Jacques Sapir è
contrario alla ratifica del trattato fiscale da parte del Parlamento
francese, ma non firma l'appello dei 120 economisti.
Nel suo blog ne spiega le ragioni: l'appello non delinea un quadro chiaro della
crisi e non ne trae quindi le dovute conseguenze, che non possono
essere altro che un rapido dissolvimento dell'euro.
Sapir è professore a l’ École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, direttore e collaboratore di diversi centri di ricerca, e autore del libro Faut-il sortir de l'euro? |
di Jacques Sapir - Mi
è stato sottoposto un appello di condanna del trattato europeo (il
cosidetto
TSCG o Trattato europeo di stabilità, di coordinamento e di
governance) proveniente da economisti, alcuni dei quali sono legati
al Front de Gauche. Pur approvandone diversi punti, e in particolare
la conclusione (l'appello a non ratificare il TSCG), mi sembra che
questo appello possa essere fonte di grande confusione sulla
situazione attuale. E' per questo che non mi assocerò all'appello,
che tuttavia pubblicherò, accompagnadolo con le mie osservazioni.
(Riporto qui di seguito una rapida sintesi dei contenuti
dell'appello - qui il testo completo tradotto - con sotto le
osservazioni di Jacques Sapir, ndt.)
L'appello sostiene che l’Unione
europea (UE) si trova ad affrontare una crisi economica senza
precedenti, che non è dovuta al debito pubblico, come viene
generalmente sostenuto, ma è una conseguenza della caduta delle
entrate fiscali per i trattamenti favorevoli ai redditi più alti,
degli aiuti pubblici alle banche commerciali e dei tassi di interesse
elevati richiesti dai mercati finanziari per finanziare questo
debito.
Sapir:
Se è del tutto vero che questa crisi non è una crisi del debito
pubblico, gli autori non individuano le vere cause del debito: la
crisi di competitività causata dall'euro e la conseguente
deindustrializzazione che ne è conseguita in un certo numero di
paesi. Questa deindustrializzazione ha portato alcuni paesi a
strategie "folli" di crescente indebitamento sia delle
famiglie che pubblico, che ora si è rivoltato contro di loro. Senza
la significativa perdita di competitività della Spagna e del
Portogallo dagli inizi degli anni 2000, questi paesi non avrebbero
avuto bisogno di far crescere un'enorme bolla immobiliare. Nel caso
della Francia, si vede che una parte del disavanzo è dovuto alle
sovvenzioni alle imprese (agevolazioni fiscali, ecc), il cui costo
può essere stimato al 2,5% del PIL. Ma se avessimo potuto svalutare
a partire dal 2004, queste sovvenzioni non sarebbero state
necessarie. Il testo inizia male con una svista o un errore
nell'individuare le cause reali della crisi.
L'appello sostiene che
la crisi è dovuta anche al divieto imposto alla BCE di prestare
direttamente agli stati per finanziare le loro spese, a differenza
delle altre banche centrali di tutto il mondo, come la Federal
Reserve degli Stati Uniti. Infine, la crisi è rafforzata dalla
debolezza estrema del bilancio dell'Unione europea che rende
impossibile qualsiasi coordinata e ambiziosa espansione del business
in Europa.
Anche
in questo caso, l'affermazione è vera, ma è molto incompleta. Anche
se cancellassimo tutti i debiti, li vedremo riformarsi ben presto a
causa delle differenze di competitività. Si noti anche la divergenza
demografica tra la Germania e la Francia, che è fondamentale
(abbiamo 750.000 giovani che arrivano ogni anno sul mercato del
lavoro, mentre ce ne sono solo 280.000 in Germania), il che implica
un sostegno alla domanda maggiore nel nostro paese che in Germania.
Questo sostegno spiega in parte l'asimmetria delle politiche
economiche tra i due paesi da più di dieci anni, asimmetria di cui
la Germania ha beneficiato in maniera massiccia dal 2004.
Nell'appello si
contesta che Francois Hollande, dopo essersi impegnato durante la
campagna elettorale a rinegoziare il trattato europeo, non gli ha
realmente apportato alcun cambiamento, e ha scelto di proseguire la
politica di austerità iniziata dai suoi predecessori. Si tratta di
un tragico errore. L'aggiunta di un misero pseudo-patto sulla
crescita è accompagnata dall'accettazione della "regola d'oro"
del bilancio (il disavanzo cosiddetto strutturale, al netto delle
variazioni dei cicli economici, non deve superare lo 0,5% del PIL).
Questo condanna qualsiasi logica di spesa pubblica futura e porterà
ad attuare un drastico programma di riduzione del campo di
applicazione della amministrazione pubblica.
Sapir:
Ancora, il testo è corretto, ma parziale e incompleto. La cosa
importante non è ciò che viene detto, ma ciò che non viene detto.
Il TSCG ha, infatti, lo scopo di rendere "credibile" la
politica dei salvataggi della zona euro. Ha senso solo in quel modo.
