24/10/13

La Febbre del Frexit raggiunge il cuore dell'establishment francese

Il Telegraph riporta di nuovi importanti segnali di insofferenza all'euro da parte della Francia, questa volta dall'interno del Quai d'Orsay - il Ministero degli Esteri sulla riva della Senna - e precisamente dall'Istituto per gli Studi Strategici: l'euro è un cancro da estirpare per il bene dell'Europa, e l'eurozona un guscio vuoto.



Gli appelli allo scioglimento dell'UEM si stanno diffondendo nelle alte sfere dell'establishment francese di politica estera, e nel centro pro-europeo.

Un nuovo sorprendente libro di François Heisbourg -
La Fin du Rêve Européen ( La fine del sogno europeo ) - sostiene che il "cancro euro" deve essere estirpato per salvare il resto del progetto dell'UE prima che sia troppo tardi.
Egli scrive :

" . . Il sogno
si è trasformato in un incubo. Dobbiamo affrontare la realtà: la stessa Unione europea è minacciata dall'euro. Gli attuali sforzi per salvarlo stanno ancor più mettendo in pericolo l' Unione".

Non c'è niente di peggio che dover affrontare le livide mattine (matins blêmes ) di una crisi senza fine, ma non abbiamo intenzione di evitarle negando la realtà, e Dio sa che il rifiuto della realtà è stato per molto tempo, per impostazione predefinita, il modo di operare dei responsabili delle istituzioni dell'Unione europea.”

Più avanti in
futuro, egli insiste, i leader europei potrebbero rilanciare l'euro, ma solo dopo aver stabilito le necessarie basi federaliste, e solo tra un'avanguardia di paesi disposti ad accettare tutte le implicazioni di una moneta federale.

L'appello a "mettere a riposo l'euro" per il bene dell'Europa rappresenta una nuova svolta. Abbiamo sentito qualcosa del genere dal partito tedesco anti-euro  AfD, ma con un'altra impostazione. Il libro di Heisbourg è una sfida aperta alla Dottrina Merkel (in gran parte retorica, contraddetta dai fatti) che un crollo dell'UEM potrebbe resuscitare tutti i vecchi demoni del 20° secolo.

Certo, una disintegrazione dell'euro potrebbe effettivamente portare a un risultato così disastroso se si consentisse agli eventi di andare fuori controllo, dopo anni di aspre crisi – la direzione di oggi - ma che tipo di argomento è questo? Può succedere solo se si lascia accadere. E' giunto il momento che qualcuno dall'interno delle élite dell'UE renda manifesta questa sciocchezza sentimentale e questo uso improprio della storia per quello che è.

Prof. Heisbourg è certamente un insider, un altro paio di maniche rispetto al Front National di Marine Le Pen, che ora è in testa nei sondaggi francesi con la promessa di far fuori l'UEM e ripristinare il franco francese.

Personalità del Quai d'Orsay, egli è un ardente federalista europeo e
sostenitore di lunga data dell'UEM, e attualmente presidente del prestigioso International Institute for Strategic Studies (IISS).

Egli dice che i leader europei hanno perso di vista le priorità, e sembrano pensare che il sistema europeo deve essere sconvolto e riformato per le esigenze dell'euro, come se – in una visione pre-copernicana - il sole girasse intorno alla Terra . "Non si può creare una federazione per salvare una moneta. La moneta deve essere al servizio della struttura politica, non il contrario", dice .

Anche se lui sarebbe molto felice di assistere al grande balzo in avanti verso un superstato federale dell'UE - che egli ritiene necessario per rendere praticabile nel tempo l'unione monetaria - questo sogno ora è una "pura fantasia".

I tentativi di creare un "demos europeo" hanno evidentemente fallito. Le nazioni si stanno allontanando sempre di più. Un referendum su una concentrazione di potere nelle istituzioni dell'Unione europea fallirebbe quasi ovunque . "L'integrazione ha raggiunto i limiti della sua legittimazione", scrive. Le intrusioni dell'UE, una volta sopportate come "sgradevoli", sono ormai divenute "insopportabili".

