30/01/11

Non vogliamo altro dall'America che essere lasciati soli

Dal sito english di Al Jazeera, l'intervista via Skype di Mark LeVine, professore di Storia e studioso del Medio Oriente,  con Hossam El- Hamalawy, blogger del sito www.arabawy.org  -  Un racconto di prima mano degli eventi che stanno accadendo in Egitto. 


 Buona lettura:


 Mark LeVine: Perché c'è voluta una rivoluzione in Tunisia per far uscire nelle strade una massa di Egiziani senza precedenti?


Hossam El-Hamalawy: Qui in Egitto diciamo che Tunisi è stata più o meno un catalizzatore, non l'istigatore, perché in Egitto le condizioni obiettive per una rivolta esistevano già, e la sommossa era già nell'aria in questi ultimi anni. Effettivamente, abbiamo avuto 2 mini-intifada o "mini Tunisia" nel 2008. La prima è stata la rivolta dell'aprile 2008 a Mahalla, seguita da un'altra a Borollos, nel Nord del paese.

Le rivoluzioni non spuntano fuori dal nulla. Non è a causa di ciò che accade in Tunisia un giorno che meccanicamente si ha la rivolta in Egitto il giorno dopo. Queste proteste non possono essere isolate dagli ultimi quattro anni di scioperi, o da eventi internazionali quali l'Intifada di Al-Aqsa e l'invasione dell'Irak da parte degli Stati Uniti. Lo scoppio dell'Intifada di Al-Aqsa è stato particolarmente importante perché nel 1980-90, l'attivismo nelle strade è stato efficacemente represso dal governo come parte della lotta contro i rivoltosi islamici. Ha continuato ad esistere soltanto all'interno dei campus universitari o delle sedi di partito. Ma quando l'Intifada è scoppiata nel 2000 ed Al Jazeera ha iniziato a diffonderne le immagini, ha ispirato la nostra gioventù a scendere nelle strade, nello stesso modo come oggi siamo stati ispirati dalla Tunisia.

27/01/11

E' l'ora del Piano B

La strategia di salvataggio della zona euro non funziona. E' tempo che i paesi insolventi ristrutturino i loro debiti.


Per alcune settimane durante le vacanze di Natale, la crisi del debito sovrano in Europa si è fermata. Ora l'Europa si trova nuovamente di fronte alla dura realtà. I rendimenti obbligazionari stanno salendo in un gruppo sempre più ampio di paesi, man mano che i governi della zona euro si trovano nella necessità di raccogliere ingenti somme dai mercati. Il 12 gennaio il Portogallo è stato costretto a pagare il 6,7% per i titoli a dieci anni, meglio di quanto si temeva, ma certo un costo che non può permettersi a lungo. I rendimenti per il debito belga hanno fatto un balzo, in quanto gli investitori si preoccupano per il suo carico di debiti e per la mancanza di leadership. La Spagna è in sospeso.
Questo pasticcio porta a una conclusione sconfortante: la strategia di bail-out in Europa, volta a calmare i mercati finanziari e innalzare un muro di protezione tra la periferia della zona euro e il suo centro, sta fallendo. Gli investitori stanno diventando sempre più nervosi, e la crisi si sta diffondendo. Il piano A, basato sul rinvio della ristrutturazione dei paesi in crisi, valeva la pena di essere tentato: ha fatto guadagnare un po' di tempo. Ma non funziona più. Ora la ristrutturazione è più chiaramente accessibile di quanto non lo fosse l'anno scorso. Inoltre è sicuramente più conveniente per tutti che si realizzi entro pochi anni. Da qui la necessità di un piano B.

26/01/11

Un falco per tutte le stagioni

Il falco è Trichet con i suoi avvertimenti sull'inflazione. Parola di Krugman -  Opinion Pages del New York Times del 24 gennaio 2011


Buona lettura:

Il mio vecchio insegnante Charles Kindleberger ha scritto una volta che l'esistenza di diversi modi per misurare la bilancia dei pagamenti ha una grande virtù: permette agli osservatori, attraverso la selezione e la scelta, di essere o sempre ottimisti o sempre pessimisti, secondo il temperamento.

La stessa cosa sta accadendo ora con le misure dell'inflazione. In particolare, muovendosi avanti e indietro fra l'inflazione core e l'inflazione headline (per core inflation si intende una misura di inflazione che esclude le componenti piú volatili, es. food&energy. Headline inflation e' quella invece complessiva - ndt), si possono sempre trovare dei motivi per temere l'inflazione, non importa quali.

