distanza dai centri medici sulla copertura vaccinale. L'obbligo recentemente introdotto tenta di metterci una pezza "per legge", ma la spesa pubblica sanitaria resta inadeguata alle necessità.
articolo originale di Veronica Toffolutti, Martin McKee, Alessia Melegaro, Walter Ricciardi, e David Stuckler – European Journal of Public Health, 11 settembre 2018 - tradotto da Voci dall'Estero
Abstract
Premessa: L’Italia ha assistito a un aumento dei casi di morbillo a partire dal 2015. Sebbene molta enfasi sia stata data alla scelta dei singoli individui di evitare le vaccinazioni, in questo articolo esamineremo l’ipotesi che i pesanti tagli alla spesa pubblica per la sanità abbiano contribuito a questa condizione.
Metodo: Abbiamo utilizzato modelli statistici multivariati per valutare la relazione tra morbillo, parotite e rosolia (riassunti nella sigla MMR) e spesa pubblica reale pro-capite per la sanità nelle 20 regioni italiane nel corso del periodo 2000-2014.
Risultati: Tra il 2010 e il 2014 la spesa pubblica italiana per la sanità è diminuita di oltre il 2 per cento, sebbene con variazioni da regione a regione. I modelli a effetti fissi stimano che ogni punto percentuale di riduzione della spesa pubblica sanitaria pro-capite si associ a una diminuzione di 0,50 punti percentuali (con intervallo di confidenza al 95% tra 0,36 e 0,65) nella copertura vaccinale per MMR, dopo aver controllato per l’andamento temporale e per gli specifici effetti regionali. Le conseguenze sono illustrate dal caso di due regioni: il Lazio, dove la spesa pubblica sanitaria è scesa del 5 per cento e la copertura per MMR del 3 per cento, e la Sardegna, una regione storicamente più arretrata, dove la spesa pubblica sanitaria è lievemente aumentata e i tassi di MMR sono rimasti pressoché invariati.
Conclusioni: L’adozione delle politiche di austerità nel sistema sanitario italiano è significativamente associata a una diminuzione dei tassi di vaccinazione per MMR. Tuttavia la recente introduzione dell’obbligo vaccinale per i bambini italiani potrebbe contribuire a ridurre questa tedenza.
Introduzione
L’adozione di misure di austerità in Europa negli anni recenti ha in molti casi influenzato negativamente i sistemi di tutela della salute, un ambito che spesso è stato finanziato in modo troppo scarso perfino quando le economie andavano bene [1]. Queste misure sono sono state associate a numerosi effetti negativi sulla salute, tra cui i suicidi [2,3], l’aumento di necessità sanitarie insoddisfatte [4], ed epidemie di malattie che hanno colpito specialmente i gruppi più vulnerabili [5]. Gli esempi dalla recente crisi finanziaria globale includono la malaria in Grecia e l’HIV in Grecia e in Romania [1,6]. Durante crisi economiche precedenti, i tagli alla spesa pubblica sanitaria erano associati a epidemie di difterite [5], leptospirosi [7] e tubercolosi[8].
Molti paesi europei hanno assistito a una diminuzione dei tassi di vaccinazione e all’aumento dei tassi di incidenza del morbillo. Nel 2017 più di 14.000 casi sono stati registrati in Europa, che hanno causato 30 morti, di cui 19 in Romania, 4 in Italia, e 1 in Bulgaria, Germania, Portogallo, Francia e Spagna [9,10]. L’Italia è stata colpita in modo particolarmente, con 5.004 casi registrati, il secondo paese in Europa nel 2017 [11-13].
La ragione principale della comparsa delle epidemie è la diminuzione della copertura vaccinale per il morbillo, che genera ampie sacche di individui vulnerabili. In Italia, tra tutti i casi registrati, l’88 percento non era vaccinato, e il 6% aveva ricevuto solo una delle due dosi di vaccino richieste [14]. La copertura vaccinale per morbillo, parotite e rosolia (riassunti nella sigla MMR) è attualmente al di sotto del 95 per cento stabilito come obiettivo nel 2012 dal piano nazionale di prevenzione e immunizzazione per raggiungere l’immunità di gregge [15].
