02/08/12

Perché Grecia, Spagna e Irlanda non sono da biasimare per le disgrazie dell'Europa

Un bell'articolo di Kash Mansori di fine 2011 ma ancora attualissimo, purtroppo, perché la storiella della cicala e della formica gira ancora, anche se  ci sono ampi studi che la smontano...leggere per capire! (grazie  Quarantotto per questa buona dritta)


E' tutta colpa della Grecia. Questo è quello che molti Europei di nascosto - o non tanto segretamente - pensano quando si lamentano di fronte alla prospettiva dover tirar fuori altro  denaro per salvare la zona euro dalla crisi del debito. Ma che succede se questa visione di come l'Europa sia giunta alla sua situazione attuale non fosse solo semplicistica, ma addirittura sbagliata?



Sciocchezze, sostengono i brontoloni. Chiaramente la crisi è iniziata perché il debito nella periferia della zona euro - Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna - è aumentato così tanto che gli investitori sono stati presi dal timore che interi paesi fossero a rischio default.  Se questi paesi non avessero emesso tutto quel debito per vivere spudoratamente al di sopra dei loro mezzi, allora niente di tutto questo sarebbe successo. Ma in questa storia manca un elemento fondamentale della vera origine della crisi del debito dell'Eurozona. In particolare, manca il fatto che il progetto stesso della moneta unica Europea non solo ha causato, ma era destinato a provocare grandi flussi di credito internazionale verso la periferia della zona euro. Inoltre, c'era ben poco che i governi di tali paesi potessero fare per fermarlo.  Ben lungi dal provocare la crisi, i paesi periferici della zona euro si sono trovati contro delle forze potenti al di fuori del loro controllo, forze che probabilmente hanno reso  questa crisi inevitabile, per quanto  i paesi si comportassero in modo responsabile

UNO dei principali obiettivi della moneta unica Europea è sempre stato quello di promuovere una maggiore integrazione dei mercati finanziari tra i paesi membri. Si sperava che la moneta unica, avrebbe reso più facile per gli investitori di un paese dell’euro  trovare buone opportunità di investimento in altri paesi della zona euro, perché non avrebbero più dovuto preoccuparsi della volatilità dei tassi di cambio. In altre parole, uno dei vantaggi percepiti dell'euro era proprio quello di facilitare il flusso dei capitali provenienti dai paesi con abbondanza di capitale, e quindi rendimenti relativamente bassi degli investimenti, verso i paesi relativamente poveri di capitali e che quindi offrivano rendimenti più elevati. Questo è considerato un fattore fondamentale nel processo di convergenza economica, in cui i paesi meno sviluppati avrebbero potuto raggiungere quelli più sviluppati.

Nel caso dell'Europa, i paesi ricchi di capitali  erano quelli  al centro della zona euro: Germania, Francia, Benelux, Austria e Finlandia. L'adozione dell'euro da parte dei paesi periferici nel 1999 ha permesso ai creditori del centro dell’Eurozona di approfittare dei tassi di rendimento relativamente alti  della periferia.  E i paesi periferici, a loro volta, hanno potuto beneficiare dell'afflusso di capitali che ha ridotto gli oneri finanziari.  In poche parole, l'adozione dell'euro come moneta unica è stato progettato per provocare grandi flussi di capitali dal centro alla periferia della zona euro, e sono proprio questi flussi di capitale che hanno posto le basi per la crisi.

Nei primi anni del 2000 gli effetti di questo esuberante flusso di capitali  dal centro verso la periferia sono stati piuttosto evidenti. Il flusso di capitali in un paese è misurato dal suo disavanzo delle partite correnti[1]; un saldo negativo significa che il paese è destinatario del prestito internazionale, mentre un'eccedenza significa che il capitale del paese viene investito all'estero. E il disavanzo delle partite correnti dei paesi periferici è cresciuto enormemente negli anni dopo l'adozione dell'euro nel 1999, mentre i paesi centrali sono stati le fonti dei deflussi di capitale.



Ciò ha prodotto l'effetto desiderato,  naturalmente, e i tassi di interesse nel centro e nella periferia dell‘eurozona sono rapidamente diventati convergenti. Gli investitori del centro erano contenti dei rendimenti relativamente elevati che  ottenevano dalla periferia, i paesi periferici hanno goduto di un boom economico finanziato in parte da questo più facile accesso all’abbondante capitale del centro, e le esportazioni dal centro alla periferia sono aumentate. Nel 2004 non vi era praticamente alcuna differenza  tra i tassi di interesse dei paesi periferici e quelli della Germania.
 
