Transparency International - l'organizzazione con sede a Berlino i cui sondaggi sulla "corruzione percepita" non fanno altro che dimostrare come sia efficace la propaganda che dipinge certi paesi come più corrotti di altri - ha condotto uno studio secondo il quale i cosiddetti "populisti" che si aggirano per l'Europa non darebbero abbastanza garanzie di lotta alla corruzione. L'evidente faziosità di questo studio si spiega agilmente guardando alle fonti di finanziamento di questa organizzazione, tra le quali figura uno dei personaggi viventi più pericolosi per la democrazia. Via Russia Today
di Robert Bridge, 30 gennaio 2017
Traduzione di Margherita Russo
Mentre le élite UE si sentono minacciate dall'attuale rivolta populista, volta a porre fine a programmi di immigrazione facile ed incontrollata ed a promuovere il nazionalismo al posto della globalizzazione, un autorevole think tank sostiene che - tenetevi forte - il populismo alimenta la corruzione.
Transparency International, ente anti-corruzione con sede a Berlino, nel suo annuale Indice di Percezione della Corruzione mette in guardia contro i presunti pericoli del populismo, quell'animale politico che di tanto in tanto si aggira fra le nazioni, come una forza della natura, per lottare contro gli eccessi di una minoranza elitista che ha perso il contatto con la realtà.
"Il populismo è la cura sbagliata" ha dichiarato il presidente di TI Jose Ugaz, pur senza offrire ricette alternative. "Nei paesi governati da leader populisti o autocratici, si assiste spesso al declino della democrazia e ad un'inquietante frequenza di tentativi di repressione della società civile, di limitazione della libertà di espressione, e di attacchi all'indipendenza della magistratura."
"Lungi dal combattere il capitalismo clientelare, questi leader solitamente finiscono con l'istituire sistemi ancora più corrotti" ha aggiunto Ugaz.
In tema di corruzione, l'osservatorio si improvvisa come esperto nella lettura del pensiero, asserendo che i politici populisti "non hanno intenzione di affrontare seriamente il problema [della corruzione]."
Lo studio mette sotto accusa alcuni fra i politici più controversi, come Donald Trump (USA), Marine Le Pen (Francia), Jaroslw Kaczynski (Polonia) e Victor Orban (Ungheria), che hanno scalato le classifiche di consenso popolare del loro elettorato dichiarando guerra aperta ad un establishment ormai agonizzante.
Transparency International lancia l'allarme su questi "truffatori" della politica, in quanto "emotivi, localisti e spesso di destra..." rilevando però nel contempo che questi indisciplinati nuovi arrivati "hanno saputo sfruttare la delusione della gente nei confronti di un 'sistema corrotto' e presentarsi come l'unica 'via d'uscita' dal circolo vizioso appena descritto... "
Pur fra tutte le riflessioni dedicate ai potenziali rischi relativi ai nuovi sovversivi, lo studio vistosamente omette qualsiasi riferimento alle cause della disaffezione di così tante persone verso i soliti noti politici di carriera, che, va detto, sono colpevoli di crimini ben più gravi della semplice corruzione.
In troppi casi si è trattato di complicità in vere e proprie stragi, dai cruenti cambi di regime in posti come l'Iraq, la Libia, l'Afghanistan, alle operazioni tuttora in corso in Siria, fino alla devastazione della civiltà occidentale dovuta all'immigrazione incontrollata di profughi senza il consenso dei cittadini. Quando anche i paesi membri della NATO dovessero sentirsi in colpa per la loro diretta complicità negli omicidi seriali di intere nazioni, la soluzione non sarebbe certo costringere i loro cittadini ad accogliere sul territorio nazionale gli sfollati di queste zone di guerra.
Tenendo conto delle losche azioni perpetrate da numerosi paesi della NATO, tanta preoccupazione sull'alto grado di corruzione appare piuttosto esagerata e fuori luogo. A costo di scadere nel cinismo, distinguere la corruzione dalla politica equivale a distinguere l'uovo dalla gallina, e, come ci ricorda il famoso indovinello, è molto difficile dire quale dei due sia nato prima.
E già che siamo in tema di corruzione. Il livello di corruzione nello schieramento della Clinton, rivelato da WikiLeaks alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2016, è semplicemente sconcertante, e dovrebbe bastare a precludere qualsiasi ramanzina sulla buona educazione da parte dei signori di Transparency International.
Tanto per iniziare, a novembre si è scoperto che la Clinton Foundation aveva ricevuto una ‘donazione’ da 1 milione di dollari dal Qatar senza informarne il Dipartimento di Stato, violando così una convenzione che la obbligava a rendere pubbliche tutte le donazioni ricevute dall'estero. L'assegno sarebbe stato un regalo di compleanno all'ex presidente Bill Clinton nel 2011 per i suoi 65 anni. In base ad un'email pubblicata il mese scorso, sembra che ad un certo punto ci sarebbe stato un incontro fra lui ed alcuni funzionari del Qatar, ma non è chiaro se ciò sia poi realmente accaduto.