Leggendo tra le righe, sembra
che sia stato spinto a scrivere questo libro dallo shock per il ruolo della Germania nella crisi libica, il suo rifiuto di fornire aerei da trasporto (una cortesia di routine per gli alleati della Nato) per aiutare la Francia "a fermare un altro massacro di Srebrenica" a Bengasi, anche dopo che l'intervento era stato approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dalla Lega Araba.

Lo splendido Joschka Fischer ha definito la decisione della Germania di allinearsi con la Russia e la Cina "un errore scandaloso", avvertendo che se la Germania avesse continuato a giocare a questo gioco avrebbe rischiato di svegliarsi un giorno e ritrovarsi in "una posizione molto precaria".

È forse possibile
che si dia troppo peso all'episodio della Libia, ma la posizione franco-tedesca non è molto migliore sulla Siria. O come dice il mio stimato collega del Telegraph Con Coughlin: la posizione precostituita della Germania è ora pro-Mosca.

Si potrebbe concludere – anche se il prof Heisbourg non va così lontano - che la Germania non è più un alleato della Francia in nessun senso significativo, in difesa né in politica estera (e nemmeno commerciale), e se è così, questo fatto ha delle implicazioni sconvolgenti. Si potrebbe anche concludere che l'UE è già morta, un guscio vuoto.

Inutile dire che il prof Heisbourg non accetta l'ultima affermazione da parte della Banda dei Cinque
dell'EMU che Eurolandia abbia svoltato l'angolo, o che le politiche di crisi stiano "cominciando a produrre risultati."

La composizione del quintetto è rivelatrice: Rehn, Dijsselbloem, Asmussen, Regling e Hoyer - un finlandese, un olandese, tre tedeschi; le voci delle forze dell'ordine dei creditori. Non potevano trovare almeno un latino, anche solo per la messa in scena?

Lui lo chiama un "cancro in remissione" . Il tentativo di tagliare il debito
con l'austerità fiscale – invece di lasciare che la crescita eroda il peso del debito nel corso del tempo, all'Americana - e di farlo senza lo stimolo monetario, è stata la "scelta fatale" . I rapporti di debito stanno esplodendo, verso il punto di "rottura non lineare".

La depressione e la disoccupazione di massa nel sud Europa non
rappresentano un equilibrio stabile. I cittadini possono aver mostrato finora una "santa pazienza", non ci sono ancora stati colpi di stat , egli scrive, o un ritorno al terrorismo Italiano degli "anni di piombo", o anche al caos degli studenti del 1968.

Ma niente di tutto questo può essere dato per scontato.
Tra gli Stati creditori e quelli in deficit stanno emergendo narrazioni della crisi drasticamente diverse, che egli paragona alla spaccatura di atteggiamenti dopo la Prima Guerra Mondiale, quando delle visioni distorte alimentarono un contraccolpo ideologico. Si sospettano tradimenti e imbrogli. Si imputano agli altri le peggiori motivazioni, e delle “leggende nere” prendono piede. Egli paragona questa situazione alla nascita della teoria della Dolchstoß (pugnalata alla schiena) in Germania.

La direzione attuale degli eventi porterà a delle "crisi seriali che termineranno in un esaurimento nervoso e una disgregazione incontrollata dell'euro con tutte le sue conseguenze" - egli scrive - evocando un parallelo diretto con il repentino disfacimento dell'Unione Sovietica, un epilogo che ha preso quasi tutti di sorpresa .

I leader europei devono affrontare la stessa scelta di un generale sopraffatto in
un combattimento. Resistere e combattere fino all'annientamento, o rompere l'accerchiamento e salvare la pelle dei suoi soldati per un altro giorno, perdere la battaglia, ma non la guerra? Egli cita esplicitamente la ritirata ordinata della Francia sotto Joffre prima della Marna, nel 1914, una prodezza di recupero del morale che l'alto comando del Kaiser pensava impossibile.

Il suo piano prevede una completa rottura dell'euro e un ritorno alle valute nazionali. "O l'euro esiste nella sua interezza, o non esiste affatto." Egli respinge la mezza misura di una divisione Nord-Sud, l'idea proposta da parte dell'ex capo della Confindustria tedesca Hans-Olaf Henkel di un Thaler tedesco nei paesi creditori del centro e un euro residuo nel blocco latino (più la Francia) che consenta agli stati più deboli sia di svalutare che di difendere i loro debiti contratti in euro.

