Un lucido articolo made in Italy dal Chicago Blog, sul nonsense economico della TAV, neanche da un punto di vista di mercato: il governo "tecnico" dovrebbe confutare con argomenti tecnici i numerosi studi contrari, invece di pretendere cieca obbedienza!
di Ugo Arrigo - Dopo il tunnel (virtuale) tra il Gran Sasso e il CERN di Ginevra,
trafficato da una miriade di neutrini, un altro tunnel è ritornato al
centro dell’interesse dell’opinione pubblica, quello della TAV
Torino-Lione, contestato con metodi ragionevoli dagli abitanti della Val
di Susa ma anche da frange estremiste la cui protesta spesso non
disdegna dallo sfociare in atti violenti o comunque inaccettabili quali
blocchi stradali e ferroviari. Di fronte a progetti come questo non
dovrebbe essere tuttavia difficile conseguire il consenso di gran parte
dell’opinione pubblica nazionale: basta dimostrare che il gioco vale la
candela, nel caso specifico che i treni futuri valgono la costruzione
dei nuovi binari e che in conseguenza i nuovi binari varranno di più dei
soldi necessari a costruirli.
Se si prova e si riesce a farlo, convincendo la collettività dei
taxpayers, diventa molto più facile convincere anche le collettività
locali i cui territori dovranno ospitare le nuove opere e sostenerne le
esternalità negative ambientali senza spesso trarne vantaggi.
Bisognerebbe quindi produrre dapprima solide stime sui vantaggi
economici (da economista liberale preferisco in realtà chiamarli ricavi)
e sui costi di ogni progetto, avendo l’avvertenza di farli produrre o
almeno valutare da organismi indipendenti, che non traggano vantaggio
dalla realizzazione dei medesimi.
Questo è il difetto principale del percorso decisionale delle grandi
opere in Italia: chi ne trae vantaggio in genere non ne sopporta alcun
onere o rischio mentre chi ne sopporta gli oneri in genere non ne trae
alcun vantaggio. Inevitabile che i primi siano radicalmente d’accordo e i
secondi radicalmente contrari e che il dibattito tra gli uni e gli
altri sia un dialogo tra sordi. E anche inevitabile che quando
prevalgono i primi si facciano opere inutili, o utili ma a costi
esorbitanti, facendo giocare molto poco il taxpayer e addebitandogli
molte candele. Oppure, quando prevalgono i secondi, che non si riescano a
fare opere caratterizzate da vantaggi che eccedono nettamente i costi.
Veniamo al caso specifico della TAV: i valsusini ci perdono solamente
dato che l’opera verrà fatta sul loro territorio ma non lo servirà,
favorendo (forse) il trasporto passeggeri e merci ma solo su distanze
molto più lunghe; i diversi livelli di governo del Piemonte (città e
provincia di Torino, regione) ci guadagnano solamente dato che la nuova
opera accresce la loro dotazione infrastrutturale senza che essi
debbano spendere un soldo; le imprese costruttrici e le banche
finanziatrici ci guadagneranno con certezza, non sostenendo alcun
rischio (interamente a carico dello stato come committente dell’opera e
garante dei finanziamenti); lo stesso si verifica per FS, braccio
operativo dello stato per la realizzazione dell’opera: se i costi
sforeranno lo stato trasferirà le risorse aggiuntive necessarie mentre
se la nuova linea non avrà traffico il bilancio di FS non ne risentirà;
il contribuente italiano perde invece con certezza dato che contribuirà
agli oneri senza usare l’opera (tranne forse i pochissimi connazionali
che usano il TGV anziché l’aereo per andare a Parigi). Impossibile che
da schemi di ripartizione vantaggi-svantaggi di questo tipo vengano
fuori opere pubbliche dotate di senso economico.
Le riflessioni precedenti sembrano dar ragione alla posizione tenuta
da Margaret Thatcher in relazione al progetto del tunnel sotto la
Manica, quando resistette alla pressioni di Francois Mitterand per
finanziare l’opera con soldi dei contribuenti di ambo gli stati. Diede
il via libera, si, ma senza un penny di soldi pubblici (‘not a public penny’),
preservando in tal modo i suoi contribuenti da un pessimo affare (al
contrario degli 800 mila piccoli azionisti privati, soprattutto
francesi, che sottoscrissero le azioni e si ritrovarono dopo pochi anni
con quasi nulla):
La plus grande victoire de Thatcher est surtout d’avoir imposé à un Président français socialiste un financement 100% privé. Un choix irrévocable qui, pour la Dame de fer, doit démontrer la supériorité du libéralisme (Marc Fressoz, Le scandal Eurotunnel, Flammarion enquête,2006) .
Da questa posizione storica si può ricavare una sorta di ‘teorema Thatcher’ sulle grandi opere:
- Una grande opera dovrebbe essere sostenuta da una grande domanda dei suoi potenziali utilizzatori.
- Una grande opera senza grande domanda è un grande spreco e nessun privato sarà mai disponibile ad assumerne gli oneri di realizzazione e sfruttamento economico.