25/01/11

In Germania circola un'idea degli Euro bonds assolutamente inesatta

Intervista botta e riposta su eurobonds/ristrutturazione dei debiti: Der SPIEGEL/Jean-Claude Juncker, primo ministro del Lussemburgo e presidente dell'Eurogruppo. 
 Buona lettura:

 
SPIEGEL: I cittadini tedeschi temono di diventare i grandi pagatori di tutta l'Europa. Non vogliono rispondere per gli errori di cui sono responsabili i politici di Atene o Dublino.

Juncker: Potremmo criticare i Greci, i Portoghesi e gli altri in maniera più credibile se la Germania e la Francia non avessero violato intenzionalmente il patto di stabilità nel 2003. Ed inoltre, noi non dobbiamo dimenticare che per anni l'economia tedesca orientata verso le esportazioni ha tratto giovamento dalla forte domanda proveniente dal Sud dell'Europa. In Europa abbiamo bisogno di un maggiore equilibrio in politica economica.

SPIEGEL: Recentemente avete proposto che i paesi dell' Unione Europea emettano euro bonds per combattere la crisi del debito. Il cancelliere Merkel, d'altro lato, ha visto questa proposta come un tentativo di introdurre un' "unione fiscale" dalla porta secondaria. Avete abbandonato la vostra idea in questo frattempo? 
 
Juncker: Ho dovuto accettare il fatto che al momento la mia proposta non è sostenuta dalla maggioranza. Ma sono sicuro che un giorno non sarà più così. Gli euro bonds godono di un'immagine completamente inesatta in Germania. Se progettati correttamente, potrebbero essere uno strumento per incoraggiare i paesi con le finanze in disordine a esercitarsi nella disciplina di bilancio.

24/01/11

La Tunisia e i Diktat del FMI: come la politica economica provoca povertà e disoccupazione in tutto il mondo

  Articolo di Michel Chossudovsky -  Global research, 20 gennaio 2011 - sul vero volto del dittatore a Tunisi
Buona lettura: 

Il generale Zine el Abidine Ben Ali, l'ex presidente deposto della Tunisia è definito dai media occidentali, in coro, come un dittatore. 

Il movimento di protesta tunisino è descritto distrattamente come l'effetto di un regime antidemocratico e autoritario, che sfida le norme della "comunità internazionale".

Ma Ben Ali non era un "dittatore".  I dittatori decidono e comandano. Ben Ali era un servo degli interessi economci occidentali, un fedele burattino politico che obbediva agli ordini, con il sostegno attivo della comunità internazionale. 

L'ingerenza straniera negli affari interni della Tunisia non è menzionata nei report dei media. Gli aumenti dei prezzi alimentari nion erano "imposti" dal governmo di Ben Ali. Erano imposti da Wall Street e dal FMI.  

Il ruolo del governo di Ben Ali è stato di far rispettare la micidiale ricetta economica del FMI, che in un periodo di oltre 20 anni ha portato al risultato di destabilizzare la economia nazionale e impoverire la popolazione tunisina.   

Ben Ali come capo di stato non ha deciso nulla di sostanziale. La sovranità nazionale era già perduta. Nel 1987, al culmine della crisi del debito, il governo di sinistra di Habib Bourguiba è stato sostituito da un nuovo regime, fortemente impegnato sulle riforme del "libero mercato".La gestione macroeconomica sotto la guida del FMI era oramai nelle mani dei creditori esteri della Tunisia. Nel corso degli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale della Tunisia è stata dettata dal "Washington Consensus".

19/01/11

E' meglio che la banche centrali monetizzino il debito pubblico direttamente, o che promuovano la monetizzazione indiretta da parte delle banche?

Fondo Salva Stati ristretto o allungato, eurobond rossi o blu, mi pare che il fondo del problema stia nella politica monetaria della BCE, assolutamente contraria alla monetizzazione diretta.
Quali sono le ragioni che costringono gli Stati a finanziarsi a caro prezzo ricorrendo al mercato? Ci sono fondate ragioni? Ecco qui uno studio pubblicato dalla Natixis - Corporate and Investment Bank - nella sezione Recherche économique Flash, il 22 dicembre 2010

Buona lettura:

Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha deciso di monetizzare una parte significativa del debito pubblico direttamente (mettendo i titoli del debito pubblico nel suo stato patrimoniale); nella zona dell'euro, la monetizzazione avviene indirettamente, dal momento che sono essenzialmente le banche che acquistano titoli di Stato;  si tratta comunque di monetizzazione, dato che le banche possono utilizzare questi portafogli di debito pubblico per rifinanziarsi presso la Banca Centrale.
Quale tipo di monetizzazione è preferibile, quella diretta da parte della Banca centrale o quella indiretta attraverso le banche?

