France Soir, quotidiano francese che mostra grande attenzione alle pubblicazioni, analisi dei dati, feedback sulle vaccinazioni provenienti dai diversi paesi, riporta l’articolo pubblicato sul sito web Nakim.org, in cui Haim Yativ, ingegnere, e *Hervé Seligmann, medico ed ex membro dell’unità di ricerca sulle malattie infettive e tropicali emergenti della Facoltà di Medicina dell'Università di Aix-Marseille, fanno un debriefing dei dati molto positivi e ottimisti che sono stati diffusi sulla campagna di vaccinazione in Israele, giungendo a “cifre allarmanti che indicano una significativa mortalità da vaccino". Gli autori, che hanno risposto alle domande a loro poste in una video-intervista di France Soir, affermano che “le vaccinazioni hanno causato più morti di quante ne avrebbe provocato il coronavirus nello stesso periodo" e che "questa è una nuova Shoah". I due autori hanno presentato formale richiesta di accesso a tutti i dati in possesso del Ministero della Sanità, allo scopo di verificare le numerose discrepanze da loro rilevate rispetto alla narrazione ufficiale, e intendono dare seguito legale alla loro scoperta, se dovesse essere validata dai dati del ministero.
Ecco l’articolo pubblicato
lunedì 15 febbraio sul sito web NAKIM e riportato da France-Soir.
La scoperta dei dati
sui vaccini in Israele rivela un quadro spaventoso
L'analisi dei dati riportati in un articolo che promuove il vaccino contro il COVID-19
consente di scoprire tutti i dati sui vaccini, rivelando una situazione
spaventosa.
Un riesame di questi dati spiega perché, durante il progetto di vaccinazione di massa avviato a metà dicembre 2020 durante un periodo di lockdown, i nuovi casi di COVID-19 registrati quotidianamente non sono diminuiti, come solitamente accade durante le misure di confinamento, e, cosa ancora più importante, perché in questo periodo, che copre almeno un mese, è aumentato il numero dei casi gravi, critici e fatali. Da metà dicembre a metà febbraio (due mesi), si sono verificate 2.337 delle 5.351 morti ufficiali israeliane per COVID. Le nostre analisi indicano che durante il processo di vaccinazione di 5 settimane i tassi di mortalità dei vaccinati sono aumentati rispetto ai non vaccinati.
Presumibilmente, i casi asintomatici prima della
vaccinazione e quelli infettati subito dopo la prima dose tendono a sviluppare
sintomi più gravi rispetto ai non vaccinati.
L'articolo di Ynet è suggestivo e utilizza dei dati forniti in modo errato dal Ministero della Sanità. Non è noto se ciò sia stato fatto in modo intenzionale, per dimostrare l'efficacia del vaccino, o se i dati forniti sono stati fraintesi. Si noti che in Israele tutti i vaccini provengono da Pfizer.
Riportiamo un esempio molto significativo dell'articolo, in relazione alla tabella fornita dal Ministero della Sanità. Il testo "Tuttavia, 546 dei morti totali non erano stati vaccinati affatto o avevano ricevuto la prima dose di vaccino nelle due settimane precedenti alla loro morte" non corrisponde alla tabella. L’affermazione è chiaramente infondata, poiché tutti i dati presentati nella tabella e forniti di seguito descrivono solo i pazienti COVID-19 che hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino, come risulta chiaro da un esame della tabella. Il totale complessivo è di 43.781 pazienti COVID che hanno ricevuto la prima o la seconda dose del vaccino. Su un totale di 660 decessi, 546 hanno ricevuto solo la prima dose.
I dati nella tabella, piuttosto che indicare l'efficacia del vaccino, indicano gli effetti avversi del vaccino.
In primo luogo dobbiamo capire che la tabella fornita descrive la condizione dei pazienti COVID-19 che hanno ricevuto la prima o la seconda dose di vaccino a una data precisa, in quanto all’inizio dell'articolo si afferma “emerge dai dati che tra gli 856 pazienti over 60 ricoverati in gravi condizioni in questo momento ... "; possiamo quindi presumere che l'articolo, pubblicato l'11 febbraio, rifletta la situazione negli ospedali del giorno prima, quindi del 10 febbraio 2021, o dell'11 febbraio 2021.
Secondo il pannello di controllo del Ministero della Sanità, il 10 febbraio il numero di casi gravi era 1056 (vedi immagine sotto).