QUESTA NON E ' la prima volta che abbiamo visto un notevole afflusso di capitali nei paesi che hanno abbattuto le barriere economiche e finanziarie. La stessa cosa accadde in Messico a seguito della creazione del NAFTA nei primi anni ‘90, e nell'Asia orientale nella seconda metà degli anni ‘90. Quando i paesi meno sviluppati si integrano di più con il resto del mondo, gli investitori in genere cercano di approfittarne facendo affluire ingenti capitali in quella direzione.

Il problema è tali aumenti nei flussi di capitali dipendono dai capricci degli investitori internazionali, e quindi hanno una nota tendenza all’”arresto improvviso”  in caso di cambiamenti nel  “sentiment” degli investitori. E quando questo accade, spesso segue una grave crisi finanziaria. Le ricerche di Carmen e Vincent Reinhart mostrano che la "bonanza" (prendo in prestito il loro termine) nel flusso di capitali aumenta in modo significativo il rischio di crisi finanziarie.  Infatti, essi mostrano che tali episodi sistematicamente precedono le crisi del debito sovrano, perché una volta che il flusso di capitali si arresta, il paese dal lato ricevente  improvvisamente non è più  in grado di rinnovare il debito che ha accumulato. Come notato da Rudi Dornbusch, nel contesto della crisi del Messico del 1994, non è la velocità che uccide, è la brusca frenata.

Fondamentalmente, gli arresti  improvvisi possono verificarsi anche quando un paese sta seguendo tutte le giuste politiche macroeconomiche. Le crisi finanziarie Asiatiche e del Messico degli anni ‘90 ne sono validi esempi. Nel caso della zona euro, l'arresto improvviso dei flussi di capitali nel 2009 ha colpito indistintamente tutti i paesi periferici, a prescindere da come avevano gestito le loro finanze. Spagna e Irlanda, per esempio, negli anni del boom sono stati più fiscalmente responsabili di Francia o Germania, ma questo non è stato sufficiente a renderli immuni dall’arresto improvviso della  Bonanza del flusso di capitali. Quindi, anche se la Grecia e il Portogallo (che avevano deficit di bilancio di grandi dimensioni) fossero stati dei campioni di prudenza fiscale, è molto probabile che sarebbero stati ugualmente  colpiti dalla brusca frenata. Ecco perché il miglior indicatore di quali sarebbero stati i paesi colpiti da questa crisi non erano i disavanzi di bilancio, ma piuttosto la dimensione dei flussi di capitali che stavano ricevendo.



E allora cos’è che ha attivato la brusca frenata, se non è stato un comportamento irresponsabile da parte dei paesi periferici? Le turbolenze finanziarie del 2008 e la conseguente profonda recessione nel 2009 sono probabilmente una spiegazione sufficiente. Questo non vuol dire che i paesi periferici hanno fatto tutto alla perfezione; la Grecia e il Portogallo avrebbero dovuto ridurre di più i deficit di bilancio quando ne avevano la possibilità, durante gli anni buoni (anche se potremmo dire la stessa cosa per gli Stati Uniti), e certamente non è stato d’aiuto il fatto che il governo Greco sia stato beccato a truccare le statistiche ufficiali.

Ma noi sappiamo che una delle caratteristiche principali della crisi finanziaria mondiale che ha colpito nel 2008 è stata che a un tratto gli investitori non avevano più alcun interesse in nessun asset,  se non in quelli considerati più sicuri. Così, quando si è trattato di investimenti nella periferia dell‘eurozona, hanno deciso che era tempo di incassare le loro chips. Aggiungeteci la conseguente recessione, che ha portato all’esplosione dei deficit di bilancio nella periferia – insieme a tutto il resto - e quei paesi probabilmente non hanno avuto chance, per  quanto responsabilmente abbiano gestito le loro finanze.

QUESTO SIGNIFICA che la creazione stessa della moneta unica ha gettato le basi per questa crisi, e non il comportamento dei paesi periferici.  Anche se questi paesi non hanno necessariamente fatto tutto bene, stavano giocando con un mazzo truccato. Ma se la spiegazione semplice di questa crisi -  cioè, che sia stata  causata dal comportamento irresponsabile dei paesi periferici – non è la risposta giusta, allora dobbiamo riconsiderare il modo in cui la crisi è stata gestita.