La rottura deve essere preparato in gran segreto da un manipolo di funzionari a Berlino e Parigi, con tutti gli altri tenuti all'oscuro. E
dovrebbe essere effettuata alla velocità della luce in un lungo weekend, sul modello della abolizione del Cruzerio brasiliano nel 1994, compito svolto con efficienza militare.

Il
passo finale deve essere un atto congiunto franco-tedesco, al fine di "evitare la catastrofe di una situazione in cui la Germania sia vista come responsabile" . Solo su questa base il progetto UE può essere tenuto insieme. Gli altri dovrebbero tutti accettare il fatto compiuto.

Sarebbero imposti dei controlli sui capitali. Le banche centrali nazionali dovrebbero praticare il QE per attutire il colpo. Le valute dovrebbero esser lasciate fluttuare per un po' prima di essere collegate di nuovo tra loro in un revival del "serpente monetario" manovrato.

Personalmente,
io preferisco una versione diversa proposta da un gruppo di sovranisti francesi a L'Observatoire de l'Europe. Questa comporta che siano fissati nuovi tassi di cambio fino a quando si calmano le acque, usando una formula che tiene conto del differenziale di inflazione accumulato e dei saldi commerciali dal lancio dell'UEM.

Secondo il piano sovranista, le svalutazioni/rivalutazioni si stabiliscono verso una nuova unità di conto, l'ECU, che riflette la ponderazione media del vecchio euro ( non ancorato al nuovo D-mark). Il debito pubblico di ogni stato sarebbe riconvertito durante la notte in valuta locale (come la legge del peso argentino), chiunque siano i creditori. Ma il debito estero privato sarebbe valutato in ECU, un compromesso che fa condividere le perdite tra Stati deboli e Stati forti.

L'appello d
el Prof Heisbourg per un secondo tentativo di UEM e per una spinta ad un'unione federale tra 10 anni mi sembra un
residuo di romanticismo, o forse è solo un modo per dimostrare che lui non è entrato a far parte dei reprobi come me, nella compagnia degli euroscettici.

Perché
tra dieci anni gli storici Stati nazionali dovrebbero essere più disposti ad annullare se stessi di quanto non lo siano ora, non è spiegato. Come egli spiega in modo eloquente, lo sforzo fatto in 60 anni di unire insieme gli stati membri è fondamentalmente fallito, e quelli come Mitterrand e Kohl, plasmati dalla Seconda Guerra Mondiale, sono già da tempo scomparsi dalla scena.

Egli riconosce che i "No" francesi e olandesi alla Costituzione europea
sono stati un punto di svolta, il momento in cui è apparso chiaro che i cittadini non avrebbero accettato la struttura del superstato UE, necessaria a far funzionare l'UEM. Sono perfettamente d'accordo. Il referendum del 2005 ha cambiato tutto. Ma se è così, allora è anche chiaro che i sentimenti antifederalisti degli stati nazionali sono più profondi e radicati dell'angoscia per l'euro, dal momento che nel 2005 il progetto della UEM sembrava andare liscio. E' stato con la crisi greca del 2010 che la gente ha iniziato a capire che nell'euro in sé c'era qualcosa di sbagliato, e anche dopo è stata una lenta presa di coscienza.

Né credo che il Prof Heisbourg potrà
distinguersi dagli euroscettici appellandosi alla purezza ideologica. La macchina sparerà bordate di insulti, come sanno per dura esperienza quelli che stanno da questa parte.  In ogni caso, i suoi argomenti sono più o meno uguali ai nostri. Un gran numero di euroscettici erano una volta "pro-europei", per usare un'espressione poco simpatica. Lo ero anch'io. Perché tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 ho imparato tutte le principali lingue europee (male, a dire il vero, ma non per mancanza di entusiasmo), e perché ho studiato in Germania, Francia e Italia, una molla potente per il sogno. Poi sono andato a vivere in Texas.

