10/08/13

Financial Times: Perché l'Eurozona Prima o Poi si Dividerà

Samuel Brittan, autorevole commentatore economico del Financial Times, scommette sulla divisione dell'eurozona ma niente può dire sui tempi, perché gli eurocrati infilano complicati pacchetti di salvataggio uno dietro l'altro per sostenere il più a lungo possibile l'insostenibile...




Nel suo commento sul FT, Samuel Brittan fa un paragone molto azzeccato tra i paesi periferici dell'eurozona e una piccola attività commerciale che tira avanti a forza di prestiti da amici e parenti, senza peraltro riuscire nemmeno a coprire i suoi costi. Per di più, uno dei parenti continua a dire che farà tutto il possibile per aiutare a tenere il negozio aperto, aggiungendo: "E credetemi, sarà sufficiente"!

La causa di fondo di questa assurda situazione sta nel diverso costo del lavoro tra i paesi dell'eurozona: “dal 1999 i costi unitari del lavoro tedeschi sono aumentati meno di un 13 per cento cumulativo, mentre nello stesso periodo, il costo del lavoro greco, spagnolo e portoghese è salito dal 20 al 30 per cento, e in Italia ancora di più”. Da qui l'avanzo delle partite correnti della Germania, mentre la Grecia, l'Italia, il Portogallo e la Spagna sono a mala pena in equilibrio.  

Se questi squilibri persistono, sostiene Brittan, è inutile andare avanti a prestiti: nessuna armonizzazione fiscale o bancaria potrà sanare la situazione. Come disse saggiamente Herbert Stein, economista del secolo scorso, se una politica o una situazione diventa insostenibile, non dovrebbe essere sostenuta. Ma purtroppo non è dato sapere quanto tempo potrà essere necessario prima che l'unione monetaria si sciolga. Intanto, gli eurocrati si impegnano a far sembrare i problemi il più complicati possibile, così che solo un piccolo gruppo di cosiddetti esperti finanziari possa discuterne, e che si faccia passare un pacchetto finanziario dopo l'altro, e una garanzia dopo l'altra, per mantenere in vita l'insostenibile.

Brittan fa poi delle ipotesi sui diversi modi in cui la situazione potrebbe evolversi :

In primo luogo, l'"austerità" nei paesi periferici potrebbe avere successo. Con questo, voglio dire che la compressione della domanda loro imposta si tradurrebbe in un calo dei costi e dei prezzi relativi nei confronti dei vicini dell' eurozona, portando ad una maggiore competitività, a un eventuale recupero del tenore di vita e a un forte calo della disoccupazione. Una variante sarebbe un miglioramento della competitività, non di prezzo: viaggi turistici più fantasiosi nell'Egeo o alberghi più attraenti in Algarve. Ma la domanda chiave è: quanti anni - o decenni – ci vogliono per una correzione di questo genere?

Come seconda ipotesi, le periferie potrebbero andare avanti nel ristagno. La disoccupazione è ora al 22 per cento in Grecia, il 24 per cento in Spagna, il 18 per cento in Portogallo, il 15 per cento in Irlanda e il 10 per cento in Italia. (A titolo di confronto, è all'8 per cento negli Stati Uniti e nel Regno Unito). Temo che una variante possa essere che la loro situazione peggiori ancora, portando all'emigrazione.

La terza opzione è improbabile, ma
va inclusa per completezza. La Germania e gli altri membri del nord potrebbero perseguire politiche più "espansive" (leggi inflazionistiche), riducendo così l'agonia del sud. In alternativa si potrebbe continuare a sovvenzionare le periferie a tempo indeterminato.

La quarta opzione è che uno o più dei paesi periferici lascino la zona euro. Scoppierebbe l'inferno, non solo per chi esce, ma anche per i paesi che rimangono, le cui banche hanno grandi asset in euro, potenzialmente svalutati. Ma alla fine gli ex membri dell'euro raccoglierebbero i cocci e verrebbero fuori con prestazioni più accettabili, come è avvenuto con l'Argentina quando ha reciso un legame apparentemente indissolubile con il dollaro USA. Alcuni economisti preferirebbero un approccio al contrario, con la Germania e i suoi vicini che prendono l'iniziativa e rivalutano, uscendo fuori dall'euro; ma questo non accadrà, a prescindere dai risultati delle prossime elezioni tedesche.

Naturalmente, si può immaginare qualsiasi
tipo di integrazioni e compromessi tra le quattro congetture di cui sopra, ma le possibilità sono limitate. Se dovessi scommettere il mio denaro (cosa che non faccio) sceglierei l'ipotesi numero 4. Ma non scommetterei affatto su quando si verificherà. Il Sacro Romano Impero - che proverbialmente non era né romano, né sacro, né un impero - è stato fondato da Carlo Magno nell' 800 ed è durato fino a quando non è stato sciolto da Napoleone nel 1806. La Confederazione tedesca è stata inaugurata dopo le guerre napoleoniche e non aveva dei veri poteri sugli stati membri. E' stata rafforzata da una unione doganale (Zollverein) nel 1834 e tutta la traballante struttura è durata fino a quando non venne sciolta nel Reich tedesco da Bismarck, nel 1871.

La storia p
otrà anche accelerare, ma non sappiamo di quanto, e il calendario della disintegrazione dell'euro fa parte delle congetture. C'è un limite alla quantità di guida in avanti si può dare.


14 commenti:

  1. E' TRUFFA...........

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  2. Triste possibilità quella del prolungarsi dell'agonia dell'euro. Ad oggi data l'asssenza di soggetti politici al di fuori del pude-anche in Europa- non mi pare così improbsbile come evenienza

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  3. Un altro con le "teorie" di Bagnai.

