Da Stretegic Culture arriva una bella notizia: finalmente gli Usa stanno rinunciando alla guerra in Yemen. La colpevolezza del governo americano per avere aiutato e favorito un genocidio non è più giustificabile, nemmeno per i più creduloni consumatori della propaganda americana.
Di Finian Cunningam, 9 settembre 2019
La conferma ufficiale che l’amministrazione Trump sta intraprendendo colloqui discreti con i ribelli Houthi dello Yemen indica la presa di coscienza a Washington che il suo intervento militare nel paese arabo è un disastro irrecuperabile che richiede una via di fuga.
Ci sono anche rapporti secondo i quali l’amministrazione Trump sta esortando i governanti sauditi a prendere contatto con gli Houthis, noti anche come Ansarullah, per ricucire un qualche accordo di pace in modo da mettere fine a una guerra che dura ormai da oltre quattro anni. In breve, gli americani vogliono togliersi da questo pantano.
Un bel voltafaccia. La coalizione saudita, sostenuta dagli Usa, aveva finora giustificato la sua aggressione al più povero tra i paesi della regione araba, con il pretesto che i ribelli erano alleati iraniani. Ora pare che Washington ritenga i “terroristi” Houthi degni di sedersi al tavolo negoziale.
Questo avvenimento segue un trend comune a molte altre guerre straniere degli Stati Uniti. All’inizio, l’aggressione viene “giustificata” con rivendicazioni moralistiche, come combattere i “comunisti” o i “terroristi”, come avvenuto in Vietnam e in Afghanistan. Poi però Washington, dopo molti inutili massacri e devastazioni, contatta gli ex cattivi per “parlare” in modo da districare gli americani dal disastro da loro stessi creato.
I colloqui con gli Houthis sono stati confermati la scorsa settimana dall’assistente segretario degli Stati Uniti David Schenker durante una visita in Arabia Saudita.
“Siamo molto concentrati sul tentativo di mettere fine alla guerra in Yemen” ha detto Schenker”. “Stiamo anche dialogando per quanto possibile con gli Houthi per cercare di trovare una soluzione negoziale reciprocamente accettabile al conflitto”.
Per tutta risposta, l’alto funzionario Houthi Hamid Assem ha dichiarato: “Il fatto che gli Stati Uniti dicano che stanno parlando con noi è una grande vittoria per noi, e dimostra che abbiamo ragione”. Tuttavia, non ha confermato né negato l’esistenza delle negoziazioni.
Si può quasi ammirare la sfrontatezza del governo americano. Si noti come il diplomatico americano citi che “siamo concentrati sul porre fine alla guerra” e “una soluzione reciprocamente accettabile”.
Come se Washington fosse una specie di onesto intermediario, che prova a portare pace in un paese colpito da una violenza di origine misteriosa.
La guerra è iniziata nel marzo 2015 per mano dalla coalizione saudita, che include gli Emirati Arabi Uniti, appoggiata dagli Usa, senza che vi fosse alcuna provocazione da parte dello Yemen. Il casus belli è stato che gli Houthis, un gruppo ribelle principalmente sciita allineato all’Iran, avevano cacciato un dittatore corrotto sostenuto dall’Arabia Saudita alla fine del 2014. Quando questi è fuggito con la coda tra le gambe in esilio nella capitale saudita Riyadh, i Sauditi hanno lanciato la loro campagna di bombardamenti sullo Yemen.
La carneficina in Yemen negli ultimi quattro anni è stata una vera calamità per la popolazione di quasi 28 milioni di abitanti. Le Nazioni Unite stimano che quasi l’80% della nazione è a rischio per fame e malattie.
Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato la scorsa settimana accusa esplicitamente gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia di essere responsabili di complicità nei massicci crimini di guerra a causa della loro instancabile fornitura di aerei da guerra, munizioni e supporto logistico agli aerei sauditi e degli Emirati Arabi che hanno bombardato indiscriminatamente civili e infrastrutture pubbliche. Inoltre il rapporto accusa gli Houthis di avere commesso atrocità. Potrà essere vero, ma la grande parte delle morti e distruzioni in Yemen è dovuta al supporto militare di Americani, Inglesi e Francesi alla coalizione guidata dai sauditi. Il numero di civili uccisi potrebbe aver raggiunto i 100.000 individui a causa dell’assalto sostenuto dai governi occidentali, mentre i media occidentali continuano a ripetere la cifra di “10.000”, che sembra magicamente non aumentare mai col passare degli anni.
Ci sono molti fattori che spingono l’amministrazione Trump a porre fine alla guerra in Yemen.
Le condizioni umanitarie infernali e la complicità in crimini di guerra non possono più essere nascosti dalle falsità di Washington sulla presunta lotta contro la “sovversione iraniana” dello Yemen. Il paese del sud della penisola arabica è un completo disastro di pubbliche relazioni per le pretese ufficiali americane di essere un leader mondiale di virtù democratica e di rispetto delle leggi.
Quando il Congresso Americano è unanime nel chiedere il divieto di vendita delle armi Usa all’Arabia Saudita a causa delle atrocità in Yemen, allora dovremmo sapere che la guerra delle pubbliche relazioni è stata persa. Il presidente Trump a inizio anno ha scavalcato il congresso per continuare ad armare i sauditi in Yemen. Ma perfino Trump deve essersi finalmente reso conto che la colpevolezza del suo governo per avere aiutato e favorito un genocidio non è più giustificabile, nemmeno per i più creduloni consumatori della propaganda americana.
Dopo quattro anni di implacabili attacchi aerei, che sono diventati finanziariamente rovinosi per la monarchia saudita e per il suo prezioso Principe Incoronato Mahammed bin Salman, che ha ideato la guerra, gli Houthis hanno ancora il controllo della capitale Sanaa e di ampie porzioni del paese. I barbari bombardamenti e l’assedio per affamare lo Yemen non hanno spodestato i ribelli.
Non solo, ma gli Houthis hanno cominciato a portare il conflitto nel cuore dell’Arabia Saudita. Nell’ultimo anno, i ribelli hanno compiuto attacchi a lungo raggio sempre più sofisticati con droni e missili balistici contro le basi militari saudite e la capitale Riyadh. Non è chiaro da dove gli Houthi prendano le loro armi più letali. Forse dai libanesi di Hezbollah, o dall’Iran. In ogni caso, anche se questa fornitura fosse confermata, si potrebbe sostenere che sia un sostegno legittimo a un paese alle prese con un’aggressione.
Indubbiamente il fatto che gli Houthis colpiscano in pieno territorio saudita ha stimolato nei viziati monarchi di Riyadh una seria pausa di riflessione.
Quando gli Emirati – l’altro principale partner della coalizione – un mese fa hanno annunciato il ridimensionamento del loro coinvolgimento nello Yemen, la cosa deve aver suggerito a Washington e Riyadh che la guerra era davvero inutile.
La sconfitta è complicata ulteriormente da un conflitto aperto che si è scatenato nelle ultime settimane tra militanti sponsorizzati dai sauditi da una parte e dagli Emirati dall’altra, nella città portuale del sud di Aden. Esistono rapporti di aerei da guerra degli Emirati che hanno attaccato militanti sostenuti dai sauditi e forze accumulate dai sauditi. Tra Riyadh e Abu Dhabi è scoppiata una guerra di parole. C’è la concreta possibilità che tra le fazioni rivali possa scoppiare una guerra per procura tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, presunti alleati di coalizione.
Senza dubbio Washington ha preso nota dell’inarrestabile disastro in Yemen e di come la sua posizione sia indifendibile e insostenibile.
Come in molte altre oscene guerre americane degli ultimi decenni, Washington deve affrontare un’altra ignominiosa sconfitta in Yemen. Quando gli Usa iniziano a parlare di “mettere fine alla guerra” cercando di far passare l’iniziativa come preoccupazione per la “pace reciproca”, allora sai che il gioco sporco è finalmente finito.
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