Un
argomento avanzato spesso è che il debito pubblico costituisce un
onere a carico delle future generazioni. Infatti, si argomenta, i
figli e nipoti inevitabilmente saranno tenuti a pagare maggiori
imposte, o dovranno usufruire di minori servizi pubblici, per poter
accumulare gli avanzi di bilancio necessari a rimborsare il debito
contratto da ‘padri’ che hanno vissuto al di sopra dei propri
mezzi (e non hanno pagato imposte sufficienti a finanziare le spese
pubbliche, che sono quindi state finanziate col debito). Il tenore
di vita dei ‘figli’ sarebbe compromesso dal dovere di saldare i
debiti lasciati dai loro allegri genitori.
Da
questa tesi discende che le misure fiscali volte a ridurre il debito
pubblico sono misure eque dal punto di vista intergenerazionale, che
giustamente noi oggi dobbiamo sopportare per amore dei nostri figli,
e quindi non discutibili da qualsiasi buon padre di famiglia.
Ma
è davvero così? Uno studio di Roberto Ciccone, professore di economia all'Università di Roma Tre, pubblicato sull'e-book "Oltre l'Austerità", mette in discussione dalle fondamenta questa
analogia tra il debito di una famiglia – dove è vero che il padre
caricherà sui figli i suoi debiti non pagati – e il debito
pubblico.
L'analogia non regge, perché al massimo il debito pubblico può essere paragonato con un indebitamento all'interno di una stessa famiglia, in cui il figlio, ad esempio, contrae un debito con i suoi stessi genitori, dai quali erediterà la stessa ricchezza con cui ripagare il debito.
L'analogia non regge, perché al massimo il debito pubblico può essere paragonato con un indebitamento all'interno di una stessa famiglia, in cui il figlio, ad esempio, contrae un debito con i suoi stessi genitori, dai quali erediterà la stessa ricchezza con cui ripagare il debito.
Nel
caso che vi sia l'esigenza di abbattere il livello di un debito
pubblico troppo elevato1
, il maggior carico fiscale che graverà sulle future generazioni che
vogliano ridurre il debito pubblico , argomenta Ciccone,
sarà compensato
dalla ricchezza rappresentata dagli stessi titoli del debito
pubblico che verranno loro trasmessi in eredità dalle generazioni
precedenti.
La
situazione patrimoniale delle generazioni successive non sarà dunque
né migliorata, né peggiorata, perché al valore attuale delle
future maggiori imposte da pagare per finanziare il servizio del
debito pubblico (interessi + rimborso alla scadenza) corrisponde il
valore attuale dei titoli (interessi attivi e capitale) da essi
ricevuti in eredità.
Quindi,
dal punto di vista della collettività nel suo complesso, non esisite
alcun conflitto intergenerazionale, e l'analogia col buon padre di
famiglia che non vuole caricare di debiti i suoi figli non ha ragion
d'essere.
Naturalmente,
altra cosa è prendere in considerazioni gli effetti
redistributivi che le misure fiscali dirette a ridurre il debito
pubblico possono mettere in atto, poiché è possibile e ragionevole
pensare che i soggetti colpiti dal maggior prelievo non coincideranno
necessariamente con i soggetti che ereditano i titoli del debito
pubblico.
Ma
questa è una problematica distributiva tutta interna alla
generazione vivente e operante nel periodo in cui viene fatta la
manovra di rientro dal debito: da un lato i gruppi sociali chiamati a
pagare maggiori imposte (o ricevere minori prestazioni pubbliche), e
dall’altro i gruppi sociali che possiedono i titoli del debito. Il
problema si riduce perciò a un problema intragenerazionale,
di scelta
su come ripartire il maggior carico fiscale, che è un problema
politico aperto a soluzioni diverse, e non ha niente a che fare con
la questione della equità tra generazioni.
E
allora come mai questo luogo comune dilaga e prende tanto terreno? Si
tratta di un concetto semplice da capire e apparentemente corretto,
che facendo leva su buoni sentimenti riesce a catturare un
generalizzato consenso, rendendo quindi superfluo ogni ulteriore
dibattito politico circa le scelte da compiere.
Ma
se sgombriamo il campo da queste, chiamiamole, "inesattezze",
restano sul terreno le vere questioni.
In
primo luogo, bisognerebbe spiegare per quale ragione deve essere
considerato così urgente il rientro dal debito, tanto da doverlo
compiere in una fase di crisi economica, producendo l'effetto di
peggiorare la recessione, deprimere in maniera inesorabile la
produzione, l'occupazione e la domanda, e alla fine
ritrovarsi col risultato che in rapporto al PIL - diminuito – il
debito risulterà sempre più alto. Se la risposta è solo che ci
siamo costretti dai mercati che ci minacciano con lo spread – e non
ha niente a che fare col benessere dei nostri figli - allora, beh, i
mercati possono anche essere messi fuori gioco da una banca centrale
che faccia il suo mestiere.
In
secondo luogo, se diamo finalmente il giusto spazio alla vera
problematica redistributiva - che è intragenerazionale
-
connessa all'esistenza stessa del debito, salta agli occhi che ogni
anno per il solo pagamento degli interessi si verifica un
impressionante trasferimento di reddito dai gruppi sociali tassati a
quelli che possiedono i titoli. Il tanto apprezzato ‘avanzo
primario’ del bilancio dello Stato (che significa ridurre il
deficit annuale ad un ammontare inferiore alla spesa per gli
interessi da pagare, finanziando quindi con le imposte una quota
degli interessi stessi) pone quindi in realtà un problema
distributivo enorme, perché in presenza di elevati livelli di debito
pubblico,
e perciò di flussi consistenti di interessi, la copertura con le
imposte di questi rilevanti flussi di spesa – questa sì, spesa
pubblica improduttiva che non si traduce né in maggiori servizi né
in maggiori consumi - produce un effetto regressivo nella
distribuzione dei redditi, con conseguenze negative sia sul piano
economico che sul piano sociale.