Ciò dimostra in maniera sorprendente che la maggior parte dei casi più gravi ricoverati in ospedale intorno al 10 febbraio erano stati infatti vaccinati con la prima o con la seconda dose, come risulta dalla la tabella che riporta i pazienti vaccinati, con 1031 casi gravi e 220 casi critici al momento della realizzazione della tabella. Di questo si parla nell'articolo (in ebraico) del 1 febbraio 2021 "Si può dimostrare che oggi il vaccino della Pfizer è la principale causa degli alti tassi di mortalità in Israele e nel mondo?"
Tuttavia, questa non è l'ultima delle sorprese che ci arrivano dai dati del Dipartimento della Sanità. Possiamo sottrarre il numero delle persone che hanno ricevuto la prima dose del vaccino il 19 gennaio 2021 dal numero del 10 febbraio 2021. In quei 21 giorni, 1.331.881 cittadini israeliani hanno ricevuto la prima dose. La tabella mostra che 568 di loro sono morti, pari allo 0,042%, e 39.047 di loro sono diventati un caso di COVID-19, pari al 2,9%.
Per la 2a dose ci concentriamo sui dati specifici a due settimane dopo la 2a vaccinazione, secondo la tabella.
Dal 26 gennaio al 10 febbraio 2021, 909.102 cittadini israeliani hanno ricevuto la seconda dose del vaccino. Di questi, secondo la tabella, 92 sono morti, ovvero lo 0,01%.
Pertanto, nelle 5 settimane trascorse dalla prima dose,
almeno lo 0,05% dei destinatari della prima dose è deceduto. Questo tasso di
mortalità riguarda principalmente una popolazione relativamente giovane, la cui
vaccinazione è stata annunciata il 19 gennaio, periodo durante il quale la
maggior parte dei vaccinati aveva meno di 65 anni.
Al fine di stimare il tasso di mortalità delle persone sopra i 65 anni che sono state per lo più vaccinate prima di questo periodo, utilizziamo i dati riportati dal VAERS, con sede negli Stati Uniti.
Abbiamo trovato, vedi articolo in inglese, che il rapporto tra i decessi degli over 65 rispetto a quelli al di sotto dei 65 anni è di circa 4,42 (155/35). Pertanto, il tasso di mortalità delle persone over 65 tra la prima e la seconda dose di vaccinazione dovrebbe essere, fino al 19 gennaio, 0,042 (il tasso di mortalità per gli under 65) moltiplicato per 4,42, ovvero 0,186%, che è vicino allo 0,2% riportato dal Ministero della Sanità il 21 gennaio 2021.
Questo valore dello 0,2% dei decessi è stato misteriosamente
modificato in seguito dal Ministero della Sanità ed è sceso a 0,005 senza
alcuna spiegazione (vedere qui l'articolo in ebraico). Le considerazioni di cui sopra mostrano che i dati sul
tasso di mortalità forniti all'inizio erano corretti, e che i dati aggiornati sul
tasso di mortalità probabilmente intendevano suggerire tassi di
mortalità più bassi negli anziani.
I problemi non finiscono qui.
Il numero di morti per COVID-19 tra i vaccinati dall'inizio della campagna di vaccinazione sembra spiegare l'aumento dei tassi di mortalità per COVID-19 osservato da dicembre 2020.
Per questo, calcoliamo il numero di persone vaccinate di età superiore ai 65 anni per 0,2, e il numero di persone vaccinate sotto i 65 per 0,04. Ciò dimostra che la maggior parte dei decessi per COVID-19 durante questo periodo riguarda persone che sono state vaccinate, come mostrato nella tabella fornita dal Ministero della Salute all'inizio di febbraio.
Durante la campagna di vaccinazione, da metà dicembre a metà febbraio, si sono verificati 2.337 dei 5.351 decessi per COVID-19 segnalati per Israele, pari al 43,7%. Di questi, 1.271 morti per COVID-19 sono stati segnalati dal 19 gennaio. La tabella fornita dal Ministero della Sanità il 10 febbraio riporta 660 morti per COVID-19 tra i vaccinati, pari al 51,9% dei decessi di questo periodo. Solo 1,3 milioni di israeliani, su 8 milioni (circa 1 su 8, 12,5%), sono stati vaccinati durante questo periodo. Di conseguenza, la vaccinazione promuove i decessi, poiché il 51,9% dei decessi durante questo periodo riguarda il 12,5% dei vaccinati durante questo stesso periodo. Inoltre, essendo che i casi gravi e critici in questo periodo sono superiori ai casi gravi segnalati, gli effetti avversi del processo di vaccinazione sono molto probabilmente peggiori di quello che appare dai dati disponibili.