Dipende tutto dalla scommessa fatta da François Hollande che non
verrà applicato. Ma questa scommessa è come minimo pericolosa
perché danneggia a breve termine la credibilità dei governi (vedi
il mio articolo sul
blog). Abbiamo bisogno di contestualizzare il trattato per
renderci conto dei problemi che pone.
L'appello sostiene che
questo trattato comporta una logica recessiva che aggraverà gli
squilibri esistenti, portando in Francia a 300.000 disoccupati in più
a fine 2013, per il solo fatto dell'austerità. Nel medio e lungo
termine, questo metterà un'ipoteca sulla transizione sociale ed
ecologica che richiede notevoli investimenti.
Sapir:
In realtà, l'aumento della disoccupazione sarà molto più alto. Può
essere stimato a 500.000 entro giugno 2013, ad un ritmo di 40.000 o
50.000 al mese. Il testo soffre di un eccesso di cautela. Se
dovessimo andare fino in fondo al risanamento dei conti pubblici, si
raggiungeranno i 6 milioni di disoccupati entro due anni. I calcoli
sono stati effettuati. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire a
oltre il 30% in Spagna e a più del 50% in Grecia. Si tratta di
livelli degni della crisi del 1929. Inoltre, sarei più prudente
sulla transizione ecologica, poiché è chiaro che le risorse di
petrolio e gas dovranno sperimentare sconvolgimenti significativi,
che dovrebbero portare i prezzi intorno ai 60 dollari al barile.
L'appello critica la
condizionalità anti-sociale imposta a qualsiasi tipo di assistenza o
di intervento, nonché il rifiuto di un intervento diretto da parte
della BCE, che non sia soltanto un acquisto limitato di titoli di
debito sul mercato secondario, come recentemente annunciato da Mario
Draghi.
Come sostengono Premi
Nobel come Joseph Stiglitz e Paul Krugman, la politica economica
attualmente in atto in Europa è assurda.
Il
dramma di questo testo è che gli autori non esplorano alternative ed
evitano il confronto con spiacevoli realtà. Siamo tutti d'accordo
che il TSCG è dannoso, ma, e questo è un "ma" importante,
la soluzione è un maggior federalismo? Il problema è che non si
dice quali sarebbero le conseguenze di questo federalismo (e la messa
in comune dei debiti). Un sistema federale comporta trasferimenti
significativi da regioni con elevata competitività a regioni con
scarsa competitività (come si fa in Francia e in Germania). I
calcoli effettuati stimano che questi trasferimenti coinvolgerebbero
dall'8% al 12% del PIL tedesco (secondo le ipotesi di politica
macroeconomica). Chi può pensare che sia credibile aspettarsi dalla
Germania un tale sacrificio?
Ci sarà quindi di un "federalismo a buon mercato" dove la Germania pagherà (a malincuore) il necessario per tamponare le falle, ma non andrà oltre, perché non può. È importante comprendere che il problema non è la volontà della Germania (che si potrebbe sperare di farla cambiare), ma la possibilità reale. Non può contribuire a colpi di 200 miliardi di euro l'anno, perché distruggerebbe la sua economia. Ciò implica una depressione costante nei paesi dell'Europa meridionale, e il contagio verso la Francia. Questo è in realtà la logica del MES e del Trattato fiscale. Finché non si è capito e ammesso questo, non si possono fare che dei discorsi ingenui sul Trattato.
Infine, perché non dire che Paul Krugman, e molti altri, considerano che la zona euro è il problema? Ci sarebbe un "buon" Krugman quando parla delle minacce di recessione e un "cattivo" Krugman quando menziona l'Eurozona?
Ci sarà quindi di un "federalismo a buon mercato" dove la Germania pagherà (a malincuore) il necessario per tamponare le falle, ma non andrà oltre, perché non può. È importante comprendere che il problema non è la volontà della Germania (che si potrebbe sperare di farla cambiare), ma la possibilità reale. Non può contribuire a colpi di 200 miliardi di euro l'anno, perché distruggerebbe la sua economia. Ciò implica una depressione costante nei paesi dell'Europa meridionale, e il contagio verso la Francia. Questo è in realtà la logica del MES e del Trattato fiscale. Finché non si è capito e ammesso questo, non si possono fare che dei discorsi ingenui sul Trattato.
Infine, perché non dire che Paul Krugman, e molti altri, considerano che la zona euro è il problema? Ci sarebbe un "buon" Krugman quando parla delle minacce di recessione e un "cattivo" Krugman quando menziona l'Eurozona?
L'appello sostiene che oggi in Europa sarebbe possibile
un'espansione coordinata della produzione, dell'occupazione e dei
servizi pubblici, finanziata a tassi bassi dalla BCE alle amministrazioni
pubbliche. Perché l'UE possa attuare questa politica, è urgente
riformarne e democratizzarne le sue istituzioni. Un fondo europeo potrebbe
sostenere questa dinamica. Inoltre, l'UE potrebbe istituire un
controllo della finanza, tra cui il divieto di scambio di titoli di
Stato sul mercato OTC, limitare severamente la cartolarizzazione e i
derivati e tassare i movimenti speculativi di capitali.
