21/12/13

Huffington Post: Gli Eroi "Euro Eretici"

Dall'Huff Post un articolo sulla crisi dell'euro, così largamente anticipata dagli economisti americani eppur così pervicacemente negata dagli economisti e politici europei mainstream, in cui si citano anche i firmatari del Manifesto per la solidarietà europea, gli Eretici che mettono in discussione l'incontestabile e irreversibile suprema saggezza e bontà dell'Euro: un giorno saranno visti come degli Eroi...


La crisi dell'Eurozona è stata ampiamente anticipata dagli economisti americani. Per esempio, Martin Feldstein di Harvard scriveva nel 1997 su Foreign Affairs che "gli effetti economici negativi di una moneta unica sulla disoccupazione e l'inflazione sarebbero stati superiori agli eventuali guadagni." Inoltre, egli sentiva che una unione monetaria avrebbe potuto portare a conflitti con gli Stati Uniti, ma anche all'interno dell'Europa: Feldstein avanzò addirittura lo spettro della guerra civile americana.

Le preoccupazioni degli economisti americani sulla moneta unica - basate forse su una rivalità internazionale, ma anche sulla nota teoria dell'“area valutaria ottimale" (OCA) che pone dei criteri a cui l'Europa non risponde – non sono state minimamente prese in considerazione dai colleghi europei. Gli economisti europei si sono fatti beffe dell'approccio americano qui rappresentato: "L'euro: Non può succedere. E' una cattiva idea. Non durerà.».



Invece l'euro è stato realizzato. Ma è una cattiva idea? Durerà? Nonostante la realtà delle depressioni conclamate nell'Europa meridionale e l'impoverimento dei lavoratori e della classe media, gli economisti europei non hanno cambiato la loro percezione. Invece, a quanto pare, la questione più scottante per la BCE, come appare dal titolo di un recente discorso di un membro del consiglio, è: "Cosa si nasconde dietro il successo dell'euro?" Per gli economisti e i politici europei mainstream, mettere in discussione la saggezza dell'Euro è un'eresia. E' impensabile, indicibile, incivile.


Qu
esto è il motivo per cui lo sguardo pratico e realista nei confronti dell'Euro del libro Crisis in the Eurozone, dell'economista Costas Lapavitsas e altri, così come di altri suoi scritti, è degno di nota su più fronti. In primo luogo, Lapavitsas e i suoi coautori sono economisti europei, anche se affiliati con l'Università di Londra. In secondo luogo, Lapavitsas è un uomo di sinistra, che scrive da una tradizione di politica economica marxista, mentre la maggior parte degli euroscettici provengono dall'area di destra.


La linea
dell'establishment sull'Euro, espressa una volta in mia presenza da un ambasciatore dell'UE durante un ricevimento, è che "l'euro è stato creato per la pace", una formulazione degna di Breznev . L'Euro infatti è stato creato per motivi geopolitici, ma la spiegazione razionale più probabile era quella di tenere a freno la Germania e anche di servire da veicolo per la grandeur francese. Ma c'erano anche ragioni finanziarie, secondo Lapavitsas: "La classe di governo dell'Europa decise di creare un tipo di moneta in grado di competere contro il dollaro, favorendo in tal modo gli interessi delle grandi banche e imprese europee".


Il risultato è stato una macchina
per le esportazioni tedesca che funziona bene all'interno dell'unione monetaria. Ma la periferia è stata distrutta, incapace di esportare né all'interno all'esterno della zona euro. L'austerità e le altre misure a cui le periferie sono state costrette per tentar di colmare il divario di competitività con la Germania, hanno invece devastato la capacità produttiva e provocato una disoccupazione di massa . "Questi paesi sono in un equilibrio di non-crescita", mi ha detto Lapavitsas. Mentre le élite europee consigliano pazienza, egli consiglia di agire: è il tempo di una "uscita progressista dall'euro.”


Eppure questa è una dichiarazione scioccante nel contesto di una sinistra europea riluttante a criticare l'euro, anche se le denunce di "capitalismo" e "neo-liberismo" sono d'obbligo. Dietro la loro apparenza noiosa, le élite Europee sono in realtà più radicali - e spietate - di qualsiasi artista anarcoide o intellettuale bigotto. Non si fermeranno davanti a nulla per proteggere il progetto dell'Euro, anche se dovesse finire per distruggere il progetto europeo, provocando disordini di massa. Il fatto è che, nonostante la devastazione, alcuni gruppi stanno traendo enormi profitti dall'Euro nella sua forma attuale. In primo luogo e soprattutto, i produttori tedeschi, il cui successo deriva quasi interamente dalla moneta unica combinata insieme con i tagli salariali ai lavoratori, un punto discusso ampiamente da Lapavitsas. Anche alcune banche, e le élite europee unite e compatte, fedeli l'una all'altra, piuttosto che alle popolazioni dei rispettivi paesi, traggono dei grandi vantaggi. Anche gli specialisti dell'Euro, con le loro infinitesimali soluzioni tecniche, stanno godendo di una luce immeritata a causa della loro
innaturale posizione sotto i riflettori.