Al tempo stesso, è anche emerso che l'Arabia Saudita ed il Qatar, oltre ad elargire generose donazioni alla Clinton Foundation, stavano anche armando e finanziando i militanti dell'Islamic State. Ora ditemi se questo non è un caso di corruzione da manuale.
Non è dunque un caso se i populisti sono apparsi ovunque nel mondo, più o meno nello stesso momento, in risposta alla domanda di nuova leadership. Il fatto che la Francia abbia la sua versione di Donald Trump nella persona di Marine Le Pen potrebbe sorprendere solo chi non segue gli eventi internazionali, o non è adeguatamente informato in proposito.
Proprio adesso che molti politici occidentali, ed i loro partiti di appartenenza, rischiano di sparire dalla circolazione (negli stati di maggior spicco dell'UE si assiste oggi ad una feroce lotta tra le loro fila, a causa della spettacolare ascesa di politici anti-establishment di estrema destra, come Le Pen in Francia, Geert Wilders in Olanda e Frauke Petry in Germania), è alquanto sospetto che Transparency International pubblichi uno studio per mettere in guardia gli elettori contro il rischio di essere raggirati da demagoghi di destra.
Ma c'è una spiegazione molto semplice per la faziosità di questo studio, dovuta all'enorme conflitto di interesse in cui si trovano i suoi sponsor.
Dacci dentro, George!
Se voleste fare una ricerca di consumo su un certo prodotto, lascereste condurre il sondaggio al produttore di quel prodotto, o preferireste affidare il compito ad un organismo indipendente? Immagino sia quasi impossibile non convenire che il modo più sicuro ed affidabile sia commissionare il lavoro ad una terza parte indipendente dall'azienda. Ciò ridurrebbe drasticamente il rischio di pervenire a risultati inesatti, causati da quella cosa chiamata 'interesse personale.'
E proprio in questo sta il difetto eclatante, non solo di questo studio, ma della stessa Transparency International nella sua funzione di osservatorio indipendente.
Una veloce occhiata alla sua lista di sponsor dovrebbe fugare ogni dubbio sul perché Transparency International si mostri estremamente diffidente con i politici populisti che stanno agitando le acque del potere in Europa.
Oltre a ricevere donazioni da vari governi (giusto per nominarne qualcuno, la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti, l'Irlanda, l'Estonia e la Finlandia), TI è finanziata da alcuni tra i più pericolosi personaggi viventi per la democrazia, addirittura con la gentile partecipazione del finanziere e filantropo George Soros in persona.
Nella scaletta degli sponsor di TI, l'Open Society Institute (OSI) e l'Open Society Initiative for West Africa (OSIWA) si piazzano subito dopo il National Endowment for Democracy (NED), una lobby travestita da non-profit sponsorizzata dal governo americano.
Questo ne fa ovviamente l'ultima organizzazione da cui ci si potrebbe attendere un'opinione obiettiva sull'avanzata dei nuovi soggetti politici a livello mondiale. Lo stesso George Soros si è reso di fatto in larga parte responsabile per il flusso massiccio di profughi verso l'Unione europea, arrivando persino ad offrire incentivi in denaro ai rifugiati desiderosi di intraprendere il lungo e pericoloso viaggio dal Medio Oriente al continente Europeo.
Chi se ne importa se nessuno fra questi sfollati, che peraltro meritano tutta la nostra solidarietà, finirà col vivere nello stesso quartiere di Soros, il quale può comunque tranquillamente permettersi tutta la protezione personale che si rende indubbiamente necessaria quando si adottano politiche così sconsiderate. Per i comuni cittadini europei, costretti ad accogliere milioni di nuovi arrivati, con i quali non condividono le stesse preferenze religiose, sociali e culturali, né in molti casi lo stesso livello di scolarizzazione, questo esperimento sociale condotto per il capriccio di un miliardario è invece la quintessenza della dissennatezza.
Perciò non sorprende che lo studio di TI prenda di mira in particolare il Primo Ministro ungherese Victor Orban. Proprio questo mese, Szilard Nemeth, vice presidente del partito di governo Fidesz, ha dichiarato la sua intenzione di utilizzare “tutti i mezzi a disposizione” per “eliminare” le ONG finanziate dallo speculatore di origine ungherese, perché “sono al servizio del capitalismo globalizzatore ed impongono il politicamente corretto al di sopra dell'interesse nazionale.”
Ma questo è ancora nulla in confronto al premio conferito da Transparency International nientemeno che all'ex-Segretario di Stato americano Hillary Clinton nel 2012, per "la sua attenzione verso l'importanza di rafforzare la trasparenza e contrastare la corruzione come parte integrante della politica estera USA, un premio destinato esclusivamente per questi contributi." Va da sé che questo premio ha generato notevole scetticismo in tutto il mondo.
Il livello di conflitto di interesse di questo studio di TI è talmente spettacolare da rappresentare, come è il caso per tante altre oscure stanze del potere nell'UE di oggi, praticamente un invito all'applicazione della stessa trasparenza tanto predicata da loro.
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