Bernard Connolly era il funzionario responsabile della politica moneta
ria presso la Commissione europea in epoca Delors quando il complotto è stato ordito, e lui stesso resistette alle pressioni per falsificare gli argomenti a sostegno dell'agenda. Già allora egli si rendeva conto che una tale impresa incoerente sarebbe finita in spirali di debito, depressione e apartheid economico, come in effetti è stato. È per questo che è diventato un euroscettico della prima ora.

Sia come sia, la
conversione di
Heisbourg (i sacerdoti dell' UEM lo chiameranno tradimento) è rivelatrice. Ci dice molto circa gli umori negli ambienti politici francesi, e manifesta le crepe che si nascondono sotto la facciata di un progetto egemonico. Una volta che il Quai d' Orsay inizia a infrangere il tabù, dobbiamo essere vicini ad un punto di svolta politica.

Scommettete pure sulla ripresa dell'Europa, se volete, ma ricordate una cosa. Il divario Nord-Sud alla radice dei problemi dell'EMU non sarà colmato con un ritorno ad una crescita tollerabile – che non è per niente scontata - perché arriverà anche il giorno in cui la Germania chiederà l'aumento dei tassi di interesse. La crisi cambierà forma. Non se ne andrà. L'unione monetaria rimarrà disfunzionale, con la crescita e senza crescita.

C
redere che un nuovo ciclo di espansione economica metterà fine a questa saga infinita è solo l'ultima di tante illusioni. Prof Heisbourg ha ragione. Rimandare non serve più a niente. Sarebbe meglio sbrigarsi.

12 commenti:

  1. Tutto bene fino a qui dove improvvisamente inizia a dare di testa con questa affermazione...

    "Sarebbero imposti dei controlli sui capitali. Le banche centrali nazionali dovrebbero praticare il QE per attutire il colpo. Le valute dovrebbero esser lasciate fluttuare per un po' prima di essere collegate di nuovo tra loro in un revival del "serpente monetario" manovrato."
    ANCORA STO SERPENTE MONETARIO???? NON è BASTATA LA LEZIONE DEGLI ANNI 80? SAREBBE COME ORA CON UN MINIMO DI ELASTICITà

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    1. Beh, tutto bene sino a un certo punto, vedi dove parla della Libia e si lamenta del fatto che la Germania se ne è tirata, giustamente, fuori. Questo è l'esponente di un gruppo di interessi nazionale, in contrasto con l'eurodominio tedesco, ma parliamo pur sempre del Quai d'Orsay!
      Non condivido comunque le preoccupazioni sul serpente, mi pare che una qualche forma di collegamento monetario è sostenibile e anche conveniente, se dotata della giusta flessibilità. I nostri problemi sono cominciati con lo SME credibile, quando siamo entrati nella banda di oscillazione ristretta, all'inizio del 1990.

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    2. Intendo: i problemi con la bilancia commerciale e la produttività.

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    3. Giusto Carmen.Precisamente dal 1987 (SME rigido) , da allora le nostre prospettive di crescita si sono ridotte anno dopo anno e parallelamente si sono alzati i tassi di interesse che hanno fatto esplodere la spesa pubblica e il debito.
      Nel 1979 invece l'Italia aveva ottenuto dei margini di oscillazione del cambio molto più alti nello SME e questo aveva consentito di limitare i danni.
      Io sono sostenitore del ritorno alla lira anche se dobbiamo comunque migliorare l'efficienza del nostro paese e la sua competitività, in ogni caso l'euro si è rivelata un'esperienza folle e totalmente fallimentare.

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    4. Io scrivo da non economista, per cui scusatemi se sono impreciso; ma il discorso sulla banda di oscillazione, come anche altri riferimenti nel testo, mi pare sia funzionale a una premessa politica: salvare l'asse franco-tedesco, provando a fare gli interessi francesi senza danneggiare troppo il partner teutonico.

      Mi spiego meglio.

      Prendiamo il nostro caso e facciamo un'ipotesi impossibile: mettiamo che domani Letta si sveglia e decide che bisogna uscire in gran segreto; così un lunedì ci svegliamo e scopriamo che siamo tornati alla lira. Cosa succede ai vari debiti?