17/01/11

L'ALCHIMIA INSTABILE DEL FONDO UE SALVA-STATI

Riporto qui un ottimo articolo Made in Italy,  di Luigi Zingales, pubblicato qualche giorno fa sul Sole24ore,  perché mi sembra che meriti il massimo risalto, dato che lancia un bell' allarme sulla speranza eurobond...


Buona lettura:


È universalmente riconosciuto che alla base della crisi finanziaria del 2007-2008 ci sia stata la diffusione di Collateralized debt obbligations (Cdo), veicoli tristemente noti per aver trasformato debito a basso rating in debito ad alto rating. Pur avendo perso popolarità a Wall Street, tali strutture prendono ora piede sull'altro versante dell'Atlantico.

Dopo tutto, il veicolo salva-euro European financial stability facility (Efsf), creato lo scorso maggio dai paesi di Eurolandia, è il più grande Cdo mai realizzato prima. Come con i Cdo, anche il veicolo Efsf è stato immesso sul mercato come strumento per ridurre il rischio. Sfortunatamente, il risultato potrebbe essere simile: far sprofondare l'intero sistema bancario nel caos più totale.

I Cdo sono una forma di alchimia finanziaria: società veicolo che acquistano l'equivalente finanziario del piombo (mortgaged-backed securities a basso rating) e si finanziano principalmente con l'equivalente finanziario dell'oro (obbligazioni con rating AAA, altamente ricercate). Tale trasformazione si basa su un principio solido e due principi traballanti.

16/01/11

L'EUROPA PUO' ESSERE SALVATA? (seconda parte)

Ecco la seconda parte di Mr. Nobel Krugman, dove infine ragiona sugli scenari futuri...c'è da ridere!!!
ROMA - Protesta studentesca contro la riforma nel sistema universitario il 22 dicembre in Italia, dove la disoccupazione giovanile è a circa il 25 per cento.

Buona lettura: 

EUROFORIA/ EUROCRISI
    
L'euro è entrato ufficialmente in vigore il 1 gennaio 1999. All'inizio era una moneta virtuale: c'erano conti bancari e trasferimenti elettronici denominati in euro, ma la gente nel portafogli aveva ancora franchi, marchi e lire. Tre anni dopo, è stato fatto il passaggio finale, e l'euro è diventato la moneta europea.
La transizione è stata agevole: bancomat e registratori di cassa sono stati convertiti rapidamente e con pochi problemi. L'euro è diventato una delle principali valute internazionali: il mercato delle obbligazioni in euro ha presto cominciato a competere con il mercato obbligazionario in dollari; banconote in euro hanno iniziato a circolare in tutto il mondo. E la creazione dell'euro ha instillato un nuovo senso di fiducia, specialmente in quei paesi europei che venivano storicamente considerati come paesi a rischio per gli investimenti. Solo più tardi ci si è resi conto che questa ondata di fiducia era l'esca di una pericolosa trappola.

La Grecia, con la sua lunga storia di default sul debito e periodi di alta inflazione, è stata l'esempio più lampante. Fino alla fine degli anni 1990, la storia fiscale della Grecia si rifletteva nei rendimenti dei suoi titoli: gli investitori compravano obbligazioni emesse dal governo greco solo se queste rendevano interessi molto più elevati rispetto a quelle emesse dai governi percepiti come sicuri, ad esempio la Germania. Al debutto dell'euro, però, il premio al rischio sulle obbligazioni greche è sfumato. Dopo tutto, il pensiero andava al fatto che il debito greco presto sarebbe stato immune dai pericoli dell inflazione: avrebbe provveduto la Banca centrale europea. E non era possibile immaginare che un qualsiasi membro dell'unione monetaria nuova di zecca potesse andare in fallimento, vero?

14/01/11

L'EUROPA PUO' ESSERE SALVATA? (prima parte)

OK, svolgo quest'ardua impresa di tradurre l'articolone/saggio di MR. Nobel Krugman (in due parti, però..)! Grazie Paolo per avercelo segnalato, dà una spinta importante all'esame di coscienza europea, speriamo che serva...

di Paul Krugman - New York Times - 12/10/2011

Buona lettura:

C'È QUALCOSA DI PECULIARE nel fatto che l'attuale crisi europea sia cominciata in Grecia. Perché i guai dell'Europa hanno tutti gli ingredienti di una tragedia greca classica, in cui un uomo nobile è annientato dal fatale vizio dell'arroganza.

