Il
lavoro, a cura di un team di psicologici del King’s College di Londra, è stato
pubblicato su The Lancet.
Lo riassumiamo di seguito, traducendo integralmente le indicazioni fornite per
contenere il disagio, i punti di forza e debolezza dello studio e le
conclusioni. Le parti tradotte integralmente sono riportate in corsivo.
di Samantha K Brooks,
Rebecca K Webster, Louise E Smith, Lisa Woodland, Simon Wessely, Neil
Greenberg, Gideon James Rubin
Dipartimento di Medicina Psicologica, King’s
College, Londra, UK
The Lancet
2020; 395: 912–20
(Traduzione di Rosa Anselmi)
Lo
scopo della ricerca è fornire strumenti conoscitivi ai decisori politici poiché "le decisioni su come applicare la quarantena dovrebbero essere basate sulle
migliori evidenze disponibili". Gli autori notano, infatti, che "la quarantena è
spesso un’esperienza spiacevole per coloro che la sperimentano e che i
potenziali benefici della quarantena di massa obbligatoria vanno soppesati
attentamente rispetto ai possibili costi psicologici. Il successo nell’applicazione della quarantena
come misura di sanità pubblica – aggiungono - richiede che siano ridotti quanto
più possibile gli effetti negativi ad essa associati".
La
ricerca ha esaminato nel dettaglio 24 studi pubblicati in letteratura,
condotti in dieci paesi e riguardanti persone poste in quarantena a seguito di
diversi episodi epidemici: la SARS, l’Ebola, l’influenza H1N1 del 2009-2010, la
sindrome respiratoria del Medio Oriente e l’influenza equina.
La
quarantena si associa spesso a ricadute psicologiche negative, alcune delle
quali possono persistere per tre o più anni. L’elenco delle complicazioni è
lungo e vede ai primi posti il disturbo
da stress post-traumatico,
la confusione e la rabbia, ma include anche altri effetti come, ad esempio, i
disturbi d’ansia, la depressione, l’irritabilità e l’insonnia.
I
fattori di stress sono stati suddivisi in quelli che agiscono durante la
quarantena e successivamente ad essa. Tra i primi sono inclusi:
-
la durata della quarantena, nel senso che
più è lunga e più numerosi sono i disturbi
-
la paura dell’infezione per se stessi e
per gli altri, in particolare per i propri cari
-
la frustrazione e il tedio, determinati
dall’isolamento, dalla perdita della routine abituale e dalla riduzione dei
contatti fisici e sociali
-
la mancanza di approvvigionamenti di base
(ad es. cibo, acqua, vestiario), che causa frustrazione e continua ad essere
associata ad ansia e rabbia anche dopo 4-6 mesi dalla fine della quarantena
-
l’inadeguatezza delle informazioni da
parte delle autorità, descritte sovente come confuse e prive di trasparenza.
In secondo luogo vi sono le preoccupazioni finanziarie, che causano più disagi
psicologici in coloro che hanno redditi bassi, e il timore di stigmatizzazione
segnalato di frequente e potenzialmente influenzato dalla narrazione mediatica
con il suo allarmismo e la drammaticità dei titoli.
"Cosa
può essere fatto per mitigare le conseguenze della quarantena?
La
quarantena può essere una misura preventiva necessaria durante gravi epidemie
di malattie infettive. Tuttavia, questa revisione suggerisce che la quarantena
è spesso associata a un effetto psicologico negativo. Ciò non è sorprendente
durante il periodo di quarantena, mentre l’evidenza che un suo effetto
psicologico può essere ancora riscontrato mesi o anni più tardi – seppur in
base a un piccolo numero di studi – è più preoccupante e suggerisce la
necessità che il processo di pianificazione della quarantena garantisca l’attuazione
di misure efficaci volte a mitigarlo.
