16/07/21

Telegraph - Il pass vaccinale gli si ritorce contro: il caso di Israele


Di fine maggio un articolo sul Telegraph scritto da eminenti professori israeliani nel campo della medicina, che denunciano l'esperimento di Green Pass adottato per la prima volta da Israele (poi abolito a giugno).  La denuncia riguarda l'incerto fondamento logico-razionale di questa misura, il vulnus all'etica e ai diritti umani, ma soprattutto  l'aspetto paradossale per cui, più che incentivare alla vaccinazione come nell'intenzione dei suoi promotori, esso è valso soprattutto ad alimentare la diffidenza e la resistenza dei cittadini. 


di RIVKA CARMI*, ASA KASHER*, EITAN FRIEDMAN*, YOAV YEHEZKELLI*, UDI QIMRON*

27 Maggio 2021 

In quanto professori nel campo della medicina in Israele, abbiamo riscontrato che i pass sono inconciliabili con i principi di base della professione medica

Israele aveva tutte le ragioni per essere ottimista: siamo stati il ​​primo paese al mondo a arrivare alla vaccinazione di massa contro il Covid-19 e, quindi, la "normalità" sembrava a portata di mano. Ahimè, come prerequisito per ritornare alla vita normale è stato introdotto un ID di vaccinazione digitale chiamato "Green Pass". Il Ministero della Sanità israeliano ha avanzato due ragioni per giustificare la necessità di questo Green Pass: in primo luogo, per consentire e accelerare la riapertura delle attività creando "spazi verdi" sicuri solo per le persone vaccinate e, in secondo luogo, per fare pressione su coloro che esitavano a vaccinarsi.

Teatri, piscine, organizzatori di eventi sportivi, bar e ristoranti sono stati tutti obbligati a negare l'ingresso a coloro che non sono in possesso di un Green Pass. In alcuni luoghi, ci sono aree designate per i non vaccinati e sono comparsi cartelli con la scritta "solo vaccinati" anche sulle panchine della spiaggia di Tel-Aviv. Israele ora ha due categorie di cittadini, quella superiore vaccinata e quella inferiore non vaccinata.

Il Green Pass è stato promosso con un messaggio chiaro: vaccinarsi è la scelta giusta. Di conseguenza chi rifiuta il vaccino è immorale, ed escluderlo è legittimo. La campagna per promuovere la vaccinazione è stata spesso scientificamente imprecisa ed eticamente discutibile, esagerando il pericolo rappresentato dal virus per i gruppi a più basso rischio come i giovani studenti sani.

Un'atmosfera di intolleranza ha preso il sopravvento. Le aziende hanno annunciato che il personale non vaccinato sarebbe stato licenziato. Alcune università hanno vietato agli studenti non vaccinati le lezioni di persona. Uno stimato ricercatore non ha potuto partecipare a una conferenza che aveva contribuito a organizzare perché non era vaccinato. Gli insegnanti delle scuole vengono pubblicamente condannati e costretti a smettere di insegnare fino a quando non saranno vaccinati. Coloro che non possono essere vaccinati per ragioni mediche non possono tornare alla nuova vita “normale”.

Le misure coercitive hanno avuto però un effetto paradossale. Tradizionalmente, il pubblico israeliano ha un'adesione straordinariamente alta alle vaccinazioni di routine. Tuttavia, l'acceso dibattito relativo al Green Pass, insieme alla gogna pubblica dei non vaccinati, ha portato a risentimento e rabbia. Pertanto, un numero sostanzialmente alto di giovani cittadini israeliani, che non avrebbe mai pensato di rifiutare un vaccino raccomandato dal proprio medico di famiglia, ha rifiutato le vaccinazioni Covid-19 ed ha prestato più attenzione all'ideologia anti-vaccinazione, cosa che potrebbe ostacolare la futura adesione ai vaccini.

Sembra anche che alcuni dei teorici del complottismo non avessero completamente torto: con il Green Pass si ottiene una sorta di chip, sotto forma di un codice QR che viene scansionato ogni volta che si entra in un'area designata, ed è in progetto di essere collegato a una banca dati nazionale. È necessario un documento per verificare l'identità del titolare del pass, violando così sia la privacy della propria posizione che la riservatezza medica.

Non esiste una ragione logica di salute pubblica per il Green Pass. Il rischio del contagio col SARS-Cov-2 da un individuo infetto a un vaccinato è minimo e, anche se vi è contagio, l'esito clinico più probabile per il vaccinato è una malattia molto lieve o addirittura uno stato asintomatico.

L'efficacia del vaccino nella prevenzione delle malattie gravi è sempre superiore alla sua efficacia nella prevenzione dell'infezione, poiché per ammalarsi una persona deve prima essere infettata. Pertanto, se la capacità protettiva del vaccino contro la malattia diminuisce in modo significativo, ad esempio a causa di una nuova variante resistente, gli individui vaccinati diventeranno contagiosi quanto i non vaccinati. In altre parole, o non c'è motivo per distanziare i non vaccinati dai vaccinati, o c'è motivo per distanziare tutti, vaccinati o meno.

Se c'è qualcosa che il Regno Unito dovrebbe imparare dall'esperimento israeliano, è che i pass vaccinali sono inconciliabili con i principi di base della professione medica. La coercizione ha sostituito l'autonomia, la punizione ha sostituito la compassione, i posti di blocco hanno sostituito la riservatezza, la segregazione ha sostituito l'inclusione. Le forze liberali, da destra a sinistra, stanno cercando di invertire questo corso degli eventi. Diversi ricorsi sono stati presentati alla corte suprema israeliana, e tutti chiedono di dichiarare il Green Pass sproporzionato.

L'arrivo dei vaccini aveva il potenziale per porre fine a misure controverse che mettono a repentaglio i diritti individuali, ma con il pass del Covid ora abbiamo un'altra battaglia da affrontare: per l'etica medica, i diritti umani e il buon senso.

 

*Rivka Carmi è professore di medicina e presidente della Ben-Gurion University.

*Asa Kasher è professore emerito di etica professionale e filosofia all'Università di Tel Aviv.

*Eitan Friedman è professore di medicina e presidente del Comitato Supremo di Helsinki del Ministero della Salute.

*Yoav Yehezkelli è specialista in medicina interna e gestione medica e docente presso l'Università di Tel Aviv.

*Udi Qimron è il capo del Dipartimento di Immunologia Clinica e Microbiologia Clinica dell'Università di Tel Aviv

 

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