12/04/19

I segreti delle elezioni americane: Julian Assange intervistato da John Pilger

Nella settimana dell’arresto di Julian Assange traduciamo questa sua intervista del noto giornalista e regista australiano John Pilger del 2016, in cui l’eroe della libera informazione parla delle elezioni americane, delle guerre della Clinton e di Obama, della politica estera degli Stati Uniti, e di come lui stesso, Assange, sia a tutti gli effetti un prigioniero politico, costretto per anni a un esilio forzato e illegale e come tutto questo sia stato confermato dalla stessa ONU. Nelle prossime settimane apprenderemo le novità sulla sua sorte, che comunque resta un emblema di  quanto si possa essere perseguitati, nel democratico Occidente, per avere divulgato la verità.

 

 

5 novembre 2016

 

Questa intervista è stata filmata presso l’ambasciata ecuadoregna a Londra il 30 ottobre 2016 – dove Julian Assange vive come rifugiato politico – ed è stata trasmessa il 5 novembre. La potete vedere per intero a questo link:

 

John Pilger: 

 

Qual è il significato dell’intervento dell’FBI in questi giorni di campagna elettorale americana, specialmente rispetto al caso contro Hillary Clinton?

 

Julian Assange:

 

Se guardate la storia dell’FBI, vi accorgerete che è diventata in effetti la polizia politica d’America. L’FBI lo ha dimostrato deponendo l’ex capo della CIA [il generale David Petraeus] a causa di informazioni riservate che avrebbe passato alla sua amante. Non c’è praticamente nessuno che sia intoccabile. L’FBI ha sempre cercato di dimostrare che nessuno le può resistere. Ma Hillary Clinton ha resistito a lungo alle investigazioni dell’FBI, per cui c’è questa rabbia all’interno dell’FBI perché questa situazione fa sembrare debole la stessa agenzia di intelligence. Abbiamo pubblicato circa 33.000 email della Clinton riferite al periodo in cui era Segretario di Stato. Queste email provengono da un insieme di oltre 60.000 mail delle quali la Clinton è riuscita a tenere riservate circa la metà – 30.000 –,  mentre noi abbiamo pubblicato l’altra metà.

 

Poi abbiamo pubblicato le email di Podesta. John Podesta è il principale manager della campagna elettorale di Hillary Clinton, per cui c’è un legame fra tutte queste email. C’è parecchio giro di denaro in cambio dell’accesso a informazioni su stati, individui e aziende. Combinate con l'insabbiamento delle email della Clinton riferite al periodo in cui era Segretario di Stato, tutto questo ha portato a un aumento della pressione sull’FBI.

 

John Pilger:

 

La campagna elettorale della Clinton è stata centrata sul fatto che la Russia sarebbe dietro a tutte queste vicende, che la Russia avrebbe manipolato la campagna e sarebbe la fonte di WikiLeaks e di tutte le email.

 

Julian Assange:

 

La campagna della Clinton è riuscita a proiettare questo tipo di isteria maccartista secondo cui la Russia sarebbe la responsabile di ogni cosa. Hillary Clinton afferma più volte, falsamente, che diciassette agenzie di intelligence americana avrebbero stabilito che la Russia era la fonte delle nostre pubblicazioni. Questo è falso. Possiamo affermare che il governo russo non è la nostra fonte.

 

WikiLeaks pubblica materiali da dieci anni, e in questi dieci anni abbiamo pubblicato dieci milioni di documenti, molte migliaia di pubblicazioni individuali, molte migliaia di fonti differenti, e non ci siamo mai sbagliati.

 

John Pilger:

 

Le email fornivano prove sulla possibilità di colloqui a pagamento con Hillary Clinton [denaro in cambio di informazioni], e di come lei stessa beneficiasse di questo, anche in termini politici, e in modo alquanto straordinario. Penso a quando il rappresentante del Qatar ha pagato un assegno di un milione di dollari per un colloquio di cinque minuti con Bill Clinton.

 

Julian Assange:

 

E dodici milioni di dollari dal Marocco...

 

John Pilger:

 

Dodici milioni dal Marocco, sì.

 

Julian Assange:

 

Perché Hillary Clinton partecipasse a un ricevimento.