Non molto tempo fa i cittadini europei potevano affermare con fondamento che l'attuale crisi economica stava effettivamente dimostrando i vantaggi del loro modello economico e sociale. Come gli Stati Uniti, l'Europa ha subito una grave depressione a seguito della crisi finanziaria globale, ma i costi umani di quella crisi sembravano molto minori in Europa che in America. In gran parte dell'Europa, le norme che disciplinano il licenziamento dei lavoratori sono servite a limitare la perdita dei posti di lavoro, mentre i forti programmi di assistenza sociale hanno garantito che anche i disoccupati conservassero la loro assistenza sanitaria e ricevessero un reddito di base. Il prodotto interno lordo europeo sarebbe potuto crollare tanto quanto il nostro, ma gli europei non avrebbero sofferto niente di simile alla nostra miseria. E la verità è che ancora non ci sono arrivati.

Eppure l'Europa è in crisi profonda - perché la sua più orgogliosa conquista, la moneta unica adottata dalla maggior parte delle nazioni europee, è ora in pericolo. E ancor più, sembra addirittura una trappola. L'Irlanda, salutata come la Tigre Celtica non molto tempo fa, sta ora lottando per evitare la bancarotta. La Spagna, in boom economico fino ad anni recenti, ora ha il 20 per cento di disoccupazione e affronta la prospettiva di un riaggiustamento attraverso anni di dolorosa deflazione.

13/01/11

Si tratta di un affare

Intervista di Der Spiegel all'economista Nouriel Roubini (seconda parte)


SPIEGEL: I tedeschi sono stufi di essere i più grandi pagatori tra gli europei. Potrebbero evitare di sopportare l'onere dei paesi sull'orlo del fallimento, dividendo l'area dell'euro in un euro nord e un euro sud?

Roubini: No. Non c'è mai stata una unione monetaria con solo i membri deboli. Sarebbe più probabile per Portogallo, Italia, Spagna o Grecia ritornare alle loro monete nazionali. I problemi del debito dei paesi deboli potrebbero anche aumentare se l'Unione monetaria venisse divisa. I paesi più deboli dovrebbero continuare a pagare la maggior parte del loro debito in euro forte, mentre le loro nuove valute nazionali di colpo si deprezzerebbero. E subirebbero forti pressioni per farlo. Questo innescherebbe una crisi finanziaria e un sicuro default e i creditori tedeschi dovrebbero sostenere grosse perdite.

SPIEGEL: Anche per questo tornare al marco non è un'opzione.

Roubini: Gli Stati più deboli sarebbero costretti a svalutare la loro moneta, e avrebbero problemi anche a ripagare i loro debiti in marchi tedeschi. Grecia e Portogallo già non sono in grado di rimborsare i loro debiti dentro l'unione monetaria, e certamente non sarebbero in grado se l'unione monetaria crollasse.

SPIEGEL: Se dividere l'area dell'euro o uscire dall'Unione monetaria non sono soluzioni praticabili, la soluzione è una maggiore integrazione? La zona euro ha bisogno di un governo economico comune?

11/01/11

Nuove regole per l'economia globale

Articolo di Dani Rodrik, sottotitolato "Strade per la prosperità": pone alcune regole per una globalizzazione dal volto umano (più semplici a dirsi che a farsi)...

Dani Rodrik è professore di Economia politica alla Harvard University's John F. Kennedy School of Government e l'autore di One Economics, Many Recipes: Globalization, Institutions, and Economic Growth.

Buona lettura:

CAMBRIDGE 2011-01-10
Supponiamo che i responsabili politici mondiali si incontrassero di nuovo a Bretton Woods, nel New Hampshire, per progettare un nuovo ordine economico mondiale. Sarebbero naturalmente preoccupati dei problemi di oggi: la crisi della zona euro, la ripresa globale, la regolamentazione dei mercati, gli squilibri macroeconomici internazionali, e così via. Ma queste problematiche richiederebbero che i leader riuniti superassero se stessi e prendessero in considerazione la solidità delle intese economiche globali.
Ecco i sette principi di buon senso della governance economica mondiale che potrebbero condividere. (Li ho discussi più in dettaglio nel mio nuovo libro, Il paradosso della globalizzazione).