Tanto per cominciare, se la crisi è il risultato di forze inesorabili che sfuggono al controllo dei paesi periferici, non è opportuno puntare il dito o punire quei paesi con la medicina amara di un’assistenza insufficiente. Questa crisi non deve essere trasformata in una storiella morale.
Ma ancora più importante, dal momento che la periferia della zona euro ha sopportato il grosso dei rischi sistemici inerenti l'area della moneta comune, mentre i benefici sono stati condivisi sia dal centro che dalla periferia, è profondamente ingiusto che l'onere di risolvere la crisi sia stato caricato in maniera così schiacciante sui paesi periferici attraverso le debilitanti misure di austerità richieste dai paesi centrali. I paesi del centro della zona euro come la Francia e la Germania erano al posto di guida  quando si trattava di istituire questo sistema, ed erano felici di approfittare della moneta unica, quando era a loro vantaggio. I due paesi devono riconoscere che la responsabilità di risolvere questo pasticcio in realtà dovrebbe pesare in gran parte su di loro.

Kash Mansori è   economista e consulente di questioni economiche e finanziarie sul suo blog The Street Light


[1] Le partite correnti rappresentano in sostanza la bilancia commerciale (import/export)  e il movimento dei redditi tra un paese e il resto del mondo, ndt

11 commenti:

  1. "grandi flussi di credito internazionale verso la periferia della zona euro. Inoltre, c'era ben poco che i governi di tali paesi potessero fare per fermarlo."

    Berlusconi poco o niente poteva fare per non indebitare a manetta gli italiani per pagarsi le puttane, per esempio...

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    1. Lascio questo commento a testimonianza della limitatezza della mente umana

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  2. Articolo importante e corretto. Tuttavia si devono segnalare due inesattezze.
    1) Il Portogallo all'inizio della crisi aveva un debito pubblico prossimo a quella della Germania alla stessa epoca, e vicino a Maastricht:
    Portogallo 2007: 68,3%
    Germania 2007: 65,2%
    (dati Eurostat)
    Chi vuole dettagli sulle partite correnti (ed altro) li trova sul mio blog:
    http://leprechaun.altervista.org/partite_correnti_ue.shtml
    2) La storia dei conti truccati della Grecia è una favola. La Grecia NON ha truccato i conti per entrare nell'euro, come si spiega qui:
    http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-04-29/atene-vittima-causa-crisi-143519.shtml
    Se lo avesse fatto, maggior complice sarebbe stato Papademos, che allora era Governatore della Banca di Grecia.
    Successivamente nel 2001 il governo greco è stato vittima di un raggiro da parte di Goldman Sachs, nel tentativo di ridurre il suo debito, come Bloomberg spiega qui:
    http://www.bloomberg.com/news/2012-03-06/goldman-secret-greece-loan-shows-two-sinners-as-client-unravels.html
    Qualcosa d'altro si trova qui: http://leprechaun.altervista.org/grecia.shtml#diffamazione
    e anche sulle distorsioni propalate sulla Spagna, nella voci apposite.
    Per il resto, a parte queste concessioni al luogo comune, un articolo ottimo, chiaro e condivisibile.
    PS. Il primo a mia conoscenza in tempi recenti a segnalare gli squilibri commerciali come origine della crisi è stato Heiner Flassbeck, ex viceministro delle finanze del governo Schroeder:
    http://documentazione.altervista.org/le_monde_Flassbeck_Grecia_UME.htm

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    1. Perfetto, grazie mille LePrechaun per le tue utilissime precisazioni

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    2. @ leprechaun (02/ago/2012 17:00:00

      Se permette, mi associo a quanto da lei affermato.

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  3. Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, si ritrovarono a bere nello stesso ruscello. Il lupo era più a monte, mentre l'agnello beveva a una certa distanza, verso valle. La fame però spinse il lupo ad attaccar briga e allora disse: "Perché osi intorbidarmi l'acqua?"
    L'agnello tremando rispose: "Come posso fare questo se l'acqua scorre da te a me?"
    "E' vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole".
    "Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato".
    "Allora" riprese il lupo "fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie". Quindi saltò addosso all'agnello e se lo mangiò.

    ... eh eh la natura umana non cambia mai

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  4. Natura bestiale dell'uomo, che come sappiamo è essere formato da almeno due diverse nature.Tutto sta a quale parte far prevalere...

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  5. Gran bell'articolo e gran bel blog.
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  6. Ciao Salvo, benvenuto, e grazie. :)

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  7. Forse era opportuno precisare che si tratta del debito privato che sbilancia le partite commericiali

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    1. Sì, hai ragione, in effetti rileggendo mi sono accorta che questo aspetto - che è dato per scontato - non è evidenziato adeguatamente.

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