Il "Patto di responsabilità" che abbassa il carico fiscale sulle imprese tagliando la spesa pubblica non ha nessuna possibilità di funzionare in un contesto di deflazione: lo spiega Jacques Sapir, con un semplice calcolo basato sul moltiplicatore fiscale. Ma ormai sappiamo perché la "cosiddetta" sinistra (e anche la sinistra della sinistra) difendono queste politiche fallimentari.
di Jacques Sapir - La
promessa di abbassare le imposte fatta
da François Hollande durante la sua conferenza stampa del
14 gennaio è
stata ben accolta
dal mondo delle imprese. Questo è abbastanza normale, ma è anche
segno di un ragionamento miope. Se, per finanziare questi sgravi
fiscali, il governo taglia la spesa
pubblica in un contesto in cui l'economia è già fortemente
depressa, ciò
potrebbe avere conseguenze disastrose per l'economia francese.
Sappiamo
che nei paesi occidentali molti economisti hanno sottovalutato il
moltiplicatore della spesa pubblica [1]. Questo moltiplicatore,
chiamato anche moltiplicatore fiscale,
nel contesto della depressione che conosciamo oggi è stato oggetto di una nuova stima da parte del
FMI [2], ma anche di un certo numero di economisti [3][4]. I valori
che sono stati
calcolati sono di gran lunga superiori a quelli
precedentemente
ipotizzati nel
2010 e 2011. Sappiamo che per paesi come l'Italia e la Spagna questo
moltiplicatore è compreso tra 1,7 e 2,1, ed in Francia è probabilmente pari a
1,4, mentre le stime dei primi anni 2000 lo valutavano a 0.5. Questo significa dunque
che se si riduce, o si
aumenta,
la spesa pubblica (sia
per una
riduzione reale che per
un aumento delle tasse nel
primo caso, sia per un
aumento della spesa o minori imposte nel secondo caso) la
produzione diminuirà
(o aumenterà)
di 1.4 . Ora, noi
sappiamo che in Francia la
pressione fiscale è al
45%. Quindi, se si taglia di 1 punto
di Pil la spesa a
bilancio, il mancato gettito sarà
pari a 1,4 x
0.45 = 0.63. La riduzione netta non sarà
quindi che 0,37 e
non 1. Questo effetto sarà d'altronde
anche più o meno importante a seconda se le vittime di questi tagli
siano gli
investimenti [5]
o le spese
correnti. Ma
anche nel caso di tagli che colpiscano
solo le spese correnti,
è chiaro che avremo a che fare con un moltiplicatore della
spesa pubblica molto più alto di 1.
Soprattutto, non si coglie
la misura del
rischio di deflazione che minaccia oggi una parte dell'Europa.
La
tendenza al ribasso dell'inflazione che vediamo oggi in Europa e in
particolare nei paesi del Sud Europa (Francia compresa) solleva
questioni importanti sulla crescita. Il rischio oggi
è che alcuni paesi, tra cui la Francia, nel 2014 cadano
in deflazione. In generale, è noto che un'inflazione
bassa (a
meno dell'1 %) è in molti casi associata
con una crescita
depressa [6] .
Questo è il caso quando il tasso di inflazione osservato è
inferiore al tasso di inflazione strutturale [7] , che varia da paese
a paese. Una
conseguenza di questa inflazione molto bassa è l'aumento dei tassi
di interesse reali, perché i tassi di interesse nominali
generalmente diminuiscono molto più lentamente rispetto
all'inflazione. Ora,
la presenza di tassi di interesse reali bassissimi, o
anche negativi,
spiega la forte
tendenza agli investimenti
che si è avuta
negli anni del dopoguerra e che ha comportato un aumento complessivo
della produttività e una
crescita estremamente forte [8]. Questo si
può constatare osservando il
tasso medio di crescita annuale nel
periodo 1900-1974.
Quello
che possiamo constatare
a partire dall'estate del 2012, al contrario, è
un aumento
dei tassi di interesse reali, che porta
con sé un calo degli investimenti produttivi.
Fonte
: Villa P., «Productivité et accumulation du capital en France
depuis 1896», in Revue de l’OFCE,
n°47, 1993, pp. 161-200, p. 165.
Fonte
: INSEE
Il
"patto di responsabilità" che propone
il presidente François Hollande, dunque,
è molto
improbabile che risulti
favorevole all'occupazione e all'economia francese. Se
voleva essere veramente efficace sul tema della crescita e
dell'occupazione, invece di passeggiare con
lo scooter e il
casco, Hollande
avrebbe fatto meglio ad affrontare a testa
alta la questione
assillante dell'Euro,
che sta provocando
lo stesso disastro del
gold standard nel 1930. Ma, per questo, ci
sarebbe bisogno di un po' di coraggio ...
[1] Spilimbergo, A., Symansky, S., et M. Schindler, 2009, “Fiscal Multipliers,” IMF Staff Position Note, SPN/09/11, Mai 2009, FMI, Washington DC.
[2] Blanchard O., et D. Leigh, « Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers », IMF Working Paper, WP/13/1, FMI, Washington D.C., 2013
[3] Auerbach A.J., et Y. Gorodnichenko « Measuring the Output Responses to Fiscal Policy », American Economic Journal: Economic Policy 2012, Vol. 4, n° 2, pp 1–27
[4] A. Baum, Marcos Poplawski-Ribeiro, et Anke Weber, « Fiscal Multipliers and the State of the Economy », IMF Working papers,
WP/12/86, FMI, Washington DC, 2012. Christiano L., M. Eichenbaum, et S.
Rebelo, « When Is the Government Spending Multiplier Large? », Journal of Political Economy, Vol. 119, No. 1 (Février 2011), pp. 78-121
[5] Dépenses dont l’effet positif est établi depuis longtemps : Aschauer A.D., “Is public expenditure productive?”, in Journal of Monetary Economics, vol. XXIII, n°2, mars, 1989, pp. 177-200. Idem, “Why is Infrastructure Important?”, in A. H. Munnell, (ed.), Is there a Shortfall in Public Capital Investment,
Federal Reserve Bank of Boston, Boston ; et R. Ford & P. Poret,
“Infrastructure and Private-Sector productivity”, OCDE, Departement
d’économie et statistique, Working paper n°91, OCDE, Paris, 1991
[6] Andersen, T.M., “Can Inflation Be Too Low ?” in Kyklos, vol. 54/2001, Fasc.4, pp. 591-602. Akerlof G.A., W.T. Dickens et G.L. Perry, “The Macroeconomics of Low Inflation” in Brookings Papers on Economic Activity, n°1/1996, pp. 1-59.
[7] Sapir J., « Inflation monétaire et inflation structurelle », Document de Travail, FMSH, Paris, juin 2012, http://halshs.archives-ouvertes.fr/FMSH-WP/halshs-00712645
[8] Villa P., « Productivité et accumulation du capital en France depuis 1896 », in Revue de l’OFCE, n°47, 1993, pp. 161-200.
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