01/01/12

Un mondo con troppo debito

riporta un'analisi del Boston Consulting Group per il 2012, che mette l'accento sull'eccesso di debito del mondo Occidentale, da cui si esce in quattro modi: ripagandolo (non fa) - con la crescita (non fa) - con la ristrutturazione...o con l'inflazione...


Il totale del debito-PIL  nei 18 principali paesi dell'OCSE è passato dal 160 per cento del 1980 al 321 per cento del 2010. Disaggregati e al netto dell'inflazione, queste cifre significano che il debito delle imprese è aumentato del 300 per cento, il debito dei governi è aumentato del 425 per cento e il debito delle famiglie è aumentato del 600 per cento. Ma nel report ufficiale i costi dell'invecchiamento demografico dell'Occidente sono nascosti. Se includiamo i costi crescenti della previdenza per gli anziani, il livello del debito della maggior parte dei governi sarebbe significativamente più alto. (Vedi figura 1).




Aggiungiamo a questo  inquietante quadro il fatto che il sistema finanziario ha livelli di indebitamento senza precedenti, e possiamo trarre una sola conclusione: i 30 anni di boom del credito hanno fatto il loro corso. Il problema del debito deve semplicemente essere affrontato. Ci sono quattro approcci per gestire il  troppo debito:  risparmiare e ripagare il debito, crescere più rapidamente,  ristrutturare e cancellare il  debito, e creare inflazione.

Risparmiare e ripagare. L'Occidente potrebbe semplicemente iniziare a risparmiare e ripagare il suo debito? Se troppi debitori perseguono questa strada nello stesso tempo, la conseguente riduzione dei consumi porterebbe ad una minore crescita, a maggiore disoccupazione, e di conseguenza a meno reddito, rendendo più difficile per gli altri debitori risparmiare e restituire. Questo fenomeno, descritto da Irving Fisher nel 1933 in The Debt-Deflation Theory of Great Depressions, può portare a una lunga e profonda recessione, combinata con il calo dei prezzi (deflazione). Questo effetto è amplificato quando più governi contemporaneamente perseguono politiche di austerità - come vediamo oggi in molti paesi Europei e all'inizio del 2012 negli Stati Uniti. Una riduzione della spesa pubblica dell'1 per cento del PIL porta ad una riduzione dei consumi (entro due anni) dello 0,75 per cento e a una riduzione della crescita economica dello 0,62 per cento. Il risparmio (o, più correttamente, la riduzione della leva finanziaria) ridurrà la crescita, innescherà una potenziale recessione  e porterà a un aumento del rapporto debito/PIL,  non  a una diminuzione.  Infatti, durante i primi anni della Grande Depressione, il Presidente Hoover -  convinto che il pareggio di bilancio federale fosse cruciale per ristabilire la fiducia -  tagliò la spesa pubblica e aumentò le tasse. A fronte di un'economia in crash, questo servì solo a ridurre la domanda dei consumatori.

Una contemporanea riduzione del debito  privato e pubblico richiede che ci sia un surplus commerciale. Finché i paesi in surplus (Cina, Giappone e Germania) perseguono la crescita trainata dalle esportazioni, sarà impossibile per i paesi debitori  ridurre la leva finanziaria. Martin Wolf sul Financial Times è stato tranchant: "La Terra non può, dopo tutto, sperare di avere dei surplus delle partite correnti con il popolo di Marte." La mancanza di una cooperazione internazionale per riequilibrare i flussi commerciali è una ragione chiave delle continue difficoltà economiche.

Risparmiare e restituire il debito  non  può funzionare per il 41 per cento dell'economia mondiale, nello stesso tempo. I mercati emergenti dovrebbero importare molto di più, il che è improbabile che avvenga.

Crescita più rapida. L'opzione migliore per migliorare il rapporto debito-PIL è quella di una veloce crescita del PIL. Storicamente, un simile risultato è stato raggiunto raramente, anche se non è impossibile. Ad esempio, in Gran Bretagna dopo le guerre napoleoniche e in Indonesia dopo la crisi Asiatica del  1997/1998 (anche se i livelli del debito Indonesiano erano neanche lontanamente paragonabili a quelli attuali dell'Occidente). Attaccare la montagna del  debito di oggi richiederebbe una riforma dei mercati del lavoro o maggiori investimenti. Ma niente di tutto ciò sta accadendo.

I politici non vogliono interferire nel mercato del lavoro, dati gli attuali elevati livelli di disoccupazione. Inoltre, l'evidenza empirica mostra che l'impatto iniziale di tali riforme è negativo, perché la precarietà del lavoro induce minori consumi.

Le imprese potrebbero permettersi di investire molto più, in quanto sono altamente redditizie. La quota dei profitti delle aziende Usa in relazione al PIL  è ad un massimo storico del 13 per cento (come la liquidità), ma l'investimento netto reale (cioè gli investimenti al netto degli ammortamenti) nel terzo trimestre del 2011 è tornato ai livelli del 1975. Le imprese sono riluttanti ad investire quando la domanda è lenta,  le capacità esistenti sono sufficienti, e le prospettive per l'economia mondiale rimangono assai incerte.