 

John Pilger:

 

Soprattutto nel campo della politica estera degli Stati Uniti le email rivelano molte cose, mostrano la connessione diretta di Hillary Clinton con la costruzione dello Jihadismo, dell’ISIS in Medio Oriente. Potrebbe parlarci di come le email dimostrano che coloro che avrebbero dovuto combattere gli jihadisti dell’ISIS erano in effetti gli stessi che hanno contribuito a crearli?

 

Julian Assange:

 

C’è una email di Hillary Clinton dell’inizio del 2014, non molto tempo dopo che la Clinton aveva lasciato il Dipartimento di Stato, indirizzata al manager della sua campagna elettorale, John Podesta. In questa email la Clinton afferma che l’ISIS è finanziato dal governo di Arabia Saudita e Qatar. Questa è la mail più significativa dell’intera raccolta, forse perché i soldi provenienti dall’Arabia Saudita e dal Qatar finanziano abbondantemente la Fondazione Clinton. Anche il governo statunitense concorda che alcune figure rilevanti dell’Arabia Saudita hanno sostenuto l’ISIS. Ma si diceva che sì, si trattava solo di qualche principe saudita mascalzone che usava parte dei suoi proventi petroliferi per fare quello che voleva, con la disapprovazione del governo saudita.

 

Ma quella email lo nega, dice che erano proprio i governi di Arabia Saudita e Qatar a sostenere i finanziamenti all’ISIS.

 

John Pilger:

 

I sauditi, il Qatar, il Marocco, il Baharain, ma soprattutto i sauditi e il Qatar, danno tutti questi soldi alla Fondazione Clinton nel mentre che Hillary Clinton ricopre la carica di Segretario di Stato e il Dipartimento di Stato approva ingenti vendite di armi, specialmente verso l’Arabia Saudita.

 

Julian Assange:

 

Sotto Hillary Clinton è stato fatto il più grande accordo mondiale di vendita di armi con l’Arabia Saudita, per una cifra di oltre 80 miliardi di dollari. Durante il suo mandato come Segretario di Stato il totale delle esportazioni di armi dagli Stati Uniti, in termini di valore, è raddoppiato.

 

John Pilger:

 

Certo, la conseguenza di tutto questo è che il noto gruppo terrorista conosciuto come ISIS è stato costruito con una gran massa di denaro proveniente da quelle stesse persone che finanziano la Fondazione Clinton.

 

Julian Assange:

 

Sì.

 

John Pilger:

 

Straordinario.

 

Julian Assange:

 

Mi dispiace per Hillary Clinton come persona, perché la vedo divorata dalle sue ambizioni, letteralmente tormentata, al punto di ammalarsi. Queste persone crollano di fronte alle proprie ambizioni. Lei rappresenta un’intera rete di persone e un’intera rete di relazioni con specifici stati. La domanda è come Hillary Clinton si inserisca in questa rete più ampia. Lei è il perno centrale. Ci sono un sacco di ingranaggi diversi all’opera, da grandi banche come Goldman Sachs, a elementi importanti di Wall Street, dell’Intelligence, e personale del Dipartimento di Stato, oltre ai sauditi.

 

Lei è il centralizzatore che interconnette tutti questi ingranaggi. È al centro di tutto questo, e per “tutto questo”  va inteso ciò che è attualmente il potere negli Stati Uniti. È ciò che definiamo l’establishment o il “Washington consensus”. Una delle email più significative di Podesta che noi abbiamo pubblicato riguardava il modo in cui il gabinetto di Obama era formato, e come metà di questo gruppo fosse, essenzialmente, stato nominato da un rappresentante della City Bank. È abbastanza notevole.

 

John Pilger:

 

Quindi City Bank ha fornito una lista?

 

Julian Assange:

 

Sì.

 

John Pilger:

 

… che poi si è rivelata coincidere con buona parte del gabinetto di Obama.

 

Julian Assange:

 

Sì.

 

John Pilger:

 

Quindi Wall Street decide chi debbano essere i collaboratori del Presidente degli Stati Uniti?

 

Julian Assange: 

 

Se avete seguito la campagna di Obama dall’inizio, e da vicino, avrete visto come si sia avvicinata sempre di più agli interessi delle banche.

 

(…)

 

Julian Assange:

 

Quindi, non credo che possiate capire pienamente la politica estera di Hillary Clinton senza capire l’Arabia Saudita. Le connessioni coi sauditi sono molto profonde.