      Se ho capito bene i debiti pubblici vengono ridenominati automaticamente in lire: dunque i titoli di Stato si ripagano in lire e chi si prende la fregatura è il creditore estero (quello italiano non nota la differenza). Per i debiti delle banche il meccanismo dovrebbe essere pressapoco lo stesso (o sbaglio?).

      Dunque, se noi prendiamo l'iniziativa, la fregatura se la cucca tutta il creditore francese e tedesco (ma non ci viene da piangere: ci hanno lucrato con gli interessi alti degli ultimi due anni). Però anche i Francesi rivalutano rispetto ai Tedeschi: i quali davvero si prendono tutti gli svantaggi... E potrebbero non gradire: ossia, addio all'asse franco-tedesco.

      Se invece i due prendono l'iniziativa, anticipando l'inevitabile, e riescono a imporre una banda di oscillazione, a quel punto - correggetemi se sbaglio - il nostro governo è costretto a intervenire per evitare svalutazioni superiori a quelle consentite dalla banda: quindi vende valuta estera per rafforzare il cambio, taglia le spese, alza le tasse, eccetera. In un modo o nell'altro, comunque, una parte la paghiamo anche noi: Francesi e Tedeschi riducono le perdite e non perdono una politica comune.

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    5. Penso che il serpente monetario servisse ad aprire le frontiere al commercio: senza, ripartono i dazi protezionistici. Infatti chi dice che svalutando l'italia di colpo si troverebbe competitiva al massimo, fa i conti senza l'oste, perlomeno all'interno della comunita' europea: per quale ragione gli stati danneggiati dalla nostra svalutazione e dalla loro corrispondente rivalutazione non dovrebbero innalzare subito barriere daziarie?

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  2. cara Carmen,
    altro che residuo di romanticismo!!

    Qui viene fuori una delle contraddizioni fondamentali dell'assetto europeo, che è anche una delle cause dell'attuale sopravvivenza dell'Euro e quindi dell'equilibrio di forze che lo rappresenta.

    Heisbourg l'euro lo vuole, non so se è chiaro! Solo che lo vuole con la Francia che gioca da free rider e ha le mani sul volante. Quanto questo sia velleitario e privo di fondamenti economici, per il momento, non conta. Era questo il progetto di Mitterand e Kohl, ma poi in Germania è passata una nuova linea più nazionalista, con il pieno revival mercantilista che conosciamo (e si poteva anche prevedere).

    Il punto è questo: da un lato c'è una linea di politica estera più innovativa, che è rappresentata, purtroppo, dalla Germania,e potenzialmente anche da noi, che prende atto della fine dell'atlanticismo, o dei suoi raggiunti limiti. Dall'altro c'è una linea di politica estera più tradizionalista, che si tiene stretto l'atlanticismo, per motivi strumentali, e lo interpreta nel vecchio senso nazionalista europeo, di cui oggi Francia e UK sono espressione (ma in Inghilterra il Parlamento ha sconfessato questa linea sulla Siria). Insomma, Heisbourg vuole la NATO che voleva De Gaulle, con la sfera di interesse africana e mediterranea della Francia messa tra gli obiettivi strategici da promuovere (e un'Europa federale con unione militare e diplomatica che deve servire all'uopo, vedi Mali).

    Il grosso guaio è questo: alcuni di quelli che vogliono la fine dell'euro stanno dalla parte sbagliata in politica estera. Noi vogliamo la fine dell'euro per rilanciare uguaglianza e democrazia dentro e fuori gli Stati, quindi anche per far uscire il nostro paese dalla decadenza. A Heisbourg non gliene frega niente di tutto ciò, anzi, ci vuole impedire di fare quello che potremmo fare fuori dall'euro: non so se avete capito quale è la sua idea sulla questione Libia!! E per quanto riguarda l'Europa del sud a lui va benissimo così, però non deve essere solo la Germania a beneficiarne.