Anche
in questo caso, non posso che essere d'accordo (ricordando, però,
che ho lottato per 15 anni e più per i controlli sui capitali e che
ero solo in questa lotta), ma non posso fare a mano di constatare
che non si risponde alla domanda chiave: come risolvere la
drammatica crisi di competitività tra i paesi della zona euro, con
scarti che vanno dal 20% (Francia) al 35% (Spagna) e anche oltre
(Portogallo e Grecia )? Come armonizzare delle economie che sono
profondamente eterogenee, con popolazioni che lo sono altrettanto e
non saprebbero rilocalizzarsi all'interno della zona euro? La
gestione di questa eterogeneità è impossibile nel quadro di una
moneta unica perché implica dei sacrifici finanziari troppo grandi
per la Germania. Questa è la realtà e nascondersi dietro grandi
principi e appelli altisonanti non cambierà, ahimè, niente.
L'appello chiede di
spezzare la morsa dei mercati finanziari e respingere la ratifica
del Trattato europeo di stabilità, di coordinamento e di governance
(TSCG).
Questo
testo si basa su un quadro molto incompleto della situazione attuale.
Non va alla radice del problema e non permette ai lettori di avere
una reale comprensione della questione di cui veramente si tratta.
Posso condividere con gli autori di questo testo alcune
dichiarazioni, e in particolare il loro rifiuto del Trattato fiscale;
ma dove ci differenziamo radicalmente, è sulle proposte. Il TSCG è
il prodotto di una strategia per la sopravvivenza a tutti i costi
nella zona euro. O accettiamo questa strategia, e non facciamo storie
sulle sue conseguenze, o la rifiutiamo. Se si vuole DAVVERO rifiutare
il Trattato fiscale, allora bisogna trarne TUTTE le conseguenze e
chiedere la rapida dissoluzione della zona euro.
e chiediamola sta "dissoluzione".......meglio fare la fame per una rinascita che per un'eterna schiavitù!!!
RispondiEliminaBrava Asia, come dice Bagnai, quelli che hanno fatto la resistenza non si chiedevano di quanto sarebbe aumentata l'inflazione! Purtroppo non ci si rende conto ancora che questo è un attacco vero e proprio al ns paese...
EliminaA proposito di Krugman, mi spiace "rubare il mestiere" alla simpatica blogger ;-), ma ho pubblicato l'ultimo suo editoriale sul NYT.
RispondiEliminaInutile dire che anche il Sole24Ore, che lo ha sempre tradotto e pubblicato, da quando Krugman si occupa specificamente di Europa ha smesso di farlo.
Eccolo qui, dove dice chiaramente che nessuno ha il coraggio di dirlo e di farlo, ma parlando della Spagna, se uscisse dall'Euro, si risparmierebbe un decennio di sofferenze inutili:
http://leprechaun.altervista.org/krugman_follia_austerita_europa_spagna.shtml
leprechaun, prego, ruba pure! ;)
Eliminaanzi, sai che ti dico? se mi permetti uso la tua traduzione e rilancio anch'io il buon Krugman...(citandoti, ovvio)
Ho messo il link al tuo blog ma non è possibile visulaizzare l'aggiornamento agli ultimi post...- ?
Elimina....oh vediamo se qualche cervellone dell'economia europea e mondiale ci capisce qualcosa. Oppure vogliono salvare chi ha creato questa situazione mondiale
RispondiElimina. Il Capitalismo Galoppante!
Il mio blog è "fatto a mano", come si sarà notato, immagino. Per i feed RSS/Atom sto lavorando, se è questo che intendi con "aggiornamento agli ultimi post".
RispondiEliminaAppena ho sistemato la procedura automatica di aggiornamento, e pubblico il link al file rss, ti avviso.
Quanto all'uso di Krugman, ovviamente fai pure come credi. Vale per chiunque, ovviamente, non solo per te.
Quando aggiungo il tuo blog alla lista del blogroll mi dice che è impossibile rilevare i feed per questo blog, e che i post e l'ora di inserimento non saranno visualizzati. Altro non so, perché anche io "faccio tutto a mano"...
Elimina...e Krugman in arrivo...:)
È importante comprendere che il problema non è la volontà della Germania (che si potrebbe sperare di farla cambiare), ma la possibilità reale. Non può contribuire a colpi di 200 miliardi di euro l'anno, perché distruggerebbe la sua economia.
RispondiEliminaOvvietà, ma quanti di quelli che sparano a zero nei confronti della perfida Germania lo comprendono?
Ehm...temo che ci sia un serio fraintendimento.
EliminaNessuno qui spara a zero sulla germania per non voler "salvare" i periferici, anzi...questo tipo di salvataggio è strumentale agli interessi delle istituzioni finanziarie, e non dei popoli, popolo tedesco compreso.
Se si critica la germania, ossia l'establishment tedesco e non il paese in sè, è per aver fatto politiche mercantiliste stile beggar-thy-neighbour in quella che doveva essere una UNIONE politica ed economica oltre che monetaria...e invece si è rivelata essere una guerra commerciale e finanziaria! prima ne usciamo e meglio è (per noi e anche per il popolo tedesco).