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  4. La partita è difficile,ognuno tira acqua al proprio mulino,gli inglesi...gli americani...i tedeschi...i partiti...di destra...di sinistra....ma quanti sono?Diciamo che l'unica certezza che abbiamo è che il cerino rimarrà in mano nostra!Non possiamo sfuggire a simile evento,non per cattiveria,sia mai!,ma semplicemante perchè i tempi si sono talmente dilatati(ristretti?) che ,appunto ci stanno esplodendo in mano!Perciò se Saccomanni vede la Luce,Letta confida nella elezioni tedesche,Ferrero vuole ridurre le pensioni a 5000 euro,ben sapendo che Bertinotti ne prende 187000 mila,beh,ragazzi credo che ci conviene iniziare a pregare,senza Bergoglio per favore!Grazie. Claudio.

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  5. L'ipotesi 1 (specie nella variante "competitività non di prezzo" che esigerebbe investimenti autoctoni impensabili: altrimenti è mera colonizzazione) è pura fantasia: non tiene conto che il mercato UEM è tutto in contrazione e che, in realtà, le aree extraUEM tenderanno a correggere col cambio (rimasto flessibile) la pressione esportativa delle merci europee. Anzi, già lo fanno, e il Giappone ne è il player più emblematico; gli USA poi puntano decisamente, per la prima volta negli ultimi decenni, al pareggio della BDP.
    L'ipotesi 2 è quella politicamente più probabile, accoppiata a una versione "di facciata" (ma prontamente salutata come cooperativa dal PUDE nostrano) della 3.
    Ma poi, alla fine, la Storia ci abitua che le corde si rompono quando le classi politiche sono "monopartito" e quindi racchiuse in una rigidità che non gli consente alcun aggiustamento. Corrono sul vuoto verso un "muro"...di Berlino (reloaded)

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  6. Tutte le profezie del Financial Times in questi ultimi 5 anni si sono rivelate clamorosamante fallaci. E anche questa volta credo non sia differente. Gli anglosassoni continuano a sottovalutare la volontà storico-politica che sta dietro il progetto dell'euro.E che è molto più forte di quanto comunemente immaginato (e che ne fa un caso totalmente diverso dall'Argentina e altri esempi del passato). Chi scommmette sulla disintegrazione dell'euro continuerà a perdere molti soldi, come avvenuto in questi anni.

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    1. Il problema che affrontiamo qui non è quello di chi può perdere soldi sbagliando una speculazione. E' delle imprese che chiudono o che vengono svendute, è della disoccupazione e della povertà, dell'emigrazione, della perdita di democrazia. Qualcosetta di più serio e importante.
      Il maggior rallentatore di quello che penso sarà un futuro inevitabile crollo è proprio la lentezza della risposta politica, ma la verità sta venendo sempre più a galla e non potranno mentire all'infinito...

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    2. Le cose costruite male alla fine crollano, URSS e Jugoslavia stanno lì a dimostrare qualcosa forse. E li non c'era solo il capitale politico ma anche quello coercitivo

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  7. Sapir, nel suo libro "Bidogna uscire dall'euro?" , evidenzia anche come, teoricamente, un paese potrebbe decidere di forzare la mano e imporre alla propria banca centrale il finanziamento del deficit di bilancio.
    Non essendoci regole scritte che stabiliscono come buttare fuori un paese dall'euro zona, o i paesi fautori del rigore nordico se ne vanno (rompendo loro l'euro zona) o si adeguano.

    Su una cosa possiamo essere certi, ovvero che non vi è' certezza sui tempi e ogni previsione, anche avveduta, difficilmente ci prende su tutto.
    (Vedi anche conclusioni di Sapir). Le variabili in gioco sono talmente tante e non trascurabili sono le conseguenze dei comportamenti fiscali e monetarie di usa, Giappone, e brics nell'allungare l'agonia dell'eurozona

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  8. semplicemente Grecia ed Islanda insegnano.Noi quando impareremo?

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  9. La Grecia cosa insegna scusa? Solo lo stoicismo con cui sopportano delle politiche feroci degne dei una dittatura militare, io fossi un disoccupato greco me ne andrei di corsa piuttosto che subire quelle umiliazioni della troika...ed è incredibile che nessun partito metta in discussione l'adesione all'UE, tranne forse i neonazisti..

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  10. D'accordo con Quarantotto, anche se il "preso il malloppo, scappa!" che potrebbe mettere in atto la Germania, alla luce dei nuovi accordi commerciali verso est (Russia & C.), mi sembra ad oggi abbastanza probabile... e questo spiegherebbe in parte anche l'iperreattività degli USA....

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  11. Io direi che accadrà nel 2015 ma dubito che si presenti lo scenario n°4 paventato da Brittan.
    Quando la Germania uscirà dall'Euro o quando avverrà una segmentazione dell'Eurozona i nostri politici(che ancora non avranno capito quello che sta accadendo)continueranno a ragliare sugli "Stati Uniti d'Europa" mentre il M5S continuerà ad occuparsi della complicatissima macroeoconmia degli scontrini e amenità annesse.
    Io ci azzecco quasi sempre,state a vedere se non succede questo:)
    Anzi:(
    Alessandro B

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  12. Brancaccio pose il problema dei divari tra i costi del lavoro ben prima di Brittain (e di Bagnai):

    http://www.francoangeli.it/riviste/Scheda_rivista.aspx?IDArticolo=35917&Tipo=Articolo%20PDF&lingua=it

    Il maestro di Brancaccio era Augusto Graziani, che si espresse sui divari tra i costi e tra i prezzi e quindi sulla insostenibilità dell'euro quando tutti si esaltavano per la sua nascita:

    http://www.emilianobrancaccio.it/2010/01/10/omaggio-ad-augusto-graziani/

    Complimenti per il sito. L'ho notato solo ora.

    Kugelmino

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