Sul Financial Times Wolfgang Münchau denuncia la passività degli eurocrati nell’affrontare la deflazione incombente sull’eurozona. Tanti indicatori segnalano che la situazione è critica, ma interventi fiscali nell’austera eurozona sono da escludere, e la BCE sembra avere le mani legate, tecnicamente e politicamente. La situazione è peggio del Giappone anni ’90.
Secondo Münchau, gli eurocrati sembrano non capire quanto sia concreto il rischio di deflazione, ma il problema è che potremmo già esserci dentro:
Per mesi abbiamo trattato la deflazione come se stessimo osservando su una cartina meteorologica una tempesta diretta verso di noi. Ma questa potrebbe essere una rappresentazione sbagliata. La deflazione potrebbe essere già arrivata.
Infatti, secondo l’istituto di statistica tedesco, lo scorso anno i salari reali tedeschi sono scesi. E questo per Münchau è un dato estremamente allarmante:
Per l’eurozona, la deflazione tedesca è una tragedia. Se la periferia vuole diventare più competitiva, ha bisogno di un’inflazione più bassa di quella tedesca. Ma se anche la Germania è in deflazione, allora o l’aggiustamento non può avvenire, oppure l’intera eurozona cadrà in deflazione; oppure, ipotesi più probabile, accadranno entrambe le cose.
Anche i dati provenienti dalla Francia suggeriscono una deflazione imminente. E in dicembre i prezzi alla produzione dell’intera UE sono addirittura calati dello 0,8% su base annuale. Il problema è che la BCE non se ne preoccupa, perché seguendo i suoi "sofisticati modelli economici", dice Munchau, vede rischi solo marginali di deflazione:
Sfortunatamente ci sono buone ragioni per dubitare di questa visione ottimistica. Per cominciare, il loro modello economico non ha predetto l’attuale calo dei tassi di inflazione. Non c’è da stupirsi: uno dei difetti di questi modelli è che non tengono conto degli shock finanziari, perché tali modelli proprio non includono la finanza. Funzionano meglio in caso di un attacco alieno che nel caso di un collasso del credito.
La BCE è anche aggrappata alla convinzione che i consumatori si aspettino una crescita dei prezzi sostenuta. Ci sono molti indicatori tecnici finanziari di mercato che misurano le attuali aspettative di futura inflazione, ognuno con i suoi pregi e difetti. Questi indicatori contengono alcune informazioni, ma il loro problema è che sono stime basate sui prezzi di mercato – e sono soggetti a variazioni molto più rapide dell’eventuale cambiamento di politica delle banche centrali.
Poi Münchau paragona la situazione attuale dell’eurozona con quella del Giappone negli anni '90:
Quando negli anni '90 la sua economia [del Giappone] è entrata in stagnazione, con inflazione negativa e tassi di crescita pari a zero, il paese è rimasto bloccato in un vicolo cieco. Ancora si discute su quale sia lo strumento più adatto in una situazione del genere, se la politica fiscale o quella monetaria.
Ma non c’è alcun dubbio che la combinazione di rigore fiscale, forte stretta monetaria e rifiuto di affrontare il nodo delle banche semi-fallite, è sicuramente una politica destinata a fallire. La BCE continua a dire che l’Europa non è il Giappone. In effetti, non lo è. La situazione europea è potenzialmente peggiore.
La BCE potrebbe a un certo punto attuare politiche monetarie anti-deflazionistiche, ma Münchau sottolinea che le misure convenzionali sono già state esaurite, con i tassi così prossimi allo zero, mentre quelle non convenzionali sono tecnicamente e politicamente controverse:
Queste politiche sarebbero legali? Dopo che questo mese la Corte costituzionale tedesca si è espressa sull’Outright Monetary Transactions programme – la famosa promessa di Mario Draghi di fare “qualunque cosa sia necessaria” – ci sono alcuni dubbi.
La sentenza fa delle affermazioni scomode che potrebbero essere poi estese a tutti gli acquisti di bond della banca centrale. Però, ci sono delle differenze. L’OMT è stato pensato come una operazione di politica monetaria, ma implicherebbe in definitiva trasferimenti fiscali tra stati. Il Quantitative Easing potrebbe essere invece più facilmente praticabile, perché è un'operazione essenzialmente monetaria, e in quanto tale oltre la portata della Corte costituzionale tedesca.
Tuttavia, Munchau chiude con un’amara constatazione: di fatto, nessuno si muove, nonostante la situazione sia estremamente preoccupante.
Con così tanti segnali di pressioni deflazionistiche, gli argomenti a favore di misure non convenzionali sono convincenti in modo schiacciante. Ma, d'altra parte, sono convincenti in modo schiacciante già da un bel po’.
In fondo Munchau parte dal presupposto sbagliato secondo cui una volta che ci si è accorti del problema si passa a pensare alla soluzione migliore. Non è la sua soluzione (contrastare la deflazione) ad essere sbagliata ma il problema implito (che non è migliorare la situazione economica come sembrerebbe ai più), ma eliminare le sovranità nazionali per realizzare gli Stati Uniti d'Europa seguendo i dolorosi dettami di una pazzesca e disumana (vedi Grecia) shock economy. Se la si guarda da questo punto di vista la deflazione non è un problema ma anzi la lenta ma inesorabile soluzione. Per tanta cecità da parte di personalità illustri (il primo che mi viene in mente è Olli Rehn, ma anche il nostro Draghi o tutti i nostri geniali politici che hanno accettato supinamente un'assurdità come il Fiscal Compact) non sò pensare a nessun'altra spiegazione. Quali altre riuscite a darvi?
RispondiEliminaSe parliamo di personalità illustri, e quindi di gente che non può essere cecata dalla disinformazione, io ci vedo semplicemente una scelta di campo nella grande battaglia della storia.
EliminaInoltre mi sembra significativo quello che dice il filosofo contadino Gustave Thibon, che cerco di riassumere in poche battute, sulla mentalità di sinistra e di destra:
mentre la mentalità di sinistra, in senso lato, ha una sorta di slancio evolutivo che desidera e crede possibile cambiare lo stato delle cose (e questo spiega anche la degenerazione del "sogno" dei tristi che fanno male i conti e scambiano le proprie illusioni per la realtà)
la mentalità di destra accetta la realtà come una forza data e preponderante, vi si sottomette, e ovviamente cerca di stare dalla parte meno scomoda. Gli slanci in questo contesto sono impropri, sino ad arrivare ai tristi che tacitano completamente la coscienza individuale e disconoscono il diritto naturale.
Resterebbe da spiegare la destra che oggi combatte lo status quo. Ma mi pare una destra di popolo che ha scelto il suo campo e combatte con un pragmatismo che la sinistra (ancora) si sogna...
Questa Europa unita con tali differenze economiche, politiche e sociali non può funzionare. E' ormai chiaro a tutti tranne a chi dovrebbe prendere delle decisioni estreme: se si è sbagliato si torni indietro prima che sia troppo tardi...O è gia tardi?
RispondiEliminaDifficile dire qual'è il punto di non ritorno...
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