C’è stato un ampio dibattito sul modo migliore di reagire al problema. L’attenzione è stata focalizzata soprattutto sugli adulti che hanno rifiutato di far vaccinare i propri figli (la cosiddetta “esitazione vaccinale”) [16]. Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio italiano durante l’epidemia del 2017, per esempio, ha incolpato la “diffusione di teorie anti-scientifiche”. Come risposta, il governo italiano ha avviato una politica di vaccinazione obbligatoria a partire dal 2017. Con questa nuova politica tutti i bambini e ragazzi sotto i 16 anni dovranno dimostrare di essersi sottoposti alla vaccinazione contro le 10 malattie infettive più comuni, tra cui il morbillo, prima di potersi iscrivere alle scuole pubbliche.
Sebbene le teorie anti-scientifiche abbiano indubbiamente giocato un ruolo importante nella comparsa di nuove potenziali epidemie, è stato osservato che tali teorie si riscontrano più frequentemente tra le famiglie più benestanti e nelle regioni più ricche del nord Italia [17]. Tuttavia l’aumento dei casi di morbillo si è concentrato prevalentemente nelle regioni più povere e in popolazioni più difficili da raggiungere, suggerendo che anche altri fattori debbano avere avuto un ruolo [18-20]. Perciò un’altra ipotesi collega le recenti epidemie alle minoranze, specialmente in Lazio, che ha avuto un terzo di tutti i casi registrati in Italia nel 2017. Alcuni hanno collegato, in particolare, il morbillo alle alte concentrazioni di migranti romeni in questa regione [21,22]. Questa idea sembra supportata da quanto osservato nelle precedenti epidemie del 2006 e del 2015/16 nelle regioni del Nord, la parte più ricca del paese: tali epidemie si concentravano soprattutto tra le popolazioni Rom e gli immigrati [19], sebbene queste stesse popolazioni non siano state colpite in modo particolare dall’epidemia del 2017. In effetti nel 2017 il 7 per cento dei casi si è verificato in adulti nei contesti di cura, piuttosto che tra i bambini [22].
Un altro possibile fattore è l’impatto delle condizioni economiche sulla capacità del sistema sanitario pubblico. Nel novembre 2011 il governo ha ridotto il bilancio sanitario di 7,5 milioni di euro e introdotto dei ticket per le visite specialistiche. Il bilancio sanitario è stato poi ridotto di 900 milioni nel 2012, un taglio di quasi l’uno per cento in un bilancio che prima era in crescita. C’è stato poi un ulteriore taglio di 1,8 miliardi di euro nel 2013 e di altri 2 miliardi di euro nel 2014 [23]. Questi tagli hanno colpito una quantità di servizi tra cui i programmi di prevenzione, i prodotti farmaceutici, il personale e le attrezzature mediche [24]. Purtroppo non è possibile identificare specifiche voci di bilancio nei dati disponibili pubblicamente. Tuttavia i report del governo nel 2013 e nel 2014 annotavano come la spesa per i vaccini fosse diminuita di oltre il 10 per cento in quel periodo [25].
L’obiettivo di questo studio è quindi di valutare se le politiche di austerità nel settore pubblico possano avere avuto un impatto negativo sulla copertura dei vaccini per MMR in Italia.
Metodo
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[Vengono descritti i dataset utilizzati come fonti dei dati e i modelli statistici adottati per le analisi. Si veda l’articolo originale per i dettagli, che qui non traduciamo per brevità. NdT]
Risultati
La Figura 1 mostra che la tendenza della spesa pubblica sanitaria pro-capite a crescere si inverte a partire dal 2010. Va notato che, fino ad allora, cresceva rapidamente, a un tasso annuale di circa il 3,51 percento dal 2000 al 2009. Poi però il trend si è interrotto e capovolto, scendendo di circa il 2 percento tra il 2010 e il 2014.
Figura 1. Andamento della spesa pubblica sanitaria reale pro-capite e della copertura vaccinale per MMR in Italia, 2000-2014. Fonte: per la spesa sanitaria, elaborazione degli autori su dati dell'OMS, Health for All. Per la copertura vaccinale, elaborazione degli autori su dati dell'Istituto Superiore di Sanità.