La soluzione favorita di tutti questi gruppi sono le "riforme strutturali" delle periferie, vale a dire la deregolamentazione del settore dei servizi alimentari, in quanto questo ha un rapporto con la travolgente gravità della crisi macroeconomica.


La mia convinzione personale è
che invece la vera causa della crisi stia nei mercati del debito. Essa nasce da una imprevista conseguenza dell'adesione ad una unione monetaria senza entrare in un'unione fiscale. I debiti pubblici europei ora sono effettivamente in valuta estera, l'euro. Quando tentano di svalutare, le loro passività reali salgono. Le periferie sono state invitate a tagliare i salari e la spesa pubblica attraverso l'austerità, al fine di competere meglio con la Germania. Ma ogni svalutazione interna realizzata ha portato solo ad un aumento dei debiti reali per le famiglie e i governi, perché i debiti sono misurati in euro. Anche i tassi di interesse reali sono aumentati. E i deflussi di capitali amplificano questi effetti.



Queste vulnerabilità della periferia dell'Eurozona non sono state formalizzate in quelli che sono conosciuti come modelli di crisi di "terza generazione", ma l'implicazione è chiara: l'euro ha reso questi paesi finanziariamente fragili perché il loro debito non è più in una valuta sotto il loro controllo. Essi sono suscettibili di circoli viziosi di "deflazione da debito". La Grecia adesso è in una crisi di questo genere e la Spagna è sull'orlo.


Ci sono altri spiegazioni della crisi, complementari
a questa: le periferie sono entrate nell'euro a un tasso di cambio troppo alto e il loro settore dell'export è stato spazzato via. La svalutazione esterna, la soluzione più efficace sia per il ciclo di deflazione da debito che per il divario di competitività - quella favorita da Lapavitsas - naturalmente non è consentita, perché questi paesi sono dentro una unione monetaria. Da cui non possono legalmente uscire. Gira un detto da incubo sull'adesione all'euro: è come entrare in "una superstrada che non ha uscite."

***


Ci sono segnali di disgelo nel pensiero economico europeo. Il Manifesto di solidarietà europea firmato da un gruppo di importanti economisti europei chiede "uno smantellamento controllato della zona euro attraverso l'uscita dei paesi più competitivi", con l'obiettivo di salvare l'unione europea.
Tra i firmatari c'è Costas Lapavitsas, di sinistra, ma anche degli economisti dell'area più centrista.


I membri del gruppo hanno diversi punti di vista su come realizzare un
'uscita: Lapavitsas nel suo libro delinea una "uscita progressista" che favorisca il lavoro sul capitale, che preveda dei controlli stretti sui flussi di capitali e sul settore finanziario. Come mi ha espressamente detto, dopo che sia presa la decisione dell'uscita, "l'Europa avrà bisogno di risollevarsi dall'austerità, di fare investimenti pubblici per aumentare la produttività, e di una politica fiscale espansiva."



Nominando l'indicibile, e presentando la prospettiva della fine dell'Euro, Lapavitsas e i suoi colleghi firmatari del Manifesto rischiano di essere additati come tirapiedi del capitale anglosassone, nemici della patria, o forse dei folli (come coi dissidenti sovietici). Eppure anche i loro critici devono rendersi conto che la loro analisi distingue l'UE dalla UEM, e che la loro idea è che l'Euro stia ostacolando invece che promuovendo l'integrazione europea. E per quelli che sono interessati a preservare l'UE, piuttosto che l'Euro, e a porre fine alle sofferenze delle periferie, questo gruppo di eretici un giorno potrebbe essere visto come degli eroi.



2 commenti:

  1. Un altro "folle" che si aggiunge al gruppo....
    http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2013/12/21/IL-CASO-Ostellino-la-Merkel-sta-realizzando-il-piano-di-Hitler-sull-Italia/454139/

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  2. Invito i lettori di questo blog (e se fosse possibile anche quelli che non lo leggono) di andarsi a cercare googlando "le 10 strategie di manipolazione attraverso i mass media di Noam Chomsky" e trovare le analogie con quello che sta succedendo in Italia ed Europa.
    E' talmente palese da sembrare impossibile e lasciarci increduli.
    Le politiche neo-liberiste europee oltre ad essere imposte con la forza della manipolazione sono autodistruttive.
    Ma come è successo in passato, è impossibile tirare la corda all'infinito per cui temo che prima o poi arriveranno le armi a riequilibrare la situazione. E chi si è speso tanto per continuare a tirare la corda ne pagherà le estreme conseguenze.



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