1. I mercati devono essere profondamente integrati dentro sistemi di governance. L'idea che i mercati si auto-regolano con la recente crisi finanziaria ha ricevuto un colpo mortale, e dovrebbe essere seppellita una volta per tutte. I mercati richiedono il sostegno di altre istituzioni sociali. Essi devono basarsi su tribunali, norme giuridiche, e organi di controllo sull' applicazione delle regole. Essi dipendono dalle funzioni di stabilizzazione svolte dalle banche centrali e dalla politica fiscale anticiclica. Hanno bisogno di politiche di fiscali redistributive, reti di sicurezza sociale, e assicurazione sociali. E tutto questo è vero anche per il mercato globale.

09/01/11

Irlanda ed Eurolandia, a saltare è il mercato


Articolo "made in Italy", da www.economiaepolitica.it, sito di economisti accademici ma non allineati, da cui proviene il famoso "Appello degli economisti" contro le politiche di austerità per non abbattere il debito pubblico ma stabilizzarlo e rilanciare il paese.
Qui un articolo di  Domenico Moro, in cui si analizza la situazione di Eurolandia...

Buona lettura:

La difficile situazione dell’euro, con l’estensione della crisi del debito sovrano all’Irlanda e potenzialmente a Portogallo e Spagna, è il prodotto di varie contraddizioni, che si approfondiscono, intrecciandosi tra loro. In primo luogo, il debito sovrano è figlio del modo in cui si è tentato dei risolvere la crisi del 2001, con il sostegno artificiale alla domanda. Il costo del denaro è stato ridotto quasi a zero, inondando di liquidità i mercati finanziari[1] e spingendo le banche a concedere mutui immobiliari con grande disinvoltura. I prezzi delle case sono lievitati, creando una bolla e permettendo alle famiglie, grazie ai rifinanziamenti dei mutui, di acquistare a credito e sostenere la crescita dell’economia in primo luogo degli Usa e poi di Regno Unito, Spagna, Portogallo e Irlanda, e indirettamente dei grandi paesi esportatori[2]. Quando la bolla immobiliare è scoppiata e i prezzi delle case sono crollati al di sotto dei mutui, le famiglie sono diventate insolventi e le banche hanno accumulato perdite enormi. Per scongiurare una catena di fallimenti bancari sono intervenuti gli Stati, i cui debiti sono cresciuti repentinamente. In Irlanda, il debito pubblico netto, che nel 2007 era il 12% del Pil, è schizzato in alto quando lo Stato è intervenuto a garantire obbligazioni bancarie pari al 30% del Pil[3]. Dunque, a saltare in Irlanda, come altrove, non è stato il pubblico, ma il privato, cioè il tanto decantato mercato.

07/01/11

La Merkel parla chiaro: la Germania ha bisogno dell'Europa - e dell'euro

La Germania ha bisogno di noi PIIGS...questa è una carta da giocare...

Articolo del Wall Street Journal sul discorso di fine anno alla nazione della Merkel - di SMITH GEOFFREY

Buona lettura:


Il 2011 sarà l'anno in cui Angela Merkel scoprirà il fascino dell'euro?
Il Cancelliere tedesco ha certamente iniziato l'anno in un modo che ci fa capire che ne ha abbastanza di coloro che la definiscono debole e "cavillosa" nel guidare l' Europa fuori dalla crisi del debito.

Il suo discorso televisivo alla nazione a Capodanno non dimostra forse la stessa passione del suo discorso al Bundestag nel mese di dicembre prima del vertice UE, ma comunque non ha lasciato alcuno spazio né agli appassionati nostalgici del Deutsche mark, né agli irriducibili euroscettici di Londra. Vale la pena di ripetere le parti fondamentali del discorso per intero: "Dobbiamo rafforzare l'euro, e non è solo una questione di soldi. L'euro è molto più di una moneta. E' una fortuna per noi che noi europei siamo uniti. Un'Europa unita è una garanzia per la nostra pace e la nostra libertà. L 'euro è la base del nostro benessere economico. La Germania ha bisogno dell'Europa e della moneta comune, per il nostro bene, e per far fronte alle sfide globali ".

06/01/11

Le Nazioni europee cominciano a metter le mani sulle pensioni private

Noi non restiamo indietro, anzi, l'Italia ha fatto da apripista prendendo dal TFR per coprire un terzo della finanziaria 2010!