Questi dati aggregati, però, nascondono le variazioni regionali. In nove regioni la spesa pubblica sanitaria reale è aumentata (Ligura, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Calabria, Sardegna e Toscana). Al contrario, la maggior parte dei tagli si è concentrato nelle regioni del Sud più povere, come la Basilicata e il Molise, che hanno assistito a una diminuzione di oltre il 10 per cento.
Prima di questi tagli, la copertura per MMR stava progressivamente crescendo, dal 74,1 per cento del 2000 al 90,6 per cento del 2012 (vedi Figura 1). Dopo questo periodo, che ha coinciso con l’introduzione delle politiche di austerità, la copertura è tornata a scendere fino all’85,1 percento del 2014. Tra il 2010 e il 2013, in particolare, le tre regioni che hanno avuto il maggiore declino in copertura per MMR (oltre il 3 percento), all’interno del periodo indagato, sono state tra quelle che hanno ricevuto i maggiori tagli finanziari (Friuli Venezia Giulia: -3,39 percento; Marche: -3,59 percento; Valle d’Aosta: -6,89 percento) (Figura 2).
Figura 2. Variazioni nel tasso di copertura vaccinale per MMR in Italia, confronto 2010-2013. Note: i dati per il Trentino Alto Adige sono disponibili solo a livello provinciale. Fonte: elaborazione degli autori sui dati dell'Istituto Superiore di Sanità.
La Figura 3 riporta le stime di una serie di modelli statistici (i risultati per esteso sono riportati nella Tabella A2 in Appendice nel materiale supplementare online). I nostri modelli senza variabili di controllo stimano che a ogni punto percentuale di aumento della spesa pubblica sanitaria reale si associa un aumento significativo della copertura vaccinale per MMR pari a 0,29 punti percentuali (intervallo di confidenza al 95% tra 0,19 e 0,40). Dopo avere controllato per gli effetti fissi regionali per tenere conto delle variazioni temporali nella sorveglianza e nelle infrastrutture sanitarie, la stima raggiunge 0,53 punti percentuali (con intervallo di confidenza al 95% tra 0,37 e 0,69). In modo simile, quando si controlla per le tendenze temporali a livello regionale, ogni punto percentuale di aumento della spesa pubblica sanitaria reale pro-capite (corrispondente a 17 euro pro-capite) si associa a un aumento di 0,50 punti percentuali di copertura per MMR (intervallo di confidenza al 95% tra 0,36 e 0,65).
Figura 3. Associazione tra copertura per MMR e spesa pubblica sanitaria pro-capite nelle 20 regioni italiane, 2000-2014. Gli intervalli di confidenza sono basati sugli errori standard robusti, raggruppati a livello regionale. Il modello corretto controlla per le tendenze a livello regionale e le tendenze temporali a livello regionale. I modelli sono in scala log e i coefficienti stimati rappresentano l'elasticità.
Queste associazioni sono coerenti con quanto osservato a livello di episodi regionali di morbillo. La maggiore epidemia in Italia si è verificata in Lazio, che include la città di Roma. Qui un taglio del 5 per cento nella spesa pubblica sanitaria reale pro-capite si è associato a una diminuzione del 2,5 percento nella copertura vaccinale per MMR. La seconda maggiore epidemia si è verificata in Piemonte, nel Nord. Anche questa regione è stata colpita da un taglio del 5 per cento nella spesa, e ha avuto un calo del 3 per cento nella copertura contro MMR. È interessante notare che anche tra le regioni più ricche del Nord la più ampia diminuzione nella copertura per MMR ha coinciso con il più ampio taglio alla spesa sanitaria pro-capite. Altri esempi includono la Valle d’Aosta, dove una diminuzione di oltre il 6 per cento nella spesa si è associata a una riduzione di copertura MMR di oltre 11 punti percentuali, e il Friuli Venezia Giulia, dove una diminuzione del 3 per cento della spesa sanitaria si è associata a una diminuzione di copertura MMR di 6,65 punti percentuali.