 

John Pilger:

 

Perché la Clinton si è dimostrata così entusiasta della distruzione della Libia? Può parlarci un po’ di quello che dicono le email, di quello che è successo là, e del perché la Libia sia la fonte di così tanto caos che oggi vediamo in Siria, dello jihadismo dell’ISIS, e così via? E perché si può dire quasi che questa sia stata l’invasione personalmente voluta da Hillary Clinton? Cosa ci dicono le email a questo proposito?

 

Julian Assange:

 

La Libia è stata la guerra di Hillary Clinton più di qualsiasi altra. Barack Obama inizialmente si era opposto. Chi era la persona che sosteneva la causa di quella guerra? Hillary Clinton. È ben documentato attraverso le sue email. Ha messo il suo agente preferito, Sidney Blumenthal, a occuparsi di questo. Ci sono più di 1.700 email, fra le 33.000 della Clinton che abbiamo pubblicato, che si riferiscono alla Libia. Il punto non è che la Libia ha il petrolio. La Clinton percepiva la caduta di Gheddafi e dello stato libico come qualcosa che avrebbe potuto usare a proprio favore nella corsa alle elezioni presidenziali.

 

Così, alla fine del 2011 troviamo un documento interno chiamato Libia Tick Tock, che era stato prodotto per la Clinton, ed è la descrizione cronologica di come lei sia in effetti la figura centrale nella distruzione dello stato libico e nella morte di 40.000 persone in Libia. Poi sono entrati gli jihadisti, è entrato l’ISIS, e questo ha portato alla crisi dei migranti e dei rifugiati verso l’Europa.

 

Non solo ci sono persone che fuggono dalla Libia, che fuggono dalla Siria, c’è la destabilizzazione di altri paesi africani in conseguenza dell’afflusso di armi, ma ora lo stato libico non è più in grado di controllare i movimenti di persone al proprio interno. La Libia si affaccia sul Mediterraneo ed è stato per così dire il tappo di quella bottiglia che è l’Africa. E così sono esplosi tutti i problemi, i problemi economici, le guerre civili in Africa – prima le persone che fuggivano da quei problemi non finivano in Europa, perché la Libia svolgeva il ruolo di polizia del Mediterraneo. Questo fu detto esplicitamente, a quel tempo, ancora all’inizio del 2011, da Gheddafi: “Cosa pensano di fare questi europei, vogliono bombardarci e distruggere lo stato libico? Ci saranno immensi flussi di migranti e di jihadisti dall’Africa verso l’Europa”. E questo è esattamente ciò che è successo.

 

John Pilger:

 

Ricevi lamentele da persone che dicono: “Ma cosa sta facendo WikiLeaks? Sta cercando di portare Trump alla Casa Bianca?”

 

Julian Assange:

 

La mia risposta è che a Trump non verrà permesso di vincere. Perché lo dico? Perché ha tutto l’establishment contro di sé. Trump non ha un establishment, forse con la sola eccezione degli Evangelici, se li volete chiamare establishment. Ma le banche, le agenzie di intelligence, le aziende produttrici di armi, il grande capitale estero, sono tutti uniti in favore di Hillary Clinton, e così pure i media, i proprietari dei media e gli stessi giornalisti.

 

John Pilger:

 

Si muove l’accusa che WikiLeaks sia in combutta coi russi. Alcuni dicono “Be’, perché WikiLeaks non fa indagini e non pubblica email anche sulla Russia?”

 

Julian Assange:

 

Abbiamo pubblicato circa 800.000 documenti di vario tipo che si riferiscono alla Russia. Molti di quelli sono critici. E sono stati anche scritti molti libri basati sulle nostre pubblicazioni riferite alla Russia, e anche la maggior parte di questi libri sono critici. I nostri documenti sulla Russia sono stati anche usati in un gran numero di casi giudiziari, casi di rifugiati che sostenevano di essere perseguitati in Russia, e che hanno usato i nostri documenti per dimostrarlo.

 

John Pilger:

 

Per quanto la riguarda, ha una posizione rispetto alle elezioni statunitensi? Preferisce la Clinton o Trump?