    Ripeto, quanto questo sia velleitario è evidente, ma chiarisce uno stato di fatto problematico che esiste nel campo delle forze che potrebbero avere interesse a eliminare l'euro. Questa contraddizione crea un grosso ostacolo al coagularsi delle forze che in tutta Europa potrebbero guidare il mutamento, ed è la vera ragione dell'impasse ideologica e politica, molto di più dell'uscita dall'euro "da destra" o "da sinistra".

    L'unica sintesi che cerca di armonizzare in una visione comune tutte queste forze, a quanto vedo finora, è quella proposta da 48 con il suo "scenario frattalico". Ed infatti prevede un'uscita "a ovest" dall'euro, in un rinnovato quadro atlantista analogo al post 1945. Il punto è però, secondo me, che è troppo ottimista, e proprio questa uscita di Heisbourg lo dimostra. Gli obiettivi di 48 sono incompatibili con quelli di Heisbourg. Inoltre, non esistono le condizioni interne (America "progressista", classi medie e popolari forti, politica industriale basata su una socializzazione keynesiana degli investimenti) ed esterne (Unione Sovietica, "democratizzazione" del mondo con la decolonizzazione), e non si può pensare semplicemente che le creiamo ex nihilo con il nostro programma politico.

    Ecco la contraddizione: hic salta! Una bella citazione di Hegel (in tedesco) non ci starebbe male.

    saluti
    urs

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    1. Caro Urs,
      non si tratta dei "miei" obiettivi, ma di una previsione frattalica, quindi di un tentativo di riconoscere delle forme costanti (nei rapporti matematici, per così dire ovviamente), nello sviluppo delle dinamiche storiche.
      Ad oggi, l'elemento USA è come dici tu e infatti nel ritornarci alla luce di sviluppi che non si possono ignorare (es; http://orizzonte48.blogspot.it/2013/07/jack-lew-cerchiobottista-ue-sempre-piu.html) ho ricalibrato il tutto sul...dubbio (scetticismo realistico).
      Ma, dandoti atto della tua comprensione corretta della questione, ci tornerò sopra per fare ancora il punto.
      Quanto alla democrazia dei diritti, beh, anche se dovessimo rimanere "soli", non possiamo mollare. Mai...

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    2. caro 48,

      vedo bene che i due piani sono distinti. Un conto è la previsione di tendenze strutturali e impersonali di fondo, al limite passibili di un'interpretazione astratta e formale (o "matematica", come dici), un conto è il piano degli obiettivi politici.

      Quanto al primo punto, io volevo soprattutto riconoscere il valore della tua ipotesi, che è l'unica che si preoccupa di prendere in considerazione tutte le forze in campo in un quadro complessivo all'altezza della posta in gioco. Tuttavia emergono elementi che mettono in discussione la sua tenuta, come tu stesso affermi (ho appena letto il tuo ultimo post)

      Quanto al secondo punto c'è poco da dire: i tuoi obiettivi non sono quelli di Heisbourg. O mi sbaglio? La cosa è decisiva ed ha effetti anche rispetto al piano dei fatti storici e della concreta possibilità di superare l'euro. La diversità dei motivi storici di fondo per cui l'euro è osteggiato è preliminare rispetto alla creazione di un forza che effettivamente lo rimuova - e questo, sia chiaro, non ha nulla a che vedere con la questione dell'uscita da destra o da sinistra, che casomai riguarda il dopo

      Mi premeva sottolineare il lato politico-internazionale della vicenda, che non è ancora adeguatamente studiato e discusso, mentre quello economico, ormai, grazie soprattutto a Bagnai, è ampiamente chiarito

      Non credo che le difficoltà di realizzazione di uno scenario di uscita atlantista debbano indurre al pessimismo o all'abbandono dei nostri obiettivi. Credo solo che la ricerca di scenari di fondo oggi debba andare "per l'alto mare aperto", e gli elementi interessanti non mancano, a questo proposito: un mondo multipolare in cui il modello von Hayek è superato (copyright tuo); un atteggiamento neo-isolazionista che si fa largo negli USA, non necessariamente ostile all'assunzione di responsabilità altrui, e nemmeno all'idea di una riforma del sistema monetario internazionale, specie se arriva l'agognata indipendenza energetica. Ti pare poco? Intendiamoci, tutto ciò può precipitare in una serie devastante di contrapposizioni e contrasti, ma è in questo quadro che dobbiamo porci, e soprattutto devono porsi Francia e Germania.