La Sicilia e la Sardegna rappresentano casi contrastanti rispetto al resto. I nostri dati mostrano che in Sardegna l’immunizzazione è aumentata del 3,8 per cento e in Sicilia di 1,4 per cento nel periodo 2010-2013. Per ragioni storiche queste due regioni, assieme al Trentino Alto Adige, alla Valle d’Aosta e al Friuli Venezia Giulia, godono di autonomie speciali secondo la Costituzione italiana. La Sicilia e la Sardegna sono considerate tra le regioni italiane più attive per le politiche di immunizzazione. La Sicilia è stata la prima a introdurre l’immunizzazione per la varicella nel 2003, e la Sardegna è stata una delle prime regioni a raggiungere gli obiettivi del piano nazionale di immunizzazione per il 2012-2014 [27-29]. Durante il periodo considerato dalle analisi qui presentate, la Sardegna è riuscita a far aumentare il proprio bilancio di spesa sanitaria di una media del 3 per cento annuo, e dopo il 2008 del 2 per cento annuo. Si tratta del più ampio aumento tra tutte le regioni dopo l’inizio della Grande Recessione.
Controllo di robustezza
(...)
[Vengono descritti ulteriori modelli non-lineari e si rimanda al materiale supplementare online, NdT]
Discussione
La nostra analisi suggerisce che le misure di austerità adottate in Italia abbiano contribuito in modo significativo al ritorno del morbillo. Abbiamo stimato che a ogni punto percentuale di riduzione della spesa sanitaria reale pro-capite corrisponde una diminuzione di 0,5 punti percentuali nella copertura vaccinale per MMR. Nelle regioni più colpite, ossia con tagli del 5 per cento, questo significa una diminuzione del 2,5 per cento nella copertura vaccinale. I risultati sono in linea con precedenti studi che associavano la diminuzione della copertura vaccinale con fattori economici come la povertà [30], la distanza percepita rispetto alle cliniche mediche [31], il basso reddito familiare [32-34], e la mancanza di assicurazione sanitaria [35-37].
Prima di esaminare le possibili implicazioni per la politica e la ricerca, dobbiamo notare vari limiti della nostra analisi. Per prima cosa il nostro studio non ha considerato le infezioni, ma i tassi di vaccinazione. Non ci sono molti dubbi sul fatto che il principale fattore di rischio per le epidemie di morbillo sia la diminuzione dei livelli di copertura vaccinale e il fatto che la popolazione non raggiunga, col 95 percento di tale copertura, l’immunità di gregge. Idealmente avremmo dovuto valutare anche l’impatto della riduzione della spesa pubblica sanitaria sulla ospedalizzazione per morbillo e sui tassi di incidenza. Questo però avrebbe richiesto un sistema di sorveglianza che fornisse i relativi dati, cosa che purtroppo non era disponibile. In secondo luogo i nostri dati non permettono di controllare per tutte le variabili potenzialmente rilevanti, e ammettiamo questo come ulteriore limite. Terzo, sebbene dati dettagliati sui bilanci per le malattie infettive siano disponibili per alcune regioni da alcuni anni, questi non vengono registrati routinariamente e non sono comparabili nel tempo e tra regioni, perciò non abbiamo potuto utilizzarli per la presente analisi. Inoltre, considerato che anche i dati aggregati sono disponibili solo fino al 2014, non siamo riusciti a esaminare la più recente epidemia di morbillo, quella del 2017, che ha prodotto più di 5.000 casi, ovviamente soprattutto tra le persone non vaccinate. Quarto, il sistema sanitario italiano è gestito a livello regionale, per cui, nonostante sia un servizio nazionale, le regioni sono responsabili del finanziamento, della pianificazione e dell’implementazione dei servizi di cura. Questo genera eterogeneità tra le regioni, specialmente per quelle cinque regioni che ricevono una maggiore quantità di fondi perché, storicamente, erano più svantaggiate (cioè Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta). Quinto, sebbene abbiamo escluso la provincia di Bolzano a priori a causa delle sue caratteristiche particolari, tra cui il suo tasso di copertura vaccinale contro MMR estremamente basso, ammettiamo che i suoi dati sono incoerenti rispetto al risultato generale per cui la spesa pubblica sanitaria è positivamente correlata con la copertura contro MMR. Tuttavia, anche quando abbiamo fatto un controllo di robustezza, abbiamo trovato che questo non incide comunque sui nostri risultati generali.
