28/10/13

The Economist: La Prigione dei Debitori

L'eurozona è in una crisi di debito privato, più che di debito pubblico.
Naturalmente lo sapevamo. Ormai ce lo ha detto perfino la BCE. Ma visto che repetita iuvant e che stavolta ce lo dice l'Economist, abbiamo tradotto questo articolo - che mette un po' di puntini al loro posto e tra l'altro ci ricorda una cosa: le politiche deflazionistiche di austerità non fanno altro che rendere sempre più insostenibile il peso dei debiti privati.


La prigione dei debitori

L'eurozona è in crisi per il debito privato più che per il debito pubblico


La Banca Centrale Europea (BCE) questa settimana ha annunciato il modo in cui intraprenderà un'approfondita analisi degli asset bancari, prima di farsi carico della supervisione bancaria nell'area euro verso la fine dell'anno prossimo (vedi articolo). Uno degli obiettivi di questo esercizio è quello di identificare i crediti in sofferenza che inquinano le banche dell'eurozona e di prevenire nuovi flussi di crediti. Questo è importante perché alcune parti dell'area della moneta unica sono indebolite non semplicemente dal debito pubblico, ma dal debito privato, la maggior parte del quale sta nei portafogli delle banche.

Durante tutto il corso della crisi dell'euro, tuttavia, sono stati messi in atto duri programmi di austerità  per ridurre il debito pubblico. Tale focalizzazione, d'ispirazione tedesca, manca però malamente il bersaglio. Secondo una recente ricerca del FMI, un elevato debito privato è più dannoso per la crescita rispetto a un elevato debito pubblico. In verità lo studio dell'FMI indica che un eccessivo debito sovrano riduce la crescita solo quando anche le famiglie e le imprese sono pesantemente indebitate.

L'effetto perverso dell'elevato debito privato diventa evidente coi fallimenti che seguono i boom guidati dal credito. Le famiglie che hanno fatto troppi debiti rispetto al loro reddito riducono le loro spese, che sono la componente principale del PIL. Le imprese con un eccessivo rapporto di indebitamento evitano di investire e si concentrano a ridurre i bilanci e ripagare i debiti. Come i crediti inesigibili erodono i loro capitali, le banche diventano sempre più riluttanti a concedere prestiti. Queste tendenze avverse si rinforzano a vicenda aumentando la deriva sulla crescita.

Prefigurare il punto oltre il quale il debito diventa eccessivo non è compito che possa essere svolto in maniera esatta. La Commissione Europea, che ora ha il compito di monitorare ogni squilibrio macroeconomico che emerge, utilizza un limite del 160% del PIL per il debito privato – quanto le famiglie e le istituzioni non-finanziarie devono sotto forma di vari tipi di prestiti e di titoli di debito come le obbligazioni societarie. Questo livello sembra prudenziale: si tratta del livello prevalente sia in America che nell'insieme dell'eurozona.

Una soglia preoccupante più realistica potrebbe essere il 200% del PIL. Su tale base, appaiono vulnerabili otto paesi dei 17 che hanno la moneta unica (vedi il grafico).

Degli otto, il Belgio e il Lussemburgo sono meno preoccupanti di quel che potrebbe sembrare perché i debiti delle loro imprese sono in realtà gonfiati dalla presenza di multinazionali e includono una grossa fetta di prestiti infra-gruppo. Tuttavia non si può dire lo stesso dell'Olanda, dove il debito privato è oltre il 220% del PIL principalmente perché le famiglie sono sovraindebitate. Anche nella piccola Malta il livello è vicino al 220%. Il debito privato è elevato anche in quattro paesi che hanno ricevuto salvataggi: a Cipro e in Irlanda è oltre il 300% del PIL, in Portogallo al 255% e in Spagna al 215%.



Ndt: debito privato in percentuale di PIL per paese nel 2012. La parte in azzurro è il debito delle imprese, quella in blu il debito delle famiglie. Nei riquadri bianchi a destra è riportato il relativo debito pubblico (si noti che è sempre inferiore rispetto al debito privato).

In tutti tranne uno degli otto paesi la maggior parte del debito riguarda le imprese. Questa preponderanza dei debiti delle imprese è estrema in Lussemburgo, ma è notevole anche in Irlanda, il cui debito è impattato anche dalla presenza di aziende multinazionali. Nonostante ciò, il solo debito delle famiglie irlandesi è oltre il 100% del PIL. L'Olanda è l'unico paese dove la maggior parte del debito è personale: il debito delle famiglie è il 128% del PIL (tuttavia quello di Cipro è addirittura maggiore, al 136% del PIL).