A questo riguardo i
nostri risultati non forniscono una forte evidenza che particolari caratteristiche
demografiche rappresentino fattori di rischio per esiti psicologici sfavorevoli
dopo la quarantena e richiedano pertanto un’attenzione specifica. Tuttavia, la
positività anamnestica per malattie mentali è stata presa in esame come fattore
di rischio in un solo studio. La precedente letteratura suggerisce che una
storia psichiatrica si associa a distress psicologico dopo aver sperimentato
qualunque trauma legato a disastri ed è probabile che le persone con una salute
mentale scadente già in precedenza necessitino di un sostegno aggiuntivo
durante la quarantena. Sembrava anche esserci un'alta prevalenza di disagio
psicologico negli operatori sanitari sottoposti a quarantena, sebbene ci fossero
evidenze contrastanti sul fatto che questo gruppo avesse un rischio di disagio maggiore
rispetto ai lavoratori non appartenenti all’area sanitaria soggetti a
quarantena. Per i lavoratori della sanità è essenziale un sostegno da parte
della dirigenza per facilitare il loro ritorno al lavoro e i dirigenti
dovrebbero essere consapevoli dei potenziali rischi per il proprio staff
sottoposto a quarantena in modo da prepararsi a un intervento precoce.
Mantenerla
per il più breve tempo possibile
Le
quarantene più lunghe sono associate a esiti psicologici peggiori, forse prevedibilmente
dato che è plausibile che i fattori di stress riportati dai partecipanti [agli
studi] potrebbero avere più di una conseguenza più a lungo sono stati
sperimentati.
Limitare
la durata della quarantena a quanto è scientificamente ragionevole in base ai
periodi noti di incubazione e non adottare un approccio eccessivamente
precauzionale sotto questo profilo minimizzerebbe l'effetto sulle persone. Inoltre,
altre evidenze sottolineano l'importanza che le autorità rispettino la
lunghezza della quarantena da loro stesse raccomandata e non la estendano. Per le persone già in quarantena un'estensione,
non importa quanto piccola, rischia di esacerbare qualsiasi senso di
frustrazione o demoralizzazione. Imporre un blocco a tempo indeterminato di intere
città senza un chiaro limite di tempo (come è stato visto a Wuhan, Cina)
potrebbe essere più dannoso di procedure di quarantena rigorosamente applicate
limitate al periodo di incubazione.
Dare alle persone più
informazioni possibili
Le
persone sottoposte a quarantena hanno spesso il timore di essere state
infettate o di infettare gli altri. Sovente valutano anche in modo pessimistico
qualunque sintomo fisico avvertito durante la quarantena. Questo timore è un
evento comune per le persone esposte a una malattia infettiva preoccupante e
potrebbe essere aggravato dalle informazioni spesso inadeguate che i
partecipanti hanno riferito di aver ricevuto dai funzionari della sanità
pubblica, lasciandoli incerti sulla natura dei rischi affrontati e sui motivi
della quarantena imposta loro. Dovrebbe essere prioritario garantire che le
persone in quarantena abbiano una buona conoscenza della malattia in questione
e dei motivi della quarantena.
Fornire approvvigionamenti adeguati
I funzionari devono anche
garantire che le famiglie in quarantena abbiano scorte sufficienti per i loro
bisogni di base e, soprattutto, queste devono essere fornite il più
rapidamente possibile. Il coordinamento per l’erogazione degli
approvvigionamenti dovrebbe idealmente avvenire in anticipo, con piani
prestabiliti di conservazione e riallocazione per assicurare che le provviste
non si esauriscano, come purtroppo è stato segnalato.
Ridurre
il tedio e migliorare la comunicazione
Il
tedio e l’isolamento causeranno angoscia; si dovrebbero dare consigli alle
persone in quarantena su cosa possono fare per alleviare la noia e fornir loro
suggerimenti pratici sulle tecniche di adattamento e di gestione dello stress. Avere
un telefono cellulare funzionante è oggi una necessità, non un lusso, e quelli
che scendono da un lungo volo per entrare in quarantena probabilmente accoglieranno
un caricabatterie o un adattatore più volentieri di qualsiasi altra cosa. Attivare
una rete sociale, anche se da remoto, non è soltanto una priorità fondamentale,
ma l’impossibilità a farlo si associa non solo all'ansia immediata, ma all’angoscia
a lungo termine. Uno studio suggerisce che la disponibilità di una linea
telefonica di supporto, gestita da infermieri psichiatrici, fatta funzionare
specificamente per le persone in quarantena potrebbe essere efficace per fornir
loro una rete sociale. La possibilità di comunicare con i familiari e gli amici
è parimenti essenziale. In particolare, i social media potrebbero avere un
ruolo fondamentale per comunicare con le persone lontane, consentendo a chi è
in quarantena di aggiornare le persone care sulla loro situazione e rassicurarle
che stanno bene. Pertanto, fornendo a chi è in quarantena cellulare, telefoni,
cavi e prese per dispositivi di ricarica e robuste reti WiFi con accesso a
Internet per consentir loro di comunicare direttamente con i propri cari si potrebbero
ridurre i sentimenti di isolamento, stress e panico. Anche se è questo
obiettivo può essere raggiungibile in una quarantena forzata, potrebbe essere
più difficile da conseguirsi in caso di diffusa quarantena in casa; paesi che
impongono la censura sui social media e sulle applicazioni di messaggistica potrebbero
anche avere difficoltà nel garantire le linee di comunicazione tra i soggetti
in quarantena e i loro cari.