L'orrore continua. I decessi tra i vaccinati vanno aggiunti ai numerosi eventi ictus e cardiaci segnalati subito dopo la vaccinazione che non sono compresi tra i decessi COVID-19, il che approssimativamente raddoppia i decessi tra i vaccinati, il numero dei quali rimane sconosciuto e che cercheremo di scoprire nei giorni a venire.
A questo punto “possiamo affermare che i vaccini hanno causato più morti di quanti ne avrebbe causato il coronavirus nello stesso periodo."
Tra i vaccinati di età superiore ai 65 anni, lo 0,2% dei vaccinati è deceduto durante il periodo di 3 settimane intercorso tra le dosi, ovvero circa 200 su 100.000 vaccinati. Questo è da confrontare con i 4,91 decessi per COVID-19 su 100.000 non vaccinati (vedi sotto).
Non deve essere confuso con i 0,279 decessi segnalati per COVID-19 su 100.000 vaccinati che hanno completato il processo di vaccinazione, ossia 2 settimane dopo la seconda dose (vedere la tabella nell'articolo di Ynet di seguito).
Questo quadro spaventoso si estende anche agli under 65, tra i quali, durante le 5 settimane del processo completo di vaccinazione, è morto lo 0,05%, ovvero 50 su 100.000. Questo dovrebbe essere confrontato con lo 0,19 su 100.000 non vaccinati che muoiono di COVID-19 in questo gruppo di età, secondo la tabella sopra. Di conseguenza, il tasso di mortalità per questo gruppo di età è aumentato di 260 durante questo periodo di 5 settimane del processo di vaccinazione, rispetto al loro tasso di morte naturale da COVID-19.
Un modo semplice per far capire tutto questo riguarda i tassi di mortalità COVID-19 mensili dall'inizio della pandemia e fino a metà dicembre, pari a 3.014 morti, o 3014/9 = 334,9 morti al mese. I tassi di mortalità mensili da metà dicembre sono stati 2337/2 = 1168,5 morti al mese, quindi 3,5 volte superiori.
Concludiamo che i vaccini Pfizer per gli anziani, durante il periodo di vaccinazione di 5 settimane, hanno ucciso circa 40 volte più persone di quanto avrebbe fatto la malattia stessa, e tra i più giovani circa 260 volte di più. Insistiamo sul fatto che tutto questo serve per produrre un passaporto verde valido per non più di 6 mesi e per promuovere le vendite di Pfizer.
Questi numeri stimati di decessi da vaccino sono probabilmente molto inferiori ai numeri effettivi, poiché rappresentano solo quelli definiti come morti per COVID-19 durante questo breve periodo e non includono ictus ed eventi cardiaci (e altri) risultanti dalle reazioni infiammatorie riportate in dozzine di rapporti documentati sul sito web di NAKIM, che a loro volta sono solo la punta dell'iceberg ( qui in ebraico).
Nè questi dati tengono conto delle complicazioni a lungo termine descritte in una denuncia penale presentata nel dicembre 2020 in Francia.
Guardando indietro, questo spiega perché i casi gravi di COVID-19 sono aumentati con l'inizio della vaccinazione e perché i casi hanno iniziato a diminuire quando la vaccinazione è stata estesa ai giovani e continuano a diminuire mentre la campagna di vaccinazione nazionale perde il suo slancio.
Ci auguriamo che questo massacro non includa i minori di 13 anni, poiché questi hanno un tasso di reazioni avverse al vaccino più elevato, compresa la morte, come dimostrato dai dati pluriennali dei rapporti VAERS negli Stati Uniti.
Concludiamo dicendo che l’andamento della pandemia nelle prossime settimane può essere prevedibile. La diminuzione delle vaccinazioni e dell'età della vaccinazione porterà a una diminuzione dei casi gravi, principalmente non a causa della protezione da parte del vaccino, ma perché meno persone moriranno a causa del vaccino e di altre reazioni avverse al vaccino.
Sarà un fenomeno temporaneo, perché tra pochi mesi dovremo affrontare gli effetti avversi a medio e lungo termine della
vaccinazione, come ADE (Antibody-Dependent Enhancement) e le varianti resistenti
al vaccino selezionate dai vaccini. Ma questo dovrebbe accadere dopo le
prossime elezioni e gli elettori (sopravvissuti) non avranno più l’opportunità
di esprimere il loro disappunto nelle schede.
* Il dott. Hervé Seligmann ha lavorato presso l'Unità di
ricerca sulle malattie infettive e tropicali emergenti, Facoltà di Medicina,
Università Aix-Marseille. Di nazionalità israeliana-lussemburghese, ha
conseguito una laurea in Biologia presso l'Università Ebraica di Gerusalemme e ha
oltre 100 pubblicazioni scientifiche.
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