E'
quindi ovvio che con una politica monetaria adeguata si potrebbero
contenere i tassi di interesse da pagare e il loro effetto regressivo
sulla distribuzione dei redditi. Nello stesso tempo il controllo dei
tassi di interesse consentirebbe anche di reperire risorse per la
crescita, uscire dalla recessione, e alla fine anche ridurre il
debito in rapporto al PIL.
Sarebbe
questa una vera politica di equità verso le nuove generazioni, e se
l'Europa non lo permette, bisognerebbe chiedersi quali sono gli
interessi che vengono salvaguardati da questa Europa.
1Un
debito pubblico molto elevato in rapporto al PIL viene considerato responsabile di un influsso negativo sulla crescita di un paese, e quindi
si ritiene consigliabile ridurlo. In realtà come altri autori (Presbitero e Panizza) hanno dimostrato, non vi è alcuna evidenza
scientifica che sia l'elevato debito pubblico in sè a frenare la
crescita economica, bensì a produrre questo risultato potrebbero
essere invece le stesse politiche di auterità volte a diminuirlo,
che hanno un effetto indubbiamente recessivo.
«... salta agli occhi che ogni anno per il solo pagamento degli interessi si verifica un impressionante trasferimento di reddito dai gruppi sociali tassati a quelli che possiedono i titoli ... questa sì, spesa pubblica improduttiva che non si traduce né in maggiori servizi né in maggiori consumi ... con conseguenze negative sia sul piano economico che sul piano sociale.»
RispondiEliminaMa è tanto difficile da capire? Gli zucconi sono disperanti!
Complimenti Carmen.
Caro Neri, mi sorprendo di te, la tutela delle banche e dei percettori di rendita sta tra i primi compiti dello Stato, Repubblica Italiana fondata sulla rendita..o non era così?..;))
RispondiEliminaIntrepida (ma un'invasione di trolls non è uno scherzo).
EliminaDopotutto sì; forse meglio inserire emoticons più grandi.
Buongiorno Carmen,
RispondiEliminavolevo chiedere lumi a te su un'altra "DIAVOLERIA" degli euro-oligarchi:
ERF: la nuova spada di Brenno
Fonte: http://testelibere.it/blog/erf-la-nuova-spada-di-brenno
Tu ne sapevi qualcosa? e che idea te ne sei fatta?
ciao, cordiali saluti,
Nicola.
Ciao Nicola,
RispondiEliminaa quanto mi risulta l'approvazione di luglio è una fase del complicato e tortuoso procedimento legislativo europeo, che dovrebbe concludersi a ottobre.
Comunque l'ERF è quella proposta degli economisti tedeschi, a cui sembra appunto che il Parlamento europeo abbia dato la sua approvazione...e prevede la condivisione di quella parte del debito che eccede il 60% del PIL mettendo a garanzia il gettito fiscale e l'oro! Il principio della condivisione dei debiti andrebbe anche bene, se non venisse condizionato a queste micidiali politiche di austerità che servono a colonizzarci e depredarci e non certo a risollevare le nostre economie...ma del resto è questo lo scopo dell'euro...
Ne parla anche qua Claudio Messora di byoblu
Grazie :)
In sostanza non è il meccanismo che mette in pratica i principi del Fiscal Compact (già approvato dal nostro parlamento)?
RispondiEliminaE' perfettamente chiaro che concetti come debito pubblico e onere per le generazioni future, vengono sparati dai media (quanto con colpevole ignoranza o malizia è da capire) per indurre nella persone inferenze emotive che impediscano loro il pensiero critico.
Ho sentito gente, che ha passato la vita a fare sacrifici per pagarsi una casa o far studiare i figli, asserire perfettamente convinta: "la verità è che abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi"!
E' vero, la questione del debito che pesa sulle generazioni future è proprio una sottile bastardata, perché fa leva sul senso di giustizia e sull'amore per i figli! E chi può dire di no?
EliminaComunque il Fiscal Compact già approvato poneva gli obiettivi (riduzione del debito a tappe forzate sino ad arrivare al 60% del PIL, pareggio di bilancio obbligatorio) mentre questo ERF farebbe parte delle procedure per il coordinamento economico rafforzato, in sostanza assicurarsi che gli stati mettano in pratica quegli obiettivi...(prima la sentenza, e dopo lo strangolamento vero e proprio)
Infatti. Un modo per rendere ineludibili i compiti a casa.
RispondiEliminaAncora una volta trovo ammirevole come gli operatori dell'informazione ufficiale diano risalto all'argomento, stimolando un acceso e democratico dibattito nel paese.
Ma interessi e rimborsi del debito estero non arricchiscono affatto le nuove generazioni italiane.
RispondiEliminaE' chiaro che un debito ben gestito comporterebbe:
Elimina1. una banca centrale che si comporta da acquirente residuale dei titoli invenduti sul mercato, e quindi riesce a mantenere il tasso di interesse a livelli desiderati;
2. dei vincoli di portafolgio per le banche nazuionali che le vincolino all'acquisto di certa percentuale dei titoli del proprio paese.
In un contesto simile non è un gran problema quella parte dei titoli che eventualmente può essere acquistata all'estero.