L'invecchiamento delle società occidentali sarà un ulteriore elemento in negativo sulla crescita economica. Entro il 2020 la forza lavoro in Europa occidentale si ridurrà del 2,4 per cento, in Germania del 4,2 per cento.

L'impossibilità di venir fuori dal problema con la crescita è una cattiva notizia per i debitori. Guardiamo l'Italia, ad esempio: il debito pubblico Italiano è al 120 per cento del PIL. Il tasso di interesse attuale per le nuove emissioni di titoli a dieci anni è del 7 per cento -  dal 4,7 per cento nel mese di aprile 2011. Se l'Italia dovesse pagare il 6 per cento di interesse sul suo debito in essere,  un tasso così alto farebbe aumentare l'avanzo primario (cioè l'avanzo di bilancio al netto degli interessi passivi) di cui l'Italia avrebbe bisogno per stabilizzare il livello del debito. Se assumiamo che l'economia Italiana cresce a un tasso nominale del 2 per cento l'anno, il governo avrebbe bisogno di un avanzo primario del 4,8 per cento del PIL (calcolato come il 6 per cento per interessi sostenuti sul proprio debito, meno il 2 per cento di crescita nominale, moltiplicato per il 120 per cento del debito pubblico sul PIL) solo per stabilizzare il livello debito-PIL; le ultime previsioni mostrano solo un surplus dello 0,5 per cento per il 2011. Qualsiasi tentativo di aumentare l'avanzo primario  attraverso l'austerità fiscale corre il rischio di creare una spirale discendente. Quando gli investitori cominciano a dubitare della capacità del debitore di servire i suoi obblighi, i tassi di interesse salgono ancora di più, portando a un circolo vizioso di austerità, minore crescita, e tassi di interesse in aumento.

Il debito in se stesso rende più difficile la via della crescita. Gli studi di Carmen Reinhardt e Kenneth Rogoff e della Banca dei Regolamenti Internazionali mostrano che  una volta che il debito pubblico ha raggiunto il 90 per cento del PIL, il tasso reale di crescita economica si riduce. Ciò vale anche per il debito delle imprese e delle famiglie. La figura 2 mostra il livello corrente del debito delle economie chiave per settore. In tutti i paesi, il livello del debito di almeno un settore va oltre il punto critico. Un po' perversamente, solo in Grecia i due settori privati  stanno sotto la soglia. E solo in Germania e in Italia (oltre alla Grecia) le famiglie  hanno un livello di indebitamento inferiore al 70 per cento del PIL.



[Nota: Per quelli che non ce le hanno presenti, le bandiere rappresentano in ordine Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna,  - JM].

Ristrutturazione del Debito e Svalutazioni

Abbiamo esplorato questa opzione nel nostro ultimo articolo (Back to Mesopotamia: The Looming Threat of Debt Restructuring, BCG Focus, September 2011). Assumendo un livello combinato di debito sostenibile del 180 per cento del PIL per le famiglie, le imprese e  il settore pubblico, abbiamo stimato l'eccesso di debito in 6.000 miliardi di € per la zona euro e di 11.000 miliardi di dollari per gli Stati Uniti. Abbiamo sostenuto che (alcuni)  governi potrebbero avere la tentazione di finanziare il debito attraverso un' imposta patrimoniale una tantum dal 20 al 30 per cento su tutte le attività finanziarie.

Il target del 180 per cento può essere messo in discussione (ed è stato dibattuto da molti lettori di Back to Mesopotamia), ma un livello del 220 per cento implicherebbe ancora una ristrutturazione del debito di 4.000 miliardi di dollari negli Stati Uniti e € 2.600 nella zona euro, con un'imposta una tantum sul patrimonio del 12 per cento e del 14 per cento, rispettivamente. Data l'impopolarità di una simile tassa, è probabile che verranno imposte tasse meno esplosive. Ciò significa che i politici devono ricorrere all'ultima opzione: l'inflazione.

Inflazione. Un'altra opzione per ridurre il peso del debito Occidentale sarebbe una repressione finanziaria - una situazione in cui il tasso di interesse nominale resta inferiore al tasso di crescita nominale dell'economia per un periodo prolungato di tempo. Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno utilizzato con successo l'inflazione per ridurre il debito complessivo. Nonostante oggi ci sia un basso tasso di interesse,  la situazione è opposta: i tassi di interesse sono più alti dei tassi di crescita economica. Con la nuova recessione che si affaccia nel 2012, il problema potrebbe anche peggiorare.


