Devono essersi raffreddati in fretta gli entusiasmi estivi di chi dava la crisi ormai per superata. Il Wall Street Journal divulga e commenta gli ultimi dati impietosi sulla produzione industriale dell'eurozona, che torna nettamente in calo. Dunque, tanto rumore per nulla, mentre neanche i tassi d'interesse della BCE ai minimi sembrano efficaci.
(Intanto l'Irlanda, modello di successo secondo alcuni, nonostante aiuti internazionali per oltre un terzo del suo PIL, vede la produzione industriale crollare di ben l'11,6% nota il Telegraph.)
(Intanto l'Irlanda, modello di successo secondo alcuni, nonostante aiuti internazionali per oltre un terzo del suo PIL, vede la produzione industriale crollare di ben l'11,6% nota il Telegraph.)
Immagine postata dal Telegraph. |
di Paul Hannon
12 dicembre 2013
In ottobre la produzione industriale nei 17 paesi che condividono l'euro è caduta bruscamente, e ciò solleva nuovi dubbi sulla sostenibilità di un ritorno alla crescita da parte dell'area della moneta unica.
L'agenzia statistica dell'Unione Europea afferma che la produzione industriale è stata inferiore dell'1,1% rispetto a settembre, il che significa il secondo mese consecutivo di declino e la caduta più brusca dal settembre 2012. Il calo riguarda gran parte dell'area della moneta unica, e solamente Italia ed Estonia hanno registrato aumenti nella produzione.
Il calo della produzione è arrivato di sorpresa, dopo che 24 economisti intervistati dal Wall Street Journal la scorsa settimana avevano stimato una crescita della produzione dello 0,2% nel corso del mese. Ciò accresce la probabilità che il ritorno dell'eurozona alla crescita si arresti nell'ultimo trimestre di quest'anno, dopo essersi già indebolita nel terzo trimestre.
Il calo di produzione industriale è stato guidato dal settore energetico, che ad ottobre ha registrato un crollo nella produzione del 4%. Questa non è stata una gran sorpresa, dato che le temperature in tutta Europa sono state più alte del solito in quel mese. Tuttavia, anche la produzione di beni di investimento è scesa dell'1,3%, mentre la produzione di beni di consumo durevoli è scesa del 2,4% e quella dei beni non durevoli dello 0,9%.
Ciò suggerisce che la caduta della produzione sia stata una reazione alla debolezza della domanda da parte di imprese e consumatori. I dati diffusi la scorsa settimana mostravano che la vendita al dettaglio era scesa in ottobre, mentre un'indagine tra i consumatori a novembre aveva registrato il primo calo della fiducia di quest'anno.
L'economia dell'eurozona era tornata a crescere nei tre mesi prima di giugno, dopo che si era contratta ininterrottamente nei sei trimestri precedenti. Ma dopo essersi espansa dello 0,3% nel secondo trimestre, è cresciuta di appena lo 0,1% nel terzo.
La maggior parte degli economisti si aspetta che l'economia cresca in questo trimestre, e prosegua lentamente nel 2014. La scorsa settimana gli economisti della Banca Centrale Europea hanno detto di aspettarsi una crescita dell'economia dell'eurozona dell'1,1% nel 2014, dopo la contrazione dello 0,4% di quest'anno.
Un sondaggio condotto da Markit tra i responsabili acquisti prevedeva una crescita della produzione manufatturiera ad un ritmo più rapido in ottobre, e ancora in novembre, ma i dati ufficiali di ottobre ora suggeriscono l'esatto contrario.
A Novembre la BCE ha tagliato i tassi d'interesse fino ad un minimo record di 0,25%, e ha detto di avere altri strumenti a disposizione per stimolare la crescita e i prezzi, nonostante i responsabili politici non sembrino avere fretta di usarli, ed insistono piuttosto che la responsabilità di ripristinare la crescita è dei governi.
"La BCE può tenere bassi tassi d'interesse e ricorrere a misure non convenzionali, com'è giustificato dalle circostanze eccezionali," dice Jorg Asmussen, membro del consiglio di amministrazione della BCE. "Non possiamo, tuttavia, essere noi ad affrontare le cause alla radice dei problemi che riguardano gli squilibri macroeconomici e fiscali, la mancanza di competitività, la bassa crescita e l'elevata disoccupazione."
Il calo nella produzione industriale all'inizio del quarto trimestre potrebbe persuaderli a muoversi con più decisione.
"La scarsa produzione industriale nell'eurozona tiene sotto pressione la BCE affinché intraprenda ulteriori azioni di stimolo," ha detto Howard Archer, un economista dell'IHS Global Insight.
I dati diffusi giovedì dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico mostrano che, ad eccezione del Brasile, l'eurozona è stata la più debole tra le aree dell'economia globale nel corso del terzo trimestre.
I dati dell'OCSE registrano un'aumento dello 0,9% nel prodotto interno lordo combinato del gruppo delle 20 più grandi economie, che insieme rappresentano il 90% della produzione mondiale. Con un aumento rispetto alla crescita dello 0,8% del secondo trimestre, guidato dall'accellerazione di Cina, India, USA, Gran Bretagna e Canada.
Al contrario, per la prima volta dall'inizio del 2009 l'economia del Brasile è scivolata in contrazione. L'eurozona ha registrato la espansione minima, ad eccezione del Brasile, e i dati sulla produzione industriale suggeriscono che in questo trimestre essa sarà nuovamente tra le economie più in difficoltà.
Tutto ciò potrebbe essere deludente per i responsabili politici tanto fuori quanto dentro l'eurozona. Giovedì Jacob Lew, il segretario del Tesoro Statunitense, parlando alla House Financial Services Committe aveva detto che la recessione dell'eurozona "sembra che stia finendo."
"Dopo aver fatto progressi significativi per raggiungere la stabilità finanziaria, l'Europa può ora dare priorità allo stimolo alla domanda e all'occupazione," aveva detto il signor Lew.
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