Sebbene l'Italia abbia il secondo più alto debito sovrano dell'eurozona, non figura tra i paesi che hanno eccessivo debito privato. Le sue imprese devono restituire in qualche misura meno rispetto alla media dell'eurozona, e i debiti delle famiglie italiane sono particolarmente bassi. Ma monitorare il rapporto tra debito e PIL non è la sola misura di vulnerabilità. Per le imprese non-finanziarie, un importante indicatore di fragilità è l'elevato rapporto tra debito e patrimonio netto. Sulla base di questa misura le imprese italiane, specialmente le piccole e medie imprese, sono particolarmente in difficoltà.

Anche altri indicatori di bilancio suggeriscono che le imprese italiane sono in cattive acque. Per esempio, il 30% dei debiti aziendali sono dovuti da imprese i cui utili già prima dell'imposizione fiscale sono più bassi degli interessi che devono rendere. La quota di imprese fragili è anche più alta in Spagna e Portogallo (40% e quasi 50% rispettivamente). Ma la situazione dell'Italia è in stridente contrasto con quella di Francia e Germania, dove poco più del 10% dei debiti aziendali sono dovuti da imprese in situazione così precaria. Le aziende italiane sono state colpite dall'erosione della loro competitività all'interno dell'eurozona.

Pochi progressi sono stati fatti per alleggerire il peso del debito privato dall'inizio della crisi. Sebbene
in Spagna esso sia sceso dal 227% al 215% del PIL tra il 2009 e il 2012,  nello stesso periodo è cresciuto a Cipro, in Irlanda e in Portogallo. In Gran Bretagna, al contrario, il debito privato è sceso dal 207% del PIL nel 2009 al 190% del PIL nel 2012, grazie ai progressi fatti sia dalle famiglie che dalle imprese.

La riduzione dei debiti si è dimostrata così difficile perché il clima economico è stato decisamente spietato. Il peso dei debiti (s'intende del rapporto tra debiti e PIL) diventa automaticamente più leggero nel momento in cui i redditi aumentano. Ma non è stato così per le economie europee, colpite da una doppia recessione e danneggiate da livelli dei prezzi che sono vicini alla deflazione. C'è un'intrinseca contraddizione tra la necessità che hanno i paesi debitori dell'eurozona da un lato di riguadagnare competitività attraverso prezzi più bassi, e al tempo stesso di ridurre il peso di debiti eccessivi con una dose in inflazione.

Perfino in un clima economico migliore, il sud Europa avrebbe difficoltà a ridurre i propri debiti. Le insolvenze delle imprese sono cresciute rapidamente, anche se a partire da livelli bassi. Ci sono atteggiamenti sociali sfavorevoli verso i debitori, che generalmente vengono perseguiti in tribunale con lunghi e costosi processi.

Le leggi sull'insolvenza sono state recentemente riformate in diversi paesi. Il governo portoghese, per esempio, ha reso più semplice la ristrutturazione del debito anche senza passare dai tribunali. Ma le riforme spesso non funzionano. La legge spagnola vorrebbe promuovere la ristrutturazione dei debiti delle imprese ancora sane, ma in pratica la maggior parte delle insolvenze finisce con la liquidazione dopo lunghi procedimenti giudiziari. Lo stigma culturale della bancarotta rimane: i potenziali imprenditori in paesi come l'Italia e la Spagna sono più preoccupati del fallimento di quanto lo siano in Gran Bretagna e in America.

Gli Olandesi scoraggiati

L'elevato debito delle famiglie aiuta a spiegare perché l'Olanda, insieme all'Italia e alla Spagna, sia rimasta in recessione anche nel secondo trimestre del 2013, nonostante l'eurozona complessivamente avesse dato segni di ripresa. Il PIL olandese quest'anno si ridurrà del 2% rispetto al 2011 e di oltre il 3% rispetto al suo precedente picco del 2008. Nonostante questa riduzione della produzione sia minore di quella sofferta dal sud Europa, essa illustra l'effetto perverso dell'elevato debito quando i prezzi delle case scendono – i recenti ribassi sono andati molto vicini a quelli della Spagna. Questo ha spinto un quarto delle famiglie olandesi in una condizione di “patrimonio netto negativo”: le loro case valgono infatti meno dei loro mutui.