È
anche importante che i funzionari della sanità pubblica diano indicazioni
chiare alle persone in quarantena su cosa fare se presentano qualunque sintomo.
Una linea telefonica o un servizio online predisposto specificamente per chi è
in quarantena e con personale sanitario che possa fornire istruzioni sul da
farsi nel caso manifestino sintomi della malattia aiuterebbe a rassicurare le
persone che saranno assistite se si ammalano. Questo servizio dimostrerebbe a
coloro che sono in quarantena che non sono stati dimenticati e che le loro
esigenze di salute sono importanti quanto quelle del pubblico in generale. I
vantaggi di una tale risorsa non sono stati studiati, ma è probabile che la
rassicurazione possa successivamente ridurre sentimenti come paura,
preoccupazione e rabbia.
Ci sono evidenze che
suggeriscono che possono essere utili gruppi di sostegno dedicati specificamente
alle persone sottoposte a quarantena domestica durante i focolai di malattia.
Uno studio ha scoperto che disporre di un tale gruppo e sentirsi collegati ad altri
che avevano vissuto la stessa situazione poteva essere un'esperienza valida,
responsabilizzante e in grado di fornire quel supporto che potrebbero scoprire
di non ricevere da altre persone.
I
lavoratori della sanità meritano un’attenzione speciale
Gli operatori sanitari
sono spesso messi in quarantena e questa revisione suggerisce che, come il grande
pubblico, sono influenzati negativamente da atteggiamenti stigmatizzanti da
parte di altri. Nessuno degli studi inclusi in questa revisione si è
focalizzato sulle percezioni dei loro colleghi, ma questo sarebbe un aspetto
interessante da indagare. Gli operatori sanitari in quarantena potrebbero anche
essere preoccupati di causare una carenza di personale nel loro posto di lavoro
e un sovraccarico ai colleghi e che le percezioni dei loro colleghi potrebbero
essere particolarmente importanti. La
separazione dal team con cui sono abituati a lavorare in stretto contatto potrebbe
aggiungersi ai sentimenti di isolamento degli operatori sanitari in quarantena.
Pertanto, è essenziale che si sentano sostenuti dai loro più vicini colleghi. E’
stato riscontrato che durante le epidemie di malattie infettive il supporto
organizzativo protegge la salute mentale del personale sanitario in generale e i
dirigenti dovrebbero prendere provvedimenti per assicurarsi che i componenti
dello staff siano di supporto al loro colleghi in quarantena.
L’altruismo
è meglio della costrizione
Forse per le difficoltà
nel progettare uno studio appropriato, non abbiamo trovato alcuna ricerca che
ha esaminato se la quarantena obbligatoria ha un impatto diverso sul benessere
rispetto a quella volontaria. In altri contesti, tuttavia, sentire che gli
altri trarranno beneficio dalla propria situazione può rendere le situazioni
stressanti più facili da sopportare e sembra probabile che questo valga anche per
la quarantena a domicilio. Rafforzare il concetto che la quarantena sta
aiutando a mantenere gli altri al sicuro, comprese le persone particolarmente
vulnerabili (come i giovanissimi, gli anziani o quelle con gravi patologie
preesistenti) e che le autorità sanitarie sono sinceramente grate a loro può
solo aiutare a ridurre l'effetto sulla salute mentale e l'adesione in coloro
che sono in quarantena. Nella fattispecie, l'altruismo ha i suoi limiti se alle
persone viene chiesto di restare in quarantena senza adeguate informazioni su
come mantenere al sicuro le persone con cui vivono. È inaccettabile chiedere
alle persone di auto-isolarsi a beneficio della salute della comunità, quando
mentre lo fanno potrebbero mettere i loro cari a rischio.