- Una grande opera con grande domanda è ripagabile con i futuri proventi da pedaggi e può quindi essere realizzata e gestita in project financing da operatori privati in concessione, senza necessità di assunzioni di rischi ed oneri in capo al settore pubblico.
Questi sono gli insegnamenti principali della posizione della
Thatcher in relazione al Channel Tunnel che non solo non sono stati
colti ma neppure meditati nell’esperienza italiana delle grandi opere.
E’ evidente che la Tav Torino-Lione non supera il Thatcher test e che
nessun privato si accollerebbe mai il rischio di costruzione ed
esercizio dell’infrastruttura senza garanzie e contributi pubblici
rilevanti. Appurato questo bisogna tuttavia considerare che i
contribuenti italiani non sono (purtroppo) se non in quantità molto
ridotta thatcheriani convinti e possono quindi essere persuasi a
contribuire a una grande opera. Bisogna tuttavia che essa sia
giustificata dai numeri, non dalle opinioni, e i numeri debbono essere
oggettivi, neutrali e certificati e non opinioni travestite. Sinora,
tuttavia, numeri oggettivi, certificati e non di parte non se ne sono
visti.
Diversi dubbi economici affliggono in realtà il progetto TAV. La
nuova linea prevista migliorerebbe infatti l’offerta sia per quanto
riguarda la qualità dei collegamenti (tempi di percorrenza) sia la
quantità (crescita della capacità). Tuttavia la crescita della capacità
si giustifica se una domanda crescente nel tempo rischia di saturare la
capacità esistente, ma non è questo il caso della linea esistente la cui
domanda è declinante da diversi anni e la sua capacità un multiplo
della domanda attuale. Quanto alla qualità è evidente che la riduzione
dei tempi di percorrenza garantita da linee ad alta velocità interessa
il trasporto passeggeri ma non quello merci. E il trasporto
internazionale passeggeri su questa linea è ridotto: nel 2000 vi erano
quattro treni al giorno in entrambe le direzioni, due TGV
Milano-Lione-Parigi e due EC Milano-Lione. Oggi vi sono solo tre TGV
quotidiani da 360 posti sul percorso Milano-Lione-Parigi, offerti dalla
sola SNCF (anche se in crescita rispetto ai due dell’orario 2011).
Tuttavia questi treni non usano la tratta italiana ad alta velocità
disponibile tra Torino e Milano ma la vecchia linea normale, impiegando
un’ora e mezza tra le due città a fronte dei 54 minuti dei treni
Frecciarossa di Trenitalia. Ma le linee AV non dovrebbero servire per la
circolazione dei treni AV? E se i treni AV attuali tra Milano e Parigi
non usano i quasi 150 km di linea AV esistente tra Milano e Torino,
costati 8 miliardi di euro, perché mai avrebbero bisogno di altri 60 km
di linea AV sotto le Alpi, il cui costo è ragionevolmente stimabile in
almeno altri 8 o 10 miliardi di euro?
Grazie delle informazioni.
RispondiElimina"E’ evidente che la Tav Torino-Lione non supera il Thatcher test e che nessun privato si accollerebbe mai il rischio di costruzione ed esercizio dell’infrastruttura senza garanzie."
RispondiEliminaSia lodato Gesù Cristo!!!!!
Persino Ugo Arrigo, da onesto e disinteressato economista liberale, ha potuto dire la verità!!!!
Quindi a modo suo ha detto, quello che noi ormai sappiamo da un pezzo:
così come per le banche europee ed il LTRO-DRAGHI, vige la ferrea e incontestabile ideologia del SOCIALISMO TOTALIZZANTE DELLE BANCHE CENTRALI pro banche private,
allo stesso modo per le "indispensabili" ed "inderogabili" opere che ci "chiede"(IMPONE) L'EUROPA vige la ferrea e incontestabile ideologia del SOCIALISMO TOTALIZZANTE DEI POTERI FORTI EUROPEI, a carico e rischio soltanto dei "contributi pubblici rilevanti" cioè le famose "garazie" che deve dare lo Stato.
Invece quando si sono grossi profitti probabili per i privati, senza la necessità di intervento statale e conseguenti profitti da spartire con esso, esso l'intervento statale, viene brutalmente demonizzato, come "BECERO SOCIALISMO" di Stato, che distrugge la libera iniziativa e viola i sacri dogmi del "LIBERO MERCATO"!!!!
Con questi "sacri dogmi" a doppia faccia e "mutabili", in questo Turbo-Capitalismo Finanziario Globalista, siamo alle ideologie beatamente interscanbiabili a seconda delle "opportunità" del privato.
Cordiali saluti, Nicola
Grazie a voi!
RispondiEliminaQui il testo dell'appello:
http://www.notav.eu/modules.php?name=ePetitions&op=more_info&ePetitionId=1&show_signers=1#shownOrNotSigners
e qui per firmare:
http://www.notav.eu/modules.php?name=ePetitions&op=more_info&ePetitionId=3