Quindi l'unico modo per ottenere una maggiore crescita nominale sarebbe quello di generare un aumento dell'inflazione.
L'aggressivo allentamento monetario ha appena spostato l'ago dell'inflazione negli Stati Uniti e in gran parte dell'Europa, mentre l'impatto sull'inflazione nel Regno Unito è stato maggiore.
L'inflazione non si genera, perché l'aspettativa di inflazione rimane bassa e perché c'è ancora sovraproduzione e sovraindebitamento nei settori pubblico e privato. Un allentamento monetario continuato potrebbe portare (e porterà) ad un notevole sbalzo monetario che potrebbe, se il pubblico perde la fiducia nel denaro, portare ad una bolla inflazionistica. Alcuni sostengono che l'inflazione è improbabile a causa dell'eccesso di offerta di manodopera e della concorrenza continua dei nuovi operatori del mercato come la Cina. Certamente possiamo vedere una continua pressione sui salari a causa della globalizzazione, anche se, come la crescita in Occidente rallenta sempre di più, è probabile che i governi Occidentali ricorreranno al protezionismo, portando a una pressione al rialzo sui prezzi. Inoltre, alcuni osservatori ritengono che gli indicatori di inflazione non danno una vera lettura dei tassi di inflazione sottostanti.

E' anche una questione di fiducia. Prendiamo, per esempio, la storia dell'iperinflazione in Germania nei primi anni '20. La Reichsbank tedesca finanziò il governo con soldi appena stampati per molti anni senza provocare inflazione. Ma una volta persa la fiducia del pubblico nel denaro, la gente ha iniziato a spendere in fretta. Ciò ha portato a una maggiore domanda e a una spirale inflazionistica.
Oggi la velocità di circolazione della moneta negli Stati Uniti è al livello più basso di tutti i tempi, il 5,7. Se il numero di volte che un dollaro circola ogni anno per fare acquisti ritornasse alla media a lungo termine di 17,7, il livello dei prezzi negli Stati Uniti aumenterebbe al 294 per cento, a meno che la Federal Reserve  contemporaneamente non riducesse il proprio bilancio di $ 1.800 miliardi.
Un po' di inflazione è probabilmente interessante per coloro che cercano di ridurre il debito. Il problema è fermare il genio dell'inflazione una volta che ha lasciato la bottiglia.


Non ci sono facili soluzioni al problema del debito. Nella migliore delle ipotesi, ci aspettiamo un lungo periodo di bassa crescita in Occidente. Anche questo richiederebbe quanto segue:

- Uno sforzo coordinato per riequilibrare i flussi commerciali globali, che richiederebbe che i mercati emergenti, la Germania e il Giappone  importassero di più, consentendo in tal modo ai paesi debitori di ottenere i fondi necessari per ridurre la leva finanziaria.

- Stabilizzare il settore finanziario attraverso la ricapitalizzazione e una lenta riduzione dell'indebitamento e del rischio - in contrasto con le nuove regole di oggi, che incoraggiano le banche a ridurre i propri bilanci, invece di di finanziare le attività commerciali (vale la pena notare che l'effetto di un allentamento monetario nel corso di un periodo in cui tassi d'interesse ultra-bassi sono al di sotto del tasso di inflazione, è essenzialmente quello di fornire un ulteriore sostegno al sistema bancario attraverso la fornitura di liquidità a basso costo).

- Riduzione del debito eccessivo, idealmente attraverso una ristrutturazione ordinata o un aumento dell'inflazione

Le politiche attuali risultano insufficienti rispetto a tutti questi criteri. L'intervento coordinato di diverse banche centrali mondiali il 30 novembre potrebbe essere interpretato come un segno positivo di cooperazione globale, dato che il mondo intero teme le implicazioni di una (disordinata) rottura della zona euro. In realtà,  ancora una volta è stata fatta semplicemente la scelta di tirare l'unica leva rimasta, quella di stampare denaro, e così il problema fondamentale dell'economia mondiale non è stato  affrontato. Anche la partecipazione della Cina ha mostrato più  le sue preoccupazioni sul suo più grande mercato di esportazione (l'Europa) e il rischio di un'altra (forse  profonda) recessione, che una sincera volontà di sostenere l'Occidente col riequilibrio dei flussi commerciali.

2 commenti:

  1. Ciao Carmen,

    innanzitutto buon anno 2012!!!

    In merito a questo articolo, la quarta opzione per ridurre il debito sarebbe creare una forte inflazione! Ma come si concilia questa opzione con l'articolo pubblicato da te del 4 dicembre 2011: "MMT alla BCE: non riesci a creare inflazione, neanche volendo".
    Allora sarebbe possibile creare iperflazione da parte delle banche centrali? E così ridurre i debiti degli Stati?

    Grazie per la tua risposta

    cordiali saluti!

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  2. Ciao Nicola Z, buon anno anche a te e alla tua famiglia!!!

    Vedi Nicola, l'inflazione ha tirato fuori dal debito molte volte in passato. Vedi l'iperinflazione del nostro dopoguerra.
    Certo che le banche centrali possono, volendo, creare inflazione. Non è però con il QE che si crea inflazione.
    John Mauldin non è certo un esponente della MMT, per cui lui vede l'allentamento monetario tipo quello eseguito dalla Fed come potenzialmente inflazionistico, anche se lui stesso deve ammettere che riscontri di grande inflazione non ce ne sono affatto...

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