Esplora la mappa interattiva delle economie europee in difficoltà.

Altrove nell'eurozona l'elevato debito delle imprese ha fatto anche più danni. Le imprese sovraindebitate sono riluttanti a intraprendere nuove iniziative, e le banche in ogni caso sono riluttanti a fare credito perché i loro bilanci sono infarciti di crediti inesigibili. Questo infelice stato di cose prevale ovunque nel sud Europa, nonostante che nel dettaglio la causa possa essere variabile. In Spagna i crediti inesigibili sono aumentati principalmente a causa della bolla immobiliare e sono stati affrontati nel corso degli anni passati riconoscendo le perdite e trasferendo i crediti svalutati a Sareb, una compagnia di gestione degli asset. In Portogallo essi provengono dal logorio di più di un  decennio di stagnazione.

I test bancari della BCE provocheranno la ristrutturazione di alcuni di questi debiti perché le banche saranno costrette a riconoscere alcuni dei crediti come inesigibili. Ma questa pulizia potrebbe essere limitata a causa delle paure da parte dei paesi europei con le finanze più solide che i crediti bancari inesigibili possano essere scaricati tutti in un comune fondo di salvataggio. Se stavolta la questione della qualità di questi asset non viene adeguatamente affrontata, getterà un'ombra lunga sulle possibilità che l'eurozona realizzi una ripresa economica duratura.

16 commenti:

  1. se le PA pagerebbero finalmente i loro debiti verso le PMI, la situazione italiana del debito privato sarebbe ancora migliore.

    ma i nostri divini letta, sacc, nap, renzi eccecc. a scelto la via del "si euro, morire per mastricht".

    purtroppo il PD ha ancora una percentuale del 33%, anche se i resultati devastanti sono davanti a tutti. e parlono sempre di responsabilià, se avrebbero un minimo di responsabilità verso il popolo italiano avrebbero subito pagato le PMI. Cosa vorrebero faro i tedesci, mettersi a marciare una terza volta, hahahah, o sbattere fuori dall e-zona l'italia ancora piu improbale.

    se solamente avessimo un Weidmann o un stark, purrobbo noi abbiamo i Chihuahua letta/saccomanni/renzi.

    saluti e buona giornata
    Paolo


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    1. Appunto, pagassero!
      E perché lo Stato non paga?
      Perché deve stare dentro vincoli di bilancio che non hanno senso.
      E perché deve stare dentro vincoli di bilancio che non hanno senso?
      Perché il bersaglio dell'odio ideologico è lui, il debitopubbblico!

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  3. "Per le imprese non-finanziarie, un importante indicatore di fragilità è l'elevato rapporto tra debito e patrimonio netto. Sulla base di questa misura le imprese italiane, specialmente le piccole e medie imprese, sono particolarmente in difficoltà."

    Mica si riesce s tirare fuori un bel graficone che confronti le imprese d'Europa da questo pinto di vista?

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  4. In questi dati manca un dato fondamentale, quanto del debito privato è fra creditori e debitori della stessa nazione, e quanto debito privato è finanziato da creditori esteri.

    Un debito privato tra cittadini della stessa nazione è neutro, non sposta ricchezza da una nazione al altra, mentre un debito privato contratto con un creditore estero sposta della ricchezze tra una nazione e l'altra e non è una cosa neutra.

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    1. Se noti ci sono dei link nell'introduzione all'articolo...

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  5. Ma ci saranno troppi debiti o ci saranno troppi risparmi (altrimenti noti come crediti)?

    I debiti sono troppo alti o i redditi sono troppo bassi?

    Sono troppo valutati i cespiti (o "assets" come direbbero da quelle parti) o è troppo svalutato il lavoro?

    Costa troppo una casa o gli operai guadagnano troppo poco?

    Siccome quelli dell' "Economist" ci martorizzano le parti basse da almeno un quarto di secolo con amenità tipo "la teoria dello sgocciolamento" e con la cieca osservanza al dogma (strano il dogmatismo per dei liberalisti, non trovate?) che è cosa buona e giusta, comunque, la divergenza dei redditi e piu' divergono e meglio è.

    E' stata una grande idea spostare -a partire dagli anni '80- l' inflazione dal lavoro (CON CUI SI CREA TUTTA LA RICCHEZZA REALE) ai cespiti finanziari (idea da lor signori ampiante sponsorrizata)?

    Chissà; chissà, eh, che i "troppi debiti" e la troppa differenza di redditi non abbiano un qualche nesso....