 

Julian Assange:

 

Parliamo di Donald Trump. Cosa rappresenta nella mentalità americana e in quella europea? Rappresenta il peggio dell’etnia bianca, quelli che Hillary Clinton ha chiamato “deplorevoli e irredimibili”. Questo è ciò che significa, per un establishment cosmopolita e istruito, dalla prospettiva della metropoli. Quei deplorevoli sono dei bifolchi e non ci potete fare nulla. Poiché Trump, in modo così evidente, attraverso le parole e le azioni e il tipo di persone che lo ascoltano durante i comizi, rappresenta gente che non è né la classe media, né la classe dirigente e istruita, tutti hanno paura di essere associati in qualche modo a quella gente. C’è un timore sociale di vedere il proprio status di classe diminuito per il fatto di avere assistito a un comizio di Trump o di essergli legato in qualche modo, o anche solo di muovere delle critiche contro Hillary Clinton. Se guardate al modo in cui la classe media ha guadagnato il suo potere economico e sociale, questo ha sicuramente senso.

 

John Pilger:

 

Vorrei parlare dell’Ecuador, il piccolo paese che le ha offerto rifugio e asilo politico presso la sua ambasciata a Londra. Ora l’Ecuador ha tagliato la linea internet qui dove stiamo facendo l’intervista, nella sua ambasciata, per la ragione ovvia che ha paura di sembrare coinvolto nella campagna elettorale americana. Potrebbe parlarci di questa decisione e di qual è la sua opinione rispetto al sostegno che l’Ecuador le sta dando?

 

Julian Assange:

 

Torniamo indietro di quattro anni. Ho fatto domanda di asilo politico all’Ecuador presso questa ambasciata, in seguito alla richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti. Il risultato è stato che dopo un mese la domanda è stata accolta. Da allora l’ambasciata è circondata dalla polizia. Si tratta di un’operazione di polizia abbastanza costosa, in cui il governo britannico ha ammesso di avere speso oltre 12,6 milioni di sterline. Lo hanno ammesso più di un anno fa. Ora c’è polizia sotto copertura qui intorno e sorveglianza computerizzata di vario tipo – per cui sembra esserci un conflitto abbastanza grave, proprio qui, nel cuore di Londra, tra l’Ecuador, un paese di sedici milioni di abitanti, e il Regno Unito, oltre ovviamente agli Stati Uniti che stanno dalla parte del Regno Unito. Quindi questa scelta è stata molto coraggiosa, e una scelta di principio, da parte dell’Ecuador. Ora ci sono le elezioni per la campagna elettorale americana, mentre le elezioni in Ecuador si terranno nel febbraio del prossimo anno. E c’è la Casa Bianca che sente il peso politico delle informazioni che vengono pubblicate.

 

WikiLeaks non pubblica nulla sotto la giurisdizione dell’Ecuador, da questa ambasciata o dal territorio dell’Ecuador. Tutto quello che pubblichiamo viene lanciato in Internet dalla Francia, o dalla Germania, dai Paesi Bassi e da alcuni altri stati. Stanno cercando di schiacciare WikiLeaks tramite il mio status di rifugiato. Questo è intollerabile. Significa che stanno cercando di schiacciare un’organizzazione di stampa. Stanno cercando di impedire la pubblicazione di informazioni reali che sono nel totale interesse del popolo americano e di altri, e tutto questo a causa delle elezioni.

 

John Pilger:

 

Ci spieghi cosa succederebbe se lei uscisse ora da questa ambasciata.

 

Julian Assange:

 

Verrei immediatamente arrestato dalla polizia britannica e verrei estradato subito verso gli Stati Uniti oppure in Svezia. In Svezia io non ho alcun capo di imputazione, sono già stato prosciolto. Non è del tutto chiaro cosa succederebbe a quel punto in Svezia, ma sappiamo che il governo svedese non ha voluto negare la mia eventuale estradizione verso gli Stati Uniti. Sappiamo che hanno già estradato il 100% di coloro che gli Stati Uniti volevano farsi estradare, almeno dal 2000 a questa parte. Per cui negli ultimi quindici anni qualsiasi persona di cui gli Stati Uniti abbiano chiesto l'estradizione dalla Svezia è stata effettivamente estradata, e infatti si rifiutano di dare delle garanzie.