      La prima ha di fronte un ripensamento radicale non solo della propria economia, ma della propria identità internazionale, altrimenti non è possibile nessun cambiamento, e tornano a galla gli Heisbourg. Lo stesso motivo per cui la Francia è centrale per le sorti dell'euro rende difficile il crearsi di una forza che ci porti effettivamente a superare l'euro. Cosa farà a questo riguardo il FN? Molto interessante.....

      saluti
      urs

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    3. Infatti, anche secondo me il modo in cui Heisbourg vede la questione Libia (da cui, con la scusa di Gheddafi, siamo stati letteralmente buttati fuori dai francesi in un momento di nostra estrema debolezza interna dovuta alle solite lotte intestine, per questioni geopolitico-petrolifere chiarissime e di lunga storia), la dice lunga sulla "cooperazione" europea che ci si puo' aspettare dalla Francia, le cui ambizioni egemoniche e statocentriche sono solo stranamente e temporaneamente ombreggiate da quelle tedesche... Dura, sara'.

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  3. "non esistono le condizioni interne (America "progressista", classi medie e popolari forti, politica industriale basata su una socializzazione keynesiana degli investimenti) ecc.", non solo, ma è la stessa FEROCE "globalizzazione", o meglio, il dominio incontrastato dell'ideologia liberoscambista (come neppure a cavallo del primo conflitto mondiale) che mette gli oligopoli finanzcapitalistici contro gli stati ed i salariati elle varie nazioni gli uni contro gli altri che rende INCONCLUDENTE ogni ipotesi euroexit che poggi sul recupero di Pil-crescita sulle dinamiche svalutazioniste-domandaestera.bisogna cambiare RADICALMENTE paradigma, anche a costo di mettere in discussione, per dire, il WTO. in questo senso, il "fenomeno" Marine Le Pen, è ben + gravido di "futuro" dell'obamiano... TTIP.

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  4. Leggendo la prima considerazione che mi viene in mente e che l'unica scelta della Germania che ho approvato è stata proprio quella di rifiutarsi di fornire aerei per la Libia.
    Un'altra frase che mi ha colpito: "Si potrebbe anche concludere che l'UE è già morta, un guscio vuoto" solo perchè la Francia non è più un alleato della Germania in nessun senso significativo, né in difesa né in politica estera?. Quindi il concetto di Europa si ferma a Germania e Francia ed indica che non esiste nessuna unione europea, questo per chi insiste in più Europa.
    Continuando "La rottura deve essere preparata in gran segreto da un manipolo di funzionari a Berlino e Parigi, con tutti gli altri tenuti all'oscuro. E dovrebbe essere effettuata alla velocità della luce in un lungo weekend"
    " Il passo finale deve essere un atto congiunto franco-tedesco, al fine di "evitare la catastrofe di una situazione in cui la Germania sia vista come responsabile . Solo su questa base il progetto UE può essere tenuto insieme. Gli altri dovrebbero tutti accettare il fatto compiuto." Altro che il sogno europeo questo dimostra che non esiste un popolo europeo ma tanti popoli che non hanno un sentimento unitario, non si sentono parte di un unico grande stato come per gli Stati Uniti, gente che ha usi, costumi, lingua, sentimenti assolutamenti diversi che non ha senso tenerli insieme perchè alla fine viene fuori sempre quello che questo continente nei secoli ha sperimentato cioè la voglia di supremazia sia della Francia che della Germania che si sentono attraverso un 'investitura divina la guida dei popoli europei. Comunque ha ragione Carmen dobbiamo anche considerare che chi parla viene dal Quai d'Orsay e nonostante le critiche dobbiamo pragmaticamente essere soddisfatti che qualcuno nelle alte sfere cominci a dubitare di questo scempio chiamato UE.
    Un ultima cosa che non riguarda il post volevo solo ringraziare Carmen e altri blog del loro instancabile lavoro che ci aiutano a comprendere e a sentirci meno soli in questa lunghissima notte della repubblica.

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