Articolo segnalato da Effedieffe, del "Adam Smith Institute Blog"
di Jan Iwanik, January 2, 2011 

 Buona lettura: 

Ungheria, Polonia, e altre tre nazioni prendono in consegna i soldi delle pensioni dei cittadini per compensare carenze di bilancio del governo.

Le pensioni di vecchiaia sono una comoda fonte di entrata per i governi che non vogliono ridurre la spesa o fare privatizzazioni. Dato che la maggior parte dei regimi pensionistici in Europa sono organizzati dallo Stato, i ministri delle finanze europei hanno un accesso facilitato ai risparmi accumulati lì, ed è assolutamente logico che si cerchi di tenere il controllo di questo denaro per i propri fini. Nelle ultime settimane ho notato cinque tentativi di questo tipo: tre riguardano situazioni di risparmio privato personale, altri due si riferiscono ai fondi nazionali.

L'esempio più lampante è l'Ungheria, dove il mese scorso il governo ha fatto ai cittadini un'offerta che non potevano rifiutare. Potevano o direttamente rimettere il loro risparmio pensionistico privato allo Stato, o perdere il diritto alla pensione statale di base (ma mantenendo l'obbligo di versare i contributi). Con questa vera e propria estorsione, il governo vuole ottenere il controllo di oltre $ 14 miliardi di risparmi pensionistici privati.

04/01/11

Cosa succederà in Europa?

Ecco le previsioni di CalculatedRisk sull'euro nel 2011...il punto di vista di un importante blog americano di economia e finanza: o la va o la spacca, e anche se la va, c'è qualche default (meno male...)

http://www.calculatedriskblog.com/2010/12/question-8-for-2011-europe-and-euro.html


Buona lettura: 
Lo scorso fine settimana ho postato alcune domande sul prossimo anno: dieci domande sull'economia per il 2011. Cercherò di fare alcune previsioni, o almeno qualche riflessione su ogni domanda entro la fine dell'anno.

La domanda n. 8 riguardava l'Europa e l'euro: Cosa succederà in Europa? Quando sarà il prossimo crollo? Che riflesso avranno i problemi dell'Europa sulla crescita degli Stati Uniti?

La situazione in Europa è fluida. Basta guardare i rendimenti dei titoli - Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna - tutti vicini ai livelli record. Sembra che la questione sia quando, e non se , ci sarà un'altra "esplosione". Per esplosione, intendo un'altra serie di incontri di fine settimana di emergenza, e un'altra domenica di "salvataggio" annunciato.

Capodanno: la speranza contro ogni speranza

Buon auspicio di Stiglitz per il nuovo anno: smettiamola di dare ascolto ai maghi della finanza!!! ... purtroppo contro la probabile realtà...


(Joseph E. Stiglitz è professore universitario alla Columbia University e premio Nobel in Economia. Il suo ultimo libro è Freefall: Free Markets and the Sinking of the Global Economy)
2011-01-02
NEW YORK - È il momento dei propositi per il nuovo anno, un tempo di riflessione. Dato che l'anno scorso non è andata così bene, è il momento di sperare che l'anno prossimo andrà meglio.
Per l'Europa e gli Stati Uniti, il 2010 è stato un anno di delusioni. Sono passati tre anni da quando la bolla è scoppiata, e più di due, dal collasso di Lehman Brothers. Nel 2009 siamo caduti nel baratro della depressione, e il 2010 si supponeva essere l'anno della transizione: con la ripresa dell' l'economia, e lo stimolo della spesa pubblica che avrebbe dovuto agevolmente rientrare.

La crescita, si pensava, poteva rallentare leggermente nel 2011, ma sarebbe stato un piccolo sobbalzo nella strada di una robusta ripresa. Si sarebbe potuto guardare indietro alla Grande Recessione, come a un brutto sogno; l'economia di mercato - sostenuta da un'azione prudente del governo - avrebbe dimostrato la sua capacità di recupero.

In realtà, il 2010 è stato un incubo. La crisi in Irlanda e in Grecia ha messo in discussione la redditività dell'euro e aumentato il rischio di un default del debito. Su entrambi i lati dell'Atlantico, la disoccupazione è rimasta ostinatamente alta, intorno al 10%. Anche se il 10% delle famiglie statunitensi con mutui avevano già perso le loro case, il ritmo dei pignoramenti sembrava essere in aumento - o avrebbe potuto esserlo, se non fosse stato per il caos legale che ha sollevato dubbi sul tanto decantato "Stato di diritto" americano.