Nonostante le limitazioni, le nostre osservazioni possono contribuire a capire i pattern regionali nella diminuzione delle vaccinazioni contro il morbillo in Italia. Cosa importante, la diminuzione non si è concentrata né nelle regioni più povere né in quelle più ricche, ma in quelle che hanno avuto i maggiori tagli alla spesa pubblica sanitaria. Perciò, nonostante la Sardegna sia una delle regioni più povere, ha aumentato la spesa pubblica sanitaria pro-capite anche mentre l’Italia stava implementando misure di austerità, e non ha avuto nessuna importante epidemia di morbillo.
Nel marzo 2017 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha espresso preoccupazione per le epidemie di morbillo in Europa, che avvenivano a dispetto della disponibilità di vaccini sicuri e a basso costo [38]. Con questa premessa, una nuova legge adottata in Italia a luglio di quell’anno offriva un esempio per gli altri [39]. Questa legge rende i vaccini obbligatori per tutti i bambini che entrano nelle scuole primarie pubbliche. Questa legge è però stata molto controversa, e coloro che si opponevano alle vaccinazioni nella Provincia di Bolzano hanno cercato di evitarla attraverso le scuole private, o attraversando il confine con l’Austria o altri paesi vicini. È troppo presto per sapere se il nuovo piano di immunizzazioni sarà efficace. Tuttavia i primi segni sono promettenti, con un dato di copertura presentato alla fine del dicembre 2017 che ha stimato un aumento da 87,9 a 92,2 percento per i bambini di 3 anni di età.
I cambiamenti avvenuti in Italia hanno avuto eco in altri paesi europei. In Germania, nonostante i genitori negli ultimi tre anni abbiano dovuto fornire prova di aver ricevuto consulenza sulla vaccinazione prima che i loro bambini potessero entrare all’asilo, una recente proposta di legge renderebbe obbligatorio per tutti gli asili notificare l’autorità sanitaria nel caso in cui i genitori non abbiano fornito tale prova. Dopo l’introduzione delle vaccinazioni obbligatorie in Italia, il primo ministro francese Édouard Philippe ha detto che “è inaccettabile che i bambini muoiano ancora di morbillo in un paese che è stato pioniere dei primi vaccini” [40]. Attualmente i vaccini per difterite, tetano e polio sono obbligatori in Francia. Tuttavia il governo ha reso obbligatori otto ulteriori vaccini a partire dal 1° gennaio 2018: pertosse, morbillo, parotite, rosolia, epatite B, influenza (si tratta dell’Haemophilus influenzae B, ndt), polmonite e meningite C.
L’ultimo bilancio italiano per la sanità prevede un aumento della spesa pubblica di 1,3 per cento all’anno per il triennio 2018-2020. Questo creerà spazio fiscale per investire nella prevenzione delle malattie infettive. Tuttavia resta da vedere se questo sarà sufficiente a invertire la tedenza al declino nella copertura vaccinale, dato che l’aumento resta comunque inferiore rispetto all’aumento del PIL previsto.
In conclusione, questi risultati evidenziano i rischi del disinvestimento nei servizi pubblici sanitari. L’Italia sta ora lavorando sui suoi bassi tassi di vaccinazione, con una combinazione di leggi e di aumenti nel bilancio sanitario. È importante monitorare questi sviluppi, non solo per stabilire le politiche da adottare in Italia, ma anche per tutta l’Europa, dove molti paesi hanno problemi simili.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano Caterina Rizzo (Istituto Superiore di Sanità) per aver fornito i dati sulla copertura per MMR.
Finanziamenti
V.T. e D.S. sono stati finanziati dall’ERC Grant 313590-HRES. D.S. è stato finanziato anche da Wellcome Trust. A.M. è stata finanziata dall’ERC Grant 283955-Decide. Tutti gli autori hanno completato il modulo ICMJE. Gli autori non avuto relazioni finanziarie con alcuna organizzazione che può avere interesse alla presentazione del presente articolo negli scorsi cinque anni, né altre relazioni o attività che possano aver influenzato il presente lavoro.
Conflitto di interessi: niente da dichiarare.
Riferimenti bibliografici
(...)
[Elencati per numero nell’articolo, NdT]
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