Che
cosa non sappiamo
La
quarantena è una delle numerose misure di sanità pubblica per prevenire la
diffusione di una malattia infettiva e, come mostrato in questa revisione, ha
un notevole impatto psicologico sulle persone colpite. In quanto tale, bisogna
domandarsi se altre misure di sanità pubblica che prevengono la necessità di
imporre la quarantena (come il distanziamento sociale, la cancellazione di
raduni di massa e la chiusura delle scuole) potrebbero essere più favorevoli.
Sono necessarie future ricerche per stabilire l'efficacia di tali misure.
Vanno
presi in considerazione i punti di forza e di debolezza di questa revisione. A
causa dei vincoli di tempo data l'epidemia di coronavirus in corso, la
letteratura considerata non è stata sottoposta a una valutazione formale della
qualità. Inoltre, la revisione ha considerato solo le pubblicazioni peer
reviewed e non ha esplorato la letteratura grigia potenzialmente rilevante. Le
raccomandazioni fatte si applicano principalmente a piccoli gruppi di persone
in strutture dedicate e in una certa misura in autoisolamento. Sebbene anticipiamo
che molti dei fattori di rischio per gli esiti psicosociali sfaverevoli sarebbero
gli stessi nei processi di contenimento più grandi (come di interi paesi o
città), è probabile che vi siano differenze nette in tali situazioni, il che significa
che le informazioni presentate in questa revisione dovrebbero essere applicate
solo con cautela a tali situazioni. Inoltre, devono essere considerate le
potenziali differenze culturali. Sebbene questa revisione non possa predire
esattamente cosa accadrà o fornire raccomandazione utili per qualunque futura
popolazione sottoposta a quarantena, ha offerto una panoramica delle questioni
chiave e di come potrebbero essere corrette in futuro.
Sono
da segnalare anche diverse limitazioni delle pubblicazioni esaminate: un solo
studio ha seguito i partecipanti nel tempo, le dimensioni dei campioni erano
generalmente piccole, pochi studi confrontavano direttamente i partecipanti
sottoposti e non sottoposti a quarantena, le conclusioni basate su certi studi
di popolazione (ad es. gli studenti) potrebbero non essere generalizzabili al
grande pubblico e l’eterogeneità tra gli studi nelle misurazioni dei risultati
rende difficili paragoni diretti. Vale anche la pena di puntualizzare che una
minoranza degli studi ha valutato i sintomi dello stress post-traumatico con i
metodi disegnati per misurare il disordine da stress post-traumatico nonostante
la quarantena non sia definita un trauma nella diagnosi del disturbo da stress
post-traumatico nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disordini Mentali.
I punti di forza di
questa revisione includono l’analisi manuale degli elenchi bibliografici per
individuare ogni lavoro non rintracciato nella ricerca iniziale, il contatto
con gli autori che ci hanno fatto avere i testi integrali dei lavori non
disponibili per intero online e la partecipazione di molti ricercatori allo
screening [delle pubblicazioni] per migliorare il rigore della revisione.
Conclusione
Nel complesso questa
revisione indica che l’impatto psicologico della quarantena è di vasta portata,
sostanziale e può durare a lungo. Non si intende suggerire che non si dovrebbe
usare la quarantena; le conseguenze psicologiche del non usarla e di consentire
la diffusione della malattia potrebbero essere peggiori. Tuttavia, privare le
persone della loro libertà per il bene pubblico più ampio è spesso controverso
e deve essere gestito con attenzione. Se la quarantena è essenziale, allora i
nostri risultati indicano che le autorità debbono adottare tutte le misure per
assicurare che l’esperienza sia sopportabile quanto più possibile. Ciò può
essere conseguito: informando le persone di quanto sta accadendo e del perché,
spiegandone la durata, offrendo attività pregnanti da fare durante la
quarantena, fornendo informazioni chiare, assicurando la disponibilità degli
approvvigionamenti essenziali (come cibo, acqua e medicinali) e rafforzando il
senso di altruismo che le persone dovrebbero, giustamente, provare. I
funzionari sanitari incaricati dell’attuazione della quarantena, che sono per
definizione impiegati e di solito con un lavoro ragionevolmente sicuro,
dovrebbero anche ricordare che non tutti sono nella medesima situazione. I
risultati di questa revisione indicano che, se l’esperienza della quarantena è
negativa, possono esservi conseguenze di lunga durata che colpiscono non solo
le persone sottoposte alla quarantena, ma anche il sistema sanitario che l’ha
gestita e i politici e le autorità sanitarie che l’hanno imposta."
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