    ...Sarà mica che ci hanno raccontato un sacco di frengnacce per tutto sto tempo?

    Sarà mica che sia arrivata l' ora di un bel MEA CULPA da quegli ambienti?

    Nell' attesa, non dico delle risposte alle domande di cui sopra da quelli dell' Economist (e del FT, e del WSJ, e, e, e....), ma del fatto che ste domande se le facciano;

    potrebbe tornargli utile scendere dalle loro cattedre "molto prestigiose" ai banchi dell' università di Pescara (puo' andare bene anche Cambridge, credo) per una bella lezione di "goofynomics" :-)

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    1. Caro bargazzino, non c'è dubbio che se ne gioverebbero, e di parecchio...;)

      Restiamo tuttavia in attesa di similari parziali ammissioni da parte di Corsera o Repubblica...

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    2. l' informazione (e l' elite culturale) italiota ha uno storico "spread" temporale.
      Quindi, diciamo che se dall' Inghilterra cominciano ora a iniziar cambiar registro, da noi sto cambiamento arriverà tra una decina di anni abbondanti.
      Noi siamo ancora al Blair-Renzi...per avere un parametro di riferimento... :-)

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    3. E' decisamente troppo! :-( ... teniamo conto che la storia sta acquistando velocità e che ogni tanto fa delle capriole inaspettate...(almeno come antidepressivo, intendo...)

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    4. Questo e' pur vero.
      Lo "spread" temporale potrebbe ridursi...

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  6. ma noi si parla della decadenza, della legge elettorale, del sesso degli angeli, della filosofia + alta, ma nulla, nulla sull'economia e sulla genesi di qs crisi, il vuoto spinto....prova a chiedere ad un politico la differenza tra crisi da debito pubblico e debito privato: se nn fosse per la tragedia che vive il ns Pese sarebbe una bella scena per un film comico; ma la rete sanno che esiste? non è difficile trovare i siti che danno una lettura non mainstream della crisi....che non si voglia x' siamo sudditi della tecnocrazia europea?

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  7. Scrivere dei debiti delle aziende private e' una cosa che mi puo' competere, perche' una volta lavoravo(analizzavo) i bilanci. Purtroppo la situazione delle nostre residue imprese manifatturiere che non sono di nicchia, cioe' la maggior parte o almeno moltissime, e' ancora peggiore di quanto pensi la maggior parte della gente. Erano gia' state aggredite dalla nefanda globalizzazione sappiamo da chi voluta , naturalmente la moneta unica(risappiamo da chi voluta, sempre dai soliti) ha dato un altro gravissimo colpo e poi c'e' stata la crisi lehman brothers. Allora, era il 2008,, il governo (Tremonti) fece d'urgenza il restyling della legge sulla rivalutazione dei cespiti aziendali. Cioe' gia' a partire dal bil. 2008 e' stato in pratica autorizzato il falso in bilancio con la rivalutaz. fittizia degli immobili aziendali, macchinari, ecc. persino creazioni fantasiose di rami d'azienda cui vennero attribuite, a linee produttive obsolete, valori abnormi (con perizie di tecnici di parte) per permettere rivalutazioni dei suddetti rami di azienda e quindi alla fine, una congrua PLUSVALENZA da iscrivere nel patrimonio netto della soc. ed evitare (o meglio rimandare) il fallimento. Si, perche' la massa delle aziende manifatturiere tradiizionali era da mo', in larga parte, che chiudevano in perdita, e quindi con patr. netti negativi o si ricapitalizza o si chiude. Si e' visto creazioni fittizie di societa' cui venivano attribuiti i macchinari rivalutati(cessione di ramo d'azienda), passaggi di immobili intragruppo di continuo negli anni per rivalutare gli stessi...Questa legge sulla rivalutazione dei cespiti da quel che ne so', e' comunque avvenuta in contemporanea praticamente in tutto l'occidente. Quindi come si e' sempre detto, e' stato tutto un rimandare perche' non sanno proprio come fare, una buona parte(ad essere ottimisti) del settore produttivo e bancario occidentale e' tecnicamente fallito da svariati anni, infatti le nostre aziende, esauriti gli espedienti, stanno cadendo come foglie in autunno. Grazie soprattutto alla globalizzazione e all'euro.

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    1. Intervento a dir poco illuminante!

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    2. Concordo e mi unisco! "Lavoravo" i bilanci, espressione in effetti molto appropriata...

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