 

John Pilger:

 

La gente mi chiede spesso come tu faccia a resistere in questo isolamento.

 

Julian Assange:

 

Guarda, uno degli attributi migliori degli esseri umani è che sono adattabili. Uno degli attributi peggiori degli esseri umani è, di nuovo, che sono adattabili. Si adattano e iniziano a tollerare gli abusi, si adattano e si lasciano coinvolgere negli abusi, si adattano alle avversità, e così via. Quindi nella mia situazione, francamente, sono un internato. Questa ambasciata è il mio mondo. Il mio mondo che io posso vedere.

 

John Pilger:

 

È il mondo senza la luce del sole, quantomeno, no?

 

Julian Assange:

 

È il mondo senza la luce del sole. Non vedo la luce del sole da così tanto tempo che non me la ricordo nemmeno più.

 

John Pilger:

 

Sì.

 

Julian Assange:

 

Quindi, sì, ti adatti. La sola cosa veramente irritante è pensare ai miei figli – anche loro si adattano. Si adattano a non avere un padre. Questo è un doversi adattare veramente duro, che loro non avevano chiesto.

 

 John Pilger:

 

È preoccupato per loro?

 

Julian Assange:

 

Sì, sono preoccupato per loro. E sono preoccupato per la loro madre.

 

John Pilger:

 

La gente dice: “Bene, e allora perché non metti fine a tutto questo, esci dalla porta e ti lasci estradare in Svezia?”

 

Julian Assange:

 

Il gruppo di lavoro dell’ONU per la detenzione arbitraria ha considerato la mia situazione. Per diciotto mesi si sono impegnati in contenziosi formali. Siamo io e l’ONU contro la Svezia e il Regno Unito. Chi ha ragione? L’ONU ha concluso che io sono detenuto arbitrariamente e illegalmente, privato della mia libertà, e quello che sta succedendo non rispetta le leggi del Regno Unito o della Svezia, e questi paesi dovrebbero obbedire all’ONU. Si tratta di un abuso illegale. Le Nazioni Unite stanno chiedendo: “Cosa sta succedendo? Qual è la vostra spiegazione legale per tutto questo? Assange dice che dovreste riconoscere il suo asilo”.

 

La Svezia ha formalmente ribattuto all’ONU dicendo: “No, non riconosceremo la giurisdizione dell’ONU, lasciamo aperta la possibilità di estradizione.”

 

Trovo sorprendente che questa storia, questa situazione, non venga diffusa dalla stampa, ma è perché non si allinea alla narrazione dell’establishment occidentale. E la verità è che sì, l’Occidente ha i suoi prigionieri politici, è la realtà, e non si tratta solo di me, c’è un mucchio di altra gente. L’Occidente ha i suoi prigionieri politici. Certo, nessuno stato accetta di ammettere che le persone vengono imprigionate o detenute per motivi politici, come prigionieri politici. Non si parla di prigionieri politici in Cina, non si parla di prigionieri politici in Azerbaijan, e non si parla di prigionieri politici negli Stati Uniti, nel Regno Unito o in Svezia. È assolutamente inammissibile avere questo tipo di auto-percezioni.

 

C’è il caso svedese, dove io non mi è mai stato imputato un crimine, dove sono già stato prosciolto dalle accuse e ritenuto innocente. Dove la stessa donna che mi avrebbe accusato ha in realtà sostenuto che è stata tutta un’invezione della polizia, dove l’ONU ha detto che l’intera storia è illegale, dove l’Ecuador ha investigato e ha trovato che mi si debba dare asilo. Questi sono i fatti, ma qual è la storia che viene narrata?

 

John Pilger:

 

Sì, la narrazione è diversa.

 

Julian Assange:

 

La retorica è fingere, fingere continuamente che io sia stato imputato di un crimine, non dire mai che sono già stato prosciolto dalle accuse, non dire mai che la donna stessa che doveva essere la mia accusatrice ha affermato che si è trattato di un’invenzione della polizia.

 

La retorica sta cercando di evitare di dire la verità, cioè che l’ONU stessa ha affermato formalmente che tutto questo è illegale, non menzionare mai il fatto che l’Ecuador ha fatto una sua valutazione formale, attraverso un processo formale, e ha concluso che sì, io sono soggetto a una persecuzione da parte degli Stati Uniti.

 

 

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